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Le principali innovazioni normative previste dalla recente ipotesi d’accordo per il rinnovo del CCNL del settore del credito

 

di Elio Porino

 Segretario Generale della UILC.A.

 

 

E’ difficile comprendere le caratteristiche e i risultati della trattativa sul rinnovo del CCNL del settore del credito senza ricordare che questa è stata fortemente condizionata dalla lunga ed aspra fase di confronto che si è svolta, in occasione del precedente rinnovo contrattuale, dai primi mesi del 1997 sino all’intesa del luglio del 1999.

 

In quella fase, grazie anche all’attiva mediazione del Governo e alla sottoscrizione del protocollo di Palazzo Chigi nel giugno del 1997, nessuna delle parti presenti al tavolo della trattativa si è potuta esimere da una riconsiderazione, a volte anche profonda, delle idee che aveva sul presente e sul futuro del settore del credito, e questo perché, al di là delle differenze di ruolo, entrambe le parti erano in qualche modo consapevoli del fatto che procrastinare le regole del gioco del passato sarebbe stato dannoso per i lavoratori del settore, per le banche e, cosa per nulla secondaria, per l’economia del Paese.

 

E’ grazie a questo spirito che è stato possibile definire regole valide per la quasi totalità dei dipendenti delle banche, realizzare l’area dei quadri direttivi ed omogeneizzare in prospettiva i trattamenti tra i dipendenti delle aziende di credito ordinarie e quelli delle ex casse di risparmio, nonché delineare un sistema di relazioni sindacali a livello nazionale, aziendale e di gruppo nettamente più avanzato rispetto a quello esistente in precedenza.

 

La dichiarazione, di fatto, di una sorta di stato di crisi del settore diede a quella intesa contrattuale caratteristiche analoghe ad un contratto di solidarietà a livello dell’intero settore, consentendo, da un lato, la soluzione dei problemi occupazionali attraverso l’istituzione di un fondo di accompagnamento alla pensione a totale carico delle aziende, mentre, dall’altro, i lavoratori rinunciarono ad un biennio economico ed accettarono una sensibile riduzione del peso degli automatismi di anzianità.

 

La condivisione dell’idea di un passaggio da una fase costituente a quella che caratterizza un normale rinnovo contrattuale ha, peraltro, determinato le condizioni per giungere ad un’intesa per il biennio economico, rinviando consensualmente la contrattazione della parte normativa sino a farla coincidere con il rinnovo del secondo biennio economico.

 

Su questo percorso normale, però, si innesta quella che in economia viene definita una  wild card, un evento, o meglio, una serie di eventi di entità e natura tali da modificare tutte le previsioni precedenti e che, nell’ambito della nostra trattativa, costringe entrambe le parti a rivedere in modo radicale le strategie e le tattiche elaborate sino a quel momento.

 

Se, infatti, il 2001 verrà per sempre ricordato per il più massiccio e sanguinoso attacco terroristico avvenuto contro gli Stati Uniti d’America, non vi è dubbio che nello stesso anno, e proprio negli USA, inizia, con i dissesti clamorosi di società come Enron e Worldcom, un terremoto che rischia di minare alla base la fiducia dei risparmiatori e degli investitori, anche per l’emersione di pratiche fraudolente ed illegali che caratterizzavano queste società, spesso aiutate dalle società di revisione e dalle maggiori banche a livello mondiale.

 

L’anno successivo si verifica in Italia il dissesto della Cirio e, nel 2003, il crack della Parmalat, due eventi che avranno conseguenze nefaste per decine di migliaia di risparmiatori, molti dei quali già colpiti dal default dei titoli di stato argentini.

 

In entrambi i casi, il ruolo delle società di revisione e delle banche,  italiane e straniere, finisce nel mirino dell’autorità giudiziaria, mentre l’opinione pubblica è fortemente turbata dall’inefficacia dell’operato delle massime autorità di vigilanza operanti in Italia: la Consob e la Banca d’Italia.

 

Lo sconcerto si accresce nei mesi e negli anni successivi, in quanto, mentre negli Stati Uniti, con una durissima e tempestiva legge bipartisan e la soppressione dell’Arthur Andersen, si è data una risposta che ha contribuito a dare fiducia ai risparmiatori, altrettanto non è avvenuto in Italia, dove, come è noto, il provvedimento di legge sul risparmio non riesce a vedere la luce e molto probabilmente rischia di perdere buona parte dell’incisività presente nel primo testo che vedeva convergere maggioranza e opposizione.

