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Forum
Permanente del Terzo Settore
La Piattaforma per le
prossime politiche
Uno
sguardo al percorso compiuto, l’esperienza della società civile
organizzata.
Ci
candidiamo a riformare la Politica.
Vogliamo
impedire che il processo di modernizzazione si areni.
LINEE DI PROGRAMMA:
Per
un nuovo patto tra generazioni: Educazione e Formazione.
Una
nuova economia del sociale.
La
riforma del welfare e la sussidiarietà orizzontale.
La
Cultura per rileggere i temi della sicurezza e il fenomeno dell’immigrazione
La
dimensione internazionale: l’Europa della solidarietà, per la globalizzazione
della cittadinanza e della solidarietà.
Le Organizzazioni aderenti
al Forum Permanente del Terzo settore, in vista della competizione elettorale
del 13 maggio 2001, intendono proporre a tutte le forze politiche le linee
di programma per la prossima legislatura.
E’ inutile ricordare che
le nostre opzioni e scelte riguardano anzitutto democrazia, solidarietà
e giustizia sociale e un’idea di progresso ecosostenibile che intende la
globalizzazione non solo dal punto di vista del mercato e dell’economia,
ma anche come un’opportunità irripetibile per fare uscire dalla
povertà i 2/3 dei paesi del nostro pianeta, per riaffermare e privilegiare
la priorità della difesa dei diritti fondamentali di ogni persona
umana rispetto alla tendenza alla mercificazione e trasformazione di questi
diritti in bisogni da affidare in gestione al mercato. E poi, i temi dei
diritti civili, della difesa ambientale, della costruzione/ricostruzione
del Welfare, dell’inclusione sociale, della rivoluzione sotterranea che
attraversa la domanda di cultura e di informazione, della solidarietà
internazionale a sostegno delle aspettative e richieste delle popolazioni
impoverite del sud del mondo. Siamo insomma portatori di una domanda complessiva
di cittadinanza attiva che non confonde la modernizzazione e lo sviluppo
con la pura espansione dei consumi -secondo il noto modello della cittadinanza
passiva-, ma propone già sui territori esperienze e laboratori per
una società che a noi piace definire la società del Welfare.
E’ inutile ribadire che il Terzo settore non costituisce quanto vi è
di residuale rispetto allo Stato e al Mercato, né si rassegna a
compiti di supplenza istituzionale. Esso si pone, invece, al crocevia di
un nuovo sistema di relazioni e di rappresentanza sociali, ne interpreta
le potenzialità e le contraddizioni, identifica con la sua stessa
esistenza la distinzione fra ciò che è puramente statale
e ciò che vuole essere pubblico. E chiede di avere sedi e strumenti
per rappresentare questo composito universo, la cui vitalità istituisce
la differenza fra lo Stato della burocrazia e lo Stato dei cittadini.
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Uno
sguardo al percorso compiuto, l’esperienza della società civile
organizzata.
L’azione politica è
stata a lungo ricondotta a due principali forme di aggregazione e a due
distinte modalità di rappresentanza. Da un lato, i cosiddetti movimenti
sociali, orientati ai valori, tendenzialmente conflittuali rispetto all’ordine
sociale e costruiti sul primato dell’identità. Nei movimenti sociali
i contenuti rivendicativi concreti – per definizione negoziabili - risultavano
subordinati a ragioni etico-culturali, per definizione non negoziabili.
Dall’altro, i gruppi d’interesse, orientati allo scopo e legittimati presso
la propria area di riferimento dalla capacità di conseguire benefici
concreti attraverso un’azione di pressione, negoziazione e rivendicazione.
