25 Novembre 2008.
Le donne non si toccano nemmeno con un fiore…
(Roma) Sarà il
manifesto contestato, “Donna
crocifissa”, della campagna nazionale antistupri di 'Telefono
Donna', che ritrae una donna seminuda,
il corpo coperto soltanto da un
lenzuolo bianco, e con sotto le braccia due cuscini, a rappresentare il
braccio orizzontale della croce, (evidente rimando alla sofferenza di
Cristo), a comparire, ancora questa mattina sulle pagine di quotidiani,
riviste e siti web - nonostante la decisione del Comune di Milano, di
bloccarne l'affissione - per celebrare il
25 Novembre, Giornata
Internazionale contro la violenza alle donne (il 25 novembre 1960
furono violentate e uccise le sorelle Mirabal, paladine della lotta di
liberazione della Repubblica Dominicana dalla dittatura e da allora
simbolo internazionale della lotta per l'eliminazione della violenza
contro le donne). Una violenza
che per molte donne è ancora il pane quotidiano - per parafrasare lo
slogan scelto per il terzo anno consecutivo dall'associazione Linea Rosa
di Ravenna, assieme alle associazioni Demetra-Donne in Aiuto di Lugo e
SOS Donna di Faenza, per la campagna di sensibilizzazione su tutto il
territorio provinciale (l'iniziativa prevede la realizzazione di
sacchetti per il pane che denunciano il fenomeno della violenza sulle
donne) - come dimostra l’episodio terribile,
l'ennesimo omicidio, ieri, di
una persona trans a Roma, a testimonianza, ancora una volta, “del
clima di intolleranza verso le persone transgender, che nei mesi scorsi
- denuncia Arcigay Roma - sono divenute, spesso, un bersaglio, anche
nella capitale, dove la piaga degli omicidi delle persone gay e trans è
allarmante”. “Serve una politica
nuova, che coinvolga tutte le istituzioni, di inclusione e
valorizzazione delle diversità, anche e soprattutto verso chi già,
spesso, è costretta a vivere ai margini della società o viene sfruttata.
Bisogna partire da un tema fondamentale: l'accesso al lavoro per le
persone trans".
Serve una politica nuova, lo ripetiamo, e serve
subito, perché gridano vendetta
le 6,743 milioni di donne da 16 a 70 anni vittime di violenza fisica o
sessuale nel corso della vita (il 31,9% della classe di età
considerata). 5 milioni sono le donne che hanno subito violenze sessuali
(23,7%), 3 milioni 961 mila violenze fisiche (18,8%). Circa 1 milione di
donne ha subito stupri o tentati stupri (4,8%). Sono 2,077 milioni donne
hanno subito comportamenti persecutori (stalking), terrorizzate dai
partner al momento della separazione o dopo che si erano lasciate (il
18,8% del totale). Mentre sono 7,134 milioni le donne che hanno subito o
subiscono violenza psicologica: le forme più diffuse sono l`isolamento o
il tentativo di isolamento (46,7%), il controllo (40,7%), la violenza
economica (30,7%) e la svalorizzazione (23,8%), seguono le intimidazioni
nel 7,8% dei casi. Per ricordarlo, l’Associazione
'Donne in rete', ha inviato
al Governo e a tutti i/le
Parlamentari italian* una lettera aperta ("Lettera aperta al
Governo, ai Senatori, e ai Deputati del Parlamento Italiano")
per chiedere l'immediata approvazione di una legge che rafforzi le
tutele verso le donne, vittime ogni giorno di violenze ed aggressioni.
“Oggi - recita la lettera - si celebra la Giornata mondiale contro la
violenza sulle donne. In occasione di questo importante appuntamento
chiediamo che venga accelerato l'iter di approvazione della legge per
rafforzare le tutele penali e sociali nei confronti delle donne che ogni
giorno subiscono violenze e aggressioni, spesso in ambiente familiare".
E' necessaria, prosegue il documento firmato da Rosaria Iardino,
Presidente di "donneinrete.net e da Paola Concia, Commissione Giustizia
della Camera, "una legge che dia certezza di diritto a tutte le vittime
di un fenomeno purtroppo in continua crescita e che, secondo le stime
più recenti dell'Istat, indica in
14 milioni il numero di donne
italiane che hanno subito almeno una volta nella vita, atti di
violenza fisica, sessuale o psicologica. Un dramma che solo in meno del
10% dei casi ha trovato pubblicità attraverso una denuncia alle Autorità
e che nel 75% dei casi ha visto come artefice della violenza un
familiare o un conoscente della vittima". Purtroppo, ricorda la lettera,
la scorsa legislatura si è
chiusa senza che il Parlamento riuscisse ad approvare una legge che
contribuisse a fermare questa piaga. "Per questo "Donne in Rete"
chiede che non sia vanificato tempo prezioso e che il Parlamento giunga
quanto prima al varo di una legge che tuteli le donne nella loro dignità
e nella loro vita". Legiferare subito significa quanto prima ridurre i
rischi che colpiscono le donne, significa evitare un male che riguarda
tutte e tutti, una violazione dei diritti umani terribile e vergognosa.
Significa, ancora, far sentire alle tante, ancora troppe donne che
subiscono e che sono sopraffatte dalla violenza, che nessuna sarà mai
più sola. “Da mesi – ricorda Dorina Bianchi (Pd) - si parla di
una nuova legge che dia aspra
battaglia a questo male, attraverso la previsione del reato di
stalking e rafforzando,
nell'organizzazione e nei finanziamenti, i centri antiviolenza presenti
sul territorio italiano che specialmente al Sud non riescono a offrire
l'assistenza necessaria a causa dei pochi fondi a disposizione".
Ma, "Tagliare
20 milioni di euro dal piano antiviolenza, come ha fatto questo Governo
per darli all'Ici significa non avere a cuore questo problema",
aggiunge Walter Veltroni, segretario del
Partito democratico, schierato in una "battaglia legislativa
contro la solitudine delle donne", un argomento che secondo Veltroni non
vede il governo particolarmente impegnato. "Per noi questa è una parte
importante per affermare un modello sociale di diritti diverso. Dobbiamo
avere coraggio, anche di restare in minoranza", ha spiega ieri chiudendo
il convegno del Pd
'Non da sola' e
ricordando la mozione presentata
dai democratici alla Camera per chiedere fondi a favore del piano
antiviolenza sulle donne. La mozione, presentata in occasione della giornata
contro la violenza sulle donne, che ha tra gli altri firmatari oltre il
segretario del Pd Walter Veltroni, i vertici del gruppo parlamentare
alla Camera Antonello Soro, Marina Sereni e Gianclaudio Bressa, chiede
al governo di rifinanziare il
piano di azione del Dipartimento pari opportunità mirato alla
realizzazione di case rifugio, centri antiviolenza, associazioni
femminili e misure a tutela delle vittime di violenza. "Chiediamo
anche al governo -si legge nella mozione- la presentazione di un Piano
d'azione per i diritti delle donne, contro le molestie per motivi di
orientamento sessuale o religioso, per differenti abilità, razza e
religione. In particolare l'esecutivo si impegni a stanziare per il
Piano 20 milioni di euro nel 2009 e alla sua implementazione pari a 40
milioni di euro per il 2010 e a 60 milioni per il 2011. Solo così sarà
possibile la realizzazione di azioni, campagne informative, misure a
tutela delle vittime e attività di recupero". "La drammatica realtà che molte donne vivono rende
necessario un urgente intervento. "Nei
prossimi mesi - lancia l’allarme il Pd - centinaia,
migliaia di donne perderanno il
lavoro, la maggior parte un lavoro precario, una situazione di
solitudine e povertà che sta a
monte e a valle della violenza sulle donne".
Un legame denunciato anche dalla sezione italiana
di Amnesty International, che, in
occasione della Giornata mondiale per l'eliminazione della violenza
sulle donne, lancia una campagna in favore delle donne colpite da Hiv/Aids in Sudafrica. "Quello del Sudafrica è un tragico esempio del
legame tra povertà e violenza" ha spiegato Erika Bernacchi, responsabile
del Coordinamento Donne della Sezione Italiana di Amnesty International.
"Se è vero che la violenza
contro le donne colpisce donne di ogni etnia, età e classe sociale,
tuttavia povertà e violenza sono fattori che si influenzano e si
rafforzano a vicenda" ha aggiunto. In Sudafrica, dove vivono cinque
milioni e mezzo di persone colpite da Hiv/Aids, il più alto numero al
mondo, e con il 55 % dei contagi che riguarda le donne, la percentuale
di donne tra i poveri e i disoccupati è altissima e la povertà svolge
una funzione di barriera all'accesso ai servizi sanitari per quelle
contagiate nelle aree rurali del paese, a causa delle distanze e dei
costi di trasporto. Allo stesso tempo, il Sudafrica presenta elevati
livelli di violenza sessuale e di altre forme di violenza legate al
genere. Ma "Le
violenze e i soprusi non riguardano solo 'mondi' lontani o estranei a
noi. I guasti di una mentalità maschilista, forme di prepotenza e
oppressione, molestie e violenze contro le donne, stupri e omicidi, si
consumano anche in Europa e nel nostro Paese, ricorda Barbara
Pollastrini (Pd), in una lettera inviata al Presidente della Camera
Gianfranco Fini, sottolineando come “la
violenza si consuma nel silenzio delle case, al riparo di
famiglie,’rispettabili' o nel circuito affettivo delle vittime". "Come Lei sa - prosegue Pollastrini nella lettera -
è proprio il carattere altamente
drammatico di questa emergenza ad aver spinto le Nazioni Unite a parlare
per la prima volta di una nuova fattispecie di reato denominato
'femminicidio'. Sulla base di queste considerazioni Pollastrini
chiede al Presidente della Camera di
convocare (si tratterebbe di
“un atto importante ma insieme dovuto dal Parlamento nell'anno del
sessantesimo della Costituzione italiana e nel sessantesimo anniversario
della Dichiarazione universale dei diritti umani")
una seduta specifica della Camera dedicata ai diritti umani delle donne
e ai programmi contro ogni forma di intimidazione e di violenza.
“Una giornata dei nostri lavori nel corso della quale sia possibile
l'esame di una Mozione parlamentare presentata dal gruppo del Pd così
come eventualmente da altri gruppi". "Il
tema dei diritti umani delle donne -conclude Pollastrini
- è 'centrale' per il profilo
democratico e la convivenza del futuro, per la stessa crescita economica
e sociale del mondo in cui viviamo… Restando in tema di diritti umani, e in particolare
di diritti umani delle donne, proprio ieri, il Comune di Firenze,
durante un consiglio comunale straordinario, ha consegnato il
“Giglio D’Oro”
(riconoscimento assegnato a donne che hanno speso la loro vita in difesa
dei diritti umani e delle violenze di genere) a
Marisela Ortiz Rivera,
psicologa e insegnante, tra le
fondatrici nel 2001, dell'associazione umanitaria"Nuestras
Hijas de regreso a casa", (che le nostre figlie ritornino a
casa) in difesa dei parenti delle vittime di Ciudad Juarez in Messico. “Consegno
idealmente questo riconoscimento alle madri di Ciudad Juarez affinché
tutte le lacrime non siano state versate invano. In memoria di tutte le
donne e i bambini assassinati, grazie davvero”, ha detto Rivera, che
con la sua associazione si batte da anni per denunciare il perpetrarsi
dei crimini nella città messicana, in cui dal 1993 a oggi si registrano
1000 donne scomparse di cui 500 ritrovate dopo essere state violentate e
torturate. Per la sua opera di denuncia dell'omertà' della gente e la
corruzione delle istituzioni, Rivera ha subito minacce, intimidazioni e
attentati, ma ha portato all’attenzione mondiale i crimini e gli abusi
in atto a Ciudad Juarez, crimini e abusi per i quali è stato coniato il
termine femminicidio…
Femminicidio:
una piaga mondiale: Un termine che indica la violenza
fisica, psicologica, economica, istituzionale, rivolta contro la donna
“perché donna”. La deputata e sociologa messicana Marcela Lagarde l’ha
definito l'atto di assassinare una donna, solo per il fatto della sua
appartenenza al sesso femminile. Lagarde sostiene che la categoria
femminicidio è parte del bagaglio teorico femminista introdotto dalla
statunitense Diana Russel e Hill Radford, che nel libro
The Politics of Woman Killing
(Twayne Publishers New York, 1992) hanno parlato di
femicide che, tradotto nella nostra lingua significa assassinio
di donne. Tuttavia, per segnare una differenza con quel termine, Lagarde
scelse la voce femminicidio, per parlare di genocidio contro le donne.
