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Intervento di Edoardo Patriarca, Portavoce del Forum Permanente del Terzo Settore, in occasione dell'incontro con il Ministro per i Beni e le Attività Culturali on. Giovanna Melandri, tenutosi a Roma il 23 marzo 2001
 
 

Ringrazio il Ministro Melandri per l’opportunità di questo incontro di verifica a conclusione della legislatura, e della possibilità di tracciare sin da ora un percorso programmatico per la prossima.

In questa sede mi preme riprendere alcuni temi cari al Forum. Soprattutto ridirle che il Forum è una delle più grandi reti esistenti nel Paese - oramai sono più di cento le associazioni che ne fanno parte. Al suo interno si sono costituiti gruppi di lavoro tematici che mettono in sinergia e fanno sintesi delle diverse sensibilità ed esperienze associative.  Tra questi l’ambito tematico della cultura. Non posso che ringraziare in questa sede Francesco Scalco e gli amici del gruppo che hanno costruito, a nome di tutti, una piattaforma del Forum per la cultura.
Piattaforma che qui in breve vorrei riprendere.
A noi piace utilizzare la parola cultura nella sua accezione più ampia, senza con ciò svilirla o farle perdere la propria consistenza. La cultura grande di questo Paese è sì costituita dal vasto, immenso patrimonio artistico, ma anche dalle tante culture popolari fatte di tradizioni, di memorie, di riti e ricorrenze. Il tema della memoria e del mantenimento e cura di questo deposito culturale ci sta a cuore e ci coinvolge profondamente. I processi di globalizzazione se non governati adeguatamente e con lungimiranza rischiano di appiattire e omologare questa straordinaria ricchezza nella direzione di un inquietante e preoccupante pensiero unico. E’ la cura delle tradizioni che dà identità e appartenenza al proprio territorio, e aiuta al contempo le nostre comunità locali ad aprirsi all’avventura dell’incontro con altre culture e religioni. I pericoli di razzismo, di xenofobia nascono quasi sempre da processi di impoverimento culturale e di perdita di identità che inducono  inevitabilmente paura e insicurezza. E paura e insicurezza sono cattive consigliere. Al contrario, un forte radicamento e la passione e la conoscenza della propria storia incoraggiano all’incontro, al dialogo sereno ed esigente.
La seconda annotazione che vorrei qui riproporre tratta di un contenuto valoriale, non sempre dichiarato, ma presente in filigrana nelle nostre piattaforme. A fronte di una dimensione unica e assoluta, quasi indiscutibile, del criterio economico come unico indicatore per valutare l’efficacia degli interventi, lo spazio della cultura educa ancora alla dimensione della gratuità e del bello. Lo spazio della cultura non esige un tornaconto, non esige che il “bilancio” sia sempre in attivo. Accetta di andare momentaneamente in perdita, consapevole che i frutti matureranno nel tempo. Vorrei anche dire del gusto alla bellezza, tanto impoverito da una volgarizzazione strisciante della vita sociale e delle relazioni tra le persone.
La terza annotazione che abbiamo più volte proposto è che oggi parlare di welfare come risorsa, come investimento irrinunciabile per il Paese, significa certo parlare di buoni servizi, di buone politiche del lavoro, di buona istruzione, ma noi aggiungiamo anche di buona promozione culturale. E’ una accezione di welfare, la nostra, non residuale. Anzi. Per noi rappresenta la vera sostanza di una politica che intende promuovere innovazione, inclusione, competizione economica. La cultura non può starne fuori: con la cultura si combatte l’esclusione e l’emarginazione; con la cultura si dà densità alla dimensione della cittadinanza; con la cultura si favoriscono percorsi creativi di nuova imprenditorialità; con la cultura si crea bene-essere, si crea comunità, appartenenza, coesione; con la cultura si opera nella prospettiva della prevenzione e si sdrammatizza il tema della sicurezza: vogliamo città aperte, non blindate; vogliamo costruire ponti e “sartorie” di società civile più che muri e barriere.
Quarta annotazione: è un aspetto che volutamente metto per ultimo, per ridire che la nostra azione si fonda anzitutto sulle dimensioni che prima ho accennato. Si tratta del risvolto economico e della produzione di buona occupazione. Il nostro patrimonio culturale è immenso; con esso davvero si può impiantare la più grande azienda del paese.  E il terzo settore si candida, assieme al privato e al pubblico, a partecipare a questo grande impresa. Lo farà con la medesima tensione valoriale, con la medesima passione civile, con la medesima attenzione alla qualità e alle relazioni, pari a quella profusa da chi tra noi opera al servizio dei poveri e degli ultimi.

