8. FISICA E STORIA DELLA TERRA

8.6 OCEANOGRAFIA

Science, 19 Feb 93, Vol. 259, pg. 1123 - John Travis - Per la prima volta nel 1970, le esplorazioni delle fosse oceaniche condotte con il batiscafo Alvin hanno messo in evidenza una grande varietà di sorprendenti fenomeni fisici e biologici: presenza di banchi di batteri bioluminescenti, strani gamberetti ed altri esseri viventi, sorgenti calde brulicanti di vita con una varietà paragonabile a quella delle foreste pluviali, ma la sorpresa maggiore è stata provocata dalla scoperta di aloni di luce (vent glow) di provenienza sconosciuta. Questi bagliori analizzati con una telecamera CCD hanno rivelato una prevalenza di luce rossa ed infrarosso vicino con lunghezze d’onda fra 770 e 850 nanometri. La spiegazione più semplice è l’origine termale dovuta ai magma del fondo marino con temperatura di circa 350 - 400 °C. Altre possibili processi sono la cristalloluminescenza (luce provocata da rapida cristallizzazioni di composti), la sonoluminescenza (causata dall’implosione di bolle in un liquido), la triboluminescenza (causata da sforzi meccanici in un solido) ed altri ancora. Un altro fenomeno associato a questi bagliori è la presenza vicina di ammassi di gamberetti lunghi diversi centimetri e dotati di misteriosi occhi riflettenti questa luce. Ci si chiede se sono capaci di vederla. Ci si chiede anche se è possibile l’esistenza di batteri capaci di fotosintesi così come è stata scoperta l’esistenza di batteri che derivano la loro energia digerendo composti solforosi mediante chemiosintesi.

Science, 12 Mar 93, Vol. 259, pg. 1534 - John Travis - Il sommergibile di profondità Alvin, che recentemente ha eseguito la ricognizione del Titanic, oggi di stanza a Cape Cod non avrà probabilmente futuro. La Marina vuole sostituirlo con Remoted Operated Vehicles (ROV) un esempio dei quali è il Jason o sistemi ancora più mobili detti Autonomous Underwater Vehicles (AUV) a grande autonomia che sfruttano robotica, sensori ed intelligenza artificiale. I sistemi pilotati come Alvin non sono utilizzabili per più di 12 ore ed hanno un costo elevato. Non mancano gli scettici che giudicano la tecnologia non ancora matura e ricordano le missioni da record compiute dall’Alvin.

Science, 2 Apr 93, Vol. 260, pg. 32 - Richard A. Kerr - Un modello globale degli oceani è stato sviluppato da Semtner e Chervin rispettivamente della Naval Postgraduate School di Monterey e del National Centre of Atmospheric Research. Il modello riproduce la circolazione delle acque degli oceani partendo da dei dati di osservazione e calcolando l’evoluzione delle correnti considerando temperatura, salinità, vento e densità. Vengono usati supercomputer in parallelo. I risultati mostrano che una corrente superficiale convoglia le acque del Pacifico attraverso l’Oceano Indiano verso l’Atlantico, sale verso il nord costituendo la Corrente del Golfo e finisce vicino all’Islanda. Poiché l’evaporazione ha reso l’acqua superficiale più salata e densa delle acque circostanti, la corrente si inabissa e forma un flusso contrario in profondità che scende a sud e circumnaviga l’Antartide tornando nel Pacifico.

Science, 11 Jun 93, Vol. 260, pg. 1603 - Geerat J. Vermeij - Il ponte di terra che connette l’America Settentrionale con il Sud America dove è oggi il Centro America è emerso fra 3 e 3,5 milioni di anni fa separando il Pacifico dall’Atlantico. Da questo momento le specie marine che vivevano nei due oceani rimasero isolate ed iniziarono un’evoluzione indipendente. L’isolamento della fauna dell’Atlantico tropicale ha provocato estinzioni e modifiche genetiche evidenziati dai ricchi reperti fossili. Le divergenze biologiche vengono messe in evidenza dai cambiamenti subiti dagli enzimi metabolici e dalle sequenze del mitocondrial DNA (mtDNA). Tuttavia questi cambiamenti iniziarono già prima che la separazione fra gli oceani fosse completa; il completamento del ponte di terra è meglio datato dai primi spostamenti delle specie di mammiferi endemiche del nord e sud America nelle due direzioni. Questo evento viene datato a 2,92 milioni di anni fa.