Andrea Dworkin, femminista americana, ha usato il termine gynocide per
descrivere la violenza sistematica perpetrata, fino a provocarne la
morte, dal genere maschile su quello femminile. La sociologa Daniela
Danna scrive che la rigida separazione tra i sessi con la prescrizione
della subordinazione del sesso femminile a quello maschile è la radice
della violenza che l’autrice chiama ginocida. Il femminicidio è una forma di violenza di genere
che sottende torture, mutilazioni, abusi, violenza sessuale, in altre
parole tutte quelle violenze, fisiche, psicologiche,
sociali, economiche rivolte contro la donna e volte al suo
annientamento, psichico o morale e fisico. Violenze che hanno entità
diverse ma che sono accomunate tutte dal fatto di puntare, a una
diminuzione del valore fisico o morale della donna.
La
violenza di genere si identifica con il femminicidio perché è ogni
violenza rivolta contro la donna in quanto donna che va a colpirla
personalmente. La giurista
Barbara Spinelli nel suo libro
“Femminicidio” preferisce parlare di femminicidio piuttosto che di
violenza di genere proprio per il fatto che femminicidio ha un valore
simbolico più ampio ed è di maggiore impatto anche nei confronti
dell’opinione pubblica. Soprattutto, col termine femminicidio si mette
in risalto la matrice comune che hanno tutti i tipi di violenza di
genere: il fatto di essere rivolti contro la donna e di avere un fine
distruttivo nei suoi confronti.
Il concetto di femminicidio
non è stato raccolto da nessuna legislazione ancora, ad eccezione del
Guatemala, ma si impiega negli ambiti accademici e del movimento
femminista, perché è “più politico, poiché non include solo l'aggressore
individuale ma ricorre all'esistenza di una struttura statale e
giudiziaria che avalla questi crimini”. Il femminicidio è un ‘omicidio’
di Stato. Molte studiose e attiviste hanno parlato anche di
hidden genercide,
“genercidio nascosto”, per il numero di donne demograficamente scomparse
che è paragonabile a un olocausto che si ripete ciclicamente. Ogni 4
anni nel mondo muore, un numero di donne paragonabile alle vittime
dell’olocausto; con la differenza che per tali vittime sono stati
cercati dei colpevoli, le donne invece muoiono in un silenzio
assordante. Non un tribunale speciale, in
Cina ad esempio per
giudicare migliaia e migliaia di feti femmina abortiti o gli stupri di
guerra che si ripetono continuamente in Africa.
Il femminicidio: Alcuni
dati nel mondo Secondo il Consiglio d’Europa la violenza domestica
è la prima causa di morte per le donne tra i 16 e i 44 anni in tutto il
mondo: prima del cancro o degli incidenti stradali è la violenza a
uccidere. In
Europa il fenomeno è assolutamente trasversale per ceti
sociali e livello di istruzione. Gli uxoricidi sono soprattutto compagni
e mariti, che raramente soffrono di disturbi psichiatrici, sono cioè
capaci di intendere e di volere, e molto raramente assumono sostanze
stupefacenti. L’unico dato
che li accomuna è l’impunità. In Svezia
il numero di donne uccise è aumentato a livello esponenziale dal 2003,
dal 2001 in Spagna e in
Francia ogni 4 giorni una
donna muore per mano del marito e del compagno. In Usa il femmicidio è
causa di morte di giovani donne tra i 14 e i 25 anni. In
Canada, grazie al sito web
“Women Make Movies”, si è giunti a conoscenza di un documentario che
denuncia pubblicamente la sparizione e l'assassinio oltre 500 donne
indigene negli ultimi 30 anni. Il film si intitola
Finding Dawn ed è stato
realizzato da Christine Welsh. Il titolo riprende il nome di Dawn Crey,
la 23esima vittima riconosciuta grazie al DNA nella più grande indagine
sugli omicidi seriali in Canada svoltasi fra il 2002 e il 2004. Il film
si concentra su questo e altri episodi, documentando e denunciando la
sostanziale indifferenza delle autorità di fronte a omicidi e sparizioni
di donne indigene canadesi, oltre che sulla difficile battaglia delle
famiglie per ottenere giustizia. In Ucraina,
dei 1008 omicidi l’anno, la maggior parte delle vittime sono donne.
In Russia, più di 14 mila
donne vengono ammazzate ogni anno dai loro mariti o membri della
famiglia (Special Rapporteur on Violence Against Women). Delitti di
onore persistono in Albania,
Afghanistan, Turchia (Amnesty
International and the Special Rapporteur on Violence against Women).
Organizzazioni non governative hanno documentato dozzine di crimini
d’onore l’anno. Un report di Amnesty International ha stimato che in
Turchia nel 2003, di 70 casi
di femmicidi ben 40 hanno avuto come motivazione “l’onore”. Gli
assassini per la maggior parte dei casi sono giovani componenti della
famiglia, cugini o fratelli, che eseguono il crimine dopo un consiglio
di famiglia. In alcune regioni della Turchia, elevatissimo è il numero
dei suicidi di giovani che preferiscono sfuggire alle tradizioni
culturali con la morte.
Il femminicidio in America
Latina. In tutta l’America Centrale, la violenza contro le
donne è oggi un problema epidemico.
Le aggressioni per motivo di genere sono molto
estese, sopratutto in Messico, nel Salvador e in
Guatemala, dove, dal 1999
sono stati commessi 4 mila
assassini di donne. Tra le cause: la violenza familiare, gli assalti
in strada, le vendette personali. In tutti casi è implicato il machismo.
Degli uxoricidi solo il 20% è arrivato ai tribunali; il 3% ha ricevuto
una sentenza di condanna. Nel 2007 si sono registrati 538 assassini, e nel
2008, solo nella capitale, la “Procura dei Delitti contro la Vita”
ha registrato un totale di 58 femminicidi
per asfissia e strangolamento. L'Organizzazione delle Nazioni Unite, ONU, è
arrivata alla conclusione che il femminicidio in Guatemala ha
oltrepassato ampiamente il caso di Juárez, a dispetto del quale era
passato quasi inosservato. Il 7 maggio del 2007, è stata promulgata la
legge contro il femminicidio
e altre forme di violenza contro le donne che include ogni tipo di
discriminazione sessuale, economica e psicologica. La legge condanna dai
25 ai 50 anni chi ammazza le donne. L’approvazione della normativa ha
rappresentato un trionfo per le deputate guatemalteche, poiché punisce
ogni atto di violenza contro le donne, sessuale, economico, sociale,
culturale da 5 agli 8 anni di prigione. Fino a questo momento, la verità
e che solo 5 casi sono stati denunciati al Ministero.
Regna purtroppo ancora l’impunità.
L’80% dei casi non ha ottenuto giustizia. Jeannette Carrillo, presidente
dell’Inamu de Costa Rica, ha dichiarato che i poteri giudiziari e gli
agenti di polizia obbligano le vittime a non denunciare,
colpevolizzandole e negando loro sicurezza. Complici di tale violenza
machista i mezzi di comunicazione. Non tutti i casi di femminicidio e
femicidio sono stati trattati dai quotidiani, solo quelli più brutali ed
efferati. La tendenza dei giornali è di trattare la notizia come un
evento di cronaca nera, o di crimini passionali, quella, cioè, di
impressionare e suggestionare, senza far riflettere sulla reale causa
degli omicidi. La parola
femminicidio non è mai adottata dagli/dalle operatori/trici della
comunicazione. In El
Salvador è In Colombia,
il fenomeno del femminicidio ha interessato soprattutto le donne Wayuu.
Ben oltre 250 sono state uccise negli ultimi anni per aver difeso il
loro territorio e i loro diritti. In occasione della giornata
internazionale contro la violenza sulle donne, le donne wayuu
hanno deciso di lanciare una
carovana che diventa parte del movimento indigeno colombiano. Un
movimento che per la prima volta mette in difficoltà la politica
repressiva del presidente Alvaro Uribe Velez. La marcia
porta con sé anche il messaggio
centrale della difesa di quello che le donne Wayuu chiamano
«Wounmainkat», Drammatica è anche la situazione in
Honduras, Paese in cui,
oltre ai fenomeni di violenza e abuso sessuale, in un anno più di
600 donne
sono state assassinate. Dati
riportati nello speciale dell’agenzia stampa di genere Cimacnoticias
da Marcia Facusse Andonie, presidente della commissione de
In
Messico, soprattutto per quanto riguarda Juarez, la città maledetta
conosciuta dal mondo per i suoi femminicidi, assurti agli onori della
cronaca, grazie a diverse pubblicazioni (si veda ad esempio
Il deserto delle morti
silenziose. I femminicidi di Juárez) o a film-denuncia come
"Bordertown”, patrocinato da
Amnesty International e
diretto da Gregory Nava, o al più recente documentario
"Bajo Juarez" che presenta le
testimonianze di un giornalista, di alcuni parenti delle vittime e di
lavoratori migranti che denunciano, al
oltre ai casi di violenza domestica, di recente sono stati
segnalati nuovamente i ritrovamenti
dei corpi di alcune donne assassinate. Almeno tre, che vanno ad
aggiungersi alle circa 50 donne assassinate solo quest’anno. A denunciarlo, ancora una volta, l’Associazione
Nuestras Hijas de Regreso a Casa, le cui attiviste, preoccupate
dal silenzio dell’opinione pubblica, sostengono che il fenomeno
del femmicidio interessi sempre meno la società, da sempre sorda a
questa emergenza e sulla quale invece le istituzioni continuano a
minimizzare non dando riposte efficaci per arrestare la strage di donne
che continua a consumarsi nell’indifferenza del Paese. Le donne sono sole in questa battaglia che
purtroppo, registrando un crescendo di episodi tragici, è ormai
permanente. Luz Esthela Castro, direttora del Centro dei
Derechos Humanos para las Mujeres en Chihuahua e avvocata
dell'organizzazione Nuestras Hijas, lamenta la superficialità con
la quale si è affrontato il tema del femminicidio, motivo per il quale
ha sollecitato nel L’eurodeputato ha promosso lo scorso anno una
risoluzione sul tema del femminicidio al
Parlamento Europeo, grazie a
documentazioni dettagliate specialmente riguardo agli episodi
registrati a El Paso,
città di frontiera con gli Stai Uniti, e esponendo una dura critica al
governo messicano sulle mancate risposte al dramma o sulla mancanza di
capacità o volontà di comprenderne le ragioni. In seguito alle continue
minacce di morte che ha subito Luz Esthela Castro - Romeva ha
interceduto presso il Premier Felipe Calderón affinché l'attivista fosse
munita di una scorta. I tristemente noti casi di violenza di genere a
Città Juárez e
Chihuahua, hanno travalicato
i confini nazionali con la loro lunga storia fatta di discriminazione,
di giustizia sorda e del tutto inefficiente, di falsi testimoni, minacce
ai famigliari delle vittime e associazioni per i diritti umani che le
sostengono nella loro incessante ricerca di verità e giustizia. Lo scorso ottobre è approdata al Parlamento Europeo,
grazie a una relazione del Centro Diritti
Umani delle Donne (CEDEHM), con sede a Chihuahua, consegnata da
Luce Esthela Castro, direttora del CEDEHM e
avvocata dell'organizzazione “Giustizia per le Nostre Figlie”,
che tra dicembre e gennaio prossimo presenterà alla Commissione
Interamericana per i Diritti umani (CIDH), congiuntamente alla
Commissione Messicana di Difesa e Promozione dei Diritti umani, il caso
di David Culli, reo confesso di un femminicidio.
Le avvocate del CEDEHM, Alma Gómez Caballero e Luce
Castro Rodríguez sono le autrici di una relazione che consta di 43
pagine ed è patrocinata da
Amnesty International.
Il documento espone la situazione della violenza di genere a Juarez,
ormai nota a livello mondiale per gli assassini di donne e bambine dal La violenza e la discriminazione contro le donne
sono ancora accettate come "atti naturali" dagli operatori di giustizia,
senza contare che i vari Dipartimenti pubblici archiviano subito i casi
senza indagare a fondo. Basti pensare che, dei 12 casi di omicidi di
genere trattati dalla magistratura nel 2007, 10 sono rimasti senza
colpevole.
La
speciale squadra nata con l’intento di identificare i resti delle
vittime rinvenute nei territori di Juárez come di Chihuahua, è riuscita,
finora, a identificare solo 26 desaparecide.
Castro e Gómez nella loro relazione offrono
testimonianze approfondite rispetto al tema della violenza di genere nei
due territori presi in esame, denunciando come l’entrata in vigore del
Nuovo Sistema di Giustizia Penale abbia reso ancora più vulnerabili i
diritti umani delle donne privilegiando molto spesso la conciliazione e
gli accordi riparatori tra famigliari delle vittime e aggressori.
