ELETTROTECNICA

Lezione 1

La struttura della materia

Per studiare l'elettrotecnica e quindi la corrente elettrica, è necessario comprendere come questa nasce.
La corrente (indicata con la lettera I), non si vede ad occhio nudo pertanto si deve capire subito che cosa effettivamente avviene nei corpi attraversati dalla corrente. I materiali (nel nostro caso i metalli) sono composti di elementi base che si chiamano atomi, gli atomi sono a loro volta composti da altre parti più complesse quali gli elettroni, i protoni, ed i neutroni. Questi tre elementi stanno all'interno dell'atomo e più precisamente protoni e neutroni compongono il nucleo, mentre gli elettroni orbitano attorno al nucleo a distanze diverse dal centro. Per ogni tipo di materiale, gli atomi hanno un numero diverso di elettroni, ma essi devono essere neutri, cioè avare anche lo stesso numero di protoni. Gli elettroni all' interno di un atomo ruotano attorno al nucleo, ma a distanze diverse dal centro (come i pianeti di un sistema solare), essi si dispongono a coppie di 2 su un orbita molto vicina, e mano a mano che il numero aumenta, aumenta il numero di orbite che si dispongono a distanze sempre maggiori dal nucleo.
Questi elementi posseggono una carica elettrica, e ogni elettrone o protone costituisce una carcia fondamentale. Gli elettroni hanno carica negativa, i protoni hanno carica positiva.

Ioni

Gli elettroni che si trovano lontano dal nucleo risentono meno dell'attrazione verso lo stesso rispetto a quelli più vicini. Se forniamo energia ad un atomo (ad esempio scaldandolo), scopriamo che alcuni elettroni (quelli più distanti dal nucleo), si distaccano dall'atomo, il quale resterà con un numero maggiore di protoni.
Gli elettroni liberi (quelli distaccatisi dall'atomo), vanno a completare le orbite di altri atomi facendo si che quest' ultimo abbia una prevalenza di elettroni nei confronti dei protoni.
Gli atomi che hanno un numero diverso di elettroni e protoni si chiamano ioni, più precisamente se è maggiore il numero di elettroni avremo allora uno ione negativo (maggiore carica negativa), se è maggiore il numero di protoni avremo uno ione positivo (maggiore carica positiva).

Lezione 2

Cariche elettriche

Le cariche elettriche sono corpi costituiti da atomi che hanno ceduto o acquistato un certo numero di elettroni. Come già accennato in precedenza, gli atomi in natura sono neutri cioè hanno lo stesso numero di elettroni e protoni, ne consegue che se un elemento è carico elettricamente, esiste nello spazio un secondo elemento che possiede la stessa carica ma di segno opposto.
La carica di un elemento è data dalla somma algebrica delle singole cariche fondamentali e costituisce la quantità di carica (simbolo Q). Come tutte le grandezze fisiche, la quantità di carica ha un unità di misura che è il Coulomb (leggi coulomb, simbolo C) che vale circa 6,24 * 10E18 elettroni, quindi la carica di un elettrone è pari a 1,602 * 10E-19 C. Il Coulomb rappresenta la quantità di carica degli elettroni, ed essendo questi a carica negativa, anch'egli è negativo. Un valore di Coulomb positivo indica quindi una carica elettrica di protoni. Due elementi con carica elettrica opposta tendono a riequilibrarsi, cioè a ristabilire la neutralità tra elettroni e protoni, quindi possiamo certamente dire che due cariche di segno opposto si attraggono, mentre due cariche di segno uguale si respingono. La forza di attrazione o repulsione tra due cariche è direttamente proporzionale al prodotto delle quantita di carica, fratto la distanza al quadrato delle cariche e dipende dalla natura del mezzo.

                 Q1 * Q2

        F = e * ---------

                  

F = forza in newton

e = costante dielettrica del mezzo (per il vuoto vale 8,854 * 10E-12 F/m)

Q1, Q2 = cariche elettriche in coulomb

d = distanza in metri

Lezione 3

Corrente Elettrica

Le cariche elettriche grazie alla forza di attrazione e repulsione hanno la capacità di muoversi nei corpi, ed in special modo nei metalli (conduttori), in realtà non sono gli elettroni che si spostano per tutto il tragitto, essi si urtano l'uno con l'altro scambiandosi l'energia senza doversi spostare eccessivamente. Per chiarire meglio le idee, si immagini una fila di bocce allineate (che rappresentano gli elettroni), colpendo la prima boccia si nota istantaneamente uno spostamento della boccia al fondo della fila, questo perché le bocce di mezzo hanno solo ceduto l'energia del colpo senza immagazzinarne. Lo spostamento di cariche che avviene in un determinato lasso di tempo, viene denominato circolazione di corrente elettrica (simbolo I), che si misura in Ampere (pronuncia amper, simbolo A). Possiamo quindi scrivere che:

     Q

I = ---

     t

I = corrente elettrica in ampere

Q = quantità di carica in coulomb

t = tempo in secondi

La corrente elettrica non è altro che un flusso di cariche che tendono a ristabilire la neutralità tra due corpi elettricamente carichi. Se i due corpi, mano a mano che la corrente circola, diventano neutri, immediatamente la corrente cessa (in quanto non c' è più una forza di attrazione tra i due), ma se i due corpi continuano ad avere una carica elettrica diversa, allora avremo sempre la circolazione di corrente. Ovviamente perchè la corrente possa circolare, si devono utilizzare dei materiali che abbiano una buona quantità di elettroni liberi, questi materiali sono denominati conduttori, in quanto al loro interno la corrente riesce a circolare molto bene.
Da quanto si è detto fino ad ora, si comprende molto chiaramente che la corrente elettrica si sposta da una zona dove gli elettroni sono in eccesso verso una zona (o corpo) in cui si trovano più cariche positive (protoni), possiamo allora sostenere che il verso di spostamento della corrente è dal polo negativo verso il positivo. Siccome i fenomeni elettrici sono stati studiati fin dagli antichi Greci, i quali credevano che le cariche elettriche si spostassero dal polo positivo a quello negativo, per convenzione ancora oggi esiste questo senso di percorrenza convenzionale e quando si parla di corrente elettrica, se non diversamente specificato si intende il senso dal positivo verso il negativo.

Lezione 4

Potenziale elettrico

Quando in un circuito elettrico c' è circolazione di corrente, significa che ai suoi capi ci sono dei corpi con carica elettrica diversa. Difatti solo quando due corpi hanno carica elettrica diversa si viene a creare una forza di attrazione che da poi luogo alla corrente elettrica. Però se si pensa che in natura i corpi hanno una carica elettrica nulla (la somma algebrica delle cariche elementari che costituiscono il corpo è uguale a 0), si capisce che i corpi elettricamente carichi sono stati oggetto di una modifica tale da produrre una cessione o un acquisto di elettroni. L'energia potenziale utile a spostare una carica, è direttamente proporzionale al prodotto della quantità di carica da spostare per il potenziale elettrico. Allo scopo di chiarire le idee, si faccia riferimento ad una pompa che deve spostare 1 litro di acqua al secondo, se l'acqua da spostare deve salire di 1 metro, l'energia potenziale utile avrà un certo valore, ma se l'acqua deve salire di 3 metri, il valore di energia potenziale è tre volte più elevato. Possiamo quindi affermare che l 'energia potenziale (simbolo W), è la quantità di energia utile per muovere una carica Q al potenziale V.

W = Q * V

W = energia potenziale in joule

Q = quantità di carica elettrica in coulomb

V = potenziale elettrico in volt

Il potenziale elettrico è quindi il rapporto tra l'energia potenziale accumulata in una carica fratto la carica stessa.

     W

V = ---

     Q

W = energia potenziale in joule

Q = quantità di carica elettrica in coulomb

V = potenziale elettrico in volt

Due corpi elettricamente carichi, possono avere quindi un potenziale elettrico diverso (in quanto l' energia accumulata è diversa, o è diversa la quantità di carica), se indichiamo con V1 il potenziale del corpo uno, e con V2 il potenziale del corpo due, la differenza tra V1 e V2 (V1 - V2) è denominata differenza di potenziale (d.d.p), i corpi che non posseggono questa energia potenziale sono a potenziale zero. Come punto di riferimento, si è stabilito che il potenziale della terra è zero (valore convenzionale), e quindi gli altri valori vanno riferiti secondo il valore di terra.