Science, 18 Jun 93, Vol. 260, pg. 1742 - Daniel Clery - La conoscenza degli oceani ha fatto eccezionali progressi con l’osservazione da satellite. Al momento il satellite più importante è lo ERS-1 finanziato da 13 paesi europei in ambito ESA al costo di 1,2 miliardi di US$ e lanciato nel luglio 1991. Il satellite porta tre sensori radar che non risentono delle nuvole e del buio e misurano l’altezza delle onde, la velocità del vento e lo spessore dei ghiacci polari. C’è inoltre un altro sensore che misura la temperatura della superficie. Dei tre radar uno è un SAR (Synthetic Aperture Radar) che produce un’immagine con una risoluzione di 25 m, il secondo è uno scatterometro con tre antenne puntate avanti, sotto e dietro il satellite per misurare la rugosità del mare, ma non può lavorare contemporaneamente al SAR; il terzo radar è un altimetro. Benché si tratti di un satellite sperimentale, parte dei dati vengono attualmente utilizzati in tempo reale nelle previsioni del tempo. I suoi dati sono stati impiegati anche nello studio di El Niño.

Science, 8 Apr 94, Vol. 264, pg. 199 - Dennis Normile - Agli inizi del mese scorso i giapponesi hanno sperimentato senza successo il sommergibile robot Kaiko lungo 3 m e capace di lavorare al di sotto dei 6500 m di profondità. Il robot era disceso fino a 10000 m nella fossa vicino all’isola di Guam, ma nessuna immagine è stata ricevuta per un difetto al sistema di comunicazioni. Il Kaiko è equipaggiato con 5 telecamere, sonar, rivelatori del profilo sottostante, una coppia di manipolatori ed altri sensori. I biologi marini hanno molte speranze di fare delle grandi scoperte con le osservazioni del Kaiko quando sarà rimesso in funzione.

Science, 15 Apr 94, Vol. 264, pg. 339 - Karen Schmidt - Il progetto noto come Acustic Thermometry of Ocean Climate (ATOC), che prevede l’uso di onde acustiche per studiare la temperatura degli oceani e le variazioni del clima, è stato bloccato dalle proteste degli ambientalisti che temono disturbi alle balene, delfini e foche nelle vicinanze delle postazioni trasmittenti. Queste dovevano essere installate nelle Hawaii e sulla costa della California, mentre i 13 siti riceventi sono già piazzati in un vasto arco sul nord Pacifico. Le proteste hanno bloccato il permesso del National Marine Fisheries Services che si riserva un’indagine sulla base di una legge che vieta “aggressioni” ai mammiferi marini ed il progetto, che coinvolge 7 nazioni e prevede un costo di 35 milioni di US$, rischia di abortire. Si riconosce una scarsa conoscenza sugli effetti delle onde acustiche sulla fauna marina; l’anatomia di alcune specie di balene e degli elefanti marini può consentire l’ascolto delle trasmissioni ATOC e precedenti esperimenti di trasmissioni acustiche avevano messo in evidenza comportamenti anomali delle balene. Tuttavia i livelli acustici per l’ATOC sono 100 volte inferiori, la trasmissione avverrà alla quota di 900 m invece di 175 m e la frequenza sarà fra 60 e 90 Hz invece che solo a 60 Hz. In ogni caso il blocco del programma impedisce anche di acquisire ulteriori conoscenze sui comportamenti dei mammiferi marini.

