IL DIVERSO ORIGINALE
di Loretta Giuntoli

Mi sembra che negli ultimi anni nessuna guerra ci abbia mai turbato come quella in Iraq. Hanno
contribuito i mezzi di comunicazione che costantemente hanno fatto vivere il rumore delle bombe; ha colpito il nostro pensiero l'espressione "guerra preventiva", perché ha fatto immaginare la possibilità che in qualsiasi momento, per motivi anche non accertati, un qualunque paese possa essere attaccato. Parlare poi di armi chimiche significa pensare ad una strage collettiva, che ci fa rievocare le immagini dei sopravvissuti protagonisti dei film di fantascienza.
Anche la non omogeneità dei paesi dell'ONU, che hanno tenuto posizioni diverse, ha tolto molte delle nostre sicurezze. Ora che la guerra "appare" finita, sono in grado di dipanare un po' meglio le emozioni vissute e di razionalizzare i giudizi.
Sono contraria alla guerra, ma ho un forte senso della vita e non riesco a condannare chi difende la propria esistenza con ogni mezzo; ho condannato l'attacco alle torri gemelle ma ho orrore della guerra preventiva. Sono contraria a tutte le forme di dittatura, ma non sono certa che si debbono abbattere con le armi. Temo anche la democrazia imposta, perché considero la democrazia una conquista, possibile solo se realmente maturata. E frutto di scelte libere e consapevoli da parte di un popolo tutto. Comprendo le logiche del mercato, ma ritengo altamente perniciose quelle che, a dispetto di qualsiasi regola etica, pongono davanti a tutto il potere economico ,che passa anche attraverso il petrolio e gli armamenti. Sono favorevole allo sviluppo della scienza, ma solo a quella che non prescinde mai dall'imperativo morale.
Così trovo fiducia e speranza quando ascolto la voce di quel giovane vecchio papa, fattosi miracolosamente più vigoroso, capace di rafforzare le coscienze in una fratellanza universale, senza annullare l'identità cristiana della cultura europea. L'unico in grado di denudare la debolezza delle potenze, di assumere la responsabilità di fronte alla storia, che con coraggio ha liberato il conflitto da strumentali alibi religiosi, pur non tradendo la verità di ciò che egli stesso rappresenta. Ed è forse a questo che in uno dei suoi scritti si riferiva G. La Pira , quando profetizzava che la salvezza del mondo sarebbe passata dalla Polonia?
Se tolgo questa certezza, per tutto il resto mi ritrovo incoerente e sbattuta fra opposte emozioni e
vilmente non invidio chi è chiamato in questo momento a governare le nazioni né chi deve tracciare un disegno politico coerente con la salvaguardia del genere umano.
Io, che sono chiamata a fare impresa sociale, mi chiedo però se, pur nella semplice banalità della vita quotidiana, non devo ritrovare un ruolo della cooperazione capace di portare un contributo alla pace mondiale. Pur se controvoglia, devo ammettere che spesso, anche noi cooperatori sociali, entriamo nelle maglie perverse del mercato, ma ciò nonostante ,nella fedeltà alla nostra missione, abbiamo forti possibilità di favorire l'integrazione etnica e culturale. E lo si sa, quando cresciamo nella conoscenza, il diverso, solitamente vissuto come minaccia, ci può apparire originale e ci può piacere; gli opposti possono trovare una relazione e diventare complementari. Se poi riusciamo a moltiplicare la nostra azione imprenditoriale secondo i criteri che sono propri della cooperazione sociale, è possibile provocare processi di autonomia economica e culturale, riconsegnando all'uomo la sua dignità di cittadino, capace di determinare le scelte dei governi. Ma è essenziale porsi sempre non come colonizzatori e rapaci sfruttatori di beni altrui, piuttosto come alleati reali nei processi di acquisizione delle competenze e nei processi di sviluppo.

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