In questa tipologia i movimenti sociali – come le classiche forme partito
– conservavano la vocazione a essere sintesi di domande universalistiche
e di esigenze generali. I gruppi d’interesse tendevano, invece, a concentrare
la loro azione di tutela e rivendicazione su obiettivi specifici e vertenze
più o meno circoscritte. Di fatto, questa distinzione, oggi risulta
inadeguata a rendere ragione delle esperienze più dinamiche e originali
prodottesi in Italia. Esiste oggi la vasta realtà del Terzo settore
che, a partire da forti identità e patrimoni culturali di qualità,
ha dato vita nel Paese ad una nuova soggettività capace di rappresentare
nuove istanze e nuovi bisogni. Le Organizzazioni che si riconoscono nel
Forum Permanente del terzo settore sono espressione di una cultura politica
composita, in cui coesistono ragioni e ispirazioni di tipo strategico e
funzioni di concreta rappresentanza e tutela di interessi più o
meno specifici. E’ questo profilo originale a spiegare, forse, la capacità
di adattamento che organizzazioni sociali e movimenti di tali dimensioni
e complessità hanno mostrato, sopravvivendo alla crisi del sistema
politico (anni Ottanta/Novanta), a una transizione incompiuta e faticosa
(anni Novanta) e a una ininterrotta sequenza di tensioni che hanno interessato
il fragile compromesso su cui si era fondato lo Stato sociale italiano:
crisi degli equilibri finanziari internazionali e gestione dei vincoli
di Maastricht, crisi di legittimità di un sistema politico riformatosi
in maniera imperfetta e assenza di una condivisione ampia degli obiettivi
di cambiamento.
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Ci
candidiamo a riformare la Politica.
L’esistenza di un ricco
e articolato tessuto di associazionismo di terzo settore, di movimenti
di rappresentanza e di advocacy, di imprese sociali a vocazione solidaristica
costituisce una formidabile risorsa a disposizione del mutamento politico,
oltre a rappresentare una realtà economica importante e significativa.
Una realtà che però
rischia di rimanere compressa e mortificata nelle spire di una dialettica
politica esasperata da logiche di schieramento e da posizionamenti elettorali
che degradano le legittime opzioni di ciascuno a pratiche di allineamento
preventivo o a opportunistiche scelte di campo.
Si tratta allora di ritrovare
voce e ruolo in un processo politico che non si consumi in una interminabile,
logorante e un po’ paranoica guerra di posizione.
Le organizzazioni che hanno
voluto impegnarsi nel Forum permanente del Terzo settore, vogliono essere
consapevolmente espressione di un movimento di azione collettiva e insieme
agire come un composito gruppo d’interesse. Abbiamo matrici culturali,
vocazioni e modalità organizzative differenti, ma possediamo anche
importanti ed estesi obiettivi comuni. E condividiamo le preoccupazioni
sull’esperienza della contrattazione parcellizzata, giocata in questi anni
attorno ai tavoli della politica tradizionale e di istituzioni, che si
è mostrata non sempre in sintonia con i problemi reali del Paese.
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Vogliamo
impedire che il processo di modernizzazione si areni.
Questo impegno programmatico
non può non partire da quanto acquisito dall’azione riformatrice
svolta dal Parlamento e dai Governi succedutisi in questi cinque anni.
Abbiamo alle spalle anni di produzione legislativa intensa e complessivamente
orientata a rendere più adeguata e funzionale la struttura e la
stessa "ragione sociale" del nostro sistema di Welfare. Ed è legittimo,
da parte nostra, rivendicare il ruolo di sollecitazione, di stimolo, di
vigilanza e di proposta che le associazioni aderenti al Forum e il Forum
in quanto tale hanno esercitato. La promozione sociale, l'assistenza, il
servizio civile, le norme regolatrici dell'inclusione (a cominciare da
quelle orientate a dare risposta alla sfida dell'immigrazione), la spinta
parallela alle riforme dei sistemi educativi e formativi, lo stesso sistema
sportivo e quello turistico sono stati oggetto di un'iniziativa di innovazione
non sempre compiuta e coerente, ma certamente importante e talvolta coraggiosa.