Science, 23 Dec 94, Vol. 266, pg. 1947 - John Travis - Quest’anno due spedizioni congiunte della Canadian Coast Guard e della US Coast Guard, completate all’inizio di settembre, hanno percorso 1700 miglia sull’Oceano Glaciale Artico per una ricerca sul clima dal fondo dell’oceano fino al cielo. La prima scoperta è stata che le acque dell’Oceano Artico sono in profondità, fra 100 e 2000 m, più calde di circa 1 grado per l’arrivo di quelle più salate del Nord Atlantico. Un’altra indagine cruciale ha riguardato l’albedo alle diverse lunghezze d’onda dal quale dipendono tutti i modelli di clima e questo è influenzato dalla quantità di ghiaccio sporco prodotto dai sedimenti delle aree costiere. Un’altra indagine ha riguardato il ruolo che hanno le alghe nella formazione delle nuvole. Quando il fitoplancton muore e si decompone emette nell’aria del dimetilsulfide che favorisce la condensazione delle gocce di pioggia. Un’altra scoperta delle spedizioni è stata l’abbondanza di vita diffusa nell’Oceano Artico, dai batteri agli orsi polari. La quantità di vita vegetale, soprattutto alghe, è stata da due a quattro volte quella suggerita dalle misure del 1950. Oggi il ghiaccio copre l’oceano con uno spessore di pochi metri e questo favorisce la vita sottomarina. Lo studio dei sedimenti datati da 13000 a 26000 anni fa invece mostra assenza di vita e fa pensare che a quel tempo l’oceano fosse ricoperto da uno spessore di ghiaccio di centinaia di metri che uccideva la vita sottomarina.

Science, 19 Jan 96, Vol. 271, pg. 333 - Wolfgang Roether - La zona orientale del Mediterraneo è soggetta ad una circolazione verticale come quella che si verifica nei maggiori oceani dovuta all’aumento di salinità ed al raffreddamento. I rilievi idrografici all’inizio di questo secolo hanno mostrato che le acque profonde a 1200 m avevano come sorgente dominante il mare Adriatico le cui acque sprofondavano nel mar Ionio. Il periodo di ricircolazione delle acque nel Mediterraneo è di circa 100 anni. Nel 1987 nuovi rilievi hanno mostrato che la sorgente di salinità si era spostata nel mare Egeo e le acque sprofondavano vicino all’isola di Creta.

Science, 28 Mar 97, Vol. 275, pg. 1881 - Steve Nadis - Nel corso di un mese della scorsa estate, nello stretto di Haro fra l’isola di Vancouver e lo stato di Washington, è stata usata una flottiglia di sommergibili robot, sensori e ricetrasmettitori acustici per tracciare il fronte di separazione fra acqua dolce proveniente dalla costa ed acqua salata dell’oceano e seguirne il processo di mescolamento. L’esperimento aveva anche lo scopo di provare i nuovi Autonomous Underwater Vehicles (AUV) per un esperimento di oceanografia in tempo reale. I sommergibili robot sono lunghi solo pochi metri e sono muniti di sensori acustici, chimici e termici programmabili per un rilevamento detto di adaptive sampling. L’obiettivo è di usare molti di questi veicoli per esplorare parti remote dei mari in modo economico e senza rischio. Il costo è di circa 16000 US$ per unità ed il costo di esercizio è basso se riferito ai 10000 US$ giornalieri di una nave oceanica. Deve essere ancora sviluppato un efficiente sistema di docking in modo che possano attraccare automaticamente dove ricaricare le batterie ed acquisire nuovi comandi e dati. Questa nuova tecnica era inesistente 10 anni fa, oggi è funzionale e fra 10 anni sarà di uso comune.

