Filosofia delle donne

 

 

Editoria

 

 

(Roma)Nell’ormai disgregato fronte femminista dei nostri giorni si levano numerose critiche e spunti di riflessione che fanno capo ai suoi membri stessi; sono riflessioni che si coagulano intorno alle diverse interpretazioni del senso del movimento medesimo e di quella che dovrebbe essere la sua linea di azione e partecipazione al mondo. Di “mondo” infatti ormai si tratta, non più di Italia, e del mondo multietnico occorre sentirsi parte integrante, affezionate cittadine, per essere donne mature e femministe consapevoli.

Non tutte le voci appartenenti al femminismo di oggi sanno esprimersi in questo modo, non tutte riescono ad abbandonare consunte nostalgie, ma alcune vanno oltre: è il caso delle autorevoli proposte di Pieranna Garavaso, Professore ordinario di Filosofia presso l’Università del Minnesota e di Nicla Vassallo, Professore ordinario di Filosofia della conoscenza all’Università di Genova (filosofa analitica i cui interessi si estendono anche alla Filosofia femminista, alla Storia e Filosofia della Logica, alla Metafisica, al Naturalismo filosofico e allo Scetticismo), raccolte e sviluppate nel loro libro Filosofia delle donne, da oggi, giovedì 15 febbraio in libreria per Laterza, Roma-Bari.

In questo libro, appunto, “Le donne, protagoniste e soggetti del dialogo filosofico, discutono di ragione, identità, conoscenza, scardinando i percorsi consolidati dalla tradizione”, come indica la quarta di copertina, ma nell’ottica di un contesto allargato, estremamente vasto e diversificato (quale quello che ci troviamo a vivere), che deve saper tenere conto delle distanze e dei problemi, in modo non banale e passivo.

Il discorso è imperniato sullo scontro di civiltà, sulle differenze tra l’Occidente e l’Oriente e mira prima di tutto ad ammettere che tale problema esista, a rendere evidenti le contraddizioni della scuola che vorrebbe risolvere il conflitto etico che si pone nella ricerca di un giudizio (che possa essere universalmente accettato) su molte delle questioni che concernono i diritti umani (infibulazione, violenza domestica) e le pari opportunità nei paesi di altra cultura, con un atteggiamento passivo e acritico. La critica mossa dalle due docenti è a quei “femminismi multiculturalisti” che “tacciono nel timore di essere accusati di razzismo e di imperialismo culturale se pretendessero per ogni donna diritti umani e civili simili a quelli di cui godono le donne occidentali”, movimenti (…ma molto statici) in relazione ai quali davvero è lecito credere che “un certo femminismo muore, nel pensare che le proprie istanze siano compatibili con quelle multiculturaliste e quindi nel coltivare una vera e propria indifferenza rispetto alle condizioni di oppressione in cui si trovano ancora molte donne”. Secondo queste due insigni filosofe il rischio di tale comportamento è che “Rimanere in silenzio, come accade, di fronte a visioni tradizionali del femminile che non appartengono alla nostra attuale cultura potrebbe comportare una rivalutazione di schemi sessisti che le donne hanno subito troppo a lungo”, nella discutibile convinzione (criticata con ampi argomenti dalle due autrici) che “occorre attenersi scrupolosamente a ciò che le donne non occidentali dicono di volere.”

E’ una linea interpretativa, questa, che propone nuove battaglie ed un nuovo obiettivo, quello prioritario che “i femminismi devono oggi rivalutare la necessità di estendere le loro rivendicazioni ad ogni donna”, perché “se il femminismo muore è a causa del multiculturalismo e della sua idolatria per le tradizioni. Se vive è per la sua capacità di prendere sul serio i diritti individuali.” Solo in questo modo si avrà piena coscienza che quelle antiche battaglie condotte sul limitato territorio della propria nazione sono sempre le stesse e non sono state portate a termine e solo così ci si potrà alimentare della vecchia forza per “reagire

(Delt@ Anno V°, N. 34 del 15 Febbraio 2007)