"Gli avanzamenti contenuti nella legislazione sul tema dei
diritti umani delle donne sono lettera morta", non ci sono case di
accoglienza istituzionali che aiutino le donne vittime di violenza, ma
solo due centri nati grazie ad associazioni civili che navigano in
cattive acque a causa degli scarsi finanziamenti, mentre la prima legge
sulla violenza non ha prodotto finora sviluppi positivi. La relazione
documenta, inoltre, numerosi casi di violenza di genere indagati dal
CEDEHM, e denuncia come alle vittime di violenza sessuale, minori
soprattutto, venga negato anche il diritto all’aborto. Sempre in
Messico, il 52% delle
studentesse delle scuole superiori è oggetto di violenza verbale,
molestie, atti di bullismo e violenza sessuale da parte del personale
docente e non docente. I dati sono stati evidenziati dalla ricerca “Indagine
sulla violenza nelle scuole superiori e il rapporto tra docenti e
studenti sulla promozione dei diritti umani e parità”,
coordinata da Gloria Ramírez, la quale precisa che il 43 % delle
adolescenti che studia negli istituti di scuola superiore hanno
denunciato atti di molestie, violenza verbale da parte degli insegnati,
mentre un altro 9% ha rivelato di aver negoziato sesso in cambio della
promozione. Lo studio, edito dall’Unesco e dalla UNAM (Diritti umani
dell'Università Nazionale Autonoma del Messico), evidenzia ancora che il
18% delle adolescenti intervistate è stata molestata sessualmente dai
docenti, che, sono anche gli autori, nel 23% dei casi, di molestie
sessuali. Preoccupante è anche il fatto che molte delle studentesse
hanno dichiarato di essere state molestate nei paraggi delle scuole
anche da parte di poliziotti e personale scolastico, che, oltre alle
aggressioni verbali le ha derubate di soldi e cellulari in risposta alle
loro proteste. L’analisi, che ha riguardato 18 plessi scolastici e
studentesse dai 15 ai 22 anni, ha evidenziato, inoltre, come in ben 14
istituti sia più alta la percentuale di studenti maschi rispetto a
quella femminile, a causa di materie scolastiche pensate più per gli
uomini (materie tecniche quali meccanica industriale, elettronica,
informatica, ecc.). Il 48% delle ragazze, ancora, non ha accesso a tutti
i corsi né a strumenti adeguati di studio. Solo in 4 istituti la
percentuale di iscritte è più alta a causa dei corsi offerti: lavoro
sociale, segretaria esecutiva bilingue, laboratorista clinico,
infermeria e informatica.
La conclusione cui giunge il Centro Nazionale di Valutazione (Ceneval),
è il fatto che gli/le iscritti/e alle scuole tecniche hanno minori
opportunità di accesso all’università: 9 studenti su 10 non sono
ammessi.
E’ “femminicidio” anche in
Italia Il 31% degli omicidi volontari in Italia avviene tra
le mura domestiche. Secondo il rapporto Eures presentato a gennaio 2008
e relativo all’anno 2006, i
delitti compiuti all’interno delle mura domestiche sono al primo posto.
Ne uccide più la famiglia
che la mafia. Il
fenomeno continua a caratterizzare soprattutto il nord (94 vittime, pari
al 48%). Segue il Sud con 62 vittime e il centro con 39 vittime. Una
ricerca sulla stampa
italiana nel 2007 mostra
ancora una volta che l’uccisione di donne avviene soprattutto per mano
di familiari e partner e che i media amplificano o minimizzano i casi in
base all’etnia e all’identità della vittima. I numeri parlano da soli:
107 donne uccise nel 2007,
19 nel gennaio 2008 per un
totale di 126 femminicidi
commessi, di cui 6 duplici omicidi.
Molto spesso si dimentica di sottolineare che “le
donne straniere sono sempre più
spesso vittime di soprusi e di violenze", come denuncia Souad Sbai,
presidente dell`Associazione Acmid-Donna Onlus e deputata del Pdl,
convinta che un dialogo costruttivo possa rappresentare l'anello di
congiunzione tra le diverse culture, e per questo segnaliamo
l’interessante serie di incontri internazionali, workshop, e dibattiti
che si svolgeranno a partire da oggi e fino al 3 dicembre presso il
Centro culturale Averroè di Roma, dove si parlerà di lotta contro la
violenza sulle donne. "La nostra iniziativa punta ad accrescere la loro
consapevolezza e a facilitare i processi di autodeterminazione, anche
attraverso un percorso culturale" spiega Sbai, secondo cui "è importante
inoltre diffondere tra le donne arabe la legge sullo stalking promossa
dal Ministero Pari Opportunità. Comunque, per tornare a
quanto dicevamo prima, sia che si tratta di violenza contro donne
italiane, sia straniere, l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica
su questi fatti è assai mutevole. I casi che fanno
audience, eclatanti, capaci
di catturare l’attenzione del pubblico, vengono riportati, trasmessi,
analizzati da telegiornali e talk
show fino alla nausea, diventando puri eventi mediatici. Come
riporta S. J. Grana, i femminicidi sono ignorati o sensazionalizzati a
seconda della razza, classe e capacità di attrarre della vittima. Il
fatto che sia una donna, una ragazza, a essere stata uccisa perde di
senso, valore e misura. E poi sono tanti, troppi i casi di omicidi di
donne che passano inosservati, o quasi, perché migranti o prostitute.
All’opposto, i casi di donne italiane uccise da stranieri hanno ben
maggiore evidenza. Così nel senso comune passa un messaggio inverso
rispetto alla realtà: è, infatti, molto più frequente che un uomo
italiano uccida una donna straniera che il caso opposto. Proprio per
ovviare alla mancanza o distorsione dei dati, la “Casa delle Donne per
non subire violenza” di Bologna ha affidato a Sonia Giari uno studio sul
femminicidio, basato sugli articoli pubblicati sulla stampa italiana
nell’anno 2007, che è stato diffuso in questi giorni con il titolo
La mattanza e che è
pubblicato sul nostro sito
www.deltanews.it. Lo studio elenca puntualmente tutti i casi di
uccisione di donne dagli undici anni in su per motivi misogini o
sessisti, quindi con esclusione dei delitti con movente mafioso o a
scopo di rapina, includendo invece quelli commessi dai partner o dagli
ex, da parenti, amici, conoscenti, vicini di casa, e quelli in cui
l’omicida era un cliente, nel caso di prostitute, ma anche di attività
commerciali in cui l’omicidio è scaturito a seguito di una lite. L’analisi dei casi conferma quello che già si
conosce, ma che i media spesso nascondono all’opinione pubblica. Il 35%
degli assassini (o presunti tali, dato che si tratta di indagini o
processi non ancora conclusi) è il legittimo consorte della donna
uccisa, mentre nel 15% dei casi è un ex (marito o fidanzato).
Complessivamente i tre quarti delle donne sono uccise da un familiare
(comprendendo in questa categoria anche fidanzati o conviventi). Tutti
uccidono per i motivi arcaici di sempre: il 25% in seguito a una lite,
il 16% perché non accetta la separazione, l’8% per gelosia. Solo un
femminicidio su otto in Italia, circa uno al mese, è commesso da
sconosciuti. Le vittime straniere sono il 28%, ma ben una donna uccisa
su dieci è di nazionalità romena. Tra gli assassini, il 70% è italiano e
il 16% è straniero (il restante 13% è sconosciuto). Rispetto all’analoga
ricerca condotta l’anno precedente da Cristina Karadole, oltre al
leggero aumento dei casi (sette in più) che conferma la tendenza alla
stabilità o addirittura alla crescita del fenomeno, si registra qualche
variazione rispetto ai moventi: calano gli omicidi dovuti a separazioni,
ma aumentano quelli dovuti a conflittualità, con familiari o conoscenti,
e quelli il cui movente è sconosciuto, che nella maggioranza sono
avvenuti in famiglie in cui a detta di tutti non vi erano problemi. Inoltre nel 2007 vi è stato un significativo aumento
degli omicidi di donne affette da malattia, nella maggioranza dei casi
anziane allo stadio terminale di patologie come l’Alzheimer, quindi un
tema legato alla solitudine, alla fatica della cura e alle carenze dei
servizi sociali. Non si rilevano mutamenti riguardo alla nazionalità, a
riprova, commenta l’autrice, che “ogni richiamo allo “straniero che
uccide le nostre donne” è puramente fallace, e ha l’unico scopo di
fomentare la massa verso un capro espiatorio rassicurante per la società
in quanto non appartenente ad essa, al di fuori di essa”. Per quanto riguarda
il ritratto degli uxoricidi
si rimanda all’identikit tracciato da Alessandra Bramanti –
psicologa e criminologa clinica del Fatebenefratelli di Milano –
co-autrice del libro “Riflessioni
sulla violenza domestica per il medico di famiglia e altri”
(Pacini editore).Un libro che ha il merito di tracciare i profili di chi
si macchia di delitti contro le donne. Amici (23,5%), colleghi e datori
di lavoro (15,3%) sono i principali autori dei tentativi di violenza:
solo il 18,3% delle vittime, infatti, è stata aggredita da un estraneo.
Femminicidi nel 2008 Anno 2008 Donna uccisa
il.....................a................................da:
2 gennaio - Milano............................figlio 8 gennaio - Pisa...............................
sconosciuti 9 gennaio -
foggia............................convivente 11 gennaio - Garbagnate......................marito 25 gennaio - Bergamo.........................
sconosciuto 30 gennaio - Cosenza-Campo rom..........sconosciuti 31 gennaio - Padova...........................
marito 1 febbraio - Viterbo...........................
amante 5 febbraio - Castellammare di Stabia... marito 21 febbraio -
Napoli............................marito 23 febbraio -
Pistoia...........................protettore 24 febbraio -
Lucera............................vicino di casa 27 febbraio -
Benevento......................sconosciuto 29 febbraio - bari...............................
marito 8
marzo - Isernia..........................amico 10
marzo - Taranto..........................marito 10
marzo - Taranto..........................padre 10
marzo - Taranto..........................padre 16
marzo - cuneo............................conoscente 17
marzo - Savona........................... figlio 17
marzo - Savona........................... ex fidanzato 21
marzo - Lecco..............................figlio 23
marzo - Torino............................. sconosciuto 23
marzo - Livorno............................sconosciuto 25
marzo - Ferrara............................sconosciuto 27
marzo - Nuoro............................. sconosciuti 30
marzo - Sezze............................. convivente 9
aprile - Roma..............................marito 16
aprile - Salerno........................... fratello 19
aprile - Perugia........................... sconosciuto 21
aprile - Pistoia............................sconosciuto 25
aprile - Monterone....................... racket 25
aprile - Monterone....................... racket 26
aprile - Verona............................ amico del marito 29
aprile - Foligno............................ padrone di casa 7 maggio -
Genova.............................protettore 8 maggio -
Milano..............................sconosciuto 13 maggio - Niscemi...........................amici 14 maggio - Rimini..............................ex
fidanzato 17 maggio -
bari..................................marito 21 maggio -
Napoli...............................figlio 25 maggio - lago
d'Iseo........................marito 26 maggio -
Mantova...........................sconosciuto 30 maggio -
Piacenza..........................sconosciuto 4 giugno - Vicenza...........................
marito 6 giugno - Milano............................
convivente 8 giugno - Rimini..............................
nipote 10 giugno - Bergamo.........................
conoscente
6
luglio - Perugia............................
sconosciuto 15
luglio - Prato................................ marito 16
luglio - Genova..............................conoscente 13
luglio - Grosseto............................sconosciuto 17
luglio - Senigallia...........................ex marito 25
luglio - Bergamo............................ex fidanzato 31
luglio - Scicli..................................marito 2 agosto - Canosa di puglia................marito 2 agosto - Canosa di puglia.................genero 18 agosto -
Genova.............................convivente 20 agosto -
Parma................................marito 20 agosto -
Parma................................padre 21 agosto -
Arezzo...............................convivente 23 agosto -
Luzzara..............................convivente 29 agosto -
Fano...................................ex convivente 3 settembre -
Ravenna..........................sconosciuto 5 settembre -
Sardegna..........................sconosciuto 9 settembre - prov.
Torino.......................padre 12settembre -
Pisa...................................sconosciuto 14settembre -
Bari....................................figlio 17settembre - Bergamo........................... ex
marito 17settembre - Bergamo.............................ex
marito dell'amica 18settembre -
Lecco..................................convivente 18settembre -
Roma..................................fratello 20settembre - Montebello
Jonico.................marito 22settembre -
Napoli.................................marito 27settembre -
Ferrara.................................figlio 1 ottobre - Foligno...............................ex
convivente 2 ottobre -
Trapani...............................sconosciuto 6 ottobre - Spoleto...............................ex
convivente 7 ottobre - Reggio
Calabria.....................sconosciuto
9
ottobre - Bovalino...............................conoscente 16 ottobre -
Campobasso..........................marito 17 ottobre -
Alassio.................................sconosciuto 19 ottobre - Foresto Sparso.......................ex
fidanzato 20 ottobre - Reggio
Calabria.......................datore di lavoro 23 ottobre -
Caserta.................................marito 17 novembre -
Cattolica.............................marito
In Sicilia,
dove ogni 36 giorni è uccisa una
donna, secondo i dati dell'Osservatorio di genere di Arcidonna, che
ha rielaborato le statistiche di un'indagine condotta a livello
nazionale, partirà da Niscemi
(Caltanissetta), oggi martedì 25 novembre dalle 9,30
campagna contro il femminicidio e la violenza di genere lanciata
dall’UDI, la “Staffetta
di donne contro la violenza sulle donne”.
