La donna che visse per un sogno

 

 

Editoria

 

 

“La donna ha il diritto di salire sul patibolo; deve avere ugualmente il diritto di salire alla tribuna”. Queste parole di Olympe de Gouges, la protagonista de ‘La donna che visse per un sogno’, il nuovo romanzo di Maria Rosa Cutrufelli, aprono e meglio di altre riassumono il senso di queste bellissime pagine di storia che ci riportano col pensiero ai nostri giorni, perché la lotta delle donne è sempre attuale!

Un romanzo storico, stimolante e interessante, che racconta gli ultimi cinque mesi di vita di Olympe, dal luglio del 1793 al novembre dello stesso anno; una donna forte con un coraggio spavaldo, una donna politica, la prima che pensa ad un’autonomia politica delle donne, la prima che si fa carico della creazione della ‘Carta dei Diritti della donna e della cittadina’. Olympe denuncia l’esclusione delle donne dalla scena pubblica, sceglie con consapevolezza e decisione di prendere parte all’atto della rivoluzione politica che la porterà al patibolo. “Olympe salì sul patibolo, ma nessun altro diritto venne ottenuto dalle donne durante la rivoluzione” scrisse tanti anni dopo Alisa del Re. ‘La donna che visse per un sogno’ è anche il romanzo di una città, delle sue strade, del suo fiume. L’autrice riesce a farci rivivere la Parigi del ’93 attraverso una serie di immagini bellissime e cariche di suggestioni forti. Un lavoro molto paziente e accurato, di chi interagendo sapientemente con le fonti le ha sapute mettere insieme non tralasciando neppure un dettaglio.

La scena della rivoluzione francese è stata affollata di figure femminili e allora perché parlare e far parlare proprio di Olympe?  Innanzitutto perché come ci ha detto la stessa Cutrufelli, “Con lei ho convissuto fin da quando ero ragazzina e c’era quello che oggi chiamiamo il neo femminismo. Cioè le donne giovani facevano dei sogni: sognavano la loro libertà. Per caso in un libro di storia mi imbattei nella sua storia di donna forte, forse troppo, e da allora non mi ha più abbandonata”. E anche perché l’autrice voleva riscattare la figura di Olympe troppo spesso vittima di grandi falsi storici. Di lei si è detto di tutto, che fosse una ‘donna galante’, una prostituta, una drammaturga fallita. Ma si sa che, in genere, le donne con una forte personalità e con un carattere  deciso non riscuotono grande simpatia!

E’ una girondina, si dice, ma Olympe sostiene di non esserlo, è si un’anti-giacobina ed ha tanti amici tra le fila dei girondini ma nelle loro idee non si riconosce fino in fondo perché il suo è un pensiero femminile prima che politico.

Ma come far conoscere la vera Olympe de Gouges, che cosa raccontare di lei, quali temi della sua esistenza trattare per non fare diventare l’intera opera un pesante comizio ideologico? Una delle paure dell’autrice era proprio questa, si stava cimentando a scrivere su un personaggio storico, su un’icona, su un archetipo; doveva dar vita ad una struttura del testo che tenesse desta la suspence del lettore che si sarebbe accostato all’opera conoscendo già il suo finale. Cutrufelli decide di assumere un sguardo obliquo, mettendo la sua donna al centro della narrazione ma non affidandole la voce preponderante. Ed ecco che a descriverci Olympe sono altre donne, altre voci femminili, oltre alla sua, che in un gradevolissimo canto polifonico ci parlano dei loro vissuti, dei vissuti della Storia. Tante donne che hanno in comune solo il fatto di essere entrate in contatto con Olympe nei suoi ultimi mesi di vita, ma tutte profondamente diverse tra loro e questo lo si evince molto chiaramente dalle connotazioni psicologiche che l’autrice ci fornisce su ognuna di loro. Sono figure femminili diverse per classe sociale, per cultura, per pensiero, ma il  ricchissimo affresco che viene fuori da questo intreccio di sentimenti e di esperienze ci permette di leggere la complessità e la miseria della grande storia.

A parlare insieme all’autrice di questo magistrale intreccio tra interrogazione politica delle donne, di storia delle donne  e talento letterario c’erano altre donne il 25 giugno presso la biblioteca “Angelo Monteverdi” della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma. Tutte concordi le relatrici nel definire il libro un’opera stimolante e interessante, un romanzo storico senza ombra di dubbio, ma anche un romanzo sulla passione politica scritto con passione da chi la politica la conosce bene e quindi non ha illusioni. E, come ha aggiunto al riguardo Maria Serena Sapegno, docente di Letteratura Italiana, “…la cosa più bella è il conservare la luce della passione politica come un faro molto importante ma con totale disincanto…”.  

                                                                                                                                                                                                                                            Elisabetta Scarascia