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2000: nasce il terzo settore culturale 
Esiste un 3° settore culturale? 



La risposta 
Lo spazio della promozione culturale
Nuova occupazione e occupazione nuova nella cultura 
Il Forum del 3° settore come può candidarsi a giocare un ruolo? 
 
 
 

La risposta 
Sì. Esiste dal punto di vista delle forme che le attività culturali assumono - cooperative, associazioni, gruppi di volontariato, fondazioni, onlus, ecc. - ma soprattutto esiste uno spazio culturale, economico e sociale che queste attività coprono. Il problema rimane la grande frammentazione di questo mondo e l'assenza di una comune politica di riconoscimento del ruolo che svolge. Ciò è dimostrato anche dalla difficoltà a trovare luoghi unitari di discussione: - le grandi imprese private che si nutrono di cultura (es: comunicazione, produzione industriale di prodotti culturali) sono legate a Confindustria senza una specifica prospettiva; - una grande parte delle strutture culturali pubbliche o para-pubbliche (o ex-pubbliche) oggi aderiscono alle associazioni collegate alla costituenda confederazione AGIS - una sorta di lobby politica di riferimento - e rappresentano soprattutto i soggetti riconosciuti e raggiunti da finanziamenti pubblici, comprendendo strutture profit (es: esercenti cinematografici) a strutture non profit (teatri, compagnie artistiche, musei, ecc.). Nello stesso modo il mondo individualista dello spettacolo stenta a trovare riconoscimento legislativo, sia nella definizione di "lavoratore" che di "imprenditore": figuriamoci quindi se può costruirsi un maggiore ruolo sociale! Detto questo, sono comunque in corso esperienze di organizzazione che tendono a riunificare questi ultimi soggetti (es: Forum dello Spettacolo, promosso da Confesercenti e Assomusica) dietro a richieste legate alla regolamentazione del lavoro "atipico" e alla fiscalità. Ma manca del tutto un orizzonte definito, un quadro unitario che caratterizzi quest'ambito. In conclusione: il terzo settore culturale esiste ma non sa di esistere e, in questo quadro, la confusione tra pubblico, privato e terzo sistema è grande e profonda. 
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Lo spazio della promozione culturale e della coesione sociale dentro alle politiche di welfare 
Nonostante l'esperienza sopravvive il vizio della politica di considerare la cultura solo una realtà creatrice di immagine e non di sostanza, dimenticando che nelle città reali e nel territorio è questo il collante (laddove esiste) della coesione sociale e quindi, in sostanza, delle politiche di welfare. Politiche a tutt'oggi sbilanciate sul versante sanitario, della previdenza, della cura del danno, del rapporto con la minoranza svantaggiata. Dimenticando che la coesione sociale si crea nel bilanciare il rapporto tra forti e deboli, nella prevenzione, nella creazione di una cultura inclusiva e non di esclusione. Per questo, il punto centrale di una politica sulla cultura diventa quindi quello di dargli visibilità e di riconoscere la sua grande importanza per la coesione sociale del paese e per la comunicazione tra le mille diversità che segnano la società attuale: l'attenzione ai soli "mezzi" di comunicazione e non ai "luoghi" di comunicazione rischia, inoltre, di creare una situazione ancora più complessa, frammentata e - alla lunga - ingestibile per una prospettiva di società che non voglia ridursi ad una giungla. Ottenere pienamente il riconoscimento delle attività culturali e di socialità tra gli indicatori (non solo mercantili) di un nuovo welfare potrebbe essere l'approdo di un lungo percorso che parte dalla ridefinizione della mappa dei diritti sociali: diritto alla socialità; diritto alla conoscenza delle opportunità; diritto al gioco; diritto alla lingua e all'espressione culturale. Ben sapendo, tra l'altro, che non c'è futuro senza l'innovazione e la creatività che da questo deriva. In questo ambito è necessario operare anche per affrontare in termini positivi e di reale utilità la scottante questione della "sicurezza" dei cittadini nel territorio; contrapponendo alle ricette giustizialiste il duro lavoro d'inclusione sociale e di comunicazione tra linguaggi che è parte integrante del lavoro culturale: la ricerca del dialogo, la capacità di ascolto e di costruzione di "ponti", la presenza di presidi culturali diffusi anche nelle realtà più difficili è uno degli strumenti più efficaci e concreti per ridurre il clima di paura e di xenofobia vincente nel Paese e per costruire città e territori più vivibili. Questo è il quadro in cui situare un'intelligente operazione di innovazione e liberazione di spazi alla creatività perché risulta insopportabile che la risorsa cultura sia oggi di fatto priva di qualsiasi rappresentanza nei vari luoghi di definizione delle strategie complessive di sviluppo del nostro paese. 
