STUDIO LEGALE AVV.  LOREDANA GOMBIA

 

 

 

 

 

 

Oggetto: LA NUOVA  DISCIPLINA DEL TRASFERIMENTO D' AZIENDA

 

 

 

 

 

Dal  1° luglio 2001 entrerà in vigore il decreto legislativo 2 febbraio 2001 n. 18

 

Tale decreto, in attuazione della direttiva n. 98/50/CE, ha apportato modifiche all'art. 2112 del codice civile e all'art. 47 della legge 29.12.1990, n. 428 norme che disciplinano i diritti dei lavoratori nel caso di trasferimento d'azienda.

 

Le modifiche più rilevanti riguardano essenzialmente quattro elementi:

1) la nozione di trasferimento di azienda e quindi la delimitazione del campo di applicazione della norma;

2) gli effetti del trasferimento sui contratti collettivi applicabili;

3) il rilievo dato al consenso del lavoratore nel caso di trasferimento da un'azienda ad un'altra del proprio rapporto di lavoro;

4) le procedure di informazione e consultazione sindacale.

 

1) Nozione e campo di applicazione

 

La prima sostanziale modifica apportata all'art. 2112 consiste nell'aggiunta di un 5° comma, con il quale viene data la definizione del trasferimento d'azienda come "qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di un 'attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, alfine della produzione e dello scambio di beni o di servizi, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dal carattere negoziale o dal provvedimento sulla base dei quali il trasferimento è attuato, ivi compresi 1 'usufrutto o l'affitto d'azienda."

 

Viene finalmente recepito dalla norma quello che ormai da tempo si sosteneva

pacificamente, sia in dottrina che in giurisprudenza: si è in presenza di un trasferimento di azienda tutte le volte che vi sia una sostituzione del soggetto titolare di essa. indipendentemente dallo strumento giuridico utilizzato per il passaggio dal "cedente" al "cessionario" (sia esso vendita, affitto, usufrutto, successione negli appalti, ecc.).

Anche la terminologia usata, sostituendo ai termini "alienante e acquirente" quelli più generici di "cedente e cessionario" ed indicando il momento del passaggio nella titolarità dell'azienda con il termine "operazione", lascia aperti diversi e nuovi

spazi di applicazione. La norma dispone poi che la disciplina si applica anche al trasferimento di 'parte dell'azienda", facendo proprio così un orientamento che si è andato affermando in questi ultimi anni in dottrina e giurisprudenza, con il concetto di "ramo d'azienda": deve trattarsi, naturalmente, di una articolazione autonoma dell' azienda, pur se facente parte di essa, che abbia cioè una propria consistenza di entità economica organizzata e che sia 'preesistente come tale al trasferimento" e conservi anche dopo il trasferimento tale identità.

Tale ultima precisazione è un'importantissima novità: con essa, infatti, si tende a porre un freno a quella che negli ultimi tempi è stata una tendenza delle imprese ad individuare solo al momento della cessione settori di attività aziendale ( soprattutto nell' ambito dei servizi), privi di reale autonomia organizzativa, favorendo così le cosiddette operazioni di "esternalizzazione", utilizzate in realtà per ridurre in maniera consistente gli organici, aggirando l'ostacolo delle onerose procedure sindacali.

 

2) Effetti sui contratti collettivi

 

Nel nuovo testo dell'art. 2112 si ribadisce la formulazione usata nel vecchio testo, ossia che il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi vigenti alla data del trasferimento, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario.

La norma oltre ad operare una specificazione relativamente all'individuazione dei trattamenti economici e normativi, che devono essere quelli “previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali", aggiunge poi -ed è questa l'altra importante novità -che "l'effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello".

In merito al problema dei contratti collettivi applicabili ai rapporti di lavoro oggetto del trasferimento, in vigenza del vecchio testo dell'art. 2112, si erano venuti formando due orientamenti circa il significato da attribuire al termine "contratti collettivi applicabili all'impresa dell'acquirente": uno affermava l'immediata ed automatica sostituzione delle regole collettive vigenti presso il nuovo titolare; l'altro prevedeva la possibilità di stipulazione di accordi collettivi cosiddetti "di ingresso" o "di armonizzazione".

La nuova norma non risolve del tutto tale dubbio interpretativo, ma con quella ultima precisazione, fa sì che la successione nei contratti collettivi applicabili dovrà avvenire separatamente ad ogni livello contrattuale, impedendo così che, stravolgendo

.'-'

di fatto gli assetti negoziali, le aziende cerchino di sottrarsi all' applicazione dei

trattamenti collettivi vigenti nella precedente realtà aziendale e dando, invece, una mano quei processi di armonizzazione e di ricerca di accordi sindacali "di ingresso".