Davanti a noi si pongono
nuove sfide che intendiamo raccogliere:
- il processo di modernizzazione
e riforma non deve arenarsi, come pure deve proseguire la trasformazione
del modello di Stato che sappia porre consapevolmente al centro nuove e
talvolta inedite domande di cittadinanza;
- va data attuazione positiva
a leggi e provvedimenti già approvati ma ancora attesi alla prova
del fuoco dell'implementazione;
- va promossa la via di
un federalismo solidale capace di dare giusto riconoscimento alle Regioni
e al contempo salvaguardi l’unità del Paese; ci impegneremo, per
quanto ci compete, a evitare tanto le derive particolaristiche quanto le
interpretazioni riduttive e strumentali;
- va promossa la sburocratizzazione
degli apparati statali e il rafforzamento dei poteri di iniziativa della
società civile; da una idea centralistica e burocratica di governo
crediamo si debba invece passare ad una idea di governo sociale della complessità;
- ed infine la dimensione
internazionale e la crescente interdipendenza dei vincoli e delle opportunità
che rinviano - pur fra molte approssimazioni concettuali - alle dinamiche
della globalizzazione, ci sollecitano ad assumere una prospettiva non più
confinabile al solo contesto nazionale.
La trama valoriale
condivisa e maturata in questi anni ci consente di valutare senza pregiudizi
e senza subalternità programmi e strategie delle singole forze politiche
nella consapevolezza che l'Italia - Paese membro del club esclusivo dei
poteri forti planetari ma anche crocevia di tutte le contraddizioni dello
sviluppo - attende e merita un'effettiva trasformazione della politica.
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LINEE DI PROGRAMMA.
1) Per
un nuovo patto tra generazioni: Educazione e Formazione.
Il Terzo settore si candida
a svolgere nei prossimi anni un’azione imponente di formazione continua,
di educazione permanente e di promozione dell’innalzamento delle conoscenze
tra i cittadini, in particolare tra giovani, donne e anziani.
Un nuovo patto per l’educazione,
che coinvolga, oltre la scuola e l’università, i numerosi soggetti
che oggi, in modo qualificato, producono cultura e formazione: enti, fondazioni,
università popolari, associazioni.
Chiediamo:
- una più giusta
ripartizione delle risorse a disposizione tra scuola, università
e enti del terzo settore.
- un impegno di cura di
alcuni filoni culturali: la dimensione interculturale, la conoscenza del
territorio e dei suoi bisogni, la trasmissione dei vecchi e nuovi saperi
delle donne e degli uomini, la cultura della solidarietà, la conoscenza
dei diritti relativi ai servizi pubblici e sociali, la cura della memoria
e delle radici, la dimensione della cittadinanza e della partecipazione;
- un piano di informatizzazione
e di conoscenza delle nuove tecnologie per giovani e anziani;
- misure di deducibilità
fiscale che incentivino il consumo buono di formazione e cultura;
- la detrazione fiscale
dei contributi per la partecipazione ai singoli corsi promossi dagli enti
di terzo settore;
- misure agevolative per
l’utilizzo degli spazi e delle aule delle scuole pubbliche che confermino
la collaborazione con il terzo settore e impediscano l’uso commerciale
delle stesse;
- di far parte della Fondazione
per la formazione continua;
- la valorizzazione degli
enti non profit nei percorsi di implementazione dell’obbligo formativo
e della formazione professionale;
- la promozione dei diritti
dell’infanzia e delle persone anziane;
- il rilancio forte dell’esperienza
del servizio civile;
- il sostegno alla conoscenza
delle lingue e alla mobilità dei giovani;
- il sostegno deciso per
lo sport per tutti e per le attività del tempo libero;
- la definizione dei luoghi
di rappresentanza dei giovani nelle istituzioni nazionali ed europee.
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2)
Una nuova economia del sociale.
E’ necessario avviare una
nuova stagione di politiche di sostegno che vari una normativa di incentivazione
per l’imprenditoria sociale e provvedimenti di politica attiva per il settore
dei servizi alla persona. La legge quadro per la realizzazione del sistema
integrato di interventi e dei servizi sociali, appena approvata, è
il primo passo per costruire una rete di solidarietà e di assistenza
non orientata al semplice sollievo dai bisogni, ma alla rimozione delle
cause di ingiustizia e di disagio che ancora affliggono la nostra società.