Niscemi è stata scelta per i drammatici eventi che hanno portato alla
morte di Lorena, e, dopo aver percorso tutta l’Italia, si concluderà il
25 novembre del 2009 a Brescia dove è stata assassinata Hiina.
Simbolo
e testimone della Staffetta è un’anfora
con due manici (omaggio a
Marija Gimbutas) che due donne daranno ad altre due delle città
successive. Il gesto di “portare insieme” vuole significare l’importanza
della relazione e della solidarietà. Sarà un modo di dire a tutti forte
e chiaro che tu, io, noi siamo unite e diciamo basta alla violenza.
Possono aderire alla Staffetta donne singole e associazioni di donne
compresi i coordinamenti femminili dei sindacati. L’Anfora verrà
consegnata da due donne dell’ UDI di Roma a due donne dell’UDI di
Niscemi. Per 365 attraverso l'anfora, le donne del paese
parleranno e affideranno le une alle altre i loro messaggi e i loro
progetti di salvezza, per vincere sul dolore e sul silenzio complice, e
anche per rendere noti i numeri della violenza regione per regione. In Sicilia il
40 per cento degli omicidi di donne commessi nell'Isola nel 2007 è
avvenuto in provincia di Catania. Seguono le province di Palermo e
Trapani (20 per cento), Siracusa e Agrigento (10 per cento).
«Si tratta di una vera e propria mattanza
– afferma Valeria Ajovalsit, presidente di Arcidonna
– che si consuma prevalentemente
all'interno della più importante istituzione sociale, la famiglia».
Già, perché andando a guardare agli autori degli omicidi commessi sul
suolo nazionale – sottolinea Arcidonna - si scopre che nella stragrande
maggioranza a commetterli sono proprio i familiari della vittima (in
Sicilia la quota di omicidi in
famiglia raggiunge il 70 per cento). Nel 58,9 per cento dei casi si
tratta di mariti, fidanzati o ex partner, nel 17,4 gli autori sono
figli, padri, nonni e nipoti.
I dati nazionali mostrano quanto sia poco fondato
anche il tanto sbandierato "pericolo immigrazione":
nell'81,6 per cento degli omicidi commessi tra il gennaio 2007 e il
gennaio 2008, infatti, l'assassino è di nazionalità italiana. Di 126
delitti, sono venti quelli commessi da stranieri.
Nell'Isola, gli autori dei
delitti sono tutti italiani. «Contro questa mattanza occorre agire
subito – continua Ajovalasit – Bisogna promuovere adeguate azioni di
informazione e formazione rivolte alle scuole e alle famiglie, come la
recente campagna contro gli stereotipi di genere lanciata da Arcidonna (www.nonpensareasessounico.it).
Ma è necessario anche che il governo nazionale approvi al più presto una
legge sistemica contro le violenze di genere che agisca al contempo
sulla prevenzione e sulla certezza della pena».
La violenza è una minaccia
contro lo sviluppo, la pace e la sicurezza mondiali
Basta guardare al caso della
Repubblica
Democrática del Congo, dove da anni uno dei metodi bellici
utilizzati nella lotta fratricida fra governanti e ribelli è stato l'uso
sistematico delle violenze sessuali. Stando alle cifre del piano
d'azione umanitario 2008, sono
stati oltre 30.000 gli stupri perpetrati nel Il Congo dal 2006, ha una nuova legge contro la
violenza sessuale che introduce pene per i criminali e aiuti per le
vittime. Según Zita Kavungirwa, del Caucus de Mujeres por
Restiamo sempre in Africa e citiamo ancora il caso
dello Zimbabwe, ricordando
le storie della brutalità delle milizie che violentano ragazze e
incendiano le case dei sostenitori dell’Mdc. Storie raccolte da un
gruppo di attiviste per i diritti umani, che vogliono assicurare alla
giustizia i responsabili delle violenze, denunciandoli alla Corte penale
internazionale. Finora, un solo
uomo è finito in carcere per gli stupri avvenuti nel corso degli ultimi
mesi. È stato condannato a 22 anni nella città di Masvingo, nello
Zimbabwe sud-occidentale. La violenza sessuale viene utilizzata
sistematicamente nei conflitti come strumento di annichilimento della
parte avversa. I corpi delle donne – in tutto il mondo – sono
considerati un bottino di guerra. Di seguito pubblichiamo testimonianze raccolte
dall’Associazione “Sopravvissute allo stupro dello Zimbabwe”, fondata
dalla nota attivista locale Betty Makoni.
“Sono stata violentata da quattro miliziani dello
Zanu Pf, di notte, proprio fuori dalla loro sede, durante le elezioni.
Mi hanno stuprata a turno, accusandomi di sostenere l’opposizione, dc
[Movimento per il cambiamento democratico]”,
ha raccontato
“Hanno minacciato di morte me e la mia famiglia,
quindi non ho avuto altra scelta che cedere alle loro richieste»,
ha aggiunto. Il podere di famiglia di Moyana
è stato distrutto e il bestiame ucciso, per «punire» la presunta
appartenenza politica della donna. Un’altra donna, la 53enne Sophie Makore, di Hurungwe,
nel nord del paese, spiega di aver perso ogni speranza dopo la terribile
esperienza subita per mano di alcuni attivisti dello Zanu Pf. Qualche
mese fa, gli uomini delle milizie le hanno riservato lo stesso destino.
Come nel caso di Moyana, gli stupratori le hanno detto di averla punita
perché sosteneva il partito d’opposizione. Le testimonianze di Moyana e Makore sono solo due
dei tanti racconti di donne delle zone rurali dello Zimbabwe di fatti
avvenuti durante il sanguinoso e controverso secondo turno delle
elezioni presidenziali, lo scorso giugno. A una donna dello Zimbabwe
orientale, un medico ha prelevato 250 millilitri di liquido seminale,
dopo che era stata vittima di violenza sessuale di gruppo per tre giorni
consecutivi. Lo Zimbabwe non ha firmato «È assai spiacevole che i processi giuridici siano
lenti, ma le donne vogliono portare i loro casi in tribunale, qualunque
siano i tempi», ha commentato Donovan. Secondo gli attivisti, è
fondamentale che i casi siano portati davanti a una corte, in modo da
ripristinare i diritti delle donne in un Paese che si è impegnato a
raggiungere il terzo Obiettivo di sviluppo del millennio, che prevede la
parità fra uomo e donna. Netsai Mushonga, coordinatrice della Coalizione
delle donne dello Zimbabwe, ritiene che queste violenze sancite dallo
Stato ostacolino gli sforzi della nazione verso l’empowerment femminile.
“La realtà nel nostro Paese è quella di una totale mancanza di
considerazione nei confronti delle donne. I nostri leader [che hanno
legittimato le violenze] dovrebbero essere richiamati al loro dovere” ha
osservato. Le istanze delle organizzazioni per i diritti dello
Zimbabwe hanno trovato il sostegno di diverse organizzazioni
internazionali per i diritti umani. Il mese scorso, Amnesty
International ha chiesto giustizia per tutti i responsabili delle
violenze autorizzate dallo Stato in Zimbabwe, lamentando un aumento
delle violazioni dei diritti umani che restano impunite. Un’altra
importante organizzazione di difesa dei diritti umani, Human Rights
Watch, ha riportato un aumento delle violenze sporadiche, sulla scia
dell’attuale stallo nella definizione di un governo di unità nazionale
tra Zanu Pf e Mdc. (fonte Carta)
L'appello del segretario
generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon
"Occorre
fare di più per dare esecuzione alle leggi esistenti e combattere
l'impunità; bisogna combattere atteggiamenti che tendono a perdonare,
tollerare, giustificare o ignorare la violenza commessa contro le
donne". Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban
Ki-Moon invita oggi la comunità internazionale ad "aumentare gli
stanziamenti finanziari a sostegno delle vittime e delle donne
sopravvissute alla violenza". "Ho
una ferma determinazione a moltiplicare tali sforzi" assicura
annunciando una "Campagna
globale 'UNiTI per porre fine alla violenza contro le donne', che
punta a aumentare il livello di consapevolezza pubblica, nonché la
volontà politica e le risorse a disposizione, oltre che a creare un
ambiente propizio a trarre pieno profitto dagli impegni politici
esistenti". Il quadro è allarmante: "Ovunque nel mondo - spiega
Ban - in paesi ricchi e poveri, le donne sono sottoposte a sevizie,
percosse, stupri, assassini, e sono vittime del traffico di esseri
umani”. Si tratta di "violazioni dei diritti umani che vanno ben oltre
il danno individuale, perché rappresentano una minaccia a sviluppo, pace
e sicurezza di intere società". "Dovunque le donne sono a rischio, ma
quante tra loro vivono in
società alle prese con conflitti armati fronteggiano pericoli ancora
maggiori" avverte il numero uno dell’ONU. "In presenza di conflitti sempre più complessi -
sottolinea Ban - anche il
modello di violenza sessuale si è evoluto.
Ora le donne non sono più
solamente in pericolo durante il periodo del conflitto; la possibilità
di essere aggredite da eserciti, milizie, ribelli, criminali, perfino
polizia, è la stessa in fasi di maggiore calma". E’ il caso della
travagliata provincia del Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del
Congo - come accennavamo sopra - dove
le vittime sono talvolta
sottoposte a mutilazione genitale" riferisce Ban, secondo cui
"ancora più preoccupante è l'età di molte vittime". "Il 50 % delle
giovani donne in certe aree violente di Haiti è rimasto vittima di
stupri o attacchi a scopo sessuale. Una su tre, tra le poche tra loro
che cercano giustizia, ha meno di tredici anni - denuncia il segretario
generale dell'Onu - In Liberia,
nel corso di un mese particolarmente violento, all'inizio dell'anno, la
maggioranza delle vittime di stupri denunciati aveva meno di dodici
anni, e alcune di loro non arrivava ancora a cinque anni". La situazione
è tanto più preoccupante, se si pensa che "questi esempi vengono da
paesi nei quali esiste una presenza di forze di pace delle Nazioni
Unite". Grazie alla risoluzione
del Consiglio di Sicurezza 1820, adottata lo scorso giugno, l'utilizzo
della violenza sessuale come strumento di tattica bellica è ora
riconosciuto come una questione relativa a pace e sicurezza
internazionali. "In base alla risoluzione, le missioni di pace, in
particolare quelle il cui mandato si estende alla protezione dei civili,
devono ora includere la tutela di donne e bambini da ogni forma di
violenza nei loro rapporti periodici sulle situazioni conflittuali –
ricorda ancora Ban - La risoluzione 1820 dà anche mandato di attuare la
politica di tolleranza zero in materia di sfruttamento sessuale da parte
del personale Onu della missione, e fa appello ai paesi che forniscono
truppe e polizia affinché siano pienamente responsabili in casi di
violenza". E’ invece l’Ifad
- Fondo Internazionale
per lo Sviluppo Agricolo - a lanciare l’allarme sulle
aree rurali, dove
"Le donne delle comunità povere
sono particolarmente soggette alla violenza, violenza che viene
esercitata sotto diverse forme: abusi sessuali e fisici tra le mura
domestiche, stupri, diffusione di Hiv-Aids, pratiche tradizionali, come
la mutilazione genitale, e il traffico di esseri umani".
“Lanciando
lo
'Unite to End Violence against
Women, 2008-2015', a New York lo scorso febbraio – informa in un
comunicato l’Ifad - il
Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon ha chiamato le
Nazioni Unite a accrescere la consapevolezza, la volontà politica e le
risorse necessarie per prevenire e combattere la violenza contro donne e
ragazze in tutto il mondo. Nelle comunità povere delle aree rurali le
donne sono una fonte vitale per la sopravvivenza delle famiglie povere.
La perpetuazione di qualsiasi forma di violenza contro queste donne
causa maggiori danni, ostacolando lo sviluppo e aumentando la povertà.
L'accesso a educazione, cure mediche, credito e potere decisionale,
rende le donne meno vulnerabili. "Per ridurre i rischi, aumentare la
sicurezza e incoraggiare una maggiore consapevolezza una prima soluzione
può essere offerta anche attraverso misure semplici, ma molto utili"
secondo gli esperti del Fondo dell'Onu. Per citare alcuni esempi: L'Ifad e il governo
canadese hanno firmato un accordo per un dono pari a 1 milione di
dollari canadesi a favore di progetti che mirino a offrire alle donne
povere delle aree rurali la possibilità di ridurre la loro vulnerabilità
all'Hiv-Aids - The Legal Empowerment of Women Programme (Lewi).
