NO AL ALCA
L’ALCA
L'ALCA è una versione ampliata del Trattato del Libero Commercio del
Nord-America (NAFTA) e, in quanto tale, trasferisce alle transnazionali il
potere di dettare agli Stati la standardizzazione di regole e di politiche macro
economiche.
L’ALCA, come manifestazione della rapacità imperialista, rappresenta
un’opzione assolutamente inaccettabile per le nostre nazioni. I popoli
dell'America lottano per una "integrazione" che ha come obiettivo centrale il
raggiungimento di un vero sviluppo economico, sociale e culturale che tenda
all’eliminazione delle enormi disuguaglianze fra i paesi, tra le donne e gli
uomini.
I popoli non possono consentire che i governi si pieghino all'ALCA e devono
esigere loro chiare assunzioni di responsabilità per definire politiche
nazionali di sviluppo economico e per la promozione del benessere e dell’equità
sociale, nel rispetto dell'autodeterminazione e le sovranità nazionali.
L'ALCA in pratica significa:
* che la liberalizzazione dei mercati, dei beni, dei servizi, degli
investimenti e diritti di proprietà intellettuale, conduce ad un’ integrazione
corporativa e alla disintegrazione delle economie nazionali, delle società e
della cultura, parallelamente ad una escalation nel saccheggio ambientale,
imponendo i diritti privati delle imprese multinazionali al di sopra delle
Costituzioni nazionali;
* che aumenta il deficit di democrazia nelle Americhe con la vigenza
della cosiddetta Carta Democratica Interamericana adottata a Lima, l'11
settembre 2001, dagli Stati membri dell'Organizzazione degli Stati Americani
(OEA). Questa Carta ignora la sovranità dei popoli e pretende, in base a
parametri totalitari, ristretti ed escludenti, certificare, in un'ottica
imperiale, la legittimità di un governo;
* che i popoli dei nostri Paesi non possono esercitare il diritto di
respingere quegli investimenti che compromettono il loro presente ed il loro
futuro socio-economico ed in particolare i flussi di capitale speculativo;
* che i governi nazionali, sottomessi allo strapotere delle transnazionali,
non incentivano politiche che rafforzano la domanda interna, e che dipendano
completamente dai mercati esterni;
* che i Paesi del Sud competono tra loro per i favori dei mercati e gli
investimenti del Nord, offrendo bassi salari, la discriminazione sistematica
contro le donne, i popoli indigeni ed i migranti, la mancanza di tutele sociali
e ambientali ed il lassismo delle loro legislazioni;
* che si estende e approfondisce la disoccupazione come un'implacabile
malattia, così come il moltiplicarsi senza freni di “maquilas” e “zone franche”,
dove i lavoratori dell'America latina e dei Carabi sono supersfruttati, con
salari di molto inferiori a quelli che le transnazionali pagano nei loro Paesi
di origine senza rispetto dei diritti del lavoro, ambientali, di salute, di
sicurezza sociale, di genere e di organizzazione sindacale: pratiche
straordinariamente generalizzate, che rendono precaria e più a basso costo
l'occupazione in tutto l'emisfero, con particolare effetto sulle donne e sui
minori che, oggi, ne sono le principali vittime;
* che aumentano i flussi migratori e al tempo stesso il super-sfruttamento,
la discriminazione, la persecuzione e la repressione verso i lavoratori migranti
e senza documenti; con una chiara contraddizione tra l'apertura massima per la
circolazione dei beni e servizi e la circolazione degli esseri umani;
* che le nazioni precipitano nell’abisso della subordinazione finanziaria,
aggravata dal peso immenso del debito estero e perdono ogni capacità di
resistenza dinanzi alle corporazioni della superpotenza continentale e mondiale;
* che l'agricoltura, settore essenziale per la gran parte dei Paesi in
America Latina e nei Carabi, rimane esposta ad una concorrenza rovinosa nei
confronti del potere tecnologico delle corporazioni transnazionali. I lavoratori
rurali si vedranno obbligati ancor di più ad emigrare verso una vita miserabile
nelle città, annullando così la ricchezza culturale e multietnica, la
biodiversità, le riserve di acqua potabile e forestali, oltre all'erosione del
lavoro agricolo come fonte di occupazione e di sostenibilità alimentare;
* che i diritti di "proprietà intellettuale" si trasformano in monopolio
tecnologico delle imprese transnazionali e tendono a perpetuare il divario tra
il Nord America e i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi.
Inoltre sarà sfruttata ogni conoscenza tradizionale dei popoli autoctoni, che si
vedranno spogliati di gran parte delle loro ricchezze naturali, privandoli
dell’accesso alle nuove tecnologie per soddisfare i bisogni fondamentali e
dello stesso sviluppo;
* che trasformando i diritti sociali in pura merce, si approfondiscono le
povertà e la crisi generalizzata che già colpisce i diritti fondamentali dei
nostri popoli, come l’istruzione e la sanità;
* che le transnazionali e gli investitori presentano ricorsi contro i governi
e che i contenziosi si dirimono in “pannelli arbitrali internazionali”, con il
sopravvento dell’interesse corporativo delle imprese sul diritto ed interessi
nazionali;
* che la grande maggioranza dei governi del continente cedono inoltre la
prerogativa di acquistare dal settore privato o pubblico del proprio paese, per
lo sviluppo e la salvaguardia di interessi sociali che pure gli appartengono, se
le imprese transnazionali possono dimostrare che la loro offerta è più
competitiva;
* che qualsiasi fondo pubblico per un programma di sopravvivenza
fondamentale, o tutti i servizi pubblici essenziali, inclusa la sicurezza
sociale, programmi sanitari, educazione e trasporti sono privatizzati, eliminati
o severamente ristretti.