Due corpi hanno rispetto a terra un potenziale di 3 V, e di 6 V. Quanto vale la differenza di potenziale tra i due corpi ?
In questo caso la differenza di potenziale tra i due corpi è data dalla differenza tra il valore maggiore e il valore minore in quanto tutti e due sono positivi.

d.d.p = 6 - 3 = 3 V


Il potenziale elettrico, è stato studiato da Alessandro Volta, dal quale si è ricavata l'unità di misura Volt (simbolo V). Sovente il potenziale elettrico viene denominato tensione elettrica.
Per capire meglio il potenziale elettrico si faccia riferimento all'esempio di due vasche d'acqua poste alla stessa altezza ma con livelli di acqua diversi, se collegiamo mediante un tubo le due vasche, l'acqua contenuta nella vasca col livello più alto mediante il tubo andrà a riempire la seconda vasca fino a quando i due livelli non saranno uguali. Se associamo questo esempio ai circuiti elettrici, la differenza di livello è come la differenza di potenziale, mentre la circolazione dell'acqua è come la circolazione di corrente in quanto sia il flusso d'acqua, sia la corrente elettrica tendono rispettivamente ad azzerare la differenza di livello e la differenza di potenziale.

Da quanto si è detto sopra, si comprende che se due corpi elettricamente carichi con tensione diversa vengono collegati assieme mediante un conduttore, tendono a scaricarsi per azzerare la differenza di potenziale tra i due. È evidente che per fare funzionare un circuito elettrico per tempo indeterminato (ad esempio la lampadina di casa propria), non sono sufficienti due corpi elettricamente carichi con potenziale elettrico diverso, ma è necessario che la differenza di potenziale tra i poli del circuito sia continuamente mantenuta. Per mantenere una d.d.p. costante tra due poli di un circuito è necessario utilizzare un generatore di tensione, il quale ha la capacità di mantenere (entro certi limiti di funzionamento) una d.d.p. sempre costante ai capi. Facendo riferimento alle due vasche di acqua, il generatore di tensione è come una pompa che ha la capacità di mantenere sempre lo stesso dislivello (vedi fig. sottostante).
Per completare, possiamo dire che i generatori di tensione sono dispositivi in grado di mantenere una tensione costante ai capi (poli). Una particolare attenzione va posta al fatto che in presenza di un generatore di tensione, il circuito elettrico (come quello idraulico, vedi esempi), deve avere almeno due conduttori (andata e ritorno) questo perché gli elettroni che vengono a circolare nel circuito non si devono accumulare, ma devono mediante un secondo conduttore ritornare al punto di partenza, difatti per ogni elettrone che parte da un polo del circuito, ne arriva un altro sul polo opposto. Se ne deduce allora che un circuito elettrico per funzionare deve avere la stessa circolazione di corrente sui conduttori di andata e di ritorno.

Quando si parla di circuiti elettrici, è necessario rappresentare in modo schematico le varie componenti dello stesso, la rappresentazione schematica dei generatori si effettua con i simboli delle figure sottostanti.

= Generatore di tensione

= Accumulatore (batteria)

= Generatore di corrente

Lezione 5

Gli elementi di un circuito elettrico

Nel capitolo precedente si è visto come nasce la corrente, come si muove e da cosai viene prodotta. Ma a cosa serve la corrente elettrica ? L'utilizzo della corrente elettrica mediante le apparecchiature denominate "utilizzatori" o carichi (che trasformano l'energia elettrica in energia termica, meccanica, chimica, ecc...), serve a fare svariate lavorazioni, vedi ad esempio tutte le applicazioni casalinghe.
Perché un circuito elettrico possa funzionare, abbiamo bisogno di almeno tre elementi fondamentali.
I generatori: sono gli elementi che producono l'energia elettrica e si dividono in generatori di tensione e generatori di corrente. Nei circuiti elettrici di normale impiego si utilizzano generatori di tensione.
I conduttori: servono a trasportare la corrente elettrica, difatti collegano i generatori agli utilizzatori i quali non sempre si trovano nello stesso posto.
Gli utilizzatori (o carico): servono ad utilizzare l'energia elettrica trasformandola in altro tipo di energia.

 

Non sono questi gli unici elementi che costituiscono un circuito elettrico, altri dispositivi verranno sicuramente analizzati in questo corso.
Una considerazione molto importate va fatta per i vari tipi di corrente elettrica che si possono trovare. I due tipi fondamentali sono la corrente continua "c.c." e la corrente alternata "c.a.". Nei circuiti ad uso domestico ed industriale si utilizza la corrente alternata, si utilizza la corrente continua nei circuiti elettronici di bassa potenza, e in applicazioni per la trazione elettrica (tram, treni, ecc...). La differenza tra c.c. e c.a. verrà studiata in seguito, i circuiti che analizzeremo ora sono in corrente continua.

Lezione 6

La resistenza elettrica

Quando all'interno di un conduttore elettrico circola corrente, gli elettroni vengono ostacolati e deviati dal loro percorso originario, perché circolando vanno a sbattere contro altri elettroni. Il fenomeno si chiama resistenza elettrica e varia da conduttore a conduttore, difatti vi sono conduttori che hanno una maggiore resistenza elettrica, (gli elettroni sono molto ostacolati nel loro percorso) e conduttori con minore resistenza elettrica, (gli elettroni riescono a scorrere abbastanza facilmente). La presenza della resistenza elettrica nei conduttori produce una riduzione della corrente che riesce a circolare e una perdita di energia. Da questo si comprende che la resistenza elettrica, aumenta con l'aumentare della lunghezza dei conduttori, (in quando aumentano gli urti che ostacolano il passaggio di corrente), ma diminuisce con l'aumentare della sezione (area) del conduttore e dipende dal tipo di conduttore.
Se indichiamo con la lettera R la resistenza complessiva di un conduttore, (con la lettera R si indica una resistenza generica), la formula per determinarne il valore sarà:

      l

R = r ---

      s

R = resistenza elettrica in ohm

l = lunghezza del conduttore in m

s = sezione del conduttore in mm²

r = resistività del conduttore

La resistenza elettrica è stata studiata da Ohm, e quindi l'unità di misura è proprio l'ohm (simbolo W).

Qui di sotto sono riportati i valori di resistività di alcuni materiali conduttori.

Valori di resistività dei principali conduttori


Materiali
conduttori


Resistività
(ohm mm²/m a 0 °C)
(
r)


Coefficiente di
temperatura alfa
(
a)

 

Argento

0,015

0,0038

 

Rame elettrolitico

0,016

0,0039

 

Oro

0,023

0,0036

 

Alluminio

0,0265

0,004

 

Tungsteno

0,050

0,0042

 

Bronzo fosforoso

0,07

0,0039

 

Platino

0,1

0,0036

 

Ferro dolce

0,13

0,0048

 

Piombo

0,20

0,0042

 

Come si vede dalla tabella, i conduttori migliori, (quelli che hanno una resistività minore), sono l'oro, il rame e l'argento. È evidente che la scelta del conduttore andrà fatta in base al costo del metallo ed alle applicazioni che si devono fare.

1) determinare la resistenza di un conduttore in rame lungo 56 metri e di sezione 1 mm².

       l

R = r --- = 0,016 • (56/1) = 0,896 W

       s

2) Determinare la resistenza di un conduttore in alluminio lungo 580 m e avente sezione di 0,8 mm².

       l

R = r --- = 0,0265 • (580/0,8) = 19,2 W

       s

3) Determinare la resistenza di un conduttore in rame lungo 1220 m, di sezione 2,5 mm².

4) Determinare la sezione di un conduttore in rame avente una resistenza di 13,6 ohm e lungo 850 m.