In Burundi,
dopo 12 anni di guerra civile in cui molte donne sono state uccise,
stuprate o sono rimaste vedove, il ritorno degli espatriati sta creando
tensioni nelle comunità. Un progetto del programma Lewi mira a risolvere
questi conflitti, a fornire assistenza legale a donne, ragazze e orfani
e preparare figure para-legali che possano assistere la popolazione
nella risoluzione del conflitto. In India,
nello stato del Chhattisgarh, gran parte delle tribù non riconosce il
diritto delle donne a ereditare e alcune sono anche contrarie a che le
donne lavorino nelle piantagioni di riso, principale coltivazione, o a
che costruiscano case; in questo modo le donne vengono private della
possibilità di guadagnare e di costruirsi un riparo. Il programma Lewi
sosterrà corsi di alfabetizzazione, anche di tipo legale, nonché
programmi di assistenza legale per le donne. Tra i suoi strumenti
innovativi c'è il Kalajatha (teatro di strada) che può portare il
messaggio in modo efficace e divertente in centinaia di villaggi.
In Malawi, il
programma Lewi si concentrerà sui diritti legali e di proprietà che
discriminano le donne, che, negate delle risorse, spesso si trovano in
situazioni a rischio. Per ridurre la violenza contro le donne è
necessario formarle alla vita professionale, per quanto riguarda le
attività remunerative, come anche a quella sociale. Funzionari
governativi, organizzazioni internazionali, il settore privato e le
organizzazioni non governative si sono incontrati la scorsa settimana ad
Addis Abeba, per la sesta sessione del Forum per lo Sviluppo dell'Africa
promosso dalla Commissione Economica delle Nazioni Unite per l`Africa (Uneca)
e dall'Unione Africana (Ua) - ECA-AU African Development Forum. Il focus
di questo anno era rendere le donne più forti e porre fine alla violenza
contro le donne in Africa. "La necessità di eliminare la violenza contro
le donne è alla base di ciò che facciamo insieme a e per le donne
africane attraverso i programmi che Ifad sostiene" ha dichiarato Maria
Hartl, consigliera tecnico dell'Ifad per le pari opportunità e l'equità
sociale, che era presente al Forum. Quel che è certo, è che "La responsabilità di
contribuire a porre fine alla violenza contro le donne - comunque -
incombe su tutti noi, donne e uomini, soldati e operatori di pace,
cittadini e governanti – ammonisce Ban -
Gli Stati devono onorare il
proprio impegno a prevenire la violenza, consegnare i responsabili alla
giustizia e risarcire le vittime. E
ognuno di noi - conclude -
ha il compito di diffondere
questo messaggio in famiglia, nei luoghi di lavoro, nelle comunità, come
contributo alla lotta per far cessare la violenza contro le donne".
Alcune buone pratiche a
livello locale nel corso del
2008 per combattere la violenza contro le donne Dal 1960, il
25 novembre è il simbolo della tenace lotta contro la violenza sulle
donne in tutto il mondo. Ricorda l’impegno politico delle sorelle
Mirabal e la loro truce uccisione ad opera di uomini del regime
domenicano di Trujilo. Mostra il volto di un mondo prigioniero della
violenza contro le donne. Lo mostra anche a chi non usa gli occhi per
vedere. Questo 25 novembre sarà ancora possibile ribadire
che la violenza alle donne si può contrastare.
Il 2008 è stato un anno ricco di eventi
riguardanti il contrasto alla violenza di genere.
Ma cosa è accaduto in Italia a livello locale? Quali
sono state le iniziative delle regioni, delle province e dei comuni
d’Italia? Risulta evidente,
a un primo sguardo, l’importanza accordata, dagli enti locali, al
rafforzamento e alla creazione di luoghi deputati all’aiuto materiale,
legale e psicologico delle donne che hanno subito violenza. Attraverso
questi luoghi – i centri
antiviolenza – si tenta anche il reinserimento delle donne nel
contesto sociale e lavorativo, al fine di permettere loro il ritorno ad
una vita “normale”. L’attivazione del numero di pubblica utilità 1522,
per segnalare episodi di violenza, è un altro strumento molto utilizzato
nei vari livelli territoriali. Crescono i corsi per preparare
adeguatamente quelle categorie professionali a contatto con le vittime
di violenza, dalle forze dell’ordine agli operatori sociosanitari. Ci
piace infine segnalare, come augurio di una capillare diffusione foriera
di risultati positivi nel lungo periodo, la diffusione crescente di
conferenze, convegni, seminari e lezioni sul tema della violenza sulle
donne. Timidamente si rafforza
l’idea dell’importanza del contrasto di una cultura malata, ma ben
radicata, che costituisce l’humus della discriminazione dei soggetti di
sesso femminile. Si inizia a percepire la necessità di intervenire
su una corretta educazione, rispettosa delle differenze di genere, a
partire dall’infanzia, attraverso lezioni e progetti che coinvolgano
insegnanti e studenti.
Vediamo allora, attraverso una breve carrellata,
le maggiori iniziative e azioni intraprese
In
FRIULI,
la Provincia di Gorizia,
grazie ad una convezione con altri soggetti pubblici e privati,
ha attivato un
servizio di accoglienza, di
residenzialità temporanea e di emergenza a favore delle donne in
situazione di maltrattamento e di rischio. Il servizio prevede
l’accoglienza in uno degli alloggi messi a disposizione dall’Ater per un
periodo non superiore a sei mesi, rinnovabile una sola volta. È inoltre
garantito un supporto operativo/organizzativo per l’allontanamento dal
nucleo originario, l’affiancamento di operatori qualificati e supporti
di consulenza psicologica e legale. Questo progetto insieme gode della
collaborazione del settore dei Servizi sociali dei Comuni dell’Ambito
distrettuale dell’Alto e del Basso isontino, l’Asl Isontina, l’Ater di
Gorizia e le associazioni di volontariato "Da donna a donna" e “Sos
Rosa”. In
VALLE D’AOSTA, il
Comune di Aosta ha firmato
un protocollo d’Intesa con
il Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità della Presidenza del
Consiglio dei Ministri. Il protocollo ha istituito In
PIEMONTE, a livello regionale è
stato predisposto un intervento organico e integrato per contrastare la
violenza contro le donne. Si tratta del “Piano regionale per la
prevenzione della violenza contro le donne e il sostegno alle vittime”,
con l’obiettivo di contrastare una delle più preoccupanti emergenze
sociali, ma anche di prevenire il fenomeno, combattendone le radici più
profonde e, infine, monitorare quella che è una realtà prevalentemente
sommersa. Il Piano intende essere uno strumento di indirizzo che offra
alle istituzioni e all’associazionismo piemontese un quadro di
riferimento chiaro e definito per le proprie attività. Tra i destinatari
del Piano contro
La
Regione Piemonte ha
anche
approvato la proposta di legge
che istituisce un
fondo di solidarietà per fornire
il patrocinio legale alle donne vittime di violenza e di maltrattamenti.
Il provvedimento stanzia un milione di euro l’anno per il biennio 2008 e
2009 per coprire le spese di assistenza legale o costituzione di parte
civile per tutelare i diritti e la dignità delle donne vittime.
L’intento della legge è fornire un aiuto concreto alle vittime di
violenza non solo nell’eventuale percorso in sede giudiziaria ma anche a
sostegno dei costi di assistenza legale che le vittime potrebbero dover
affrontare, ad esempio, per giungere a una controversia giudiziaria. La
legge prevede anche la stipula di una convenzione tra Regione e Ordini
degli avvocati dei Fori piemontesi per predisporre e rendere accessibile
un elenco di avvocati con esperienza e formazione continua specifica nel
settore. La Provincia
di Torino, su proposta della Commissione Pari Opportunità, ha infine
approvato la proposta di legge regionale per l’istituzione dei
centri e case sicure per le donne
vittime di violenza.
Una scelta di civiltà per contrastare un problema mondiale che si annida
nel desiderio di controllo e di dominio sessuale, culturale, sociale ed
economico degli uomini sulle donne. Un impegno anche fisicamente
visibile, attraverso un luogo pubblico dove le vittime non solo possano
rifugiarsi, bensì riprendere le fila della propria esistenza, libere di
sceglierla al riparo da paure e violenze. In
LIGURIA, la giunta regionale ha
approvato recentemente uno stanziamento di 500 mila euro che si aggiunge
a quello di pari entità già stanziato nel 2007 per far sì che ogni
Provincia ligure possa dotarsi di un proprio centro anti-violenza e
organizzi una serie di attivita' per favorire il reinserimento delle
donne vittime di abusi, anche prevedendo la costruzione di case rifugio.
L’impegno della giunta sulla problematica della violenza sulle donne è,
d’altra parte, molto sentita: nel 2007 era stata approvata una legge
specifica contro la violenza, erano state stanziate risorse e era stato
avviato un apposito osservatorio regionale. A livello provinciale, L’EMILIA-ROMAGNA,
punta ad aiutare le donne vittime di violenza attraverso il lavoro e
l’autonomia economica. Lavoro e formazione in sostanza,
in collaborazione con l'attivita'
dei Servizi di supporto e accoglienza. "L'impegno prosegue anche nella
nuova programmazione 2007/2013 delle risorse del Fse" spiega l'assessora
alla Formazione, Lavoro e Pari Opportunità Paola Manzini, ricordando che
"nel corso del 2008 la Regione ha emesso un bando per progetti da
finanziarsi con le risorse dell'asse Inclusione Sociale del 'Por Fse'.
Nel bando era prevista una specifica azione per sostenere percorsi
formativi e di accompagnamento rivolti a donne in condizioni di
svantaggio e per favorirne l'inclusione lavorativa". Tra i progetti
approvati, due sono specificamente rivolti a vittime di violenza: il
progetto 'Chance - Rete per
l'inclusione', collegato al progetto regionale di contrasto al
traffico di esseri umani e
'Una rete regionale a supporto
dell'inclusione lavorativa delle donne vittime di violenza' per
donne accolte in centri antiviolenza. Tali progetti si svilupperanno per
tutto il 2009. Il progetto 'Chance' offre percorsi individualizzati
per donne vittime della tratta finalizzati ad aiutare le donne sia a
superare le condizioni di emarginazione che la logica degli interventi
di tipo assistenziale a favore di una logica occupazionale e lavorativa
che risponda alle esigenze di autonomizzazione. Tali obiettivi saranno
perseguiti attraverso la realizzazione di attività di accompagnamento
individualizzate quali: laboratori di recupero motivazionale, laboratori
di alfabetizzazione, percorsi di transizione al lavoro. Per il progetto
sono stati stanziati 300.000 euro e si prevede la partecipazione di
almeno 111 donne. Il progetto 'Una rete
regionale…', finanziato con 251.000 euro, intende promuovere e
facilitare l'inserimento sociale e lavorativo delle donne che hanno
subito violenza fisica, sessuale, psicologica, accolte nei centri
antiviolenza o inserite in percorsi di protezione sociale. Infine a
luglio 2008 è stato siglato un accordo di collaborazione con la Romania,
sottoscritto anche dal Dipartimento per le Pari opportunità della
Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero del lavoro, della
salute e delle Politiche sociali e da altre regioni italiane,
finalizzato a collaborare nella lotta alla tratta di esseri umani.
Obiettivi principali del progetto sono: la prevenzione del fenomeno e
sensibilizzazione; l'inclusione sociale e lavorativa delle vittime,
attraverso l'attivazione di percorsi personalizzati, scambio di
esperienze e costituzione di una rete tra tutte le autorità coinvolte,
sia italiane che romene. Sempre in Emilia, il
Comune di Bologna (quale
Coordinatore), Assessorato Scuola, Formazione e Politiche delle
Differenze, in collaborazione con l’Associazione Casa delle donne per
non subire violenza Onlus (quale partner), ha partecipato al Programma
Daphne 2006 della Commissione Europea con un proprio progetto intitolato
MUVI (Men who Use Violence In
Intimate relationships – Sviluppare strategie di intervento con uomini
che usano violenza nelle relazioni di intimità. Le attività si
sono sviluppate con caratteristiche analoghe in 3 città europee:
Bologna, Barcellona, Atene e erano comprensive di: - attività
ricerca/azione - l’apertura di un sito web e di un questionario on line
sui temi della violenza muviproject.eu - incontri di formazione diretti
a operatici e operatori di diversi ambiti e settori competenti ad
intervenire sul problema della violenza contro le donne, in particolare
da partner ed ex partner. La ricerca/azione è stata rivolta
principalmente a professionisti pubblici e privati, che per ragioni di
lavoro possono entrare in contatto con la tematica della violenza
domestica, ad associazioni
di donne che lavorano con donne che subiscono violenza e a donne e
uomini coinvolti in attività politico culturali che mettono a tema la
questione del genere e della violenza. La seconda fase dell’indagine ha
previsto 6 focus groups diretti ad approfondire aspetti diversi dello
stesso tema, affrontando ad esempio il problema della violenza dal punto
di vista degli uomini che la usano e quindi su come e cosa sia
appropriato fare quando si ha contatto con un aggressore. Il Comune di
Bologna, il
Comune di Forlì e il Comune
di Cesena poi –
in accordo con le Ausl di Bologna e Rimini, l'Alma Mater, l'Ufficio
scolastico provinciale di Bologna, l'Ordine dei medici di Bologna,
diverse associazioni femminili e la Procura e Questura di Bologna, le
due Prefetture di Bologna e Forlì - Cesena e l'Ausl forlivese - grazie a
un finanziamento governativo unito ai fondi stanziati dai tre comuni
interessati al progetto e alle due Asl di Bologna e Rimini (187.000 euro
in totale) hanno realizzato l’Osservatorio
sulle violenze di genere.
