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1999
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2000:
nasce il terzo settore culturale
Esiste un 3° settore
culturale?
La
risposta
Lo
spazio della promozione culturale
Nuova
occupazione e occupazione nuova nella cultura
Il Forum
del 3° settore come può candidarsi a giocare un ruolo?
La
risposta
Sì. Esiste dal punto
di vista delle forme che le attività culturali assumono - cooperative,
associazioni, gruppi di volontariato, fondazioni, onlus, ecc. - ma soprattutto
esiste uno spazio culturale, economico e sociale che queste attività
coprono. Il problema rimane la grande frammentazione di questo mondo e
l'assenza di una comune politica di riconoscimento del ruolo che svolge.
Ciò è dimostrato anche dalla difficoltà a trovare
luoghi unitari di discussione: - le grandi imprese private che si nutrono
di cultura (es: comunicazione, produzione industriale di prodotti culturali)
sono legate a Confindustria senza una specifica prospettiva; - una grande
parte delle strutture culturali pubbliche o para-pubbliche (o ex-pubbliche)
oggi aderiscono alle associazioni collegate alla costituenda confederazione
AGIS - una sorta di lobby politica di riferimento - e rappresentano soprattutto
i soggetti riconosciuti e raggiunti da finanziamenti pubblici, comprendendo
strutture profit (es: esercenti cinematografici) a strutture non profit
(teatri, compagnie artistiche, musei, ecc.). Nello stesso modo il mondo
individualista dello spettacolo stenta a trovare riconoscimento legislativo,
sia nella definizione di "lavoratore" che di "imprenditore": figuriamoci
quindi se può costruirsi un maggiore ruolo sociale! Detto questo,
sono comunque in corso esperienze di organizzazione che tendono a riunificare
questi ultimi soggetti (es: Forum dello Spettacolo, promosso da Confesercenti
e Assomusica) dietro a richieste legate alla regolamentazione del lavoro
"atipico" e alla fiscalità. Ma manca del tutto un orizzonte definito,
un quadro unitario che caratterizzi quest'ambito. In conclusione: il terzo
settore culturale esiste ma non sa di esistere e, in questo quadro, la
confusione tra pubblico, privato e terzo sistema è grande e profonda.
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Lo
spazio della promozione culturale e della coesione sociale dentro alle
politiche di welfare
Nonostante l'esperienza
sopravvive il vizio della politica di considerare la cultura solo una realtà
creatrice di immagine e non di sostanza, dimenticando che nelle città
reali e nel territorio è questo il collante (laddove esiste) della
coesione sociale e quindi, in sostanza, delle politiche di welfare. Politiche
a tutt'oggi sbilanciate sul versante sanitario, della previdenza, della
cura del danno, del rapporto con la minoranza svantaggiata. Dimenticando
che la coesione sociale si crea nel bilanciare il rapporto tra forti e
deboli, nella prevenzione, nella creazione di una cultura inclusiva e non
di esclusione. Per questo, il punto centrale di una politica sulla cultura
diventa quindi quello di dargli visibilità e di riconoscere la sua
grande importanza per la coesione sociale del paese e per la comunicazione
tra le mille diversità che segnano la società attuale: l'attenzione
ai soli "mezzi" di comunicazione e non ai "luoghi" di comunicazione rischia,
inoltre, di creare una situazione ancora più complessa, frammentata
e - alla lunga - ingestibile per una prospettiva di società che
non voglia ridursi ad una giungla. Ottenere pienamente il riconoscimento
delle attività culturali e di socialità tra gli indicatori
(non solo mercantili) di un nuovo welfare potrebbe essere l'approdo di
un lungo percorso che parte dalla ridefinizione della mappa dei diritti
sociali: diritto alla socialità; diritto alla conoscenza delle opportunità;
diritto al gioco; diritto alla lingua e all'espressione culturale. Ben
sapendo, tra l'altro, che non c'è futuro senza l'innovazione e la
creatività che da questo deriva. In questo ambito è necessario
operare anche per affrontare in termini positivi e di reale utilità
la scottante questione della "sicurezza" dei cittadini nel territorio;
contrapponendo alle ricette giustizialiste il duro lavoro d'inclusione
sociale e di comunicazione tra linguaggi che è parte integrante
del lavoro culturale: la ricerca del dialogo, la capacità di ascolto
e di costruzione di "ponti", la presenza di presidi culturali diffusi anche
nelle realtà più difficili è uno degli strumenti più
efficaci e concreti per ridurre il clima di paura e di xenofobia vincente
nel Paese e per costruire città e territori più vivibili.
