02.02.2001
Bellezze mortali
Un gruppo di ricerca statunitense ha probabilmente identificato il gene che permette ai funghi di aderire alla plastica
A prima vista, un lievito o un fungo che crescono su un mezzo gelatinoso possono essere estremamente belli, simili a fiori che si emanano da un bulbo centrale. Questa bellezza nasconde però un pericolo mortale, quando lo stesso fungo cresce su una protesi artificiale interna, come un'anca o una valvola cardiaca, ricoprendola di un sottile biofilm e creando serie complicazioni. Ogni anno nel mondo muoiono migliaia di persone per infezioni di questo genere causate da funghi.
Ora un gruppo di ricercatori del Whitehead Institute for Biomedical Research ha probabilmente identificato il gene che permette ai funghi di aderire alla plastica, suggerendo una possibile soluzione del problema. I risultati della ricerca, condotta da Gerald Fink e Todd Reynolds, sono stati pubblicati su "Science".
Il primo passo della ricerca è stato quello di scoprire che anche un lievito, Saccharomyces cerevisiae, mostra la capacità di aderire alla plastica. Questa è stata una scoperta fondamentale, perché questo lievito, che è poi il normale lievito di birra, è un organismo notissimo ai genetisti che lo hanno utilizzato a lungo come modello per le infezioni di molti funghi. I vantaggi di questo lievito risiedono nel fatto che il suo genoma è stato completamente decodificato e la sua riproduzione sessuale permette esperimenti genetici. Inoltre, molti organismi pericolosi in grado di creare biofilm sono difficili da maneggiare in laboratorio, mentre il lievito è estremamente semplice.
Sapendo che i batteri utilizzano delle proteine, i due ricercatori si sono messi alla ricerca della proteina utilizzata dai lieviti per lo stesso compito. Dopo un po' è stato isolato un gene chiamato FLO11, e la verifica è arrivata dopo che la sua distruzione in laboratorio ha fatto sì che i lieviti non fossero più in grado di aderire alla plastica. Lo stesso gene è però presente anche in numerosi funghi patogeni ed è quindi estremamente probabile che anche essi utilizzino lo stesso tipo di proteina, ma questo è ancora da verificare. Se fosse vero, comunque, allora non dovrebbe essere poi difficile inventare una medicina per prevenire la formazione dei biofilm.
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