Di donna in donna le memorie di Marcella Levi Bianchini sulle persecuzione degli/e ebrei/e romani/e  

 

 

Editoria

 

 

(Roma).Giovedì 18 Novembre, in una tarda serata romana nel cuore della capitale, si è svolta, presso la sala del Centro Convegni ex novo (Via Monte Zebio, 9), la presentazione del libro di Marcella Levi Bianchini, “E ora dove vado? Storia di un’ebrea italiana”(Edizioni Lepisma), con la partecipazione diretta delle due figlie dell’autrice, Regina ed Angela Bianchini, e la presenza dello studioso letterato Dante Maffia, coordinatore dell’incontro, dello storico Lucio Villari e della scrittrice Anna Vinci, curatrice del testo e sua grande ammiratrice. L’incontro è nato dal desiderio di promuovere la terza edizione di questo testo la cui vicenda abbraccia un periodo di nove mesi (dal 16 ottobre 1943 al 15 luglio 1944), scritto da una delle donne sopravvissute nel periodo nazista, durante la persecuzione degli ebrei a Roma. Il libro di Marcella Levi Bianchini vuole essere un viaggio nelle maglie intrecciate della sua esistenza, tra pericoli incombenti, paure, angosce, speranze di salvezza, che si snodano, raccontandosi sotto forma di un racconto autobiografico, attraverso la scrittura della sua testimonianza. La sua è una maniera di descrivere le cose molto particolare, rileva lo studioso Maffia, una maniera che traduce una dolcezza sussurrata nelle sue parole, una maniera che raccontando la propria esperienza attraverso i luoghi del dolore, non trapela mai un rancore sotterraneo, avvertito, covato nell’immane tragedia di quel momento storico tanto devastante. Le sue parole descrivono quello che lei stessa vede, sente, prova sulla sua pelle, permettono alla vita stessa di raccontarsi e di farlo con un linguaggio di estrema semplicità, pudicizia e rapidità. Lucio Villari, con gli occhi di uno storico sottolinea e mette in luce come un frammento di salvezza, quale è possibile riscontrare nella testimonianza di Marcella Levi Bianchini, riproduca una storia dai contorni tragici vissuta in un momento di grande tensione politica che ha visto protagonista un mondo intero implicato nel secondo conflitto mondiale. Nel grande spazio storico in cui si muoveva Marcella e la sua esistenza, si legge un frammento di salvezza, una testimonianza, una memoria che diventa testimonianza storica. Villari si sofferma a rilevare quanto sia importante, vitale e necessario ricostruire, tra quello che è umanamente possibile ricordare, momenti della propria esistenza, che permettono di salvare la memoria storica. Perché questo in fin dei conti è, secondo Lucio Villari, il senso vero di fare storia, non sono i singoli fatti ad interessarlo, ma le persone che abitano le parti della storia e vedere come la storia stessa piombi nelle loro vite e ne provochi i cambiamenti. Un libro gentile, lo definisce Villari, il libro di Marcella Levi Bianchini, un libro che sottolinea l’importanza di una “solidarietà storica”, di un senso forte di carità, del senso profondo dell’aiuto. Le difficoltà di quel momento, la non-comunicazione di allora, gli egoismi, le paure che immobilizzavano gli animi, anche quelli delle persone amiche, il terrore sparso in ogni singola azione, in ogni pensiero, gesto, ma anche gli atti caritatevoli, gli incontri fortunati, salvifichi, come quello descritto dalla stessa Marcella, all’interno di un vagone del treno che da Roma l’avrebbe dovuta portare lontano, lontano dall’odio, lontano dalla persecuzione, lontano anche dagli affetti più cari, in piena solitudine, l’incontro con Luigi Gori, anima positiva dentro uno scenario di guerra, di confusione, di paura, anima di un uomo giusto che la protegge e la salva con una sola parola di conforto, di aiuto. Villari vuole dire questo, cogliere da un piccolo frammento di esistenza, anche una speranza di salvezza impersonificata da un uomo che riconosce il momento di una verità, il momento di offrire un dono caritatevole di aiuto. Un riscatto alla stortura della storia di quel momento, un passaggio in positivo, come lo definisce lo storico stesso.

E per finire, l’attraente prospettiva di una donna, una scrittrice, Anna Vinci, che di questo libro vuole parlare evidenziandone tutto l’aspetto più interiore, quello che lega una lettrice, ad una storia che sente già averle preso il cuore, che sente viva dentro di sé e che fa rinascere attraverso gli occhi di due donne, due sorelle, figlie di Marcella, trasformando un dattiloscritto in un testo pubblicato. È un libro nato da più voci, racconta Anna Vinci con un filo di commozione che sembra trasparire dalla sua voce, quella commozione che si può ricondurre ad uno sguardo specificatamente femminile, che coglie quei fili invisibili di una coscienza femminile che si racconta attraverso la scrittura diaristica e che annulla la distanza temporale per essere sentita come viva ancora, a distanza di tanti anni, l’immagine della bottiglia, che usa Anna, serve proprio a questo. Una bottiglia che conserva in sé un messaggio, che viaggia, si lascia trasportare e arriva nelle mani di un’altra donna, delle due figlie prima di tutto e poi nelle mani di Lara Maffia, l’editrice del libro, in questa staffetta di ricordi che rivivono e ricostruiscono una memoria storica che è una memoria di donne. E per finire, la dolce e toccante voce delle due figlie di Marcella, Regina e Angela Levi Bianchini, che ricordano la loro mamma con quella stessa semplicità e con quello stesso eroismo che testimonia ancora una volta il grande valore della trasmissione, del gesto condiviso, di un racconto che fa testimoni i suoi ascoltatori e che nuovamente, in questo continuo fluire, perpetua il meraviglioso gesto di salvezza di cui questa donna si è resa protagonista e nostra testimone: “la mamma l’ha mandato a noi questo libro perché sapessimo chi l’avesse salvata”, “quando lei parlava di quei mesi lo faceva con una grande serenità”, “io credo che la mamma sia stata veramente sola, se stessa, in mezzo agli altri..” con tali parole forti, pronunciate da Angela Levi Bianchini, si chiude questo breve viaggio in ricordo di Marcella Levi Bianchini e in ricordo di tutte quelle donne che come lei hanno offerto con il loro grande gesto di coraggio un frammento di storia da cui prendere esempio e a cui rivolgere sempre il proprio sguardo come messaggio di speranza e di amore.

(Delt@ Anno II, n. 231 del 24 novembre 2004)                                                                                                      Antonella Petricone