LE ORIGINI DEI LABORATORI
E CENTRI DI RICERCA DELL'ALBO DEL MIUR
E' utile comprendere l'origine dei Laboratori dell’Albo del Ministero della Ricerca, e capirne la realtà perché il loro ruolo è fondamentale per ogni impresa che voglia accedere al "mercato della ricerca a contratto" con o senza i benefici pubblici.
Nel tempo, il legislatore, in varie occasioni aveva dedicato attenzione ai laboratori di ricerca privati, nella consapevolezza che questi rappresentassero il presupposto per la nascita di un mercato della tecnologia.
A tale argomento si dedicano le seguenti righe cercando di esaminare i provvedimenti legislativi più significativi che nel tempo sono stati rivolti alle imprese che operano nel settori della ricerca, certamente il settore a più alto rischio per il capitale di una impresa ma anche il più interessante nell’attuale scenario della new economy.
Il primo tentativo di incentivare gli investimenti in strutture di ricerca si registra nel 1976, con la legge n. 183/76 " per il mezzogiorno..." e con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 902, con i quali si iniziava a destinare contributi in conto capitale per iniziative volte alla realizzazione di centri di ricerca finalizzati a favorire nuova occupazione intellettuale nel mezzogiorno. Ancora oggi questo obiettivo e' inseguito con scarsi risultati.
Questi provvedimenti necessariamente hanno dovuto procedere ad individuare le caratteristiche dei laboratori da finanziare, tracciando cosi il profilo di una nuova impresa. Il modello pensato era funzionale agli investimenti del grande capitale industriale del nord per cui i laboratori o centri di ricerca vennero disegnati di grandi dimensioni tanto da farli risultare persino piu' grandi di molti istituti di ricerca del CNR, cosi che i parametri dimensionali dei laboratori industriali subirono successivamente un ridimensionamento.
Nella legge n. 183 "per il mezzogiorno" il contributo previsto, a fondo perduto, copriva il 50 per cento dei costi, l'unico condizionamento era che il centro desse occupazione a non meno di 25 ricercatori. E' interessante rilevare che la disposizione non prescriveva la natura industriale dell'iniziativa, richiedendo semplicemente che i centri fossero finalizzati alle attività produttive. Questa impostazione successivamente non verrà conservata. La recente legge 297/99 ha reintrodotto parzialmente la possibilità di finanziare nuove imprese tecnologiche solo se partecipate da enti di ricerca, ricercatori e professori universitari e a condizione che siano finalizzate allo sfruttamento di risultati di ricerca.
Successivamente, si procedeva ad armonizzare i criteri e le procedure di erogazione in favore dei centri di ricerca del Mezzogiorno atra l’altro il numero dei ricercatori da occupare nel laboratorio precisando, che tra i 25 ricercatori erano compresi laureati, non laureati e tecnici, che tra laureati e non laureati, il rapporto non doveva essere inferiore a 1/3 e che nel numero era ammesso un 30% di ricercatori a tempo parziale.
La quantità di ricercatori veniva ulteriormente ridimensionata con la successiva legge 64 per il Mezzogiorno che riduceva a 15 il numero dei ricercatori, pertanto dei 10 ricercatori previsti a tempo pieno almeno 3 dovevano essere laureati. Tuttavia in merito alle caratteristiche del capitale partecipante ai centri di ricerca la legge 64 per Mezzogiorno veniva peggiorata rispetto alla legge precedente che non poneva restrizioni, reintroducendo l’origine industriale dei capitali. Tale limite verrà ignorato nella legge 46 del 1982 per favorire la realizzazione dell’Albo dei laboratori cui potevano essere commissionate ricerche applicative da parte delle PMI. Attualmente non risultano provvedimenti dell’Amministrazione centrale o delle Amministrazioni locali che prendano in considerazione aiuti destinati alla nascita di centri di ricerca, anzi la stessa C.E. ha fortemente limitato gli interventi della ex legge 488 del 1998 destinata a finanziare laboratori e centri destinati alle attività di ricerca.
l’ALBO DEI LABORATORI DEL MINISTERO DELLA RICERCA
Abbiamo riferito che le intuizioni del prof. Franco Momigliano, nel lontano 1981, ispirarono il legislatore ad adottare il primo provvedimento organico in favore delle iniziative private per il trasferimento tecnologico. Così con la legge 46 del 1982 si proponeva la nascita di un “mercato” per lo scambio tecnologico disponendo in suo favore il contributo previsto con l’articolo 4. Con tale istituto dal 1986, data della sua effettiva entrata in vigore, sono stati finanziati altre 1300 contratti di ricerca. Il suo sistema di erogazione, che risultava fortemente condizionato da un iter burocratico subordinato a procedure ministeriali e soprattutto bancarie, non fu mai rivisitato dal legislatore ed oggi è stato superato dai provvedimenti adottati con la legge 449/97 ora ricompressa nel decreto legislativo 297/99 che qui stiamo esaminando.
Con la legge 449/97 si compie la saldatura tra l’esperienza realizzata con l’Albo dei laboratori della legge 46/82 e le nuove metodologie di erogazione delle risorse pubbliche, collaudate dal Ministero della Ricerca di concerto con i Ministeri dell’Industria e del Tesoro, volte ad accelerare ed agevolare la somministrazione delle ingenti disponibilità Comunitarie. Con tale legge, attraverso il meccanismo dello sgravio fiscale, è stata colta l’occasione per soddisfare le esigenze segnalate dalle imprese circa la necessità di realizzare forme procedurali meno burocratiche e meno aleatorie di quelle che erano previste dal superato articolo 4 della legge 46.
Oggi i laboratori qualificati nell’albo del Murst costituiscono un punto di riferimento per il mercato della tecnologia e del trasferimento tecnologico, ciò è comprovato dall'esistenza di molteplici provvedimenti locali ed internazionali che con riferimento ai laboratori qualificati nell’Albo attuano provvedimenti di sostegno all’innovazione delle imprese attraverso azioni di trasferimento tecnologico mediante i contratti di ricerca tra laboratori e imprese. I laboratori sono enti di ricerca pubblici e privati, ma i più dinamici sul mercato della ricerca a contratto sono prevalentemente i laboratori privati di piccole dimensioni, dotati di grande flessibilità, impegnati in ogni disciplina della tecnica e della scienza, sviluppano notevoli capacità interdisciplinari e sono in grado di interagire con gli ambienti accademici sapendo tradurre in applicazioni innovative le conoscenze acquisite. I laboratori pubblici invece sviluppano ricerche a contratto con costante riferimento alla possibilità di pubblicazioni scientifiche, le loro ricerche sono generalmente di grande raffinatezza e in rapporto ai risultati di costo conveniente, tuttavia i tempi di attuazione sono scarsamente programmabili, le loro prestazioni sono tanto più richieste quanto più la ricerca è distante dal “mercato”.