13.09.2000
Fumo: passivo sì, ma invisibile e inodore

Una strategia per rendere il fumo passivo più socialmente accettabile


Occhio non vede (e naso non sente nel caso specifico), cuore non duole. Questo il principio che ha guidato negli ultimi anni gli sforzi delle multinazionali del tabacco. Secondo un’indagine che ha esaminato i dati messi a disposizione online dal
US Patent and Trademark Office e da quattro famose società statunitensi, l’impegno dei produttori di sigarette si sarebbe recentemente concentrato sul tentativo di rendere il fumo delle sigarette socialmente più accettabile. Senza necessariamente ridurne la nocività, anzi... I risultati dell’analisi condotta dal Massachusetts Department of Public Health, e resi noti sul numero autunnale della rivista "Tobacco Control", dimostrano che da alcuni anni le aziende del tabacco si stanno prodigando nella ricerca di additivi che mascherino il più possibile alcune caratteristiche organolettiche del fumo, rendendolo meno visibile nell’ambiente e meno sgradevole, o finanche gradevole, all’olfatto. Questo per una suscettibilità particolare al problema del fastidio soggettivo denunciato dai non fumatori e dalla diffusione di dati epidemiologici inquietanti sulla pericolosità del fumo passivo. Si stima infatti che l’esposizione involontaria al fumo di tabacco provochi annualmente negli Stati Uniti 3000 decessi, che sia un rilevante fattore di rischio per le malattie coronariche e che sia alla base di molti disturbi respiratori che insorgono nell’infanzia. Una sensibilità questa che non deve però indurre le vittime del fumo ambientale all’ottimismo, perché, sempre secondo i dati, lo zelo delle aziende nasce soprattutto da una preoccupazione di mercato, non vi è trasparenza nella divulgazione di questi recenti sviluppi delle loro ricerche, e l’utilizzo degli additivi di mascheramento non è soggetto a controllo. Infatti, la legislazione federale che impone ai produttori di dichiarare gli additivi aggiunti al tabacco non fa menzione di quelli eventualmente inseriti nella carta o nei filtri. Ancor più grave è la scarsità, rilevata dagli autori, di studi sugli effetti dei singoli additivi e della loro interazione con gli altri componenti della sigaretta. Per fare un esempio, un additivo che riduca la temperatura di combustione della sigaretta provoca un considerevole aumento dell’emissione di nitrosammine, le principali responsabili dell’effetto cancerogeno del fumo passivo.

Monica Oldani

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