Coefficiente di temperatura alfa

Parlare solo di resistenza elettrica non è sufficiente in quanto questa varia col variare della temperatura. L'aumento di temperatura in un corpo produce una maggiore agitazione di elettroni, di conseguenza aumentano gli urti che producono le perdite di energia (da qui il concetto di superconduttività, cioè quel fenomeno per il quale la temperatura estremamente bassa tiene fermi gli elettroni e la corrente circola facilmente senza perdite di energia). L'aumento di resistenza elettrica con l'aumento di temperatura ha andamento lineare, ed è calcolabile nel seguente modo:

Rt = R0 (1 + a0 * t)

Rt = Resistenza elettrica alla nuova temperatura.

R0 = Resistenza elettrica a 0 °C (vedi tabella).

a0 = coefficiente di temperatura.

t = nuovo valore di temperatura per cui calcolare la resistenza.

Determinare il vero valore di resistenza di un corpo conduttore (o altro) è indispensabile, in quanto se questo a causa delle perdite si scalda, aumenta anche la sua temperatura e quindi le perdite.

1) determinare la resistenza di un conduttore in rame a 25 °C se a 0 °C la resistenza vale 15 ohm.

Rt = R0 (1 + a0 * t) = 15 • (1 + 0,0039 • 25) = 16,49 W

2) Un conduttore di alluminio alla temperatura di 20 °C presenta una resistenza di 9 ohm. Determinare la resistenza del conduttore quando si trova ad una temperatura di 85 °C.

t = (t2 - t1) = 85 - 20 = 65 °C

e quindi:

Rt = R0 (1 + a0 * t) = 9 • (1 + 0.004 • 65) = 11.34 W

3) Dell'esercizio precedente determinare il valore di resistenza per una temperatura di -15 °C.

4) Determinare la resistenza di un conduttore in argento lungo 870 m, di sezione 1,1 mm², alla temperatura di 80 °C.

Lezione 7

Legge di Ohm

Fino a questo punto si è compreso che in un circuito elettrico si ha circolazione di corrente provocata da una d.d.p. presente ai capi del circuito, si é poi visto che la corrente viene ostacolata dalla resistenza elettrica. È abbastanza evidente che tra queste tre grandezze (V, I, R) vi è un legame.
Per dimostrare la validità di una qualsiasi relazione che leghi le grandezze tra di loro, è necessario che questa vada bene in qualsiasi condizione, luogo, momento, ecc...
Per arrivare ad una espressione tale da relazionare le tre grandezze, si può fare uso di un circuito sperimentale come quello di figura.

L'esperimento consiste nell'effettuare quattro prove.

Analizzando i dati ottenuti, si scopre che il rapporto tensione/corrente dei valori misurati nel circuito di prova danno un numero costante.

 V1     V2     V3

---- = ---- = ---- = costante

 I1     I2     I3

Da quanto si è provato, si conclude che in un circuito elettrico, se si aumenta o diminuisce la tensione a parità di resistenza, la variazione di corrente è direttamente proporzionale. Possiamo dunque scrivere:

     V

R = ---

     I

R = resistenza elettrica in ohm

V = tensione in volt

I = Corrente elettrica in ampere

Questa formula è denominata legge di Ohm, e permette di risalire ad una grandezza elettrica di un circuito conoscendone almeno due, difatti applicando le regole della matematica, possiamo scrivere:

V = R * I

     V

I = ---

     R

Anche per la resistenza esiste una rappresentazione schematica. In figura sono rappresentati i simboli più usati.

 

simbolo preferibile

simbolo generico (più usato per c.a.)

 

1) Un circuito alimentato da un generatore in corrente continua con tensione di 50 V, presenta una resistenza di 12 W. Determinare la corrente che circola nel circuito.

Soluzione: Si applica la legge di ohm, e quindi:

     V

I = --- = 50/12 = 4,1667 A

     R

2) Un generatore eroga una tensione di 75 V ed una corrente di 2,5 A. Determinare la resistenza del circuito.

Soluzione:

     V

R = --- = 75/2,5 = 30 W

     I

3) Determinare la tensione ai capi di un circuito nel quale circola una corrente di 2 A se la resistenza vale 18 W.

4) In un circuito con resistenza di 30 W circolano 2 A. Determinare la corrente nel circuito quando la resistenza vale 40 W.

Lezione 8

Resistenza e conduttanza

Fino ad ora abbiamo visto la resistenza come l'elemento che limita la corrente, ma dobbiamo chiarire quali sono gli elementi che devono avere una certa resistenza e quali sono quelli che non devono averne. Quando abbiamo analizzato gli elementi che costituiscono un circuito elettrico, abbiamo parlato di: generatori, conduttori, e carico. Perché in un circuito elettrico tutto funzioni a dovere, i generatori ed i conduttori non devono avere resistenza al loro intero, solo il carico deve avere resistenza (in realtà nei circuiti a c.c. il carico è costituito da una resistenza che in base alla forma e alla costituzione produce diversi lavori). È abbastanza noto che però anche conduttori e generatori hanno una loro resistenza (molto piccola), che molte volte è di valore trascurabile, ma che comunque incide sulle caratteristiche elettriche del circuito.
La resistenza di un materiale (conduttore, ecc...), è facilmente misurabile mediante varie apparecchiature, esistono campioni di resistenza realizzate mediante particolari materiali ed attenzioni per la taratura di questi strumenti.
Quando si studia un circuito non sempre si valuta la resistenza, molte volte è preferibile conoscere il valore della conduttanza (simbolo G) cioè valutare che grado di facilità ha la corrente ad attraversare un determinato corpo. La conduttanza è quindi l'inverso della resistenza, è stata studiata dal Tedesco Siemens dal quale a preso l'unità di misura (simbolo S).

     1

G = ---

     R

G = conduttanza in siemens

R = resistenza in ohm

Dovendo calcolare la corrente che circola in un circuito dove si conosce il valore di conduttanza, si può applicare la legge di Ohm tenendo presente dell'inverso della resistenza e quindi:

I = V * G

     I

G = ---

     V

Dalla quale si ricavano le formule inverse.

     I

G = ---

     V

 

1) Un circuito alimentato da un generatore in corrente continua con tensione di 50 V, presenta una conduttanza di 0,085 S. Determinare la corrente che circola nel circuito.

Soluzione: Si applica la legge di Ohm tenendo presente che abbiamo una conduttanza. e quindi:

I = V * G = 50 • 0,085 = 4,25 A

2) Un generatore eroga una tensione di 75 V ed una corrente di 2,5 A. Determinare la conduttanza del circuito.

Soluzione:

     I

G = --- = 2,5/75 = 0,033 S

     V

3) Determinare la tensione ai capi di un circuto nel quale circola una corrente di 2 A se la conduttanza vale 0,055 S.

4) In un circuito con conduttanza di 0,033 S circolano 2 Ampere. Determinare la corrente nel circuito quando la conduttanza vale 0,025 S.

 

 

Lezione 9

Legge di Ohm su un circuito chiuso

Per circuito chiuso si intende un circuito elettrico dove i poli (+/-) di un generatore mediante i conduttori e gli utilizzatori sono collegati tra di loro. La figura in alto rappresenta un circuito chiuso, si possono notare un generatore di tensione (E1), due resistenze (R1, R2) ed i conduttori, la figura schematizzata è chiusa (da qui il nome di circuito chiuso). In questi circuiti la corrente che circola è dovuta dalla tensione prodotta dal generatore, ed è limitata dalle resistenze presenti. La tensione prodotta dal generatore in questo caso prende il nome di Forza elettro motrice (f.e.m.), mentre la tensione che si trova sulle resistenze (V = R•I) viene denominata caduta di tensione. La somma delle cadute di tensione riscontrate in un circuito chiuso è uguale alla f.e.m. del generatore.

Lezione 10

Elementi resistivi in serie, semplificazione

Quando in un circuito vi sono più elementi (resistenze) in serie tra loro, (per serie si intende il collegamento realizzato come in figura), può essere necessario semplificarlo per facilitare le operazioni di calcolo. Per semplificazione, si intende l'operazione che permette di sostituire le varie resistenze in serie tra loro con una resistenza di valore tale da non alterare il funzionamento del circuito.
Nel caso di resistenze in serie, l'operazione da eseguire per semplificare il circuito tra due punti (A e B), è sommare tra di loro i valori delle singole resistenze in modo da ottenerne una di valore maggiore ed equivalente.