Un’iniziativa tesa a rafforzare la formazione, intesa anche come
aggiornamento professionale reciproco tra gli operatori in campo:
scuola, università, servizi sociali, forze dell'ordine e associazioni. In Provincia
di Parma è stato, infine, presentato il vademecum
"Quando una donna che ha subito
violenza chiede aiuto", realizzato dalla provincia nella duplice
versione per operatori e cittadini. Una guida tradotta dall’italiano in
quattro lingue (inglese, francese, russo, arabo) per riconoscere e
trattare adeguatamente i casi di violenza sulle donne, e corredata anche
di indirizzi e numeri di telefono utili sia alle donne bisognose di
assistenza, sia a chi fosse interessato a offrire aiuto. Il vademecum è
infatti il frutto di un percorso di formazione congiunto promosso
dall'ente di piazzale della Pace, condotto dall'associazione Linea Rosa
di Ravenna, in collaborazione con 40 tra membri delle forze dell'ordine,
dipendenti dei servizi sociali della Provincia e dei Comuni parmensi,
dell'Ausl e dell'ospedale Maggiore. Il Comune di
Modena e il Comune di Carpi
– in collaborazione con l'Ausl di Modena, l'ente Modena Formazione e le
associazioni Casa delle donne contro la violenza e Gruppo donne e
giustizia – sono stati i beneficiari dei 150mila euro elargiti tramite
il bando promosso dal Dipartimento della Presidenza del consiglio dei
ministri per la chiusura delle iniziative del 2007, anno europeo delle
pari opportunità, a supporto della
Rete contro la violenza alle
donne. Le risorse statali sono state finalizzate, in
particolare, all'attivazione di un gruppo stabile di coordinamento che
si occupi di gestire la rete di servizi a sostegno delle donne oltre a
monitorare le iniziative proposte. Prevista, inoltre, la messa a punto
di procedure e strumenti per riconoscere i cosiddetti 'eventi
sentinella', che segnalano un disagio crescente in un territorio ben
delineato, e garantire risposte nei casi di emergenza-urgenza. In
TOSCANA le iniziative a favore del
contrasto alla violenza di genere sono molteplici e già ben avviate sul
territorio. Oltre alla legge regionale del 2007 'Norme contro la
violenza di genere' è stato
creato ancor prima, nel 2006, un Tavolo di lavoro permanente del governo
regionale per contrastare ed eliminare la violenza su donne e bambini,
il cui primo obiettivo è quello di effettuare un'analisi approfondita
del fenomeno e una ricognizione delle esperienze territoriali più
significative, per far emergere, valorizzare e sostenere le 'buone
pratiche' attivate in quasi tutte le Province, in molti Comuni, dalle
associazioni di volontariato, nelle aziende sanitarie, nella scuola e
nell'Università'. Ricordiamo che il Tavolo di lavoro regionale è partner
istituzionale del progetto ''Fili e trame'', finanziato dal Dipartimento
diritti e Pari Opportunità del consiglio dei ministri. Un altro progetto nazionale cui partecipa La Regione
Toscana e il Dipartimento per i diritti e le pari opportunità della
Presidenza del consiglio dei ministri hanno firmato un
protocollo quadro “per la
sperimentazione di una strategia di supporto alle reti antiviolenza”,
mirato a diffondere al massimo la conoscenza del numero telefonico 1522,
che aiuta le donne vittime di violenza, e a inserire enti locali e
centri antiviolenza toscani nel progetto nazionale “Arianna” che punta
alla costituzione di una vera e propria rete nazionale antiviolenza. In
base al protocollo, il tavolo permanente di lavoro contro la
violenza su donne e bambini diventerà il referente toscano della
Rete nazionale antiviolenza, con la possibilità di promuovere e
coinvolgere enti locali e centri antiviolenza toscani nelle attività di
sperimentazione delle nuove attività previste dal progetto nazionale. La Provincia
di Lucca ha inaugurato il 2008 con il progetto di una
rete territoriale antiviolenza
che, attraverso un tavolo di concertazione, permetta a tutte le realtà
presenti sul territorio, agli organismi e agli enti impegnati a
combattere il fenomeno della violenza sulle donne, dando vita ad azioni
integrate, che risultano essere quelle maggiormente efficaci.
Partecipano a questa rete Prefettura, Comuni della Provincia, Ce.I.S,
associazioni femminili e altre operanti nel settore, Aziende sanitarie
locali n. 2 e n. 12, scuole superiori e forze dell'ordine. Proprio la
partecipazione di polizia e carabinieri assume particolare rilievo,
poiché offre alla Rete la possibilità di dare risposte ancora più forti
e tempestive a questa problematica. La realizzazione della Rete non è,
però, il solo fiore all’occhiello per la Provincia, che ha presentato un
altro protocollo di intesa, quello su
''Interventi su prostituzione e
tratta nel territorio della provincia di Lucca'', relativo al
progetto ''Con Anna'', promosso da alcuni anni dall'amministrazione
provinciale, assieme al Ce.I.S e al Comune di Viareggio e al quale, da
quest'anno, hanno aderito anche la Questura di Lucca, i Comuni di
Altopascio, Capannori, di Castelnuovo Garfagnana e le Aziende sanitarie
locali 2 e 12. Da quando è nato nel 2004, il progetto ''Con Anna'' ha
preso in carico 93 persone, di cui 73 donne, 7 uomini, 4 minori e 9
transgender. In
ABRUZZO, le
Province di Chieti, L’Aquila,
Pescara e Teramo, in collaborazione con l’Associazione “Ananke”,
hanno presentato il
progetto T.E.R.R.A.
(Trasferibilità di Esperienze e Relazioni di Reti Antiviolenza nelle
Province Abruzzesi), il cui scopo è quello di creare una rete
che coinvolga le istituzioni provinciali, il privato, il mondo del
sociale e le forze dell'ordine, in azioni di prevenzione e contrasto
alla violenza, puntando essenzialmente a migliorare la comprensione del
fenomeno della violenza di genere da parte degli operatori dei servizi,
accrescendone competenze e conoscenze; costruire connessioni stabili e
formalizzate tra enti ed associazioni del territorio, in contrasto ad
una prevalenza di reti
"naturali" fra gli operatori, caratterizzate da legami deboli che non
implicano un impegno istituzionale ed alcuna garanzia di continuità;
garantire omogeneità nelle procedure operative, che ottimizzi le risorse
e superi la settorialità degli interventi prospettando una risposta non
frammentata; elaborare strumenti condivisi di rilevazione, che
permettano uniformità nella raccolta dei dati qualitativi e quantitativi
sul fenomeno di genere a livello interprovinciale, per la promozione di
una adeguata programmazione degli interventi. Beneficiari del progetto,
della durata di 15 mesi,
operatori dei servizi ubicati nelle Province di Pescara, Teramo, Chieti
e L'Aquila che di norma offrono aiuto e sostegno, per trattare e
favorire l'uscita dal ciclo della violenza intrafamiliare ed
extrafamiliare, cioè i Centri anti-violenza, le case rifugio, gli
organismi no-profit dediti alle categorie di utenti a maggior rischio di
esclusione sociale, le associazioni di donne, gli organismi/strutture di
assistenza psicologica e assistenza legale, i servizi sociali comunali e
provinciali, i servizi ASL con particolare riferimento ai Consultori, i
commissariati di Polizia e le stazioni dei Carabinieri, servizi di
orientamento ed inserimento lavorativo. In Provincia
di Chieti, poi, per promuovere azioni a contrasto della violenza sul
territorio provinciale sono sorti
Centri Antiviolenza come
il Consultorio Alfa di Chieti Scalo, del Comune di Vasto e la Sezione
femminile della Croce Rossa di Chieti “Non tacere” del “Progetto vita”
Onlus di Lanciano, dove collaborano figure professionali che possono
prendere in carico le vittime di ogni forma di violenza ed aiutarle ad
intraprendere un percorso personale per uscire dal disagio. In
UMBRIA, la giunta regionale su
proposta dell'assessore alle Politiche sociali Damiano Stufara, per
contrastare il fenomeno del maltrattamento e degli abusi sessuali,
fisici e psicologici sulle donne, ha approvato il progetto
“Mai Più violenze-Mille Azioni e
Interventi Per Impedire Ulteriori violenze”, unico in Italia,
perché sperimenta un nuovo modello di intervento per fronteggiare
situazioni drammatiche che colpiscono le donne non solo fuori, ma anche
e soprattutto tra le mura domestiche. E’ stata quindi costituita
l'Associazione temporanea di scopo (Ats) di cui è capofila Il progetto, partendo dalle buone esperienze già
esistenti in materia, punta sulla prevenzione e la sensibilizzazione
della comunità per evitare situazioni gravi e irreparabili. Tra le azioni previste, l'attivazione di un tavolo
di confronto e di studio con lo scopo di concordare un programma, una
mappatura dei servizi esistenti, l'attivazione di seminari di studio e
approfondimento per gli addetti ai lavori sui temi della violenza di
genere e la creazione della cosiddetta 'Rete delle Reti' contro la
violenza che prevede la promozione e implementazione a partire dagli
uffici della Cittadinanza, della pratica del lavoro sociale di rete, la
sensibilizzazione dei cittadini. Nel
LAZIO, la Regione è sempre più
attiva nel contrasto alla violenza sulle donne, a cominciare dalla
proposta di legge regionale di contrasto dello stalking firmata da
Claudio Bucci (Sdi) che si articola in tre punti: l’istituzione presso
le Asl di appositi servizi anti-stalking; la nascita di un osservatorio
regionale per monitorare il fenomeno; la stipula di protocolli di intesa
con autorità giudiziaria e forze di sicurezza per definire insieme
strumenti di contrasto. Il Comune di
Roma devolverà proprio
oggi, in occasione della 'Giornata mondiale contro la violenza sulle
donne', fondi straordinari per
sostenere l'associazione 'Comunità' Papa Giovanni XXIII' e la Caritas
diocesana di Roma impegnate nelle attività a favore delle donne vittime
del racket della prostituzione. "In occasione della giornata
mondiale contro la violenza sulle donne abbiamo scelto di dare un aiuto
concreto a importanti realtà, come la comunità Giovanni XXIII e la
Caritas, che aiutano e sostengono le donne vittime della tratta",
dichiara Lavinia Mennuni, consigliere del Pdl in Campidoglio e delegata
del sindaco di Roma per le Pari opportunità e per i rapporti con il
mondo cattolico. "Difatti, dopo i risultati positivi registrati in
seguito all'applicazione dell'ordinanza antiprostituzione voluta dal
sindaco Alemanno - aggiunge - abbiamo ritenuto necessario destinare un
contributo a istituti religiosi che si occupano del sostegno e
dell'allontanamento delle donne dalla strada". "Si tratta di un primo
passo - prosegue la consigliera del Pdl - verso l'attuazione di una
politica volta da un lato a ridurre, attraverso interventi specifici, il
fenomeno della prostituzione; dall'altro, a tutelare in modo effettivo
le donne vittime del racket
e a contrastare situazioni di disuguaglianza, abuso e pregiudizio. Molto
spesso si tratta purtroppo di minorenni o ragazze madri che non hanno la
libertà di determinare la propria vita, ma che sono costrette alla
prostituzione. Quello di oggi - conclude Mennuni - vuole essere l'avvio
di un percorso che deve mirare a una successiva reintegrazione di queste
donne oggi emarginate, a rischio di malattie e di soprusi
di ogni genere". Sempre il
Comune di Roma, l’assessorato alle Politiche Sociali – in
collaborazione con l'assessorato alle Pari opportunità e in
coordinamento con la Croce Rossa provinciale – ha promosso una serie di
corsi di formazione sulla
violenza sessuale e domestica contro le donne. I corsi, rivolti
a operatrici e operatori sanitari quali medici, infermieri, ostetriche
saranno articolati in una giornata di presentazione aperta a tutti i
partecipanti e, successivamente, in tre moduli da due giornate che si
svolgeranno a maggio, giugno e settembre. Nell'ambito dei corsi, con
l'aiuto di esperti/e e con un confronto diretto tra gli operatori, si
affronteranno temi quali l'epidemiologia del fenomeno della violenza
intrafamiliare e sessuale, lo svolgimento del triage in pronto soccorso,
l'identificazione e le metodologie dell'accoglienza alla donna vittima.
