(Roma) "Dovrà parlare alle bambine del (loro) piccolo mondo di
oggi che sarà il (loro) grande mondo di domani", questo l'obiettivo di
"La piccola italiana",
fondato a Milano da Angelo Tortoreto ed uscito per la prima volta il 27
giugno 1927.
Un osservatorio privilegiato, quindi, sull'educazione femminile durante
il ventennio che Anna Balzarro ben descrive nell'ultima
pubblicazione di Biblink "La storia bambina. La piccola italiana
e la lettura di genere nel fascismo". Nonostante le numerose e
ricche ricerche sul regime fascista, sottolinea Balzarro, sono molto
rari gli studi espressamente dedicati alla vita delle bambine nel
ventennio e all'organizzazione del loro
consenso alla politica del regime, da qui la decisione di
intraprendere questo studio.
"Cosa si ritiene utile alla formazione delle bambine? Nelle diverse fasi
della vita del regime vengono lanciati appelli specifici alle piccole
italiane, in quanto giovanissime o in quanto donne? Come si pone,
rispetto alle bambine, l'ambiguità già riscontrata in altri studi
rispetto alle donne? Come si combina cioè l'immagine di donne tutte
dedite alla famiglia, con la necessità (o inevitabilità) della loro
presenza nello spazio extra-domestico? Come convivono la
rappresentazione della perfetta donnina di casa e quella del Balilla in
gonnella?". Questi alcuni degli interrogativi all'origine di uno
straordinario lavoro di analisi incentrato non solo sulle vicende
complessive del settimanale e sui messaggi più esplicitamente politici e
patriottici, ma anche sui modelli -positivi e negativi- tesi ad incidere
sulla costruzione dell'identità delle bambine e sul loro futuro di
donne.
Balzarro sottolinea, infatti, che anche là, dove l'impronta politica è
più sfumata, è evidente che il giornale interpreta profondamente lo
spirito del regime. Impegno politico che emerge con più vigore nel
periodo della guerra in Etiopia, quando vengono fatte stampare centomila
cartoline della "Madonnina d'Oltremare" da spedire ai soldati italiani,
"i prodi legionari", o tra il 194o ed il 1943. Tuttavia, il tema della
guerra non viene trattato esclusivamente con scopi celebrativi, ma anche
per l'impatto sulla vita quotidiana della popolazione femminile. Da qui
l'esaltazione delle patriote del passato (Bianca Milesi e Ina
Battistelli, ad esempio), ma anche delle infermiere volontarie o delle
mogli e madri coraggiose che offrendo alla Patria i loro figli,
incarnano lo spirito del sacrificio, del sentimento di carità e di amore
per il prossimo, virtù femminili per eccellenza che costituiscono il
modello della donna e della bambina fascista.
Lo scopo pedagogico della testata, evidenziato già nel sottotitolo
"Settimanale illustrato di guida e cultura per le giovinette italiane",
emerge anche in alcune significative rubriche per l'educazione ai lavori
domestici ("Donnine di casa", ad esempio): il cucito, promosso con la
gara dei corredini per le bambole, il lavoro a maglia, i consigli
pratici per cucinare, tenere ordinata la casa o badare ad un bambino.
Numerose, però, sono anche le raccomandazioni per una buona istruzione
delle lettrici: dalla fine degli anni trenta, infatti, una rubrica fissa
è dedicata alla grammatica, alle scienze, alla storia, alla geografia e
alle poesie, attraverso delle domande di cui si forniscono le risposte
nel numero successivo del settimanale.
Per la durata delle pubblicazioni, il giornale uscirà fino alla caduta
del fascismo nel luglio del 1943, l'analisi di Anna Balzarro mette in
luce l'insieme di contraddizioni della politica fascista nei confronti
delle bambine ed insieme i modelli utilizzati, per contribuire a
costruire la loro identità di genere.
(Delt@
Anno VI°, N. 3 del 9 Gennaio 2008)
Elisa Salvati
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