Science, 11 Jul 97, Vol. 277, pg. 170 - Dennis Normile - La nave sperimentale giapponese a propulsione nucleare Mutsu, sempre scacciata da tutti i porti per pericolo di inquinamento, è stata trasformata a propulsione diesel e ribattezzata Mirai divenendo dal 1997 la più grande nave oceanografica del mondo con le sue 8600 ton. La nave opera sotto la Japan’s Marine Science and Technology Center (JAMSTEC) con un budget che è raddoppiato negli ultimi 5 anni portandosi a 220 milioni di US$. L’aspirazione del Giappone ad affermarsi in campo oceanografico è iniziata nel 1983 con il sommergibile pilotato Shinkai 2000 capace di scendere a 2000 m di profondità, poi, nel 1988, con il Dolphin 3K a guida automatica capace di scendere a 3300 metri di profondità; è seguito nel 1989 lo Shinkai 6500 pilotato che scende a 6500 m ed infine il Kaiko nel 1995, senza equipaggio, che raggiunge la profondità record di 11000 m. Ciascuno di questi sommergibili era accompagnato da una nave di supporto. L’attività di ricerca sottomarina si è concentrata nella raccolta di organismi e sedimenti ad alta profondità e negli ultimi anni il team di ricerca ha isolato organismi che tollerano alte pressioni e alte concentrazioni di solventi identificando le proteine responsabili. Con la nuova grande nave oceanografica il Giappone intende aprirsi alla cooperazione internazionale in progetti di più ampio respiro tra questi quello detto Ocean Drilling in the 21st Century (OD21) che vuole perforare il fondo marino per 3500 m per studiare la composizione della crosta oceanica, il meccanismo dei terremoti nelle zone di subduzione e ricostruire la storia dei cambiamenti climatici della terra.

Science, 15 Aug 97, Vol. 277, pg. 908 - Francis Albarède - L’attuale circolazione degli oceani è ben compresa. L’acqua della corrente del Golfo evapora raffreddandosi nel suo percorso verso l’Artico, quando la sua densità aumenta rispetto a quella dell’acqua sottostante scende in profondità ed inizia il suo percorso come corrente sottomarina verso sud prima lungo le coste delle Americhe, quindi intorno all’Antartico ed infine nel Pacifico; si forma poi un riflusso superficiale dal Pacifico all’Atlantico che riequilibra il bilancio. Una circolazione completa dura 1600 anni e controlla lo scambio longitudinale di calore ed il controllo del clima. La storia del clima nelle epoche geologiche del Quaternario può essere ricostruita dai rapporti isotopici dei sedimenti marini omogeneizzati dalla circolazione marina in particolare il rapporto Sr87/Sr86 nei carbonati, il Neodimio ed il rapporto Pb206/Pb204.

Science, 23 Jan 98, Vol. 279, pg. 483 - Nigel Williams - Il Mediterraneo è fra più vulnerabili dei mari soggetti all’influenza umana. In una riunione a Roma sono stati esposti i cambiamenti ambientali, di temperatura e composizione, che possono influenzare la circolazione non solo del Mediterraneo, ma anche fuori. Dalle misure degli ultimi 40 anni a profondità fra 2000 e 2600 m nella zona nord-ovest è stato rivelato un incremento di temperatura di 0,13 gradi ed un piccolo incremento di salinità. La diga di Assuan sul Nilo nell’alto Egitto ha ridotto il flusso di acqua fresca dagli anni ‘40 ed il livello si sarebbe ridotto di circa 10 cm. L’aumento di salinità influisce sul sistema di circolazione ed il punto dove l’acqua salata scende in profondità si è spostato dall’Adriatico alla regione dell’Egeo. L’acqua salata del Mediterraneo passa poi in Atlantico in profondità ed interferisce con la circolazione del nord Atlantico. Alcuni temono che possa deflettere la corrente del golfo verso il Labrador raffreddando l’Europa settentrionale, altri però ritengono che possa produrre l’effetto opposto. Il Mediterraneo dell’est è diventato uno dei mari più impoveriti di sostanze nutrienti, cosa che favorisce la flora batterica che consuma l’85% del fitoplancton mentre nella zona occidentale, dove arriva l’acqua più ricca dell’Atlantico, ne consuma solo il 55%. La riduzione del nutrimento disponibile favorisce gli organismi più piccoli che sono più competitivi.