E, ancora, saranno affrontati temi quali lo svolgimento della visita
ginecologica, le modalità di refertazione medica e le modalità di
descrizione delle lesioni, la compilazione dei rapporti per l'autorità'
giudiziaria, gli aspetti medico legali relativi al ruolo
dell'obiettività' clinica e alle modalità di raccolta e custodia dei
reperti. Il percorso formativo si inserisce nel quadro dell'intervento
“H24 Donne”, promosso dagli
assessorati alle Politiche sociali e alle Pari opportunità in
collaborazione con le associazioni Differenza Donna e Telefono Rosa, e
che prevede una equipe di professionisti (mediatrice culturale,
psicologa, avvocato/a, assistente sociale) che insieme affiancheranno le
forze dell'ordine e gli operatori sanitari nell'accoglienza e nel
sostegno delle donne vittime di abusi. In
CAMPANIA, il
Comune di Napoli è il
patrocinatore di un progetto partito da poco e che si concluderà ad
ottobre 2009, dal titolo
“Sentimenti differenti”, nell'ambito del
piano strategico
''Città: femminile, plurale''.
“Sentimenti differenti” mira a combattere la violenza sulle donne,
puntando innanzi tutto sul ruolo centrale degli insegnanti per
rilanciare la cultura della non violenza e creare un nuovo modello di
educazione sentimentale In
CALABRIA, il Comune
di Reggio Calabria – U.O. Pari Opportunità ha promosso il progetto
“Accoglienza per il
reinserimento”, nell’ambito del quale è stato creato il
Centro Antiviolenza “Casa delle Donne”,
che offre numerosi servizi per l’assistenza alle donne vittime di
violenza.
In PUGLIA,
la Regione ha dato vita ad un esempio di “buone pratiche2 attraverso il
progetto “Le Città Invisibili”,
nato per offrire assistenza alle vittime della tratta di esseri umani o
ridotte in condizione di schiavitù. La Provincia
di Bari ha attivato in 9 comuni il progetto
“Il cantiere dell’inclusione”
che - a partire da febbraio 2008 - prevede percorsi finalizzati
all'inserimento sociale e lavorativo, e 33 borse disponibili a partire
da marzo. L’obiettivo dell’iniziativa
promossa dagli assessorati alle politiche sociali dei comuni di Bari,
Mola e Triggiano in collaborazione con il consorzio Meridia, è di
contrastare la violenza attraverso percorsi integrati di inclusione
sociale e lavorativa e le attività
saranno rivolte a donne e minori vittime di abusi e maltrattamenti e
prevedranno percorsi individualizzati su più livelli, fino
all’inserimento sociale e lavorativo. Un risultato tangibile del
progetto è l’attivazione delle 33 borse lavoro affidate a soggetti
meritevoli anche di un’esperienza lavorativa contrattualizzata della
durata di dieci mesi. Il territorio interessato è ben più ampio dei tre
comuni della provincia barese, infatti, qui la nota caratterizzante l’innovatività
del progetto, le azioni, coordinate dai comuni di Bari, Mola e Triggiano
coinvolgeranno complessivamente, nove comuni dell’hinterland barese:
Rutigliano, Noicattaro, Adelfia, Capurso, Cellamare e Valenzano. In
SARDEGNA sono stati stanziati un
milione e 200 mila euro per finanziare la realizzazione di centri e case
di accoglienza per le donne vittime di abusi e violenza, da creare nelle
province sarde, grazie alla recente legge sull'istituzione dei
Centri antiviolenza
approvata dalla Giunta regionale
della Sardegna, e che prevede, entro il prossimo anno, l’apertura di
nuove case di accoglienza (dopo quella già operativa a Cagliari, che
ospita le ragazze sotto protezione, ma anche le vittime della tratta e
quelle che hanno deciso di denunciare gli sfruttatori), finanziando
anche quelle di Sassari e Nuoro che già sono attive. In
LOMBARDIA, l’assessorato alla
solidarietà sociale e parità della
Provincia di Pavia ha
promosso la pubblicazione
“Liberamente. Percorsi di donne
contro la violenza. Realizzato nell’ambito del Progetto sostenuto
dalla Regione Lombardia nel Programma Regionale per l’Anno Europeo Pari
Opportunità, il Quaderno è un agile strumento di consultazione su alcune
coordinate essenziali per intervenire nelle azioni di contrasto alla
violenza verso le donne e insieme una sorta di rubrica con gli elementi
informativi su alcune realtà presenti in provincia di Pavia, dove opera
anche una rete reale tra territori, istituzioni e soggetti che può agire
in questo delicato ambito d'intervento privilegiato dalla politica
dell'assessorato provinciale. Sul territorio provinciale sarà presto
anche attiva una "Rete antiviolenza”, il cui scopo è quello di
promuovere attività di prevenzione, aiuto e assistenza alle donne
vittime di abusi: di essa faranno parte istituzioni, associazioni, enti,
per un contrasto al fenomeno efficace grazie alla partecipazione di
tutti gli agenti coinvolti. A
Milano
ammontano a 150 mila euro i fondi stanziati dal Comune
per potenziare la rete di enti che opera sul territorio
cittadino, per prevenire e contrastare la violenza contro le donne.
L’obiettivo è formare 50 ufficiali dell’Arma dei Carabinieri e Polizia
di Stato e 222 ufficiali, tra commissari capi e commissari aggiunti
della Polizia Locale (che a loro volta formeranno altri operatori di
“polizia di prossimità”), per rafforzare la loro sensibilità verso casi
di violenza nei confronti di donne e minori. Il progetto approvato dalla
Giunta comunale prevede anche la costituzione di un coordinamento che
effettuerà verifiche sull’efficacia dell’attività di formazione alla
fine di ogni corso, con relazioni e questionari compilati dai
partecipanti. La Provincia
di Milano – in collaborazione con la Caritas Ambrosiana e con le
Associazioni e i Centri Antiviolenza – ha presentato la guida "Donne
italiane e straniere maltrattate in famiglia", uno strumento di
facile consultazione, pensato per il personale preposto a incontrare le
donne e le ragazze sul territorio (scuole, parrocchie, centri di
ascolto, servizi sociali, centri di aggregazione ecc.), per aiutare a
cogliere i segnali della violenza, a saper rispondere alle richieste di
aiuto e orientare così le vittime verso i Centri specialistici. La
guida, redatta e stampata in 3mila copie, si avvale del contributo della
Casa delle donne maltrattate, Centro aiuto donne maltrattate, Centro
ambrosiano di documentazione per le religioni (Cadr), Caritas Ambrosiana
e Cerchi d'acqua, e illustra i vari tipi di violenze, da quella sessuale
o fisica, dallo stalking, fino a quella economica e psicologica,
specchio di un’emergenza
sociale fin troppo radicata,
che non riguarda unicamente le vittime e i loro familiari, ma che
coinvolge l’intera società. La guida, oltre a indicare quali tutele
garantisce la legge italiana, contiene inoltre indirizzi e recapiti dei
Centri antiviolenza e delle case delle donne a cui chiedere aiuto.
Le consigliere regionali del Pd lombardo
Sara Valmaggi, Ardemia Oriani e Maria Grazia Fabrizio, hanno presentato
nel marzo scorso, con la collega Silvia Ferretto, eletta con An,
una proposta di legge che
propone, tra l`altro, un fondo regionale ad hoc, non ancora
discussa. "I numeri - dichiarano le consigliere - dimostrano
che la violenza sulle donne, soprattutto quella domestica, non conosce
confini di etnia, di cultura e di classe sociale. Riconoscere il
fenomeno è solo il primo passo.
Ora occorre dotarsi di strumenti adatti, partendo dal riconoscimento dei
Centri antiviolenza e delle Case di accoglienza per le donne che hanno
lunga e positiva esperienza in questo campo. Dobbiamo superare il
vuoto legislativo e concentrare risorse sugli strumenti e sugli
interventi meritevoli. Su questo tema siamo disponibili al confronto e
attendiamo una proposta anche dalla maggioranza".
Il lavoro prezioso delle Case
delle donne, i Servizi e i Centri antiviolenza: la parola alle donne
Intervista ad Oria Gargano (Presidente della Cooperativa sociale
Be free, Cooperativa
contro tratta, violenze, discriminazioni, Esperta italiana dell’Observatory
center/agaist violence agaist women di Bruxelles «European Women
lobby» e
Reserve list del Tavolo
europeo degli/delle esperti/e, sulla tratta di esseri umani)
Il 25
Novembre è la giornata nazionale contro la violenza contro le donne.
Cosa ne pensa Oria Gargano, un’esperta della violenza di genere, che
lavora da anni sul fenomeno della violenza e della tratta delle donne? Questa giornata mondiale contro la violenza sulle
donne raduna intorno a sé tutta una serie di presenze importanti del
mondo dell’Associazionismo femminista e sono molto contenta che anche
quest’anno, per la seconda volta,
Be Free abbia un ruolo così importante.
Be free è una cooperativa
sociale nata il 27 febbraio 2007 da un gruppo di operatrici che hanno
lavorato per diversi anni in altre strutture del privato sociale, in
maniera frontale sul piano della violenza contro le donne e la tratta di
esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale e/o lavorativo, e che
hanno voluto riunirsi per creare una nuova realtà, dare vita ad un
laboratorio di idee e ad un osservatorio sulla violenza di genere per
elaborare nuove pratiche e differenti metodologie a partire dal bagaglio
culturale e politico sperimentato in precedenza sui temi della violenza
e della tratta, perché la violenza contro le donne e la tratta di esseri
umani sono temi estremamente sensibili di cui moltissimi soggetti
nell’associazionismo del terzo settore, tanto laico quanto cattolico, si
occupano, ma è necessario affrontarli soprattutto riflettendo e
soffermandosi in profondità su come occuparsene, su quali strategie
efficaci adottare e su come affrontare le “vittime”, progettando e
cercando di modificare la percezione sociale diffusa e sulla violenza e
sul traffico di esseri umani e sulla prostituzione forzata e sulla
prostituzione “tout court”, perché se dopo tanti anni questi temi sono
ancora così in evidenza, evidentemente anche il modo di approcciarli
deve essere evidenziato. Ricordo, ad esempio, la famosa indagine fatta
dall’Istat nel 2006 che forniva delle cifre spaventose sul numero delle
donne che subiscono violenza, e che indicava anche una percentuale pari
al 2% di donne che si rivolgono ai centri antiviolenza, che pure sono
numerosi in questo paese. Questo risultato significa molto soprattutto
per chi come noi lavora in questo campo e sa perfettamente che la realtà
dei centri antiviolenza non è ancora sufficientemente conosciuta, questo
dato significa anche che il contesto sociale e culturale non è ancora
così edotto da saper intervenire nella maniera più adeguata per
contrastare i fenomeni legati alla violenza sulle donne, rivela come sia
ancora notevole il lavoro da fare, i casi di cronaca di donne uccise
“per amore” invadono i giornali tutti i giorni, sembra una situazione
che precipita e che peggiora, nonostante tanti progetti e nonostante
numerose siano le azioni svolte in tale direzione in questo paese così
come in Europa. Tra l’altro, mi piace dire che sul piano europeo si sta
muovendo questo Osservatorio contro la violenza sulle donne promosso
dalla Lobby europea delle donne di Bruxelles che raccoglie 30 paesi
dell’Unione Europea, più Cipro, Lituania, Estonia, Lettonia, esperte di
tutti i paesi europei dell’Europa geografica (più grande dell’Europa
politica), con una rappresentanza anche turca, proprio per elaborare le
migliori strategie da adottare secondo un piano condiviso a partire dai
progetti che ogni singola Associazione, nella propria realtà, sta
portando avanti.
Cosa si
deve dire della violenza contro le donne oggi?
