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LICEO CLASSICO STATALE "L. ARIOSTO" - FERRARA

Lettera aperta al Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca




Gentile Ministro Moratti,

Alla ripresa dell’attività scolastica del nuovo anno 2001/02 desideriamo comunicarLe alcune nostre riflessioni sui processi di trasformazione in atto del nostro sistema formativo, alla luce del Suo intervento alla Commissione Cultura della Camera dei Deputati il 18 luglio scorso.

1. Ci sentiamo sollecitati a farlo, in primo luogo, dalle Sue stesse dichiarazioni: Lei afferma infatti di considerare centrale "la necessità di riavviare il processo di riforma consultando e facendo partecipare ad una discussione così importante tutti i protagonisti, insegnanti, dirigenti, genitori e studenti, facendo in modo che non siano obbligati a realizzare la riforma, ma siano loro stessi a chiederla, giustificarla e volerla".

Non possiamo che essere d’accordo.

Tuttavia va riconosciuto che, da almeno un decennio, per molti istituti scolastici e per un numero crescente di docenti è diventata una consuetudine partecipare ad incontri seminariali nei quali affrontare i nodi della politica scolastica. Non solo. Si sono anche messi in atto numerosi interventi per sostenere e accompagnare i processi di innovazione, ad esempio con la costituzione di circuiti di scuole, con lo sviluppo di percorsi di ricerca-azione in collaborazione con i livelli più avanzati della ricerca accademica, con la produzione di materiali per tradurre in pratiche didattiche le norme delle nuove leggi. Non c’è dubbio che questa lunga e intensa stagione di contatti, confronti, pratiche collaborative, ha avuto dei meriti: ha fatto emergere un importante e prezioso patrimonio di competenze professionali e di sapere esperto, ha valorizzato la ricerca didattica e messo in circolazione esperienze di lavoro realizzate dai docenti, ha rotto l’isolamento di molte scuole, infine ha offerto alla stessa Amministrazione scolastica modelli più coerenti di formazione in servizio.

2. Ma c’è un altro motivo che ci ha spinti a scriverLe. Siamo insegnanti di un Liceo che interpreta il diritto all’istruzione, non solamente come un diritto costituzionalmente tutelato ma come uno dei fondamentali diritti sociali che va garantito a tutti attraverso una scuola impegnata giorno per giorno a migliorare la qualità degli insegnamenti e degli apprendimenti.

Dal 1974 realizziamo processi di innovazione curricolare e didattica e lavoriamo nell’orizzonte della trasformazione del sistema scolastico, sulla base di un consapevole e rinnovato ruolo istituzionale e per rispondere ai bisogni dei cittadini di una moderna democrazia.

Anche per questo avvertiamo il dovere di intervenire, come abbiamo fatto durante questi anni, sulle scelte di politica scolastica del nostro paese, e lo facciamo con spirito libero, riflessivo, costruttivo, che corrisponde alla nostra identità e alla nostra storia come istituzione scolastica.

3. Desideriamo concretamente riferirci alle esperienze che abbiamo fatto e riflettere sui positivi risultati ottenuti, tralasciando altri fattori, peraltro molto veri, come la fatica dell’impegno di lavoro e le difficoltà che ci siamo trovati ad affrontare.

Abbiamo prima di tutto cercato di costruire un ambiente formativo che si caratterizzasse per la presenza di persone (adulte e non) prima che di ruoli, convinti che un tale impegno avrebbe favorito la crescita dei livelli di collaborazione e migliorato il clima dell’istituto.

In particolare, rispetto al ruolo degli studenti e delle famiglie siamo persuasi, e lo abbiamo scritto nella nostra Carta dei Servizi, che il sistema scuola vive di processi interagenti ed ha quindi come condizione necessaria il dialogo.

Da questo punto di vista abbiamo giudicato un dato di civiltà formativa l’approvazione dello Statuto delle studentesse e degli studenti (D.P.R. n. 249/98) che ha attivato un interessante processo di costruzione della cittadinanza scolastica e ha sostituito le norme in vigore risalenti addirittura al 1925.