La resistenza equivalente ottenuta va a sostituire tra i punti A, B le resistenze in serie. Per che la resistenza sia del tutto equivalente al collegamento precedente si devono soddisfare due condizioni: la corrente che circola al suo interno deve avere lo stesso valore della corrente che circola all'interno delle resistenze in serie (la corrente circola nei vari elementi in serie senza alterarsi, cioè il valore è costante), la tensione tra i punti A e B della resistenza equivalente deve avere lo stesso valore di quella tra i punti A e B della serie (su ogni resistenza in serie la tensione ai suoi capi varia con il variare del valore resistivo secondo la legge di Ohm).

Esempio numerico

Date tre resistenze in serie tra loro di valore: R1 = 25 W, R2 = 12 W, R3 = 7 W. Determinare il valore della resistenza equivalente.



La resistenza equivalente si calcola nel seguente modo:

 

1) Tre resistenze di valore uguale R = 6 W sono collegate in serie. Determinare il valore della resistenza equivalente.

2) In un circuito sono inserite cinque resistenze in serie di valore R1 = 4 W, R2 = 12 W, R3 = 9 W, R4 = 25 W, R5 = 11 W. Determinare il valore della resistenza equivalente.

3) Sapendo che la resistenza equivalente di un circuito vale 63 W, che il circuito è composto di tre resistenze in serie, che due sono uguali tra di loro, e che una vale 23 W, determinare il valore delle due resistenze uguali.

 

 

Lezione 11

Elementi resistivi in parallelo, semplificazione

In un circuito possiamo trovare non solo resistenze in serie, ma anche resistenze in parallelo (per parallelo si intende il collegamento che mette in comune tutti i poli di entrata e tutti i poli di uscita di più elementi. Vedi figura in alto). Anche in questo caso è necessario semplificare il circuito allo scopo di facilitare le varie operazioni di calcolo. Il circuito risultante è composto da una sola resistenza di valore equivalente a quelle in parallelo.

Nel caso in cui le resistenze in parallelo siano solo due, esiste una formula di calcolo abbastanza semplice, mentre per il parallelo di più di due resistenze la procedura è lievemente più lunga. Al contrario delle resistenze in serie, il valore equivalente di un gruppo di resistenze in parallelo è sempre più basso di quello più piccolo delle singole resistenze. In questo caso la condizione da soddisfare perché la nuova resistenza sia del tutto compatibile, sono le seguenti: la tensione tra i punti A e B deve avere lo stesso valore delle tensioni ai capi di ciascuna resistenza (difatti quando più elementi sono collegati in parallelo tra di loro la tensione ai capi è costante), la corrente circolante tra i nodi A e B deve essere la somma delle correnti circolanti nelle precedenti resistenze (quando più elementi sono collegati in parallelo la corrente che li attraversa ha valore diverso secondo il tipo e valore dell'elemento).

Semplificazione di due resistenze in parallelo



 

       R1 · R2
Req = ---------
       R1 + R2

Nel caso in cui il parallelo sia composto da più di due resistenze, la formula diventa:

                    1
Req = -------------------------------
       1      1      1            1
      ---- + ---- + ---- + ... + ----
       R1     R2     R3           Rn

Esempio numerico. Tre resistenze di valore R1 = 21 W, R2 = 12 W, R3 = 16 W sono collegate in parallelo. Determinare il valore della resistenza equivalente.

Si applica la formula Req = 1/((1/R1)+(1/R2)+(1/R3)).

Sostituendo:

Come si vede il risultato da un valore inferiore a quello che era il valore minore (12 W) delle tre resistenze.

 

1) Tre resistenze di valore uguale R = 6 W sono collegate in parallelo. Determinare il valore della resistenza equivalente.

2) In un circuito sono inserite cinque resistenze in parallelo di valore R1 = 4 W, R2 = 12 W, R3 = 9 W, R4 = 25 W, R5 = 11 W. Determinare il valore della resistenza equivalente.

3) Sapendo che la resistenza equivalente di un circuito vale 7 W, che il circuito è composto di tre resistenze in parallelo, che due sono uguali tra di loro, e che una vale 23 W, determinare il valore delle due resistenze uguali. 

Lezione 12

Elementi resistivi in serie e parallelo, semplificazione

I circuiti elettrici difficilmente si compongono di sole resistenze in serie o sole resistenze in parallelo, molte volte sono formati da insiemi di collegamenti serie e parallelo, vedi fig. sottostante.

Per semplificare un circuito simile, non esiste una regola fissa, cioè non si può dire di semplificare sempre prima il parallelo e poi la serie o vice versa, ma la semplificazione và analizzata al momento. Il circuito di figura rappresenta un parallelo di due serie tra due resistenze, se volessimo associare dei livelli numerici a questo circuito diremo che le due serie sono di livello 1, mentre il parallelo è di livello 2, solo a questo punto possiamo stabilire una regola, ed andremo sempre a semplificare dal livello inferiore verso quello superiore, nel nostro caso prima le due serie e poi il parallelo. Crearsi dei livelli di semplificazione (anche solo mentalmente), aiuta notevolmente a capire il circuito in questione. Ad ogni passaggio è bene ridisegnare un nuovo circuito che riassuma i passaggi fondamentali.

Prima semplificazione (le due serie sono state ridotte alle rispettive Req1, ed Req2)

Seconda ed ultima semplificazione (le due Req1 ed Req2 sono state ridotte a Req)

Per dimostrare quanto detto, provate ad analizzare il circuito sottostante.

In questo circuito a differenza del primo, la serie è tra due paralleli, quindi il livello 1 và assegnato ai due paralleli, ed il livello 2 alla serie. La semplificazione sarà dunque rappresentata nel seguente modo.

Si semplificano i due paralleli ottenendo Req1 ed Req2.

Ed infine si semplifica la serie ottenendo la Req.

 

Esercizi

1) Calcolare la resistenza equivalente dei due circuiti sottostanti.

A

B

 

Lezione 13

Collegamenti serie e parallelo di generatori

I collegamenti serie e parallelo si possono effettuare anche tra generatori di f.e.m., ma per questi elementi (attivi) il risultato è diverso per ogni diversa configurazione.

Generatori in serie

Quando due generatori sono in serie tra loro, bisogna conoscere (oltre alla tensione caratteristica di ciascun generatore), la polarità di ciascun generatore nei confronti degli altri.

Fig. 13.1

Nella figura 13.1 è riportato lo schema di un collegamento serie tra due generatori, questo collegamento ha la caratteristica di avere collegati tra loro il polo (+) del generatore E1 ed il polo (-) del generatore E2. Il risultato di questo collegamento è che la tensione prodotta dai due generatori tra i punti AB è data dalla somma delle tensioni E1 + E2.

Fig. 13.2

In figura 13.2 sono presenti gli stessi generatori, ma il generatore E1 è stato invertito. La tensione tra i punti AB è data dalla somma algebrica delle due tensioni E1 ed E2, considerando positive le tensioni con un certo segno da un lato, e negative le tensioni con segno opposto sullo stesso lato (E1 a destra è di segno -, mentre E2 a destra è di segno +), la tensione totale sarà uguale a (E1 - E2). Questo tipo di collegamento viene anche denominato antiserie.

Generatori in parallelo

Fig. 13.3

La figura 13.3 mostra due generatori collegati in parallelo, questo collegamento è realizzabile solo se le f.e.m. dei due sono identiche, altrimenti è necessario aggiungere in serie ai generatori delle resistenze di valore opportuno per evitare che tra i due circoli una corrente troppo elevata. Un collegamento di questo tipo lo si adotta raramente, e serve per aumentare la corrente totale in uscita dal circuito, in quanto la tensione tra i punti AB è uguale alla tensione dei generatori.
Un collegamento da non effettuare mai è quello di figura 13.4, solo apparentemente il collegamento può sembrare di tipo parallelo, in verità i generatori sono collegati in corto circuito.

