(Roma)
Un mosaico di tessere (auto)biografiche che raffigura la società
italiana contemporanea, un disegno in cui chiunque legga il libro può
facilmente trovare almeno un tratto nel quale immedesimarsi.
Le autrici di Voglio un mondo
rosa shokking, Rossella Canevari e Virginia Fiume adottano una
prospettiva strettamente femminile e narrano le vicende di due giovani
sorelle milanesi, i cui diversi percorsi formativi, lavorativi,
sentimentali e esistenziali nel loro complesso da individuali diventano
collettivi e fanno emergere alcune questioni che riguardano
esclusivamente le donne e altre più generali. Il romanzo, il cui sfondo
è l’involuzione sociale e culturale dell’Italia, ruota attorno a due
momenti di passaggio: la protagonista più giovane conclude la sua
esperienza universitaria e diventa definitivamente adulta, mentre la
sorella trentenne è costretta a trovare un equilibrio fra maternità,
sogni e progetti lavorativi; entrambe si scontrano con le peculiarità di
un paese in cui le giovani donne hanno poche
possibilità di percorrere le strade scelte. L’attenzione è quindi
focalizzata sull’attuale mondo del lavoro, caratterizzato da lavoro
nero, precariato, discriminazioni e molestie sessuali, mancanza di
impieghi qualificati, scarse remunerazioni, clientelismo (un mondo ben
noto ad almeno tre generazioni, cioè a ventenni, trentenni e
quarantenni). Altrettanto ampio è lo spazio dato ai conflitti
generazionali e alle famiglie, quella “naturale” rivendicata col
family day e quelle “nuove”
avversate da molti nel Bel Paese. In posizione marginale ci sono uno
spaccato della vita in una grande città, un accenno alla provincia
italiana, il pessimo stato dell’università italiana, la politica. Da
ogni pagina, inoltre, emergono i rapporti fra donne e uomini; questi
spesso sono padri che vorrebbero che le figlie seguissero le orme delle
madri, diventando casalinghe, compagni egoisti interessati alle donne
solo in quanto genitrici, datori di lavoro che molestano le dipendenti,
professori che danno maggior importanza all’avvenenza delle studentesse
piuttosto che alla loro preparazione.
«La prima sensazione che ho provato… è stata il dolore di chi viene
tradito, che poi si è trasformata in rabbia e alla fine in disperazione»
è la frase più significativa del romanzo. Fa venire in mente il
tradimento di chi vuole solo mantenere i propri privilegi e curare i
propri interessi a danno delle giovani generazioni e delle donne; la
rabbia causata dalla miopia, dall’egoismo, dall’incapacità delle classi
dirigenti, di chi dovrebbe avere i mezzi economici e intellettuali per
non lasciare il paese alla deriva; la disperazione legata ad una paura
diffusa: il futuro ha smesso di essere una speranza, è diventato una
minaccia e sarà inevitabilmente peggiore del presente. Le protagoniste
del romanzo non arrivano alla disperazione: la transizione a una nuova
fase della loro vita si conclude felicemente. Il lieto epilogo,
sicuramente poco realistico, è un incoraggiamento a non soccombere e un
augurio alla vecchia e cadente Italia.
Voglio un mondo rosa shokking,
è una un’opera prima discreta, non priva di qualche pecca:
superficialità, banalità, ottimismo a volte un po’ troppo ingenuo,
descrizioni inutilmente lunghe. Fa parte di un progetto multimediale
molto interessante, che ruota intorno al sito
www.quoterosashokking.com
(Delt@
Anno V°, N. 230 – 231 del 9 – 10 novembre 2007)
Jusi Loreti
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