Siamo invece ancora in attesa che il Parlamento intervenga sulla legislazione degli Organi Collegiali d’Istituto, provvedimento che riteniamo urgente per una corretta delineazione dei ruoli di ciascuno e, più in generale, perché non è accettabile che in un servizio pubblico si esercitino poteri senza responsabilità e si assumano responsabilità senza poteri.

4. Consapevoli dell’importanza del radicamento nel proprio contesto culturale, sociale ed economico ci siamo impegnati nel delineare un ruolo attivo del nostro liceo nella politica formativa del territorio. Abbiamo cercato, sia di capire i nuovi bisogni di istruzione delle famiglie e degli studenti, sia di costruire risposte curricolari differenziate e flessibili sia, infine, di affrontare quello che a noi sembra il vero progetto culturale di una nuova dimensione formativa: il rapporto tra conoscenze e competenze. Da questo punto di vista la nostra scuola si è andata caratterizzando come un luogo in cui non si esegue, ma si promuove l’innovazione. Ciò è avvenuto in tante altre realtà scolastiche, ancora prima che a tutte le istituzioni scolastiche fossero riconosciute queste stesse funzioni con il D.P.R. 275/99, a riprova che processi importanti come l’autonomia didattica, organizzativa e di ricerca, vengono da lontano.

5. Ci è sembrato anche importante curare le relazioni con le istituzioni del territorio e con i soggetti rappresentativi del mondo del lavoro. In questa direzione abbiamo realizzato stage formativi per gli studenti del triennio dei nostri indirizzi liceali, nella convinzione che una tale esperienza rappresenti per loro un’occasione per riflettere sui problemi della società e del lavoro e sui processi di superamento della separatezza tra cultura scolastica e cultura delle professioni.

Abbiamo capito che a questa collaborazione la scuola deve presentarsi come interlocutore autorevole e, per esserlo, è necessario che definisca la propria identità formativa. Lo abbiamo fatto e lo abbiamo comunicato attraverso la nostra Carta dei Servizi e il Piano dell’offerta formativa. Ne sono derivate positive relazioni fondate su alcune basilari consapevolezze: che la scuola è nel territorio ma non per il territorio, è nel lavoro ma non per il lavoro, è nel mercato ma non per il mercato.

Né abbiamo interpretato il territorio come localismo, al contrario proprio perché il nostro orizzonte rimane l’Europa, abbiamo accolto la raccomandazione del Consiglio d’Europa integrando la maggior parte dei nostri curricoli con una seconda lingua straniera.

Ci sembra rilevante sottolineare un altro dato: tutto questo è avvenuto in un clima di garanzia della libertà di insegnamento, di pluralismo culturale, di libertà di scelta delle famiglie e di rispetto delle finalità generali del sistema nazionale di istruzione.

Non ci è mancata la risposta dell’utenza: il Liceo in venticinque anni di pratiche innovative ha più che raddoppiato il numero delle classi passando da 25 a 61.

6. Questo è stato il nostro percorso, ma certo non si è trattato di un cammino solitario. Come la nostra, un sempre maggior numero di scuole ha compiuto più o meno gli stessi passi e tanti nostri colleghi possono riconoscersi, come noi, nelle pratiche dell’innovazione. Sappiamo che nelle scuole ci sono anche ampie sacche di passività che ostacolano il cambiamento. Verso queste realtà va rivolto lo sforzo maggiore: l’orizzonte dell’innovazione appartiene a tutti, perché a tutti viene chiesto di sostenere la modernizzazione del paese. I processi di trasformazione del sistema formativo non sono dunque all’anno zero, ma costituiscono ormai un capitolo importante e irrinunciabile della positiva storia delle scuole italiane.