Un compito che lo Stato può compiere stringendo con il terzo settore
una alleanza di grande respiro.
Il coordinamento degli interventi
di più soggetti erogatori di servizi destinati alla singola persona
proponiamo sia realizzato attraverso “accordi operativi” tra i soggetti
medesimi, a partire dai familiari, sulla base di progetti personalizzati
e concordati, attivando e sostenendo tutte le risorse personali, familiari,
di relazione, d’impresa sociale di cui la persona interessata può
disporre autonomamente e a sostegno della propria autonomia.
Le prestazioni non pagate
di lavoro familiare, di prossimità, di volontariato e le forme associative
e di mutuo aiuto, opportunamente riorganizzate attraverso una razionale
integrazione, richiederanno a loro volta un concorso di professionalità,
vecchie e nuove, che possono costruire un nuovo bacino di occupazione qualificata.
Già oggi la crescita
di occupazione nel Terzo settore è in costante aumento e le imprese
sociali già offrono un significativo contributo all’espansione della
base occupazionale. Non solo. L’impresa sociale possiede una grande capacità
di coinvolgimento responsabile di gruppi sempre più estesi di cittadini
e delle fasce sociali più svantaggiate che in tal modo vengono recuperate
dal circolo vizioso della marginalità e dell’assistenzialismo.
Chiediamo:
- misure di sostegno alla
disponibilità di tempo, all’eventuale sollievo e alla formazione
specifica dei familiari e di tutte le persone non professionalmente dedite
alla cura di soggetti bisognosi di assistenza;
- misure fiscali che introducano
la deducibilità dei costi sostenuti per prestazioni socio-assistenziali
e l’istituzione dell’assegno per i servizi da utilizzare nell’ambito della
rete del sistema pubblico sociale dei servizi alla persona;
- l’espansione di numero
e di consistenza delle imprese sociali con il conseguente e prevedibile
incremento occupazionale, il tutto senza oneri per la finanza pubblica
la cui riduzione di gettito per le deduzioni risulterà ampiamente
compensata dalle maggiori entrate per i versamenti Inps e Irpef relativi
ai nuovi occupati;
- un disegno di legge orientato
a una riforma complessiva e coerente degli articoli del libro I e V del
Codice civile che preveda nel nostro ordinamento altre forme di impresa
sociale così come già accaduto in altre legislazioni europee;
- l’apertura delle leggi
e dei sistemi di ricerca scientifica alle imprese sociali;
- una fiscalità più
favorevole e meno punitiva per incrementare il volume delle donazioni da
parte di imprese e singoli cittadini verso il terzo settore;
- una interpretazione meno
restrittiva delle norme di carattere fiscale (Iva, imposte sugli intrattenimenti)
e degli obblighi Siae nelle attività di animazione e nella raccolta
fondi da parte delle associazioni di volontariato.
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3)
La riforma del welfare e la sussidiarietà orizzontale.
Nel nostro modello di sviluppo
le politiche sociali sono il punto privilegiato dell’azione di governo
sia a livello centrale che locale. Vogliamo un welfare fondato sui principi
di responsabilità, equità, partecipazione democratica, solidarietà
e su un federalismo per davvero solidale.
Un vero welfare comunitario
che garantisca ai cittadini un sistema universalistico di protezione gestito
da una pluralità di soggetti;
che aumenti la capacità
di autodeterminazione della società civile e il potere di scelta
dei cittadini;
che valorizzi la mutualità
volontaria integrativa;
che promuova la persona
e sostenga la dimensione di responsabilità delle reti familiari,
in un’ottica non settoriale o assistenzialistica, ma orientata a dare una
“qualità solidale” al modello di sviluppo della nostra società.