Science, 23 Jul 99, Vol. 285, pg. 543 - Bilal U. Haq - Fin dagli anni ‘70 è noto che nelle profondità marine esistono grandi sedimenti di gas idrati, soprattutto metano di origine biogenica che possono rappresentare un futura sorgente di energia. Una stima conservativa valuta a 10000 gigaton, equivalenti di carbone, le riserve di questi gas idrati, due volte l’ammontare di tutte le riserve di combustibili fossili. Questi sedimenti marini vengono rilevati da riflessioni acustiche dovute alla variazione delle proprietà fisiche dell’acqua. La dissociazione di grandi quantità di gas idrati può essere stata responsabile della fine dell’ultimo periodo glaciale, circa 18000 anni fa provocando un aumento dell’effetto serra.

Science, 19 Nov 99, Vol. 286, pg. 1456 - Dennis Normile - Nella prossima settimana una nave giapponese attrezzata per le trivellazioni subacquee inizierà a estrarre strati sottomarini di metano idrato congelato per verificare questa potenziale sorgente di energia, la maggiore del mondo che si trova depositata ai margini dei continenti. I gas idrati sono costituiti da una miscela di acqua e metano, prodotto dalla decomposizione di materiali organici, congelata nei pori dei sedimenti marini o sulla terra sotto il permafrost. Una stima valuta l’energia accumulata in questi idrati pari a più del doppio di quella di tutte le riserve di petrolio e carbone. La ricerca giapponese, lungo le coste pecifiche del Giappone, durerà 5 anni e dovrà capire se questa sorgente di energia è commercialmente utilizzabile. Altri sei paesi inclusi gli USA stanno studiando gli idrati, ma questo è il primo programma operativo; lo sforzo è guidato dalla Japan National Oil Corporation (JNOC) e da un consorzio di 10 compagnie per sviluppare le tecnologie necessarie a prelevare i campioni dei sedimenti. Il metano è un gas da effetto serra ed i depositi di idrati sono molto sensibili alle variazioni di temperatura e pressione degli oceani, un riscaldamento degli oceani potrebbe provocare il massiccio rirascio di metano nell’atmosfera con catastrofici effetti sul riscaldamento globale. Si sospetta che gli idrati abbiano giocato un ruolo sui precedenti cicli di riscaldamento della terra.

Science, 28 Jul 2000, Vol. 289, pg. 551 - G. P. Glasby - Nel 1965 si affermò l’esistenza nelle profondità del Pacifico di risorse illimitate di noduli di manganese, cobalto, nichelio e rame il cui continuo accrescimento superava la nostra capacità di estrazione. Da quel momento iniziarono una serie di tentativi di sfruttamento che però hanno avuto scarsi risultati. La prima fase di ricerca si è avuta fra il 1972 ed il 1982 spinta dalla predizione di una prossima scarsità di materie prime. La zona di ricerche fu soprattutto l’area della frattura Clarion-Clipperton nel nord Pacifico equatoriale. Gli USA finanziarono 30-40 spedizioni, la Germania 26, la Francia 42 e l’URSS circa 100. Si formarono dei consorzi e le ricerche si estesero all’oceano Indiano nel bacino centrale. Un picco di interesse si verificò con l’invasione dello Shaba in Zaire e le guerriglia in Angola e Zambia che portarono un aumento del prezzo del Cobalto, ma l’entusiasmo si smorzò agli inizi degli anni ‘80 essendo rimasti bassi i prezzi dei minerali e non lavorando a pieno ritmo nemmeno le miniere di terra. Nonostante la fattibilità tecnica il vantaggio economico era dubbio e dal 1982 le iniziative praticamente cessarono. Le ricerche avevano anche indotto un lavoro di diplomazia internazionale per regolamentare le estrazioni sul fondo del mare oltre le 200 miglia nautiche, limite delle Exclusive Economic Zones (EEZ) delle singole nazioni. Una nuova fase di interesse si è avuta nell’ultima decade da parte di Giappone, Cina, Corea e India che hanno scarse risorse di questi metalli, ma anche questa non è durata molto. Recentemente l’attenzione si è rivolta a depositi idrotermali al margine delle placche ed a profondità minori di 2000 m. Vicino alle coste di Papua Nuova Guinea si sono trovati depositi ricchi di oro e potrebbero essere i primi ad essere sfruttati. In conclusione però le previsioni di estrazione di minerali dal fondo marino si sono dimostrate false ed hanno prodotto solo uno spreco di denaro.

