Società Matriarcali: paradigma di pace e giustizia Femminismi. (Roma) Una delle correnti affermatesi all’interno del pensiero femminista fonda la ricerca di una morale sulla pratica della relazione materna ed etica della cura, come fonti di un linguaggio d’amore e del dono e di una cultura della pace. Quelle di Gilligan di Virginia Held, di Vaughan, -solo alcuni dei nomi delle femministe più note che hanno posto a fondamento dell’etica la responsabilità e la cura verso gli altri- sarebbero speculazioni fine a se stesse, se private di un fondamento storico e di un’indagine interdisciplinare che dimostrano l’esistenza di società matriarcali, il cui controllo dell’organizzazione politica e sociale è detenuta dalla donne. Un controllo che non deve trarci in inganno, in quanto non è basato sul dominio della donna sull’uomo. Delle ultime società matriarcali rimaste, presenti all’interno di diverse etnie in tutti i continenti al di fuori dell'Europa( Asia orientale, in Indonesia, nella zona del Pacifico, in India, in Africa, in Sud America, in Nord America e nell'America centrale), si è discusso martedì 6 giugno alla Casa internazionale delle donne con la filosofa Heide Gottner-Abendroth, Peggy Reeves Sanday, antropologa all’Università di Pennsylvania e Barbara Mann professora nella Università di Toledo. E’ innanzitutto sorprendente che alcuni popoli ed etnie siano riusciti a mantenere un antico ordine sociale matriarcale e una loro cultura, opponendo resistenza all’ oppressione millenaria che hanno subito nei cinque o seimila anni di epoca patriarcale a causa di guerre, conquiste, colonizzazioni, evangelizzazioni e processi distruttivi causati dalla moderna industrializzazione e delle tecnologie. Fondamentale ai fini della sopravvivenza è stato il ritiro di questi gruppi in territori e rifugi impraticabili,quali montagne, deserti, le grandi foreste, le paludi o le isole. Barbar aMann, durante la sua attività di ricerca si è lungo occupata degli Irochesi, una comunità matriarcale tra le ultime rimaste degli indiani d’America, in cui le donne legate da parentela vivono insieme con i mariti in lunghe case. L’iconografia ad essa legata, riflette sul piano simbolico e politico una dimensione di equilibrio e di complementarietà dei due sessi e della relazione tra i generi. La notte e il giorno, la terra e il cielo sono la metà di un intero che rappresenta il genere umano. Tutto è uguale ma è pur vero che la donna interagisce con la terra, luogo in cui risiede il concepimento, la nascita ma anche la morte, dalla quale riprende ciclicamente la vita. Le donne siccome hanno imperniato la loro attività principalmente sull’agricoltura hanno sviluppato una migliore capacità rispetto agli uomini di gestione e controllo. Oggetto di studio di Peggy Reeves è stata il Minangkebau (Sumatra), società patriarcale che costa 4.milioni di persone legate da una discendenza matrilineare.Il nucleo del matriarcato è basato non sulle famiglie ma sulle donne.Nei loro culti non vi è distinzone tra il sacro e il profano; la Bundakandbaung, la madre di cui si ritengono eredi non è considerata una dea ma come una grande Madre. Illustrare il significato politico e sociale che assume una società secondo leggi dettati da tradizioni e costumi matriarcali , è spettato alla filosofa Heide Gottner-Abendroth, la cui relazione ha riassunto i tratti salienti della definizione strutturale di matriarcato, delineando un quadro completo del modello sociale matriarcale, a livello economico, sociale, politico e religioso-culturale, poiché è proprio dall’insieme di tutte queste prospettive che si sviluppa un modello sociale Dal punto di vista economico i matriarcati sono per lo più società agricole. Sono caratterizzati, quindi, da una perfetta reciprocità degli scambi e per questo motivo possono essere definiti società di reciprocità. I beni sono soggetti a uno scambio continuo secondo un sistema che segue le linee di parentela e le regole del matrimonio: questo sistema impedisce che le ricchezze possano essere accumulate all'interno di un clan o nelle mani di una persona. L’ideale da cui si trae ispirazione è la suddivisione o la compensazione delle disparità, non