È una domanda a cui non è semplice rispondere,
bisogna attraversare le contraddizioni in cui la nostra società è
immersa per poter dare una lettura complessa del fenomeno. Cosa dire
rispetto ad una società che comunque è in evoluzione? Rispetto ad una
scolarizzazione femminile comunque così forte, perché le donne studiano
sempre di più, ottengono posti nel concorsi pubblici ad ogni livello,
entrano nei luoghi considerati tradizionalmente maschili, trionfano in
facoltà scientifiche prima d’ora frequentate in maggioranza da uomini,
hanno spazi di autonomia e grande libertà sessuale?, ma d’altra parte
continuano ad essere uccise e sempre di più, quest’anno credo che si
siano superati i 150 casi di donne uccise, più di 100 ogni anno vengono
uccise dalla violenza del partner o in generale dalla violenza degli
uomini contro di esse, sono sempre di più oggettivate nelle trasmissioni
televisive, nelle rappresentazioni di massa, sono sempre più numerosi
(più di dieci milioni) gli
uomini che vanno a chiedere rapporti sessuali a pagamento, o meglio
rapporti di sottomissione sessuale a donne per la quasi totalità
costrette a farlo, per rapporti sessuali estremamente miseri che spesso
non superano le trenta euro a prestazione. Quindi è evidente che siamo
di fronte ad una grandissima divaricazione di due piani di realtà per
cui entrambi questi fenomeni così raggruppati sono veri ed è evidente
allora che all’autonomia delle donne evidentemente gli uomini rispondono
con la violenza e con l’acquisto di servizi sessuali da parte di chi non
può negarglieli. Quando si parla di
Empawerment delle donne,
occorre tenere presente che di fatto in Italia è solo di facciata, non
corrisponde ad una reale situazione di benessere sociale, perché la
presenza di questi fenomeni rivelano proprio il contrario, denunciano un
malessere sociale diffuso e da questo occorre partire per analizzarne
ogni singola manifestazione. Di questo malessere sociale le vittime
privilegiate sono le donne, perché sono storicamente l’anello debole
della relazione di coppia e delle relazioni sociali in genere, e ritengo
però che ne siano vittime anche gli uomini, perché è evidente che un
uomo che spende trenta euro per un rapporto costretto, nonostante abbia
una vita di coppia cosiddetta nella norma (una moglie, un’amante o chi
per lui), rivela qualcosa di profondo che bisogna affrontare, è
altrettanto evidente che Il 25 Novembre sarà la giornata nazionale contro la
violenza sulle donna e sicuramente anche il tema della prostituzione e
della tratta deve essere presente perché è un tema che riguarda tutte le
donne, ma anche tutti gli uomini, è un tema che riguarda la società
civile nel suo insieme, avere delle parole diverse sulla prostituzione e
riflettere sul fatto che non è un diritto inalienabile degli uomini
comprare un corpo, sul fatto che non è vero che è sempre esistita la
prostituzione e non è il mestiere più antico del mondo, è necessario,
perché in realtà la prostituzione è nata quando la proprietà privata e
la famiglia hanno prevalso per tutelare l’onorabilità dei maschi
proteggendo il corpo delle donne che ai maschi appartenevano, perché ci
dovevano essere delle donne di tutti, disponibili per tutti e queste
erano le prostitute. Partire da questa verità storica per seguirne gli
sviluppi che nel tempo sono stati prodotti, è importante per poter
riflettere consapevolmente senza adottare categorie censitorie,
giudicanti o criminalizzanti che non servono a comprendere la
complessità del fenomeno e tenendo anche conto del fatto che nel tempo,
si è creato un movimento di sex worchers che rivendica la prostituzione
senza coercizione come libera scelta e questo è un dato di fatto, non si
possono infatti dare letture rigide e unidirezionali su questo ed anzi,
sono felice di confrontarmi con le sex worchers, ma non si può
prescindere e non si può dimenticare il significato sociale, storico e
politico che la prostituzione ha acquisito nel corso dei secoli e che va
tenuto ben presente in una giornata importante come quella del 25 dove
saremo tutte unite per dire no ad altre violenze agite sul corpo delle
donne, tutte. Antonella Petricone
Intervista all’Avv. Concetta
Rosa (Assolei Sportello Donna)
1. Innanzitutto potrebbe specificare di cosa si
occupa l'Associazione Assolei e qual'è il suo bacino d'utenza? a quali
donne si rivolge? che tipo di servizi offre? Assolei si occupa di discriminazioni e violenza nei
luoghi di lavoro. Negli ultimi anni ha aperto uno sportello immigrazione
rivolto alle donne sulla base di un progetto finanziato dal Comune di
Roma. Sin dalla sua nascita nel 1993 Assolei ha offerto gratuitamente
alle donne che vi si sono rivolte, un servizio di consulenza legale e di
orientamento sindacale. Oggi offre assistenza legale, ascolto (counseling)
e orientamento circa i servizi, soprattutto pubblici, presenti sul
nostro territorio.
Personalmente presto consulenza legale presso lo
Sportello di Assolei come avvocata. Sono una socia fondatrice e
componente del direttivo della associazione.
3. Le donne che si rivolgono all'Associazione
quale tipo di violenze denunciano? e qual'è in genere l'iter che viene
loro proposto? possono usufruire di un gratuito patrocinio se decidono
di farsi seguire legalmente da voi, ma non hanno possibilità economiche
sufficienti? Le donne denunciano molestie sul lavoro, mobbing,
discriminazioni per gravidanza e/o maternità, maltrattamenti in
famiglia. Richiedono informazioni sui loro diritti contrattuali di
lavoro. Le donne straniere denunciano mutilazioni genitali,
prevaricazioni da parte del marito che arrivano alla sottrazione dei
figli, dei documenti. Vengono accolte in associazione, in genere previo
appuntamento, ascoltate con molta attenzione e senza fretta. Vengono
invitate ad esporre la loro storia al fine di individuare se vi sono
aspetti legali e/o necessità di intraprendere un percorso di
counseling. Viene sempre valutata la loro
condizione socio-economica e fatto loro presente che è possibile
usufruire di un patrocinio a spese dello Stato se il reddito non supera
una certa soglia. Se ciò non è possibile viene proposto un iter legale
applicando tariffe legali al minimo. La consulenza è sempre gratuita.
4. Siete in rete con altre avvocate di
Associazioni che gestiscono centri antiviolenza sul territorio
nazionale? o lavorate in rete ma seguendo un circuito interno
individuale? Nel valutare le storie che ci si presentano abbiamo
presente anche le altre associazioni e servizi presenti nei luoghi di
appartenenza delle donne richiedenti. In particolare ci capita di
inviare le donne presso i Centri antiviolenza quando è richiesta
ospitalità o nei casi in cui c’è un grave rischio per l’incolumità
personale propria o dei figli.
5. Sono molte le denunce che ogni anno sporgono
le donne che si rivolgono a voi? statisticamente quante donne passano
dalla vostra associazione ogni anno? (se ha qualche dato in percentuale
va benissimo) L’ associazione raccoglie i dati statistici della
affluenza allo sportello. Nell’ultimo anno si sono rivolte a noi circa
150 donne.
6. Può descrivere il percorso che una donna segue
da quando si rivolge all'Associazione fino a quando decide di essere
seguita da voi e di iniziare un'azione legale? Non tutte le donne desiderano intraprendere
un’azione legale. Attraverso l’ascolto cerchiamo di individuare i punti
di forza e i punti critici della storia che ci viene rappresentata.
Individuiamo insieme la strategia migliore che può anche essere quella
di rivolgersi al sindacato,
di chiedere sostegno psicologico o di counseling, di prendersi cura
della propria salute. Per quanto riguarda l’aspetto legale vengono
indicate le azioni che si possono svolgere in campo civilistico, penale
o amministrativo. Purtroppo il patrocinio a spese dello Stato non
copre che una piccola parte della popolazione bisognosa di un sostegno
economico. Ad esempio, percepire un reddito di 900,00 euro al mese non
dà diritto al gratuito patrocinio eppure tale reddito non è affatto
sufficiente ad affrontare spese ulteriori rispetto a quelle di
sussistenza. Vengono da noi molte donne straniere consapevoli dei
soprusi che subiscono. Sono accompagnate da sorelle, amiche. Più
raramente si rivolgono a noi per interposta persona
8. Si rivolgono a voi donne italiane e straniere
in egual misura? o c'è una differenziazione? in caso affermativo sa
dirmi da quali fattori può dipendere? Lo sportello per l’immigrazione ha avuto un maggior
successo negli ultimi anni con un incremento dell’utenza
extracomunitaria e neocomunitaria. Ciò dipende dalla crescita del
fenomeno dell’immigrazione e dalla insufficienza dei servizi a loro
dedicati.
9. Rispetto alla manifestazione del 22 Novembre a
Roma, qual'è la posizione che sente di poter rivendicare come avvocata
che combatte la violenza sulle donne? L’accesso alla tutela dei
diritti è negata alle donne più povere perché le attuali norme sul
gratuito patrocinio non sostengono la domanda di giustizia delle donne
più deboli che sono la maggioranza delle straniere ma anche delle
italiane
10. La sua posizione rispetto alla questione
della prostituzione criminalizzata in questo momento molto attuale, il
clima che si respira e le eventuali ripercussioni che lei riscontra come
avvocata che ha degli strumenti legali per leggere ciò che sta
accadendo? Sono misure ipocrite, demagogiche che non intaccano la piaga della riduzione in schiavitù di un esercito di bambine e di donne. Non vi alcun interesse politico a risolvere il problema della prostituzione come pure per la droga e la malavita organizzata
La criminalizzazione dell’esercizio della
prostituzione rende le prostitute, che sono la parte debole del
commercio sessuale, più ricattabili da coloro che le sfruttano. In tal
modo si rinforza lo sfruttamento della prostituzione. Ciò rende più
difficile alle donne che vogliono uscire dalla prostituzione, aderire al
programma di protezione perchè a differenza di prima dopo la legge
saranno perseguibili
penalmente.
12. Quali strategie e quali "buone prassi"
propone come avvocata di un'Associazione che si occupa specificatamente
di violenza contro le donne e di diritti negati? Le istituzioni e gli enti locali in particolare
dovrebbero collaborare e finanziare le associazioni che dimostrano di
essere un punto di riferimento per le donne oggetto di violenza A.P.
La violenza è una violazione
dei diritti umani Concludiamo con una dichiarazione dell'assessora
alle politiche sociali della Regione Lazio, Anna Coppotelli, che in
questa data vuole parlare di “ violazione dei diritti umani perché è di
questo che si tratta ogni volta che un reato viene commesso contro la
persona e contro la libertà individuale di una donna, di un bambino, di
un omosessuale ". "La rilevanza del numero delle vittime donne
rispetto agli uomini non deve però far trascurare il fatto che esistono
anche uomini vittime - prosegue Coppotelli - La violenza è violenza e
non scompare ne’può essere considerata di serie B quella agita sugli
omosessuali o sui transessuali". "Ciò che per alcuni è solo un titolo di
giornale è in realtà una vera e propria violazione dei diritti umani e
tutti abbiamo una piccola responsabilità quando, nascondendoci dietro
pregiudizi, tabù e falsi moralismi ci dimentichiamo di essere solidali
con chi ne è vittima. I rapporti umani si sono imbarbariti - spiega l'assessora
- La coesione sociale e la solidarietà dovrebbero costituire la trama
delle relazioni umane, invece siamo di fronte ad una società che produce
identità senza appartenenza, ovvero individualismi. Subire violenza è
un'esperienza drammatica per ogni persona e le conseguenze sono
gravissime". "E' necessario considerare che prevenire la degenerazione
di molte situazioni dipende dal tipo di risposta che una vittima riceve
nel momento in cui chiede aiuto all'esterno, dal sostegno o dal mancato
sostegno che ha trovato. Intervenire efficacemente non è solamente un
problema di risorse, ma anche e soprattutto una questione culturale -
conclude Coppotelli - Le leggi approvate contro la violenza alle donne e
il loro modo di essere interpretate riflettono i processi sociali e
culturali che fanno da sfondo al fenomeno in un determinato Paese".
Infine una ricca bibliografia sul fenomeno della
violenza contro le donne, a cura di Claudia Frattini
(scarica
file)
Per gli appuntamenti più importanti della
giornata vi rimandiamo all’agenda presente sempre sul nostro sito
www.deltanews.it Tra gli appuntamenti televisivi sul tema ricordiamo
RAITRE: TG 3 PUNTODONNA, il settimanale
d'informazione dal punto di vista delle donne, ideato e condotto da Ilda
Bartoloni, in onda oggi,
alle 12.25 su RaiTre. Ospiti di questa puntata: in studio, Gabriella
Moscatelli del Telefono Rosa e, in collegamento da Firenze dove ha
ricevuto il "Giglio d'oro", Marisela Ortiz, insegnante di Ciudad Juarez,
in Messico, dove dal 1993 sono state uccise più di quattrocento donne e
scomparse più di mille, quasi tutte giovanissime lavoratrici nelle
maquilladeras, le fabbriche delle multinazionali per l'assemblaggio di
prodotti soprattutto elettronici. L'attrice e regista Daniela Giordano
legge in studio alcuni brani dal libro "Storie di violenze quotidiane",
raccolte in vent'anni di Telefono Donna della Spezia. Nei servizi
filmati: una vittima di stalking racconta la sua storia; intervista alla
scrittrice Dacia Maraini; la staffetta delle donne dell'Udi contro il
femminicidio. e…
'OTTO E MEZZO' SU LA7,
il programma di Lilli Gruber e Federico
Guiglia che ospiterà in studio, alle 20.30, la presidente della
Commissione parlamentare Infanzia Alessandra Mussolini del Pdl, la
scrittrice Dacia Maraini e la dottoressa Alessandra Kustermann,
responsabile del servizio di Diagnosi prenatale e del Centro soccorso
violenza sessuale dell'ospedale Mangiagalli di Milano. All'interno, la
rubrica ''Il punto'', affidata a Paolo Pagliaro, autore del programma
assieme a Gruber.
(Delt@
Anno VI, N 233 del 25
novembre 2008) |