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Nuova occupazione e occupazione nuova nella cultura 
Quando si parla di economia sociale, partendo dalle valutazioni appena fatte sul tema della "coesione sociale", non si può prescindere dalla comprensione del fatto che l'Italia può essere la centrale europea e mondiale di produzione del software cultura, con tutto quello che significa dal punto di vista dello sviluppo. Tutte le ricerche effettuate dimostrano infatti come la creazione e la diffusione culturale siano oggi uno dei volani fondamentali per la creazione di nuova occupazione e - anche - di occupazione "nuova", vissuta con un livello diverso e maggiore di partecipazione e protagonismo da parte dei diretti interessati; a stretto contatto con il proprio territorio e con le vicende che riguardano la globalizzazione. Questo consentirebbe la programmazione di un sviluppo socialmente compatibile basato su nuove forme di rapporti tra pubblico e privato e sull'apertura di un grande spazio per il terzo settore che potrebbe, ragionevolmente, candidarsi a gestire molti dei "distretti culturali" (infrastrutture leggere, formazione, promozione dell'offerta culturale, alfabetizzazione della domanda culturale, ricerche di mercato, credito, ecc.) che stanno per nascere con lo scopo di diffondere e produrre beni relazionali basati su cultura, spettacolo, comunicazione, turismo consapevole, socialità, ricreazione. Si pensi, ad esempio, a strutture associative di base come i cosiddetti circoli giovanili che svolgono principalmente attività di spettacolo, cultura e socialità e che sono decisivi nella formazione di giovani che inventano nuove professioni, raccolgono nuove sfide e creano - spesso nell'ambito del terzo settore - nuovo lavoro. Per non parlare del ruolo che possono avere le strutture che si occupano, a vari livelli, di formazione permanente e di promozione. E' proprio sulla base di questo ragionamento che si spiega la grande attenzione che i nuovi strumenti di sviluppo locale, come ad esempio i patti territoriali, stanno dando proprio a questa impostazione considerata non a caso fortemente prioritaria; un'attenzione che, purtroppo, non è condivisa da tutti i soggetti in campo fino a farci parlare, in certi casi, di gravi ritardi di parte del mondo della pubblica amministrazione. 
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Il Forum del 3° settore come può candidarsi a giocare un ruolo?
Il forum potrebbe assumere un doppio ruolo: da una parte cominciare a organizzare i propri aderenti che lavorano sul campo culturale (in senso lato) aprendo una vera e propria pista di riferimento che porti alla definizione di questioni prioritarie di lavoro in rapporto con il Governo e le parti sociali (fiscalità, trattamento dei lavoratori atipici, legislazione, ecc.). Dall'altra tentare un'operazione di grande portata allo scopo di dare dignità e giusto peso - rispetto al tema della coesione sociale, a quello della costruzione della nuova cittadinanza europea ed anche alla mission dell'Italia nella cosiddetta new economy - alla scelta di uno sviluppo del paese basato sull'energia dolce della cultura. Questo significherebbe predisporre un quadro di proposte e richieste utili per mettere in campo, in un secondo tempo, una serie di incontri ad ogni livello - Ministero Beni e attività culturali, Ministero Pubblica Istruzione, Ministero per le Politiche Comunitarie, vari soggetti nati per promuovere lo sviluppo locale, ecc. - allo scopo di presentare questo lavoro e di accreditarsi come soggetto forte della concertazione. Sarebbe il modo anche per impedire il sorgere di situazioni quali quella causata dal nuovo regolamento di attuazione della legge 368/98 sulla riorganizzazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali che ha suscitato nell'area del non profit numerosi dubbi sulla sua reale efficacia ed ha provocato una giusta reazione per l'assenza, di fatto, di rappresentanza di questo mondo all'interno del Consiglio Nazionale dei Beni Culturali. Il Forum del terzo settore avrebbe così un doppio vantaggio: maggiore attenzione alle tematiche culturali nei suoi momenti di rappresentanza complessiva e attivazione di un tavolo specifico di grande autorevolezza e in grado di interloquire ad ogni livello. 
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