l’accumulo, contrariamente a quanto avviene nelle società capitalizzate. Ogni privilegio riguardante l’acquisizione dei beni viene livellato attraverso le norme sociali. Per esempio, durante le numerose feste del paese, i clan benestanti sono obbligati a invitare l’intero villaggio, cosa che ridimensiona drasticamente le loro ricchezze. Sulla base di criteri sociali della ricerca interdisciplinare, Abendroth ha individuato un sistema di parentela, non gerarchico ma orizzontale. Le comunità matriarcali vivono in grandi gruppi, che si formano secondo un principio di discendenza matrilineare. Il nome del clan, tutte le posizioni sociali e i titoli politici vengono ereditati dalla madre. Questo clan matriarcale consta di almeno tre generazioni di donne: la matriarca e le sue sorelle, le sue figlie e nipoti, nonché gli uomini a esse imparentati, ossia i fratelli della matriarca, i figli e i nipoti suoi e delle sue sorelle. I componenti di un gruppo matriarcale vivono insieme in una grande casa del clan, che può ospitare dalle l0 alle 100 persone, a seconda della grandezza e dello stile architettonico. Le donne vivono tutta la vita in questa abitazione, perché le figlie e le nipoti non lasciano la casa materna nemmeno dopo il matrimonio. Questo fenomeno prende il nome di matrilocalità. Le unioni matrimoniali reciproche non riguardano i singoli individui, ma sono sposalizi comuni che sfociano in matrimoni comuni. Per effetto di questa e altre forme di unione, alla fine tutti gli abitanti di un paese o di una città matriarcale sono legati gli uni agli altri da vincoli di matrimonio o di parentela diretta. L’aspetto più importante è che le donne detengono il potere di disporre dei beni dell’intero clan, nonché e soprattutto il potere di controllare le fonti di sostentamento: i campi e il cibo. Questa caratteristica, unita alla matrilinearità e alla matrilocalità, assicura alle donne una posizione di forza tale da giustificare la definizione di società “matriarcale”. In società di questo tipo non possono crearsi gerarchie o classi né disparità di potere tra le stirpi o le varie generazioni. Le minoranze non sono schiacciate dalle decisioni della maggioranza; i provvedimenti politici infatti vengono emanati, per così dire, su “base democratica” attraverso i delegati dei clan, i quali si riuniscono nel consiglio del villaggio o del paese, non per esercitare qualche poter decisionale, bensì per scambiarsi informazioni reciproche sulle decisioni prese nei singoli clan. La loro concezione del divino non è trascendente ma immanente, nel senso che la natura stessa è considerata divina e non vi è separazione tra lo spirito e la natura, contrariamente a quanto succede nella cultura patriarcale, la cui visione dualistica e separatista legittima lo sfruttamento della natura come semplice “risorsa”. Questo sul piano etico porta come conseguenza il superamento di una morale che traccia i confini tra il bene e il male. “Nella prospettiva matriarcale la drastica opposizione tra “bene” e “male” non ha più senso. Allo stesso modo, l’uomo e la donna sono un’unica polarità cosmica. In una società matriarcale nessun sesso considera l’altro come inferiore o debole, come accade invece nelle società patriarcali”. Rispetto all’organizzazione economica del matriarcato, non sono cosi distanti le teorie della femminista Geneviev Vaughan,,che nel suo recente libro “Per donare.Una critica femminista dello scambio” propone un nuovo paradigma economico basato sullo scambio e sul dono e non sull’accumulo di denari come avviene nella società occidentali. Il femminismo, specialmente di matrice nord-americano, individuando le contraddizioni di un modello di società basato su un’etica maschile e contrattualistica, prospetta un mondo in cui i legami affettivi, l’esperienza della maternità, la cura, che la pratica tra donne mette in atto, possano costituire il cemento di un nuovo ordine sociale fondato sulla giustizia, il rispetto per l’ambiente e la pace. Valori fondamentali che sono alla base della convivenza di queste civiltà matriarcali. (Delt@ Anno IV, n. 125 dell’8 giugno 2006) Angela Ammirati
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