Fig. 13.4

Lezione 14

Reti elettriche, nodi e maglie

Non sempre i circuiti elettrici sono semplificati come quelli visti fino ad ora, anzi il più delle volte la realtà presenta circuiti molto complessi. I circuiti di forma più o meno complessa prendono il nome di reti elettriche. Per analizzare una rete elettrica, è necessario assumere dei termini che permettano l'identificazione delle varie parti che compongono la stessa, come primo elemento analizziamo le diramazioni o nodi. Quando ad un conduttore se ne collega un secondo in parallelo, si forma una diramazione (o nodo, vedi fig. sottostante).

Ai nodi presenti in una rete elettrica, si associa una lettera dell'alfabeto per poterli poi contraddistinguere. Se si analizza una rete elettrica (vedi esempio) si nota che tra i nodi A e B sono collegate tre parti diverse del circuito, queste parti sono denominate rami, e i vari rami costituiscono delle maglie, cioè delle parti della rete che formano un circuito chiuso. In una rete elettrica si trovano diverse maglie, ed i vari rami possono concorrere a formare più di una maglia.
In conclusione analizzando il circuito di esempio, possiamo notare: due nodi (A e B), tre rami che fanno capo ai nodi A e B, e tre maglie visibili nella figura sottostante.

Lezione 15

Equazione ai nodi (1 legge di Kirchhoff)

Quando si studia una rete elettrica è fondamentale avere a disposizione alcune leggi che permettano di stabilire con assoluta certezza il valore delle varie grandezze elettrotecniche presenti. Nella maggior parte dei casi si ha a che fare con reti elettriche composte da generatori di tensione e da resistenze, pertanto le grandezze certamente note sono le f.e.m. dei generatori, e il valore delle resistenze. La grandezza mancante è la corrente che circola nelle varie maglie della rete. È bene precisare che la corrente dipende in modo complessivo dai vari collegamenti, e solo tenendo conto di tutti i collegamenti si può arrivare a calcolare la corrente.

Fig. 15.1

Si prenda come esempio la figura 15.1, al nodo A sono collegati tre rami nei quali circolano le correnti I1, I2, I3. I sensi di percorrenza delle correnti sono stati indicati col criterio del senso convenzionale (la corrente esce dal polo + del generatore e torna al polo -). È evidente che solo per le correnti I1 e I3 si può indicare a priori il verso di percorrenza, mentre per la corrente I2 il senso và determinato con opportuni calcoli. Si noti che le correnti che confluiscono ad un nodo devono in qualche modo (mediante altre correnti) uscire dal nodo stesso, nell'ipotesi che le correnti vadano tutte verso un nodo senza uscire, si avrebbe un accumulo di carica sul nodo stesso ed uno svuotamento da altre parti, questo fenomeno, non corrisponde con quanto si è precedentemente detto in proposito alla circolazione di corrente, possiamo allora sostenere che su di un nodo la somma delle correnti entranti meno la somma delle correnti uscenti è uguale a zero (1 legge di Kirchhoff). Se per convenzione assegniamo il segno + alle correnti entranti in un nodo, ed il segno - alle correnti uscenti dallo stesso nodo, possiamo dire che la somma algebrica delle correnti entranti ed uscenti da un nodo è uguale a zero.
Tornando alla figura 15.1 possiamo certamente scrivere che:

Una equazione simile alla precedente potrebbe essere scritta anche per il nodo B della figura, però siccome a questo nodo sono collegati gli stessi rami che sono collegati al nodo A, l'equazione sarebbe identica a quella precedente con eccezione dei segni che sono invertiti. Anche se si aumenta il numero di nodi in una rete è sufficiente scrivere tante equazioni quanti sono i nodi meno 1 (n - 1), questo perché nell'ultimo nodo circolano correnti già considerate in altri nodi.
Ritornando al problema iniziale, essendo noto che la corrente ai nodi vale 0 Ampere, determinare il segno ed il valore di una corrente diventa estremamente facile, basterà applicare la legge di Kirchhoff, e quindi:

Il valore di I2 dipenderà da I1 e da I3, mentre il segno è negativo, quindi una corrente uscente dal nodo come indicato in figura.

 

Lezione 16

Equazione di maglia (2 legge di Kirchhoff)

Fig. 16.1

Un altra equazione molto importante in elettrotecnica è la seconda legge di Kirchhoff che dice: in una maglia la somma algebrica delle d.d.p. è sempre uguale a zero. Per poter applicare questa legge, bisogna chiarire quali sono le d.d.p. da considerare positive e quali negative, allo scopo, dopo aver scelto la maglia, si stabilisce a priori un senso di osservazione (normalmente destrogiro, vedi Fig. 16.1 linea blu), dopodiché si considerano positive le f.e.m. che hanno segno positivo concorde con la freccia, positive sono anche le cadute di tensione sulle resistenze che hanno corrente discorde con la freccia, e si considerano negative le restanti f.e.m. e cadute di tensione. Se applichiamo questa regola alla maglia di esempio in fig. 16.1, possiamo scrivere che:

In generale, si scrive:

 

 

Lezione 17

Risoluzione di una rete applicando il metodo Kirchhoff

Data una rete elettrica, avente n nodi, l lati, e m maglie, per la risoluzione (cioè per determinare il valore e il verso delle correnti), si può applicare il metodo di Kirchhoff. Dovendo calcolare tutte le correnti del circuito, si devono scrivere tante equazioni quanti sono i lati (o rami) del circuito. Le equazioni da scrivere sono da scegliere tra le due leggi di kirchhoff, quindi si inizia scrivendo n-1 equazioni ai nodi, e si scrivono poi le m ( m = l - (n - 1)) equazioni di maglia. Per quanto riguarda la scelta delle maglie, è importante che esse siano indipendenti tra loro, cioè maglie le cui equazioni non sono la somma di due o più equazioni di maglie della stessa rete.

Fig. 17.1

Nella figura 17.1 è rappresentata una rete elettrica, le maglie indipendenti sono: (ACBA, ABDA, BCDB).

Questo metodo è comunque molto complesso in quanto il numero di equazioni è molto elevato, e se la rete è molto ampia, le equazioni sono troppe. Per la risoluzione si applicano quindi metodi più semplici che vengono utilizzati anche per reti elementari.

Lezione 18

Estensione della 1 legge di kirchhoff

Da quanto si è detto fino ad ora, la prima legge di Kirchhoff risulta essere valida a qualsiasi nodo di una rete elettrica. In verità essa può essere scritta in modo più generico, difatti se si prende un area chiusa di una rete elettrica, si nota che la somma algebrica delle correnti entranti ed uscenti dai rami tagliati dall'area stessa è sempre uguale a zero.

Fig. 18.1.a

Fig. 18.1.b

In figura 18.1.a i rami tagliati dall'area di selezione sono: DA, DE, CE, ed il CB, e le relative correnti sono: I1, I8, I7, e la I3. Anche in questo caso verrà assegnato il segno positivo alle correnti entranti, e segno negativo a quelle uscenti, potremo così scrivere che:

I1 + I8 - I7 + I3 = 0 A

Se applichiamo ora la legge al circuito di figura 18.1.b, notiamo che l'area di selezione taglia un solo ramo (il BC), e quindi la corrente nel suddetto ramo è uguale a 0 A.

 

Esercizi

1 ) Determinare verso e valore delle correnti circolanti nella rete di figura sottostante.

Tabella valori

E1 = 40 V

R1 = 30 W

E2 = 25 V

R2 = 20 W

E3 = 10 V

R3 = 15 W

 

2 ) Determinare verso e valore delle correnti circolanti nella rete di figura sottostante.

Tabella valori

E1 = 60 V

R1 = 60 W

E2 = 35 V

R2 = 35 W

E3 = 20 V

R3 = 20 W

 

 

 

Analisi parziale delle reti e relativi teoremi

Lezione 19

Introduzione

Non è necessario risolvere sempre in modo completo una rete elettrica per determinarne i suoi parametri, molte volte serve conoscere solo il comportamento di un ramo o di alcuni rami.

Fig. 19.1

Si consideri la rete di fig. 19.1, se ad esempio si vuole conoscere il valore della sola I2, si potrebbe benissimo usare il metodo Kirchhoff, il quale però si compone di una equazione per ogni ramo della rete. Molte volte le reti sono complesse e il numero di equazioni sarebbe tale da rendere i calcoli troppo lunghi per determinare il valore di una sola corrente. In tal caso si può applicare il principio della sostituzione, difatti è possibile sostituire una parte di circuito tra due punti (A e B) con uno avente un unico generatore ed un unica resistenza di valore tali da non variare il funzionamento del circuito stesso.