In breve le nostre proposte.  

Siamo a chiederLe:
 

  • un vero e proprio “sfondamento culturale” che faccia sì che tra gli indicatori di qualità della vita e dell’efficacia-efficienza delle azioni siano indicati anche quelli culturali. Essi prefigurano una nuova mappa dei diritti sociali di seconda generazione: diritto alla socialità, diritto alla conoscenza, diritto al gioco, diritto alla parola… I nuovi strumenti di sviluppo locale, i patti territoriali, sono stati una grande opportunità, ma anche una occasione mancata per l’incapacità delle amministrazioni di leggere il fenomeno cultura nei suoi molteplici aspetti. Cultura per l’appunto, non solo museo e biblioteca che pure sono preziosi e significativi.
  • Un impegno del governo ad appoggiare in sede europea l’ipotesi di una riforma integrale degli strumenti comunitari pensati per favorire lo scambio, la mobilità ed il dialogo culturale. Abbiamo valutato negativamente il programma Cultura 2000 presentato dalla Commissione agli organismi di competenza, condividendo l’opinione di tutte le organizzazioni culturali europee di terzo settore. Chiediamo si lavori nella direzione di uno suo miglioramento e si rafforzi il peso della presenza italiana nelle sedi europee per quanto attiene la definizione delle strategie di politica culturale europea. Per parte nostra continueremo nell’impegno a tessere reti di relazioni e a costruire net work tra associazioni di terzo settore europeo.
  • Sia istituita presso il Ministero una cabina di monitoraggio e di accompagnamento al programma Cultura 2000 e di un fondo ad hoc per il cofinanziamento di progetti.
  • Sia affrontato il tema urgente della rappresentanza riguardo la composizione del Consiglio per i beni culturali ed ambientali ed il comitato tecnico scientifico. Il Forum è  riconosciuto parte sociale. Non abbiamo voglia di presenzialismo, non abbiamo alcun desiderio di omologare e appiattire le diverse esperienze associative; chiediamo pari dignità e che venga riconosciuto questo patrimonio di esperienze e di promozione culturale animate dal saper fare e dalla premura per il territorio.
  • Venga istituita  una commissione ad hoc che disegni i nuovi profili professionali che stanno emergendo dal settore cultura. E’ questa per davvero nuova occupazione, una new economy che va incontro alla forte richiesta di fruizione di cultura. Si tratta di impegnare anche  i Ministeri del lavoro, dell’Istruzione e dell’Università.
  • Sia istituito e finanziato un apposito capitolo “cultura” nel bilancio del Ministero per le  iniziative con le associazioni di volontariato nell’ambito dei beni culturali.
  • Sia  ampliato il sistema dei presidi culturali, gli spazi e i luoghi in cui si propone e si produce cultura, soprattutto nel sud, soprattutto verso i giovani, promovendo un sistema di imprese sociali specializzate nella cultura, nell’animazione culturale del territorio, nella cura dei beni culturali, ambientali, nella implementazione di un turismo sociale con una forte valenza culturale. 
Vorremmo infine chiedere che si apra il fronte della deducibilità e detraibilità fiscale che premi il consumo buono di cultura delle famiglie e dei singoli cittadini. Una richiesta più volte caduta nel vuoto: si aprirebbe così un nuovo mercato, si favorirebbe  occupazione, si finanzierebbe in modo virtuoso il terzo settore culturale che sarebbe così spinto a qualificarsi e ad entrare in competizione sulla qualità delle proposte e sulla trasparenza della gestione.  

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