 

L’emergenza sul fronte della fiducia non riguarda soltanto i risparmiatori colpiti o quelli che, avendo investito somme in strumenti finanziari analoghi temono di esserlo in futuro, ma ha anche contribuito a mettere in luce le distorsioni dei sistemi incentivanti presenti nella quasi totalità delle aziende di credito, così come la diffusione di metodi di vendita che mettevano al primo posto il risultato immediato più che la creazione di un rapporto di medio lungo periodo con il cliente.

 

E’ anche per questo che sia la prima parte della piattaforma che la prima fase della trattativa sono state incentrate su questi temi e, più in generale, si è focalizzata l’attenzione sul tema della responsabilità sociale delle imprese, nel nostro caso con riferimento alle aziende di credito, partendo dal presupposto che uno sviluppo sostenibile nel medio e lungo periodo, accompagnato, nella vendita di prodotti finanziari, da una scelta di campo a favore e a tutela della clientela, costituissero valori non solo premianti sotto il profilo etico, ma anche di grande validità per il raggiungimento di obiettivi economici non effimeri.

 

Pur mantenendo alcune riserve legate al carattere di volontarietà da parte aziendale per quanto riguarda la decisione di seguire l’approccio della responsabilità sociale d’impresa, ritengo che il Protocollo sullo sviluppo sostenibile e compatibile del sistema bancario italiano siglato con L’ABI il 16 giugno 2004 contenga nella sua prima parte impegni che vanno nella direzione di contrastare le pratiche aggressive di vendita che hanno caratterizzato non poche aziende di credito negli anni passati.

 

Il Protocollo, oltre a stimolare lo sviluppo progressivo, grazie anche all’effetto di dimostrazione, dell’approccio della responsabilità sociale nelle aziende di credito, prevede, inoltre, la creazione di un Osservatorio nazionale paritetico che avrà il compito di:

 

·        analizzare le buone pratiche, anche al fine di stimolarne e favorirne la diffusione nel sistema bancario italiano;

 

·        di sviluppare l’analisi e la ricerca di convergenza su tematiche che possono contribuire positivamente a promuovere il valore dell’impresa e ad ottimizzare il clima aziendale su temi quali, solo per citarne alcuni, le relazioni sindacali, salute e sicurezza sul lavoro, la formazione continua, la comunicazione interna alle aziende, le azioni positive contro molestie sessuali e comportamenti vessatori, fisici e psicologici.

 

La sottoscrizione del Protocollo e l’istituzione dell’Osservatorio nazionale paritetico rappresentano, insieme al rafforzamento del sistema di relazioni sindacali ai vari livelli realizzato nell’ipotesi di accordo, momenti molto importanti, ma non vi è dubbio che, sino a quando non saranno stabilite, con la nuova legge sulla tutela del risparmio, delle norme efficaci in grado di distinguere con chiarezza i comportamenti leciti da quelli illeciti, sarà difficile ripristinare quel clima di fiducia che è così importante per tutti coloro che operano nel settore come per coloro che a questo settore, a vario titolo, si rivolgono.

 

Se questo non avverrà in tempi rapidi, potrebbe propagarsi al sistema bancario quello che sta avvenendo nel comparto del risparmio gestito, con il netto sopravanzare dei riscatti rispetto alle nuove sottoscrizioni, anche se sono convinto che quello che è in gioco è qualcosa che va al di là di meri dati quantitativi, riguardando la possibilità di ripristinare la fiducia e il rispetto reciproci tra i risparmiatori e le istituzioni finanziarie e creditizie.

 

Dal Protocollo di Palazzo Chigi del giugno 1997 al Protocollo del giugno 2004 sono trascorsi sette anni, un lasso di tempo nel corso del quale nel settore del credito è accaduto di tutto, anche se, tuttavia, pur in presenza di una riduzione strutturale sul versante dei costi, sia del personale che degli altri costi, l’onere dell’intermediazione creditizia a carico della collettività non si è ridotto come il Governo di allora aveva chiesto con forza alle banche né è aumentata la concorrenza nell’ambito del settore creditizio, a dimostrazione che il drastico processo di privatizzazione, la forte concentrazione legata al nascere dei gruppi creditizi ma non solo e l’emergere di tanti nuovi banchieri non sono stati elementi sufficienti a creare le condizioni per lo sviluppo di una forma di mercato nel settore del credito caratterizzata da un sufficiente grado di concorrenza.

 

Credo che in pochi settori come nel nostro vi sia stato, da parte delle organizzazioni sindacali, un’attenzione così forte alle tematiche che ho illustrato nelle pagine precedenti e ritengo che la soluzione dei problemi che ho indicato richiede che, ora, anche altri facciano la loro parte.