Science, 20 Jul 2001, Vol. 293, pg. 418 - Carl Zimmer - Sepolti sotto l’oceano si trovano più di 10 trilioni di tonnellate di metano, due volte l’ammontare di tutti i combustibili fossili disponibili, ma il metano è anche un gas serra 25 volte più potente dell’anidride carbonica; ciò significa che se sfuggisse nell’atmosfera potrebbe produrre un catastrofico cambiamento climatico. Sembra però che prima di diffondersi nell’acqua venga divorato da orde di microbi che vivono nel fango dei fondi marini ancora sconosciuti ai microbiologi. Infatti è noto che sotto i fondi marini esistono microbi che producono continuamente metano, ma quando i ricercatori analizzavano il fango alla superficie del fondo marino non trovavano traccia di metano, trovavano invece carbonati in cui il rapporto C13/C12 era lo stesso di quello caratteristico del metano. D’altra parte i batteri che si nutrono di metano possono esistere nelle acque fresche e nel suolo dove c’è abbondanza di ossigeno che invece manca nei fondi marini. Il mistero divenne ancora più fitto quando i geobiologi cercarono i solfati, normalmente presenti nell’acqua, anche nel fango del fondo marino e notarono la sua assenza. Se ne dedusse che gli stessi organismi che distruggevano il metano distruggevano anche i solfati, ma tali organismi erano completamente sconosciuti. La ricerca portò a scoprire che nei fanghi esistevano dei cluster di archea di circa un centinaio circondati da un involucro di batteri. Archea e batteri vivono in simbiosi, gli archea si cibano di metano decomponendolo e ricevono l’ossigeno dai batteri che si cibano dei solfati ed utilizzano le scorie di idrogeno e carbonio prodotti dagli archea. Si stima che i microbi che si cibano di metano hanno avuto una grande importanza nella prima storia della Terra quando il livello del metano nell’atmosfera era 1000 volte più alto di quello di oggi, prodotto dai vulcani e poi dai microbi. Inizialmente ciò ha impedito alla Terra di raffreddarsi troppo, ma poi, senza l’evoluzione degli archea che si cibano di metano, questo avrebbe potuto portare per effetto serra a temperature come quella di Venere rendendo la vita impossibile.

Science, 8 Nov 2002, Vol. 298, pg. 1179 - Carl Wunsch - Nell’analisi dei cambiamenti climatici ricorre spesso il termine di “thermohaline circulation” degli oceani. Si tratta della circolazione delle masse d’acqua, del calore e della salinità o in altri termini della circolazione guidata dalle differenze di densità e/o di pressione nella massa degli oceani. Le profondità degli oceani si trovano in uno stato di quasi equilibrio e senza calcoli complicati non è possibile stabilire se siano le differenze di pressione-densità a determinare il moto delle acque o viceversa. In realtà il movimento delle masse influenza tutte le altre proprietà come calore, salinità, ossigeno, carbonio, ecc.; ad esempio il Nord Atlantico importa calore ed esporta ossigeno ed è molto importante la circolazione della temperatura e della salinità (thermohaline), poiché poi la distribuzione tridimensionale ed i confini delle temperature e delle densità saline sono diverse, si deve separare la circolazione termica da quella salina. Il moto degli strati superiori degli oceani per uno spessore di alcune centinaia di metri è chiaramente influenzato dai venti come per la Corrente del Golfo e la Circolazione circumpolare. La Corrente del Golfo domina gli strati superiori, ma ad alte latitudini la perdita di calore e la maggiore densità creano instabilità nella convezione ed il moto inverte direzione in profondità. Raffreddamento e riscaldamento si hanno nei primi 100 m di spessore dei mari, al di sotto la stratificazione delle temperature è stabile ed il lavoro necessario alla circolazione in profondità viene fornito dalla turbolenza provocata dalle maree e dal vento anche se le acque devono diventare più dense per temperatura e salinità per affondare. L’oceano si comporta come un motore a fluido in movimento capace di importare, esportare e trasportare grandi quantità di calore ed acqua. Il vento determina anche il punto dove la circolazione scende in profondità e l’effetto delle maree dipende dalla profondità dei mari che ad esempio era minore nelle epoche glaciali. In ogni caso il termine “thermohaline circulation” va riservato alla circolazione separata del calore e della salinità.