 

3) Consenso del lavoratore

 

Altra novità di rilievo è quella riportata al quarto comma dell'art. 2112, con il quale si ribadisce che il trasferimento d' azienda non costituisce motivo di licenziamento, ma si aggiunge che "il lavoratore le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d'azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all'ari. 2119, primo comma".

Nell'ipotesi, dunque, di una effettiva sostanziale modifica delle condizioni di lavoro dopo il passaggio della titolarità dell'azienda e con essa del rapporto di lavoro, il lavoratore nei primi tre mesi potrà far ricorso alle dimissioni per giusta causa, con diritto a percepire l'indennità sostitutiva del preavviso.

 

Come spesso accade quando intervengono innovazioni legislative di questo tipo, appare dubbio determinare la portata di questa norma, i cui confini di applicazione restano alquanto incerti, così come incerto appare determinare il significato di "sostanziale modifica delle condizioni di lavoro".

Spetterà come sempre agli interpreti (e in special modo ai giudici), nei primi casi di applicazione, elaborarne una nozione.

 

4) Le procedure di informazione e consultazione sindacale

 

Il  D. Lgs. 18/2001 va a modificare anche l'art. 47 della legge 428/90 che riguarda la procedura di informazione e consultazione sindacale, nei casi di trasferimenti d' azienda.

Il nuovo testo ricollegandosi alle modifiche apportate all'art. 2112 c.c., puntualizza che la procedura si applica nel caso di azienda che occupi complessivamente più di quindici lavoratori ed anche quando "il trasferimento riguardi una parte dell'azienda".

Altra importantissima novità è quella della individuazione del momento da cui pane all'indietro il termine dei venticinque giorni precedenti per la procedura di informazione.

La norma individua quel momento nei venticinque giorni "prima che sia perfezionato l'atto da cui deriva il trasferimento o che sia raggiunta l'intesa vincolante tra le parti, se precedente" .

La norma appare finalmente chiara e coerente con l'intento per il quale è stata posta. Se, infatti, si vuole dare un senso a questo obbligo procedurale, riconoscendo alle rappresentanze dei lavoratori la possibilità (non ovviamente di opporsi ma) di influire sulla vicenda del trasferimento, è chiaro che la fase di consultazione dovrà avvenire quando quella non sia ancora conclusa e l'imprenditore cedente non sia già definitivamente vincolato. Al contrario la norma si svuoterebbe di significato, mantenendo solo un vago ed inutile aspetto formale.

Altra importante modifica, che risponde all'esigenza di adattamento al nuovo sistema di rappresentanza sindacale, è quella riguardante l'individuazione dei soggetti destinatari della comunicazione e della eventuale procedura di consultazione.

Le comunicazioni dovranno essere inviate dal cedente e dal cessionario "alle rispettive rappresentanze sindacali unitarie, ovvero alle rappresentanze sindacali aziendali costituite a norma dell'art. 19 della legge 20 maggio 1970 n. 300, nelle unità produttive interessate, nonché ai sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato nelle imprese interessate al trasferimento", in mancanza delle rappresentanze, la comunicazione dovrà essere rivolta ai sindacati di categoria comparativamente più rappresentativi.

La norma appare coerente con quello che è l'attuale sistema di rappresentanza, ma con una precisazione. La comunicazione alla Rsu potrà ritenersi come assolvimento dell' obbligo solo quando questa sia  1'unica potenziale o attuale rappresentanza sindacale in una certa azienda; ma non, invece, quando esista in azienda una Rsa costituita ai sensi dell' art. 19 da una organizzazione firmataria di un contratto collettivo applicato nell'unità produttiva ( che può essere anche un contratto aziendale ) e che non abbia partecipato alla costituzione della Rsu, la quale dovrà essere ugualmente destinataria della comunicazione.

Un ultimo nuovo aspetto della norma riguarda la violazione delle procedure sindacali e l'applicabilità dell'art. 28 stat. lav.

Il vecchio testo dell'art. 47 individuava espressamente una condotta antisindacale nel mancato rispetto dell'obbligo di esame congiunto, creando così dei dubbi sulla possibilità di sanzionare anche la violazione dell'obbligo di informazione (che poi è precedente e strumentale all'eventuale consultazione).

La nuova stesura dell'art. 47 prevede invece ora espressamente che il mancato rispetto dell'obbligo di comunicazione e di esame congiunto, su richiesta dei sindacati, costituisce condotta antisindacale.

Si deve, infine, aggiungere che il nuovo quarto comma dell'art. 47 prevede un obbligo di informazione ed esame congiunto per il datore di lavoro, anche quando la decisione relativa al trasferimento sia assunta dall'impresa controllante ed il mancato invio da parte di quest'ultima delle informazioni necessarie, non giustifica 1'inadempimento dell'obbligo procedurale.