COSTRUENDO UN PROGRAMMA SOCIALE PER LE AMERICHE
Consideriamo che al centro di un vero processo di integrazione, debba esserci
il rispetto della Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli, che comprenda
tutti i diritti umani fondamentali, nella sua dimensione civile, culturale,
economica politica e sociale. In questa Dichiarazione si afferma che "tutti i
popoli i cui diritti fondamentali sono gravemente ignorati hanno il diritto di
opporsi e farli valere….".
Proponiamo una politica continentale alternativa all'ALCA che non riduca la
capacità di ogni Stato di tutelare i bisogni sociali, culturali ed economici dei
suoi abitanti e per battersi contro, se fosse necessario, gli interessi delle
corporazioni e le pretese di dominio di qualsiasi Paese straniero.
Lavoriamo per un'alternativa di integrazione che, lungi dal sabotare,
paralizzare ed eliminare i processi di integrazione che esistono in America
Latina e nei Carabi, gli dia spazio e sostegno, che favorisca l’insieme dei
Paesi coinvolti in questo processo e di tutti i Paesi che compongono il
continente.
Per realizzare una vera integrazione continentale è indispensabile sviluppare un
processo di cooperazione internazionale, che conti con il finanziamento per lo
sviluppo da parte delle nazioni più forti, con l’obiettivo di equilibrare le
possibilità dei Paesi più impoveriti dell’area, a causa di una lunga storia di
sfruttamento coloniale e neocoloniale, e soprattutto a causa di venti anni di
neoliberismo.
Consideriamo che ogni accordo tra Paesi con diversi livelli di sviluppo debba
includere, insieme ad altre condizioni, il riconoscimento delle disuguaglianze e
del trattamento preferenziale, sul piano commerciale, finanziario e tecnologico,
con l’obiettivo di un equilibrio dei livelli di sviluppo, dando, altresì,
impulso ai programmi sociali.
Per le ragioni sopra enunciate, riteniamo contraddittoria ai fini di
un’integrazione sana e praticabile, la realtà agghiacciante del debito estero
che stravolge le economie della maggior parte delle nazioni latino-americane e
dei Caraibi.
Per questo, proponiamo un progetto alternativo che contempli, su queste basi,
l'annullamento dell’impagabile ed illegittimo debito estero che diversi governi
hanno contratto negli ultimi anni, senza il consenso dei popoli, spesso con
propositi fraudolenti, male utilizzato in progetti che non hanno beneficiato i
cittadini; un debito che è cresciuto con le scelte unilaterali di aumentare i
tassi di interesse da parte dei creditori.
Esprimiamo, in conclusione, una grande fiducia nel fatto che la nostra lotta
di oggi, come continuità delle numerose battaglie condotte con esemplare
resistenza dai migliori figli dell’America negli ultimi decenni, ci porterà
verso la prospettiva annunciata dal libertador Simon Bolivar che, circa due
secoli fa, nel pieno della sua lotta contro il colonialismo disse: "desidero,
più di ogni altra cosa, essere testimone della creazione in America della più
grande nazione del mondo, non tanto per il suo immenso territorio e le sue
ricchezze quanto per la sua libertà e la sua gloria".
INIZIATIVE
Creare gruppi continentali di lavoro per disegnare le politiche delineate al
primo punto, a partire da esperienze nazionali, regionali e locali già esistenti
e che ruotino attorno ai seguenti temi:
Difesa e promozione dello sviluppo economico, sociale, culturale ed
ambientale dei popoli e dei Paesi del continente
Politiche di inclusione sociale
Monitoraggio e controllo dei negoziati
Promuovere una campagna di educazione ed informazione affinché i movimenti
popolari diventino protagonisti nello spiegare a tutti i settori, comprese le
piccole e medie imprese, le vere intenzioni dell'ALCA.
Stabilire rapporti più stretti tra movimenti sociali, le reti di
informazione alternativa, i gruppi accademici e professionali, le Chiese e gli
organismi ecumenici.
Sollecitare i parlamentari e i gruppi o comitati parlamentari del
continente a sviluppare un dibattito con la società civile per assumere un ruolo
di protagonismo rafforzando così la lotta contro l'ALCA.
Preparare un processo di consultazioni popolari e plebisciti contro l'ALCA
per creare coscienza e mobilitazione e fare pressione sui singoli governi,
costruendo comitati nazionali.
Esigere dai governi la presentazione di studi e ricerche serie sull'impatto
dell'ALCA nei differenti settori dell'economia nazionale e sul mercato del
lavoro, l'industria culturale e l'ambiente.
Realizzare campagne continentali, regionali, nazionali o di settore di lotta
contro l'ALCA.
Denunciare e condannare l'ALCA, proseguire la lotta contro i tentativi di
anticiparne i tempi e avviare l’accordo in una situazione economica e sociale
dell'America Latina e dei Carabi oggi di forte debolezza, sapendo che la crisi
imperante potrebbe rompere l’unità latino-americana e renderla più vulnerabile
rispetto agli Stati Uniti in questo negoziato.
Denunciare qualsiasi tentativo di criminalizzare le nostre proteste e le
nostre lotte nell'ambito emisferico e mondiale, rafforzando la solidarietà tra
tutti i movimenti sociali.
Appoggiare il lavoro per estendere reti settoriali tematiche e favorire la
costituzione di “capitoli” nazionali e regionali dell’Alleanza Sociale
Continentale come uno degli elementi per far crescere questo piano d'azione.
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