7. Sulla base dei motivi esposti vogliamo pensare che il provvedimento di sospensione dell’entrata in vigore del riordino dei cicli scolastici non significhi l’interruzione di un processo faticosamente avviato, che invece va ripreso e rafforzato a partire dagli esiti condivisi. Non sarebbe infatti comprensibile il venir meno dei più importanti riferimenti su cui i docenti hanno costruito nel tempo una diversa dimensione professionale: la cultura della ricerca come vero antidoto alla cultura degli adempimenti, la progettualità condivisa come interpretazione autentica dell’autonomia, il confronto di idee e di esperienze come strumento di autoformazione e di miglioramento della qualità dell'apprendimento, il protagonismo come possibilità di orientare i processi di trasformazione e come capacità di interpretare il senso delle riforme. Sul tema delle riforme scolastiche, la cui natura problematica è trasversale ad ogni paese, ci riconosciamo ancora pienamente nelle lucide, appassionate e oneste riflessioni dello storico Marc Bloch:

"Non illudiamoci, il compito sarà arduo. Non potremo evitare le lacerazioni. Non è facile convincere gli insegnanti che i metodi che essi per lungo tempo e coscienziosamente hanno usato non erano forse i migliori, gli uomini maturi che i loro figli trarranno vantaggio da un’educazione diversa da quella che essi hanno ricevuto, gli ex allievi delle grandes Écoles che questi istituti adorni dei prestigi della memoria e del cameratismo meritano di essere soppressi. Qui, né solo qui, d’altronde, l’avvenire apparterrà agli audaci, ne siamo certi. Per tutti gli uomini che si occupano di insegnamento, non potrebbe esservi pericolo maggiore di una molle compiacenza nei confronti delle istituzioni di cui essi hanno fatto, con il tempo, una comoda dimora" (M. Bloch, Sulla riforma dell’insegnamento, in La strana disfatta,testimonianza del 1940, Einaudi, Torino 1995, pp. 202).

8. C’è infine un ultimo punto sul quale desideriamo esprimerLe la nostra posizione.

Ci riferiamo alla Sua analisi che individua come una delle cause della crisi del nostro sistema formativo la "mancanza di libertà di scelta da parte delle famiglie", dovuta al fatto che lo Stato si configurerebbe come l’unico promotore dell’istruzione e, francamente, non la condividiamo.

A nostro giudizio il vero paradosso del nostro paese è quello di una classe politica che dal dopoguerra ha la responsabilità di avere gravemente ritardato i tempi di realizzazione delle riforme scolastiche.

Noi continuiamo a considerare il diritto all’apprendimento un fondamentale diritto di ciascuno e non crediamo che siano venute meno le ragioni delle scelte compiute dalla nostra Costituzione che riconosce carattere istituzionale al sistema formativo dello Stato.

Secondo la Costituzione se per la famiglia l’educazione dei figli è un privilegio originario, per lo Stato rappresenta un dovere etico-politico che la legge trasforma in diritto, anche se non si tratta di un diritto esclusivo e non si trasforma in un monopolio, perché ai privati viene garantito il diritto di istituire scuole di ogni ordine.

D’altra parte sono certamente cresciuti i compiti che deve svolgere l’istruzione pubblica.

Con il generalizzarsi della scolarizzazione e con l’elaborazione della scuola dell’inclusione, sono emerse rilevanti questioni: l’uguaglianza ed equità, la compensazione delle difficoltà, giacchè per un giovane oggi avere un livello debole di formazione è più penalizzante che in passato, la necessità di portare ogni cittadino al livello minimo di competenze perché possa partecipare attivamente alla vita sociale. Probabilmente nemmeno la scuola statale è del tutto adeguata per realizzare questi obiettivi ma è certo che da essi non può e non deve derogare. Da qui la necessità di potenziarne le capacità di intervento piuttosto che di ridurne il campo d’azione.

Concludiamo questa nostra lettera aperta, il cui senso è invitare al confronto sulle cose da fare per il nostro sistema formativo, ringraziandoLa per la disponibilità ad ascoltare le nostre ragioni, con l’augurio che si possa realizzare la trasformazione di cui le scuole hanno bisogno sulla base del molto che le stesse scuole hanno fatto e continuano a fare, secondo un disegno coerente che garantisca a ciascuno la propria affermazione.

Ferrara, 12/09/2001

IL COLLEGIO DEI DOCENTI

del Liceo Classico Statale

"L. Ariosto"

favorevoli n. 110

contrari n. 0

astenuti n. 8