da l'Unità di venerdì 30 novembre 2001, pagina 13

(neretti aggiunti dal redattore di lend per evidenziare alcuni passaggi)


Il gruppo di lavoro del ministro si dice all'oscuro su alcune parti del testo. Tagliagambe: non condivido quelle pagine

Riforma, la commissione si dissocia

Mariagrazia Gerina


ROMA «Quelle pagine non le conosco. Non le conoscevo. Dopo averle scaricate da internet e lette non le condivido». Si altera Silvano Tagliagambe, mentre scorre il documento finale sulla riforma dei cicli, che accanto alla firma di Giuseppe Bertagna (il presidente) porta anche la sua e quella di altri tre studiosi. Persone che per mesi hanno lavorato con impegno e con la consegna del silenzio stampa. E che ora si trovano a scaricare da internet un documento che nel frontespizio porta scritto «Rapporto finale del Gruppo Ristretto di Lavoro costituito con D.m. 18 luglio 2001, n.672» (presentato alla stampa con il titolo "Una scuola per crescere"), composto di 80 pagine. Ma alcune, molte, di quelle pagine loro le leggono per la prima volta.

Tra le novità assolute, tre paginette "strategiche" che vanno sotto il titolo "Equità" e dicono in sostanza cosa bisogna fare per raggiungerla. Tirando il bilancio di una sfida per l'omogeneità culturale assunta dalla scuola fin dagli anni Sessanta. Una sfida persa? «Il sistema educativo» si legge nel documento, «sebbene desideri interpretare il ruolo di Davide è perdente davanti al gigante Golia dell'emarginazione sociale strutturale».

«Quelle pagine non le conosco e non le condivido». Silvano Tagliagambe non vorrebbe lasciarsi andare a commenti. «Però tutti sanno come la penso» (il professore faceva parte anche del gruppo di lavoro nominato da Berlinguer ndr). «Con realismo ho preso atto che si volevano apportare delle modifiche alla riforma Berlinguer per evitare problemi legati all'introduzione di nuovi cicli. Ed ho collaborato per questo con il ministro. Ma ora non posso rimangiarmi quello che penso sulla scuola». I lavori della Commissione, dice, dovevano limitarsi a una revisione tecnica. Ma l'illusione di poter tenere fuori da una riforma le convinzioni di ognuno sulla scuola si incrina a una attenta lettura del documento finale. «Il professor Bertagna ha voluto iscrivere il nostro rapporto dentro una linea filosofico-pedagogica che è solo sua. Se di quel rapporto devo essere un lettore voglio essere un lettore e basta».

Il suo nome, invece, figura nel documento accanto a quello di Norberto Bottani, Giorgio Chiosso, Michele Colasanto. A loro Tagliagambe ha già inviato un messaggio in posta elettronica per dire: vi siete accorti che nel documento finale da noi sottoscritto ci sono cose che non abbiamo nemmeno discusso? Che qualcosa non quadri lo ha notato anche un altro membro della Commissione, Michele Colasanto, che però il documento non è ancora riuscito a scaricarlo da internet, perché impegnato in questi giorni con i suoi laureandi. «Lo leggerò stanotte», dice. Certo però una cosa è evidente: ai quattro studiosi erano state sottoposte venti pagine più tabelle, il documento finale con le stesse tabelle arriva a 81 pagine. La maggior parte di quelle "pagine in più" riportano concetti discussi oralmente in Commissione, che poi Bertagna di suo pugno ha deciso di introdurre nel documento, senza sottoporre quest'ultima versione del rapporto ai suoi collaboratori. «E il passaggio dallo scritto all'orale non è irrilevante», osserva Tagliagambe.

Ma Bertagna non è nuovo a uscite fuori programma. «Debordava» anche durante i cosiddetti "focus group" (gli incontri con associazioni e rappresentanti del mondo della scuola che sono serviti come laboratorio di preparazione del documento ndr), quando si trattava di presentare i lavori del gruppo. «Già allora l'avevo richiamato», racconta Tagliagambe: «allora era seccante, ma che sia avvenuto anche per il documento scritto finale è inaccettabile».

Dunque, ricapitoliamo, il "documento Bertagna", come sarebbe più corretto chiamarlo visto che non tutti i firmatari l'hanno redatto, si compone di tre parti: venti pagine più tabelle, che i suoi collaboratori hanno avuto modo di leggere - e correggere. Una parte che Bertagna ha aggiunto rielaborando una serie di conversazioni orali - non sottoposta al giudizio degli altri. E una di cui i quattro collaboratori di Bertagna non erano nemmeno a conoscenza. Queste ultime due parti costituiscono un capitolo che si intitola "I principi generali". Un capitolo dunque, come si può capire, niente affatto irrilevante. Di queste tre parti solo una può portare legittimamente la firma di tutti i cinque membri della commissione. Il "Gruppo ristretto di lavoro", come l'ha battezzato il ministro, si restringe ulteriormente. E il consenso su quel documento si incrina già dentro le mura di Viale Trastevere. «Chiariamo bene», dice Tagliagambe, «tutte le ipotesi tecniche di riforma le abbiamo pensate e formulate insieme». Però i conti non tornano lo stesso. Per esempio non tornano su quella pagina che si chiama "Equità".


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