Questo è il quadro in cui situare un'intelligente operazione di
innovazione e liberazione di spazi alla creatività perché
risulta insopportabile che la risorsa cultura sia oggi di fatto priva di
qualsiasi rappresentanza nei vari luoghi di definizione delle strategie
complessive di sviluppo del nostro paese.
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Nuova
occupazione e occupazione nuova nella cultura
Quando si parla di economia
sociale, partendo dalle valutazioni appena fatte sul tema della "coesione
sociale", non si può prescindere dalla comprensione del fatto che
l'Italia può essere la centrale europea e mondiale di produzione
del software cultura, con tutto quello che significa dal punto di vista
dello sviluppo. Tutte le ricerche effettuate dimostrano infatti come la
creazione e la diffusione culturale siano oggi uno dei volani fondamentali
per la creazione di nuova occupazione e - anche - di occupazione "nuova",
vissuta con un livello diverso e maggiore di partecipazione e protagonismo
da parte dei diretti interessati; a stretto contatto con il proprio territorio
e con le vicende che riguardano la globalizzazione. Questo consentirebbe
la programmazione di un sviluppo socialmente compatibile basato su nuove
forme di rapporti tra pubblico e privato e sull'apertura di un grande spazio
per il terzo settore che potrebbe, ragionevolmente, candidarsi a gestire
molti dei "distretti culturali" (infrastrutture leggere, formazione, promozione
dell'offerta culturale, alfabetizzazione della domanda culturale, ricerche
di mercato, credito, ecc.) che stanno per nascere con lo scopo di diffondere
e produrre beni relazionali basati su cultura, spettacolo, comunicazione,
turismo consapevole, socialità, ricreazione. Si pensi, ad esempio,
a strutture associative di base come i cosiddetti circoli giovanili che
svolgono principalmente attività di spettacolo, cultura e socialità
e che sono decisivi nella formazione di giovani che inventano nuove professioni,
raccolgono nuove sfide e creano - spesso nell'ambito del terzo settore
- nuovo lavoro. Per non parlare del ruolo che possono avere le strutture
che si occupano, a vari livelli, di formazione permanente e di promozione.
E' proprio sulla base di questo ragionamento che si spiega la grande attenzione
che i nuovi strumenti di sviluppo locale, come ad esempio i patti territoriali,
stanno dando proprio a questa impostazione considerata non a caso fortemente
prioritaria; un'attenzione che, purtroppo, non è condivisa da tutti
i soggetti in campo fino a farci parlare, in certi casi, di gravi ritardi
di parte del mondo della pubblica amministrazione.
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Il
Forum del 3° settore come può candidarsi a giocare un ruolo?
Il forum potrebbe assumere
un doppio ruolo: da una parte cominciare a organizzare i propri aderenti
che lavorano sul campo culturale (in senso lato) aprendo una vera e propria
pista di riferimento che porti alla definizione di questioni prioritarie
di lavoro in rapporto con il Governo e le parti sociali (fiscalità,
trattamento dei lavoratori atipici, legislazione, ecc.). Dall'altra tentare
un'operazione di grande portata allo scopo di dare dignità e giusto
peso - rispetto al tema della coesione sociale, a quello della costruzione
della nuova cittadinanza europea ed anche alla mission dell'Italia nella
cosiddetta new economy - alla scelta di uno sviluppo del paese basato sull'energia
dolce della cultura. Questo significherebbe predisporre un quadro di proposte
e richieste utili per mettere in campo, in un secondo tempo, una serie
di incontri ad ogni livello - Ministero Beni e attività culturali,
Ministero Pubblica Istruzione, Ministero per le Politiche Comunitarie,
vari soggetti nati per promuovere lo sviluppo locale, ecc. - allo scopo
di presentare questo lavoro e di accreditarsi come soggetto forte della
concertazione. Sarebbe il modo anche per impedire il sorgere di situazioni
quali quella causata dal nuovo regolamento di attuazione della legge 368/98
sulla riorganizzazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali
che ha suscitato nell'area del non profit numerosi dubbi sulla sua reale
efficacia ed ha provocato una giusta reazione per l'assenza, di fatto,
di rappresentanza di questo mondo all'interno del Consiglio Nazionale dei
Beni Culturali. Il Forum del terzo settore avrebbe così un doppio
vantaggio: maggiore attenzione alle tematiche culturali nei suoi momenti
di rappresentanza complessiva e attivazione di un tavolo specifico di grande
autorevolezza e in grado di interloquire ad ogni livello.
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