Lia Levi: L’amore mio non basta, ovvero, la forza delle donne

 

 

Editoria

 

 

(Roma). Si legge tutto di un fiato L’amore mio non basta, l’ultimo romanzo della scrittrice piemontese Lia Levi, edito da Edizioni e/o.

E’ il 1939. Il marito di Elisa, Andrea, si butta giù dal muraglione del Pincio a Roma, lasciandole un biglietto in cui le chiede di perdonarlo e di occuparsi della loro bambina Lilia. “Tu sei forte e io no”, sono le sue ultime parole.

Il senso di queste parole Elisa lo capisce poco alla volta, mentre “il filo oscuro che aveva cominciato ad insinuarsi nella tela… continuava a compiere il suo cammino e si preparava subdolamente a piegarsi a cappio..”. E il suo mondo, fatto di piccole ma grandi certezze – l’amore non passionale ma rassicurante e tenero del marito, la gioia di crescere la loro bambina Lilia, la coscienza non esercitata dell’appartenenza alla fede ebraica, l’apparente solidità dei valori di una famiglia borghese -  si sgretola pezzo dopo pezzo.

Andrea perde il posto da bancario a seguito delle leggi razziali e piomba nel tunnel di una depressione senza luce, da cui nemmeno la vicinanza della moglie e della loro bambina Lilia riescono a tirarlo fuori. Elisa, figlia di una coppia borghese di ebrei romani non troppo praticanti, diplomata maestra ma senza mai aver insegnato, si ritrova così da sola, senza lavoro, a doversi improvvisamente arrangiare per poter sfamare e vestire la sua bambina. Fa da sfondo una Roma via via più plumbea, dove le conseguenze delle leggi razziali si misurano in termini di progressiva perdita di diritti e libertà.

Elisa, come spesso solo le donne riescono a fare, attinge alla sua enorme risorsa interna, l’amore per la figlia e la voglia di proteggerla, per affrontare le difficoltà che incontra, mettendo in opera la vera capacità di arrangiarsi, facendo lavori nuovi – come la segretaria dal suocero del fratello che la violenta - e anche avvilenti, come la domestica a casa di una ricca famiglia ebrea.

Durante questo percorso, Elisa farà molte scoperte, alcune belle altre meno: il senso d’appartenenza ad un popolo, ma anche la religione scevra dai principi di fratellanza e compassione; la sua forza interiore e la consapevolezza di come questa si trasmette di madre in figlia; infine, l’amore del marito, prima amato, poi odiato e finalmente riamato interamente, grazie alla definitiva comprensione del suo gesto estremo.

Intorno ad Elisa, ruota una cerchia di personaggi, ognuno rappresentativo di una condizione umana. La sorella e la madre di Elisa, trincerate dietro un benpensantismo di facciata, sono le prime disposte a scendere a compromessi, accogliendo in casa un funzionario fascista che diventerà probabilmente amante della sorella. Il fratello di Elisa, che sposa una donna cattolica contravvenendo le regole, riesce, grazie al matrimonio, a salvarsi, pagando però con la perdita di libertà e divenendo schiavo della famiglia della moglie. I bravi amici ebrei Rosetta e Giuseppe, che offrono ad Elisa la prima possibilità di un lavoro retribuito (cucire zoccoli), sono gli esponenti  l’ingegnosità  piccolo imprenditoriale, ma anche dei buoni sentimenti sinceramente radicati nella fede religiosa. Infine, gli Anguillara, da cui Elisa va a servizio, appartengono ad una presuntuosa e ricca elite di Ebrei che non piega la testa nemmeno di fronte alle leggi razziali e tratta senza nessuna benevolenza gli “inferiori”, cattolici o ebrei che siano.

Attraverso una struttura semplice ed una gran leggerezza narrativa, resa da un linguaggio semplice e diretto ed impreziosita da piccoli cammei descrittivi, la scrittrice ci accompagna lungo il viaggio di una donna, Elisa, che insieme alla propria bambina è costretta dagli eventi a prendere coscienza di sé e della propria forza.

(Delt@ Anno IV, n. 206 del 16 ottobre 2006)                                              Clara Park