L’altra metà dell’avanguardia 

 

 

Editoria

 

 

(Roma). È stato presentato a Roma, alla Galleria d’Arte Moderna il libro-catalogo di Lea Vergine “L’altra metà dell’avanguardia 1910-1940. Pittrici e scultrici nei movimenti delle avanguardie storiche”, edito da Il Saggiatore. La presentazione del libro ha visto gli interventi oltre che dell’autrice e dell’editore, anche della storica e critica d’arte Ester Coen, della giornalista Alessandra Mammì e dell’artista Fabio Mauri. Durante la presentazione del libro è stato proiettato il documentario Rai di Anna Zanoli dedicato alla mostra “L’altra metà dell’avanguardia”.

Lea Vergine è stata curatrice della mostra omonima del 1980 a Milano, primo tentativo di dare una lucida e critica visione d’insieme dell’arte delle donne all’interno dei movimenti artistici della prima metà del XX sec. La scelta editoriale di ripubblicare il catalogo della mostra in forma di libro deriva dalla constatazione dell’accuratezza e dell’attualità del lavoro critico da parte dell’autrice, lavoro e schedatura di artiste, ancora oggi punto fermo della storiografia artistica. Vita e opere di artiste note, come Frida Kahlo, Tamara De Lempicka, Meret Oppenheim, ricostruzione biografica delle artiste russe che tanta parte hanno avuto nei movimenti e nei gruppi intellettuali delle avanguardie europee, ma soprattutto riemergere dall’oblio di “sperimentatrici geniali e di infaticabili promotrici di cultura”.   

In sintesi un catalogo di mostra che diventa un manuale di storia dell’arte contemporanea. Un libro che dà la possibilità di conoscere il vissuto di artiste note e meno note, spesso compagne di artisti famosi conosciute solo per essere state mogli prima che artiste.

E dietro l’idea della mostra c’è un vissuto spesso tragico, condiviso e dalle artiste in mostra e dalla stessa curatrice, che nel perseguire l’idea sottesa della realizzazione della mostra, si è confrontata con un continente nascosto, “un lazzaretto di regine”, come lo definisce Lea Vergine stessa, “la metà suicidata della creatività del 1900”. Se la mostra di Milano del 1980 è stata innanzitutto la trasgressione della barriera del silenzio, la trasformazione del catalogo in forma di manuale è l’attestazione dello squarcio avvenuto, il punto di partenza attestato dal quale ripartire ancora per ricongiungere le due metà platoniche del fare arte, l’intero al quale far riferimento per studiare e capire l’arte del nostro presente. Lea Vergine riesce quindi a far emergere da una parte lo spessore artistico e concettuale delle donne all’interno delle avanguardie storiche, dal Der Blaue Reiter al Surrealismo, artiste indipendenti dagli uomini ai quali erano legate artisticamente e spesso anche sentimentalmente, apportatrici di un sentire e fare pittura e scultura altro rispetto a quello istituzionalmente studiato e conosciuto degli artisti uomini. Emerge quindi uno specifico femminile che si traduce in una piena testimonianza del presente al presente, del valore della memoria rispetto al ricordo, “memoria esercitata per esorcizzare la morte di sé e del mondo”, per mettere in salvo emozioni passate. Memoria attraverso le opere delle artiste nel trentennio 1910-1940, memoria scritta nelle pagine e nelle schede di Lea Vergine. E se uno specifico differenzia l’arte delle donne da quella degli uomini, per l’autrice questo si traduce nell’autoironia, nel coraggio e nel sarcasmo del fare arte al femminile.

(Delt@ Anno III, n. 115 del 23 maggio 2005)                                                                                                               Anna Gloria Capodieci