Il
Tempo
L’arte
ha il potere di spingere le parole fin dentro le parti più buie
dell’anima dell’uomo. Questo sembrano aver capito Francesca Zanni e
Arnnesty Intemational, autrice e promotori dello spettacolo «Tango».
L’organizzazione paladina dei diritti umani, premio Nobel per la pace
1977, ha deciso di puntare su una scrittura che sa davvero, sulla scena,
farsi portavoce degna delle battaglie combattute da quarant’anni.
Il
testo della Zanni, che il teatro sembra avercelo scritto nel destino, il
suo cognome corrisponde infatti al primo vero personaggio della commedia
dell’arte, racconta la storia dei figli dei desaparecidos argentini
adottati dalle famiglie dei loro carcerieri attraverso due monologhi,
lontani nel tempo, ma che s’incrociano grazie al potere del teatro, in
cui l’esperienza della prigionia, della violenza vissuta da Carla nel
76, procede parallelarnente con quella di suo figlio Miguel, adulto ai
giorni nostri, avuto in cella e adottato illegalmente dal colonnello che
pochi giorni dopo il parto avrebbe ucciso la donna.
«E
una storia dolorosa, è la tua storia». Questa è la frase che si sono
sentiti dire tanti ragazzi ritrovati dopo anni dalle famiglie
d’origine, questo si sente dire Miguel riconosciuto dalla nonna. Un
teatro per non dimenticare, per non restare indifferenti, è quello che
questa giovane compagnia propone, profondamente utile e potente nel
raggiungere la realtà dei problemi.
Il
merito di questo è ovviamente della scrittura sorprendente
dell’autrice capace di far vibrare gli spettatori, così come gli
interpreti, Crescenza Guarnieri e Francesco Meoni che hanno mostrato una
prova di superba intensità penetrando a fondo la drammaticità del
testo e traducendo con realismo sui palcoscenico l’inimmaginabile
sofferenza di due generazioni distrutte dalla follia. Note positive sono
inoltre le musiche del cantautore Daniele Silvestri e il minimalismo
della regia firmata dalla Zanni.
Gian
Maria Tosatti
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