Chiediamo che:
- sia aumentata l’offerta
di servizi e curata la dimensione di appartenenza (contro l’esclusione)
alla comunità locale di quei soggetti esclusi dalle reti più
forti di cittadinanza;
- sia incentivata la creazione
di un mercato sociale con regole precise e chiare, garantite dalle Amministrazioni
locali;
- sia realizzato un decentramento
che tuteli e renda omogenea per tutti i cittadini la fruizione dei diritti;
- sia realizzato un sistema
che rifugga da logiche improntate a meccanismi sostitutivi delle prestazioni
pubbliche, di privatizzazione strisciante e di tagli indiscriminati ai
bilanci;
- sia potenziata e sostenuta
la formazione e l’aggiornamento delle professioni sociali, necessario supporto
alla gamma dei servizi alla persona;
- sia promosso, infine,
un grande sforzo di formazione-riqualificazione–aggiornamento dei funzionari
e dirigenti della pubbliche amministrazioni per favorire il passaggio dalla
logica dello “Stato pagante” a quello dello “Stato garante”.
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4)
La Cultura per rileggere i temi della sicurezza e il fenomeno dell’immigrazione.
Il territorio, l’ambiente,
la cultura non sono un vincolo ma risorsa potente per lo sviluppo del paese,
soprattutto del sud.
La cultura, in particolare,
è un collante efficace di coesione sociale e di politiche di welfare
innovative, capaci di riconoscere le attività culturali tra gli
indicatori utili per misurare la qualità della vita di un territorio.
In questa prospettiva la lotta al razzismo e il tema dell’immigrazione
saranno il terreno su cui si misurerà la capacità nostra
di far fronte alla realtà inarrestabile della composizione multietnica.
L’incontro con altre culture ci “costringerà” a fare memoria del
nostro immenso patrimonio culturale depositato nei millenni, a valorizzarlo
e a farlo uscire da quei tratti di provincialismo che ancora lo caratterizzano;
ma soprattutto a saperlo comunicare come una buona risorsa anche per chi
oggi arriva nel nostro paese.
L’obiettivo è crescere
insieme e migliorare imparando gli uni dagli altri.
Nella medesima logica è
possibile anche affrontare la questione scottante della sicurezza, che
non è solo forza e repressione ma ricerca del dialogo, capacità
di costruzione di legami e presenza di presidi culturali diffusi su tutto
il territorio.
Inoltre la diffusione culturale
è oggi uno dei maggiori volani per la creazione di nuova occupazione;
nuova in tutti i sensi: in qualità, in capacità di coinvolgimento
delle persone e dei processi partecipativi all’interno delle realtà
locali.
Chiediamo che:
- tra gli indicatori
statistici di qualità della vita e di misura della efficienza-efficacia
degli interventi economici siano inseriti gli indicatori culturali;
- la riforma integrale degli
strumenti comunitari pensati per favorire lo scambio, la mobilità
e il dialogo culturale;
- venga istituita
una commissione ad hoc che disegni i nuovi profili professionali che emergono
dal settore cultura;
- sia istituito e
finanziato un apposto capitolo, nel bilancio del Ministero dei Beni culturali,
per le iniziative svolte in collaborazione con le associazioni di volontariato;
- sia ampliato e riconosciuto
il sistema dei presidi culturali e sociali gestiti dal terzo settore.
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5)
La dimensione internazionale: l’Europa della solidarietà, per la
globalizzazione della cittadinanza e della solidarietà.
Vogliamo che sia messo al
centro delle politiche e del processo di unificazione europea la globalità
dello sviluppo sociale dell’intero continente per una efficace lotta all’esclusione,
sia a livello dei Paesi del Nord che del Sud del mondo.
Vogliamo che l’Europa, e
l’Unione Europea in particolare, assumano la leadership nella promozione
di una politica estera coerente ed orientata ai principi della giustizia
sociale e della pace per tutti gli uomini e le donne del pianeta.
L’allargamento della Unione
Europea, le politiche migratorie, quelle commerciali, la cooperazione allo
sviluppo devono essere urgentemente rivisitate in un dialogo costante con
le società civili del Nord e del Sud del mondo.