 

Le principali innovazioni previste

 

Entrando nel merito della rivisitazione della parte normativa del CCNL, è utile iniziare da quel rafforzamento del sistema di relazioni sindacali cui si è già accennato dianzi e che è imperniato non solo sull’ampliamento delle materie oggetto dell’incontro annuale a livello aziendale, con particolare riferimento al capitolo relativo alla qualità delle risorse umane, ma anche sul fatto che si stabilisce che gli argomenti oggetto dell’informativa saranno oggetto di valutazione tra le parti, consentendo così il passaggio dall’informazione alla consultazione.

 

Si prevede, inoltre, il mantenimento del momento di confronto semestrale a livello di singola unità produttiva e si stabilisce che nel corso di questi incontri potrà essere effettuata, per quanto di competenza territoriale, una verifica applicativa degli eventuali accordi raggiunti a livello aziendale o di gruppo. Così come si prevede che tali incontri semestrali e tale verifica, in presenza di decentramenti organizzativi per aree o comparti territoriali potranno essere effettuati tra l’azienda e un coordinamento sindacale di area o di comparto territoriale.

 

Altrettanto significativi sono gli ampliamenti dei periodi entro i quali si svolgeranno d’ora in avanti le procedure previste nei casi di rilevanti ristrutturazioni e/o riorganizzazioni aziendali (la prima fase della procedura prevede un tempo massimo di 15 giorni, mentre, in assenza di accordo, è prevista una seconda fase della durata massima di 30 giorni).

 

Nel caso di cessione di azienda, è previsto il coinvolgimento, oltre che dell’azienda cedente e di quella cessionaria, anche di quella ceduta. Se dall’informativa e dalla verifica emergono ricadute sulle condizioni del personale, può essere attivata la procedura richiamata nel periodo precedente.

 

Viene migliorata la normativa sui distacchi, prevedendo che al lavoratore distaccato sarà corrisposto il premio aziendale tempo per tempo erogato dall’azienda distaccante e l’eventuale premio incentivante dell’azienda distaccataria, nonché sarà garantita la complessiva continuità dello sviluppo professionale.

 

Sempre in materia di distacchi, viene definita una procedura di confronto volta a verificare la sussistenza delle condizioni sopra richiamate, le modalità di rientro dei lavoratori interessati, nonché l’esistenza delle condizioni per la già richiamata complessiva continuità dello sviluppo professionale del lavoratore.

 

Anche per la procedura relativa alle tensioni occupazionali si prevede un ampliamento del periodo complessivo che viene fissato a 50 giorni.

 

Nel caso del confronto a livello di gruppo creditizio, si stabilisce che, in presenza di “rilevanti riorganizzazioni e/o ristrutturazioni (ivi comprese le fusioni) che coinvolgano due o più aziende facenti parte del medesimo gruppo, si applica la procedura di cui all’art. 14 ovvero all’art. 17, a seconda dell’esistenza o meno di tensioni occupazionali - in unico grado - direttamente a livello della capogruppo, da esaurirsi nel termine massimo di 50 giorni, salvo diverse intese che si realizzassero tra le parti”.

Per quanto riguarda le possibilità offerte dalle innovazioni legislative in materia di mercato del lavoro, le parti, ferme restando le forme di utilizzo già in essere, hanno scelto di privilegiare, per il momento, lo strumento dell’apprendistato professionalizzante, finalizzato al conseguimento di una qualificazione corrispondente ai profili professionali rientranti nella terza area professionale, anche perché è stato individuato un percorso che, ai risparmi previsti dalle legge, accompagna un percorso formativo che, fatte salve le doverose verifiche, presenta caratteristiche interessanti.

 

Il contratto di apprendistato ha una durata di quattro anni e prevede, per il primo biennio, l’inquadramento al secondo livello retributivo immediatamente inferiore a quello del 1° livello della terza area professionale, mentre, nel secondo biennio, l’inquadramento sarà al livello retributivo immediatamente inferiore al 1° livello della terza area. E’ inoltre previsto un meccanismo di salvaguardia per l’apprendistato mirato all’utilizzo finale in mansioni standardizzate.

 

Per le forme di utilizzo che non presentano queste caratteristiche formative, sono stati stabiliti tetti percentuali stringenti come nel caso del contratto di somministrazione a tempo determinato e il contratto di inserimento. Per entrambe le fattispecie, è previsto che il numero delle lavoratrici/lavoratori non possa superare il 5 per cento dell’organico complessivo.