 

 

Lezione 20

Generatore equivalente di Thevenin

Ogni rete normale si comporta rispetto a due suoi morsetti A e B come un generatore normale di tensione (generatore equivalente di thevenin) caratterizzato da una f.e.m. Veq pari alla tensione VAB0 misurabile a vuoto (cioè in assenza di rami collegati ai morsetti A e B) e da una resistenza equivalente Req in serie pari al valore complessivo offerto dalla rete tra i due morsetti A e B annullando gli effetti dei generatori in essa contenuti ( i generatori di tensione si sostituiscono con dei cortocircuiti, e con un circuito aperto i generatori di corrente).

Come esempio si prenda in considerazione il circuito di figura 20.1

Fig. 20.1

Per rendere chiaro il teorema di Thevenin si supponga di dover calcolare la corrente circolante in R3, per prima cosa và calcolata la tensione VAB0, e quindi si disegna il circuito interessato.

Fig. 20.2

Nella figura 20.2 è stato tolto il ramo tra i nodi A e B per poter calcolare la tensione a vuoto tra i due nodi. Allo scopo si può applicare il secondo principio di Kirchhoff.

VAB0 = R2I + E2 = E1 - R1I

Per facilitare l'esempio associamo i seguenti valori ai componenti: E1 = 30V, E2 = 20V, R1 = 10 W, R2 = 25 W, R3 = 16 W.

I = (E1 - E2)/(R1 + R2) = 10/35 = 0,286 A

VAB0 = R2I + E2 = 0,286*25 + 20 = 27.15 V

Il valore VAB0 ottenuto è il valore di tensione che deve avere il generatore equivalente di Thevenin, ora si deve ancora calcolare il valore della Req da inserire in serie a detto generatore. Allo scopo si disegna il circuito equivalente togliendo i generatori ed inserendo il corto circuito o il circuito aperto in funzione del tipo di generatore.

Fig. 20.3

Con il nuovo circuito di figura 20.3 si calcola la resistenza equivalente, che in questo caso è data dal parallelo di R1 ed R2.

Req = (R1*R2)/(R1+R2) = 7,14 W

Ora che conosciamo sia il valore equivalente della f.e.m. per il generatore di Thevenin e la resistenza da inserire in serie possiamo disegnare il nuovo schema.

Fig. 20.4

Come si vede il nuovo circuito è composto dal generatore Veq di Thevenin, la resistenza Req in serie e dal ramo di R3 precedentemente tolto per calcolare i valori equivalenti. Ora possiamo procedere a calcolare sia la I3 (corrente in R3) sia la VAB (tensione ai capi di R3).

I3 = Veq / (Req + R3) = 27.15 / 23.14 = 1.17 A

VAB = R3 * I3 = 16 * 1.17 = 18.8 V

I passaggi per determinare la I3 e la VAB non sono stati molti, comunque in quantità inferiore di quelli necessari con il metodo Kirchhoff. Come ulteriore verifica si può applicare il metodo Kirchhoff e verificare che il risultato non cambi.

 

 

Lezione 21

Generatore equivalente di Norton

Ogni rete normale si comporta rispetto a due suoi morsetti A e B, come un generatore normale di corrente (Generatore equivalente di Norton) caratterizzato da una corrente impressa Ieq pari alla corrente di cortocircuito misurabile tra i morsetti A e B (cioè con i morsetti collegati in cortocircuito) e da una conduttanza equivalente in parallelo Geq pari alla conduttanza complessiva offerta dalla rete quando tutte le grandezze (V ed I) impresse dai generatori siano state annullate.

Fig. 21.1

Come esempio prendiamo il circuito di figura 21.1, esso è composto da due generatori di corrente I1 ed I2 e di tre resistenze R1, R2 ed R3. Se ad esempio dobbiamo calcolare la corrente che circola in R3 possiamo applicare il teorema di Norton procedendo nel seguente modo.

Fig. 21.2

Per prima cosa si sostituisce ad R3 un cortocircuito, dopodiché si passa a calcolare la corrente che vi circola. Si suppongano i seguenti valori (I1 = 3 A, I2 = 1 A, R1 = 10 W, R2 = 5 W, R3 = 20 W), per determinare la corrente nel cortocircuito è sufficiente applicare la prima legge di Kirchhoff.

Ic = I1 + I2 = 3 + 1 = 4 A

La corrente Ic ottenuta è la stessa che deve avere il generatore Geq di Norton. Come operazione successiva si eliminano dal circuito le grandezze attive (V ed I) sostituendole con il relativo circuito equivalente.

Fig. 21.3

In figura 21.3 è riportato il circuito equivalente senza generatori, come si vede le due resistenze R1 ed R2 risultano scollegate dal circuito quindi in parallelo al generatore di Norton in questo caso non vi è alcuna conduttanza. Il circuito finale per il calcolo della I in R3 (I3) è riportato in figura 21.4.

Fig. 21.4

Come si vede dalla figura il circuito risulta composto da un solo generatore Ieq e dalla resistenza R3, pertanto la corrente in R3 ha lo stesso valore di Ieq = 4 A, mentre resta da determinare la VAB.

VAB = R3 * Ieq = 20 * 4 = 80 V

 

 

 

Esercizi

1 ) Determinare il valore della corrente in R3 e la tensione VAB nel circuito di figura.

Tabella valori

E1 = 40 V

R1 = 30 W

E2 = 25 V

R2 = 20 W

 

R3 = 15 W

 

2 ) Determinare il valore della corrente nel ramo composto da R2 ed E2 nel circuito di figura.

Tabella valori

I1 =  4 A

R1 = 18 W

E2 = 30 V

R2 = 32 W

 

R3 = 15 W

 

3 ) Determinare il valore della corrente in R4 nel circuito di figura.

Tabella valori

E1 = 16 V

R1 = 28 W

E2 = 20 V

R2 = 12 W

 

R3 = 35 W

 

R4 = 17 W

 

Lezione 22

Teorema di Millman

Si è già visto come sia possibile risolvere una rete elettrica in diversi modi più o meno complessi. Molte volte serve solo determinare le caratteristiche di uno o di alcuni rami della rete senza dover calcolare le grandezze in tutta la rete. Se la rete o parte di essa è ridotta o riducibile a soli due nodi A e B, è possibile determinare la tensione ai capi dei nodi in modo alquanto semplice, difatti il teorema di Millman ci permette di calcolare la tensione tra due nodi quando il circuito è semplificato nella forma rappresentata in figura 22.1.

Fig. 22.1

Benché in fig. 22.1 il numero di nodi sia superiore a due, essi sono collegati in parallelo e la tensione ai capi è identica alla VAB, difatti se più nodi sono collegati tra loro mediante un conduttore, essi assumono lo stesso nome in quanto esiste sempre uno schema equivalente avente un unico nodo con quel nome.
Per determinare la tensione presente ai nodi A e B, è sufficiente sommare tra loro tutte le correnti dei rami attivi e dividere per la somma di tutte le conduttanze dopo aver tolto tutti gli elementi attivi presenti sui rami.

       I1 + I2 + I3 + ... + In

VAB = ------------------------- [V]

       G1 + G2 + G3 + ... + Gn

La formula scritta in questo modo può trarre in inganno in quanto non si conosce il valore delle varie correnti che circolano nei rami, ma in verità la corrente da utilizzare è data dal rapporto E/R di ogni ramo in cui è presente un generatore. Volendo quindi scrivere la formula secondo lo schema di figura 22.1 dobbiamo scrivere:

               E1     E2

              ---- + ----

               R1     R3

VAB = --------------------------- [V]

        1      1      1      1

       ---- + ---- + ---- + ----

        R1     R2     R3     R4

Questo metodo in apparenza può sembrare limitato in quanto si devono avere reti della forma rappresentata in figura 22.1, ma se parti della rete vengono prima trasformate secondo il teorema di Thevenin, si arriva ad una rete semplificata come quella dell' esempio.