Siamo pronti a mettere a
disposizione l’esperienza del Terzo settore italiano affinché lo
Stato si impegni nella definizione di una nuova cittadinanza europea. Vorremmo
che i contenuti strategici dell'azione solidale e della costruzione di
una partecipazione alla gestione dei problemi comuni del Pianeta Terra,
delineati a Seattle e a Porto Alegre, fossero parte di un progetto sociale
non estemporaneo ed effimero. La clausola sociale e ambientale, la
Tobin tax, la cancellazione del debito, la difesa dell’accesso e della
salvaguardia di alcuni beni come diritti e patrimonio dell’umanità
(acqua, salute, aria, ambiente, istruzione), la riforma democratica delle
istituzioni europee e l’impegno dell’Europa per una riforma del WTO e del
sistema delle Nazioni Unite non sono slogan e formule generiche, buone
a tutti gli usi, ma un chiaro programma politico.
Chiediamo che:
- il nuovo Parlamento si
impegni nelle sedi comunitarie a favorire una legislazione europea sul
terzo settore: per una lotta più efficace all’esclusione sociale,
per favorire nuova occupazione, per ridefinire un ruolo positivo dell’Europa
nell’impegno per lo sviluppo dei paesi poveri e per la pace e la prevenzione
dei conflitti;
- siano aumentate le risorse
per la cooperazione internazionale, motore di una politica internazionale
più articolata, che sappia valorizzare appieno le azioni di solidarietà
internazionale promosse dalle organizzazioni non governative della società
civile;
- il nuovo Parlamento proceda
in tempi rapidi alla discussione ed alla approvazione di una nuova legge
sulla cooperazione allo sviluppo sganciata dalla cooperazione governativa,
che riconosca l’autonoma soggettività progettuale messa in atto
dalle ONG di sviluppo e dall’associazionismo con la società civile
dei paesi di sviluppo, così che la solidarietà internazionale
possa imporsi come strumento efficace della riorganizzazione dell’economia,
di accesso ai beni e ai diritti, alle conoscenze e competenze da parte
delle popolazioni dei paesi impoveriti; il Governo si impegni, da subito,
ad adottare ogni misura efficace per il pieno funzionamento della legislazione
e normativa urgente in materia;
- siano invertite le tendenze
negative degli ultimi anni nello stanziamento delle risorse per l’Aiuto
Pubblico allo Sviluppo verso il raggiungimento dell’obiettivo assunto anche
dall’Italia nelle sedi internazionali dello 0,7% del PIL, vincolandolo
per ciò che riguarda gli stanziamenti alle Agenzie multilaterali
ad un monitoraggio dei risultati raggiunti dai programmi, a specifici indirizzi
strategici, ad un reale coinvolgimento dei soggetti e organizzazioni della
società civile dei paese beneficiari e delle ONG italiane ove presenti;
- sia rivista la distribuzione
tra le risorse della cooperazione allo sviluppo destinate al canale multilaterale
a favore di quelle destinate al canale bilaterale con un deciso maggior
impegno, in entrambe, al coinvolgimento delle ONG e delle organizzazioni
della società civile italiana;
- siano coinvolte le organizzazioni
della società civile nella preparazione delle agende degli organismi
della concertazione mondiale e garantite loro adeguata rappresentanza e
visibilità, a testimonianza di un impegno comune –società
civile e istituzioni- nella costruzione di una maggior giustizia sociale
a livello mondiale;
- siano coinvolte le Organizzazioni
di Terzo settore nei tavoli bilaterali promossi dall’Italia per l’allargamento
della Unione ai Paesi dell’Est;
- il futuro governo si impegni
a promuovere l’Italia come polo europeo del terzo settore;
- sia costituito un osservatorio,
presso il Ministero per le politiche comunitarie, sulla produzione legislativa
a livello nazionale e comunitaria riguardante il terzo settore.
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