 

Venendo all’area dei quadri direttivi, le misure adottate sono in larga misura ispirate alla necessità di compiere un ulteriore passo in avanti sulla strada della progressiva unificazione di questa area che, pur caratterizzata da una declaratoria unica, vedeva ancora molte differenze tra le previsioni riguardanti gli ex funzionari, inquadrati nel terzo e nel quarto livello retributivo, e gli ex quadri, inquadrati nel primo e nel secondo livello retributivo.

 

Va detto, per onestà, che permangono ancora differenze tra i due sotto gruppi, anche se è evidente che due tornate contrattuali non sono assolutamente sufficienti per omogeneizzare due categorie che in precedenza erano distribuite su quindici livelli retributivi che rappresentavano, in qualche modo, una proxy di differenze professionali, sia a carattere gerarchico che funzionale.

 

Non vi sono, quindi, grandi divergenze sul principio che vede un utilizzo tendenzialmente omogeneo di questa categoria, ma questo prevede grossi investimenti in termini di formazione e una progressiva attenuazione delle rilevanti differenze esistenti in termini di previsioni salariali e normative, differenze che, finché permarranno, non consentono, come vorrebbero le banche, forzature volte ad un utilizzo indiscriminato degli ex funzionari e degli ex quadri.

 

La disponibilità dell’ABI ad effettuare un significativo innalzamento del parametro dei primi due livelli retributivi ed un ritocco del parametro relativo al terzo livello (destinatario di previsioni omogenee a quelle previste per gli ex funzionari) ha consentito di concordare fungibilità tra il primo, il secondo ed il terzo livello, da un lato, e tra il secondo, il terzo e il quarto, dall’altro.

 

Identiche sono, inoltre le previsioni in materia di ferie, di malattia (in questo caso si è giunti all’unificazione delle previsioni per tutte le categorie), di trasferimenti e missioni, ferma restando la previsione della necessità del consenso da parte del quadro direttivo appartenente ai primi due livelli retributivi con almeno 45 anni di età e 22 anni di servizio, anche se il limite chilometrico per il consenso è passato da 30 a 50 chilometri. 

 

Così come sono ormai identiche le previsioni in materia di prestazione lavorativa, previsioni che vedevano i primi due livelli dell’area dei quadri direttivi destinatari di corresponsioni per l’orario eccedente che sembravano reintrodurre lo straordinario e che, oltretutto, differivano anche in maniera notevole tra banca e banca.

 

Il già citato innalzamento dei parametri dei primi due livelli retributivi rappresenta un primo, ancora insufficiente, passo per realizzare questa omogeneizzazione e non vuole passare un colpo di spugna sulle esagerate dilatazioni dell’orario effettivo di queste lavoratrici e di questi lavoratori, che devono però trovare risposta in una maggiore esigibilità della norma a suo tempo prevista per i soli funzionari e che ora è utilizzabile per tutti i quadri direttivi e che prevede che l’azienda può effettuare una speciale corresponsione ove dalla normale elasticità di orario legata al ruolo si passi a prestazioni eccedenti in maniera significativa l’orario normale.

 

Il passaggio, avvenuto con il contratto del 1999, dal carattere gerarchico dei gradi intermedi dei funzionari a quello maggiormente funzionale dei ruoli chiave previsti nella nuova categoria dei quadri direttivi presentava una criticità legata all’intrinseca precarietà della relativa indennità che, invece, ora viene stabilizzata 12 mesi dopo il conferimento dell’incarico.

 

Non vorrei tralasciare l’importanza delle acquisizioni in termini di maggiore esigibilità che hanno riguardato capitoli importanti come la formazione e la banca delle ore per le aree professionali, anche se, come molte delle previsioni del contratto nazionale, prevedono un ruolo attivo di gestione e di controllo da parte del sindacato aziendale.

 

La parte salariale del contratto presenta uno scostamento di modesta entità da quanto previsto nella piattaforma, anche per il fatto che la trattativa si è sviluppata a partire da dati più realistici dell’inflazione programmata.

 

La soddisfazione per queste acquisizioni è accresciuta dal fatto che le cose dette sopra chiariscono come vi sia stato un governo complessivo delle rivendicazioni normative e salariali, ben evidenziato da quel mezzo punto percentuale destinato a rendere la necessaria omogeneizzazione dei quadri direttivi qualcosa di ben più giusto ed equo di quella che era stata l’iniziale richiesta della controparte che sembrava ignorare le differenze che ancora esistono nell’ambito di questa area.

 

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