 

 

Esercizi svolti

Facendo riferimento alla rete di figura 22.1, e associando i seguenti valori: E1 = 35 V, E2 = 40 V, R1 = 20 W, R2 = 15 W, R3 = 30 W, R4 = 25 W, determinare il valore della tensione VAB.

Visto che lo schema è già in forma semplificata, si applica subito la formula di Millman.

               E1     E2

              ---- + ----

               R1     R3

VAB = --------------------------- =

        1      1      1      1

       ---- + ---- + ---- + ----

        R1     R2     R3     R4

               35     40

              ---- + ----

               20     30

    = --------------------------- =

        1   +  1   +  1   +  1

       ----   ----   ----   ----

        20     15     30     25

               1.75 + 1.333

    = ------------------------------- =

       0.05 + 0.0667 + 0.0334 + 0.04

       3.084     

    = -------- = 16.223 V

       0.1901

Esercizi

1 ) Semplificare lo schema sottostante e determinare la tensione VAB.

Tabella valori

E1 = 50 V

R1 = 80 W

E2 = 60 V

R2 = 90 W

 

R3 = 30 W

R4 = 20 W

R5 = 70 W

R6 = 30 W

R7 = 40 W

R8 = 28 W

 

 

2 ) Determinare la tensione VAB nel circuito di figura.

Tabella valori

E1 = 40 V

R1 = 20 W

E2 = 55 V

R2 = 30 W

 

R3 = 70 W

R4 = 45 W

R5 = 40 W

R6 = 28 W

R7 = 36 W

 

 

 

Lezione 23

Prime nozioni sulle misure di grandezze elettriche

Sovente in un circuito elettrico una o più grandezze ha valore sconosciuto, e quindi ogni calcolo diventa impossibile. Nella maggior parte dei casi una parte della rete da analizzare si presenta come una scatola chiusa, (termine generico per indicare un apparecchiatura), e quindi se non esiste una rappresentazione schematica dei collegamenti e dei componenti che sono presenti al suo interno, è praticamente impossibile eseguire calcoli che ci portino alla totale conoscenza della rete elettrica formata da tali oggetti. Per arrivare a dei dati certi, è necessario praticare delle misure elettriche che ci permettono di rilevare mediante opportuni strumenti il valore delle grandezze elettriche interessate dalla scatola chiusa in esame. Gli strumenti Idonei a tali misure sono essenzialmente due: il Voltmetro e l' Amperometro. Si comprende dal nome degli strumenti, che essi servono a misurare la tensione per il Voltmetro, e la corrente per l' Amperometro.

Fig. 23.1

Nella figura 23.1 sono riportati i simboli schematici del Voltmetro (V) e dell' Amperometro (A) con il relativo modo di inserzione (collegamento). Come si vede il Voltmetro è collegato in parallelo al circuito per la misura di tensione, mentre l' Amperometro è collegato in serie al circuito per la misura di corrente. Mediante le due misure (tensione e corrente) possiamo valutare l' influenza della rete (U) in una rete più complessa sostituendo U con una resistenza di valore equivalente (Req = V/I).
Questa tecnica è utile se il comportamento della rete è di tipo lineare, (cioè ad ogni variazione di una grandezza (V, I, o R) corrisponde una variazione proporzionale delle grandezze variabili (V e I), ma se invece il comportamento della rete non è lineare, la misura è del tutto insufficiente, (a meno che non si eseguano n misure per tutte le condizioni da valutare).

Fig. 23.2.a

Fig. 23.2.b

In figura 23.2 sono riportati due grafici tipici di un andamento lineare (a) e di un andamento non lineare (b).

 

 

Lezione 24

Partitore resistivo di tensione

Molte volte nella pratica si ha la necessità di derivare da un generatore di f.e.m. una tensione minore di quella prodotta per applicarla ad un carico Ru. Un metodo utilizzabile è quello del partitore di tensione che si compone di due resistenze in serie, e di una presa di tensione Vu.

Fig. 24.1

Nella rappresentazione di figura 24.1 si vede come sia possibile ricavare mediante il collegamento in serie di due resistenze una tensione inferiore a quella generata da E1, difatti la tensione Vu ai capi di R2 la si può calcolare mediante la legge di Ohm nel seguente modo.

                     E1               R2

Vu = R2*I = R2 * --------- = E1 * --------- [V]

                  R1 + R2          R1 + R2

Come si vede dalla formula finale, il valore della tensione Vu è proporzionale al rapporto tra la resistenza interessata da tale tensione, fratto la somma della resistenze in serie. Attenzione applicando un circuito o una rete tra i morsetti A e B, il valore complessivo di R2 sicuramente diminuisce, e quindi diminuisce anche la Vu, da cui si deduce che il partitore di tensione và dimensionato in condizioni di normale funzionamento.

In base a quello che si è esposto, si può scrivere una formula inversa che ci permetta di calcolare il valore delle due resistenze conoscendo il valore delle due tensioni (E1 e Vu).

    R2       Vu

--------- = ----

 R1 + R2     E1

Si impone ora un valore a R2 e si ricava R1

R1 = (R2 * (E1 / Vu)) - R2 [W]

 

 

Lezione 25

Partitore resistivo di corrente

Anche per quanto riguarda le correnti esiste la necessità di ridurre la corrente in un utilizzatore Ru, per fare ciò occorre aggiungere in parallelo ad Ru una resistenza che denominiamo Rs.

Fig. 25.1

In figura 25.1 è rappresentato un classico partitore di corrente composto dalla resistenza Ru (carico), e da Rs (Shunt). Anche in questo caso la dimostrazione è semplice difatti se si applica la legge di Ohm si ricava che

 

                   Rs * Ru

                  --------- * I

      Req * I      Rs + Ru

Iu = --------- = --------------- =

        Ru             Ru

       Rs * Ru     1            Rs

= I * --------- * ---- = I * --------- [A]

       Rs + Ru     Ru         Rs + Ru

Dalla formula finale si nota che la corrente circolante in Ru e direttamente proporzionale col valore della resistenza non interessata da tale corrente, e inversamente proporzionale alla somma delle resistenze che compongono il parallelo.

Anche in questo caso l' aggiunta di resistenze (sia in serie che in parallelo) altera il funzionamento de circuito, quindi il dimensionamento và effettuato tenendo conto del collegamento finale.

 

 

Esercizi

1 ) Un carico (Ru) presenta una resistenza di 45 W, lo si vuole alimentare alla tensione di 30V. Sapendo che il generatore E1 fornisce 60 V, determinare il valore di R1 ed R2 secondo lo schema di figura.

2 ) Sapendo che il generatore E1 del circuito di figura fornisce una tensione di 100V, che R1 ed R2 sono da 100 W, e che la lampadina L1 ha una resistenza di 220 W, determinare la tensione ai capi della lampada.

3 ) Sapendo che R1 del circuito sottostante vale 4 W ed Ru vale 6 W, calcolare il valore della corrente nella sola Ru quando I vale 5 A.

4 ) Dimensionare i valori di R1, R2, e R3 affinché alimentando il tutto con una corrente I1 di 5A si abbia su R3 una tensione di 15V, e in R2 una corrente di 2A.

Lezione 26

Conversione triangolo stella

Non sempre la rete elettrica da semplificare è composta da sole resistenze in serie e parallelo. Molte volte (specialmente in alcuni strumenti di misura) si fa uso di un particolare collegamento che è stato rappresentato in fig. 26.1.

Fig 26.1

Fig. 26.1

La resistenza R3 posta tra i punti B e C, rende la rete lievemente complessa. Difatti se si volessero calcolare le correnti nei vari rami, e le relative tensioni, si dovrebbe applicare il metodo di Kirchhoff che risulta alquanto lungo ed impegnativo.
Per semplificare le operazioni di calcolo, esistono delle opportune conversioni da fare per rendere il circuito più semplice. Analizzando la figura 26.2 si nota come le resistenze R1, R2 ed R3 sono collegate tra loro nella rete di fig. 26.1.

Fig. 26.2

Le tre resistenze sono poste in modo tale da rappresentare un triangolo, (da qui il nome di collegamento a triangolo). Come già accennato, in elettrotecnica esiste una regola che ci permette di sostituire alcuni elementi di una rete purché ne vengano inseriti altri che non alterino il funzionamento della rete stessa (vedi come esempio i generatori equivalenti di Thevenin e Norton). Nel nostro caso bisogna sostituire al triangolo R1, R2, R3 altre resistenze collegate in modo diverso ma di valore tale da risultare del tutto equivalenti alle prime. Il collegamento idoneo allo scopo è una stella di resistenze, che si presenta nella forma disegnata in fig. 26.3, e va a sostituire tra i punti A, B, e C il triangolo precedente.

Fig. 26.3

Con questa sostituzione si ottiene un nuovo circuito rappresentato in figura 26.4

Fig. 26.4

Fig. 26.4

Come si vede ora la rete ha assunto un aspetto più chiaro e facilmente semplificabile.
Ovviamente il valore delle nuove resistenze è cambiato, mentre resta invariato il valore di R4 ed R5. Per determinare il nuovo valore, si applica la seguente regola:

          R1 * R2     

R1-2 = -------------- [W]

        R1 + R2 + R3

          R2 * R3     

R2-3 = -------------- [W]

        R1 + R2 + R3

          R3 * R1     

R3-1 = -------------- [W]

        R1 + R2 + R3

Come regola generale è bene ricordare che quando si effettua una conversione triangolo stella, i nuovi valori ottenuti sono inferiori ai valori precedenti, (di fatto si passa da un sistema che aveva una sola resistenza tra due punti, ad un sistema che ne vede due in un collegamento tipo serie).

 

 

 

Lezione 27

Conversione stella triangolo

Facendo riferimento alla rete precedente (figura 26.1), si nota che il circuito è composto da più di un triangolo, e bensì da due triangoli (R1, R2, e R3; R4, R3, e R5), oppure due stelle (R1, R3, e R4; R2, R3, e R5). Per la sua semplificazione non è obbligatorio convertire un triangolo in una stella come indicato nella lezione 26, ma se il circuito lo permette (come in questo caso) si può effettuare una conversione stella triangolo. Come unica regola fissa bisogna ricordare sempre che la rete equivalente a quella sostituita va sempre inserita tra i punti da dove è stata tolta la prima; che nessuno resti scollegato, che alcuni risultino in corto circuito.
Facendo riferimento alla stella R2, R3, R5 di figura 26.1, il triangolo equivalente avrà il seguente valore:

                  R2 * R3

R2-3 = R2 + R3 + --------- [W]

                    R5

                  R3 * R5

R3-5 = R3 + R5 + --------- [W]

                    R2

                  R5 * R2

R5-2 = R5 + R2 + --------- [W]

                    R3

In figura 27.1 è rappresentato il nuovo circuito ottenuto dopo la conversione stella triangolo.

fig. 27.1

Fig. 27.1

Lezione 28

Potenza ed energia - introduzione

È noto che ogni azione, lavoro o movimento richiede sempre una certa quantità di energia, la quale può essere più volte trasformata (energia meccanica, elettrica, termica, ecc...). L' energia elettrica ad esempio prima di essere tale subisce alcune trasformazioni, difatti per la sua produzione nelle centrali a combustione si passa dall' energia termica a quella meccanica e poi in elettrica. Ogni trasformazione di energia richiede sempre una certa quantità di tempo, non è possibile ottenere una trasformazione di energia in un tempo nullo.
La quantità di energia (DW, leggi deltaW) che si trasforma in un determinato tempo (Dt) si ricava dalla relazione

DW = P * Dt   [J]

La P rappresenta la potenza, che indica la quantità di energia che si trasforma nell' unità di tempo, e che si rappresenta nel seguente modo.

     DW

P = ----      [W]

     Dt

Se però il regime di funzionamento non è stazionario, la relazione della potenza da il valore medio della stessa, ma se il valore di energia è estremamente variabile, allora si dovranno considerare le trasformazioni in termini infinitesimi, per cui la relazione diventa

dw = p * dt   [j]

(le grandezze in minuscolo indicano il relativo valore istantaneo cioè il valore del solo istante di misura). Se si vuole allora conoscere il valore dell' energia nel lasso di tempo t2 - t1, si devono sommare (integrare) tutti i valori istantanei di quell'intervallo di tempo.

               /\t2

               |

W = W2 - W1 =  |  p * dt        [J]

               |

              \/t1

Ovviamente energia e potenza sono grandezze misurabili, l' energia si misura in Joule (simbolo J) che corrisponde anche a 0,239 * 10E-3 kilocalorie (kcal), mentre la potenza si misura in Watt (sibolo W, da non confondere con lo stesso simbolo che rappresenta l' energia), esso rappresenta la quantità di energia unitaria che si trasforma nell' unità di tempo

       1 J

1 W = -----

       1 S

Nella pratica la misura dell' energia elettrica si effettua con un multiplo dell' unità fondamentale, questo multiplo è il kilowattora il quale corrisponde a mille watt trasformati in 3600 secondi

1 kWh = 3600000 J

 

 

 

Lezione 29

Potenza elettrica

Anche nei circuiti elettrici la circolazione di corrente avviene con un certo dispendio di energia, difatti se si considera una carica che si trova sul punto A di un circuito elettrico avente potenziale VA, possiede un energia potenziale rispetto ad un punto dello stesso circuito B avente tensione inferiore VB pari a

DW = Q(VA - VB) = QVAB         [J]

Se si considera anche che proprio per la differenza di potenziale tra i punti A e B, le cariche si spostano da A verso B dando luogo ad una corrente elettrica I = DQ/Dt e quindi DQ = I*Dt, possiamo allora sostituire semplicemente alcuni termini ed ottenere la relazione

DW = DQV = V * I * Dt          [J]

Abbiamo così ottenuto che l' energia in un circuito elettrico è data dalla tensione ai capi del circuito per la corrente che vi circola nel tempo (Dt). Si deduce anche che la potenza elettrica risulta uguale a

P = V * I              [W]

 

 

Lezione 30

Legge di Joule

Quando un corpo elettrico viene attraversato da corrente elettrica, si produce un riscaldamento del corpo stesso. Questo perchè le cariche in movimento che danno luogo alla corrente urtano contro la materia producendo così calore. Lo stesso fenomeno era gia stato considerato quando si è parlato della resistenza elettrica.
L' energia che produce riscaldamento all' interno del corpo è data dalla relazione

DW = R * I² * Dt               [J]

La legge di Joule è semplicemente dimostrabile applicando la nota legge di Ohm, difatti essendo note sia la resistenza R e la corrente I, si ricava facilmente la tensione V ai capi del corpo

V = R * I

di conseguenza sostituendo il tutto nella legge di Joule si ottiene

DW = V * I * Dt        [J]

È evidente che le due relazioni sono equivalenti. Siccome compare sempre il termine Dt nelle due relazioni, possiamo anche scrivere

P = R * I²             [W]

Inoltre anche la corrente elettrica si può esprimere come rapporto tra tensione e resistenza I = V/R, ne consegue che un ulteriore formula della potenza è la relazione

    

P = ----

     R

Come si è visto il riscaldamento di un corpo è quadratico rispetto alla corrente o alla tensione, esso è dannoso in quanto non è voluto (a meno che non si intenda produrre riscaldamento), l' energia trasformatasi in calore per effetto Joule non è più disponibile per altri scopi, essa (essendo persa) viene classificata come energia dispersa.

Esercizi

1 ) Determinare il valore di potenza dissipato da ciascuna resistenza nel circuito di figura.

Tabella valori

E1 = 50 V

R1 = 80 W

E2 = 60 V

R2 = 90 W

 

R3 = 30 W

R4 = 20 W

R5 = 70 W

R6 = 30 W

R7 = 40 W

R8 = 28 W

 

 

2 ) Determinare la potenza dissipata da ciascuna resistenza nel circuito di figura, determinare inoltre il valore di energia erogato ogni ora dal generatore E1.

Tabella valori

E1 = 40 V

R1 = 20 W

E2 = 55 V

R2 = 30 W

 

R3 = 70 W

R4 = 45 W

R5 = 40 W

R6 = 28 W

R7 = 36 W