Science, 6 Dec 2002, Vol. 298, pg. 1877 - David Malakoff - Recentemente gli scienziati del mare si stanno dedicando a determinare una superficie sottomarina due volte le dimensioni dell’Australia e con ricchezze che valgono milioni di dollari. Stati Uniti, Russia, ed una dozzina di altri paesi si preparano a dividersi 15 milioni di kmq dello zoccolo continentale fra la costa ed il fondo dell’oceano. Quest’area rappresenta circa il 5% del totale dei fondi marini e contiene ricchezze come fonti di energia, minerali e risorse biologiche. Nuove regole delle Nazioni Unite (UN) permetteranno ad alcune nazioni di espandere i loro spazi marini fino al 50% e più, ma prima i ricercatori devono definire dove finiscono i continenti ed iniziano gli abissi oceanici e vi sono molti problemi scientifici e legali. Così il governo degli USA si prepara a reclamare 750000 kmq lungo gli oceani Atlantico, Pacifico ed Artico, la Russia ha sollevato il problema della visibilità scientifica e di come le UN potranno trattare le dispute tecniche. Le nazioni povere nel frattempo si preoccupano dei costi di ricerca per soddisfare alla prima scadenza del progetto nel 2009. Per molti paesi l’area che si stende fino a 200 miglia nautiche dalle coste copre lo zoccolo continentale, i paesi possono reclamare più superficie se possono dimostrare che si tratta di un normale prolungamento del proprio territorio. In origine la prima rivendicazione era prevista per il 2004, con le nuove regole approvate dalle UN nel 1999, il termine è ora nel 2009. Si stima che circa 60 nazioni possono beneficiare di questo provvedimento. La Nuova Zelanda spera di aggiungere 2 milioni di kmq, un 50% in più del proprio territorio, L’India potrebbe guadagnare 1 milione di kmq. I criteri per sostenere le richieste sono però complessi e devono documentare la profondità e la forma del fondo marino e lo spessore dei sedimenti del fondo. Per questo alcune nazioni come Australia, India, Brasile e Nuova Zelanda hanno iniziato un programma di rilevamenti e si sono avute anche scoperte spettacolari di catene di vulcani e canyon sottomarini. I criteri possono essere complessi da dimostrare, in particolare la definizione del “foot of the slope” cioè del punto dove la discesa dalla piattaforma continentale raggiunge il fondo piatto dell’oceano, qui i margini di errore possono essere grandi. Lo scorso dicembre la Russia ha presentato la sua richiesta per circa 1 milione di kmq sull’Artico basata sembra sull’idea che la dorsale Alpha-Mendeleev, una formazione sottomarina che biseca l’Artico, sia un’estensione del proprio territorio. Stati Uniti ed altri dissentono ritenendo che si tratti di una crosta oceanica con tracce di magnetizzazione che non si ritrovano in territorio russo e quindi deve rimanere aperta a tutte le nazioni. Il termine del 2009 è considerato troppo stretto dalle nazioni più povere che vogliono riservarsi di rivedere le loro richieste preliminari quando avranno completato le indagini. Tutte queste ricerche porteranno certamente nuove idee su come i continenti si formano, si muovono e vengono erosi.

Science, 13 Feb 2004, Vol. 303, pg. 946 - Richard A. Kerr - Fra le sorgenti sottomarine di energia si comincia a sfruttare il metano intrappolato in profondità a livello molecolare come gas idrato. Si tratta di una potenziale sorgente due volte più abbondante di tutte le altre di origine fossile combinando petrolio, gas e carbone. Le stime danno valori fra 10500 e 42000 trilioni di meri cubi (tmc) in confronto ai 368 tmc dei gas naturali disponibili. Lo scorso anno i primi tentativi indicano che è possibile produrre energia da queste sorgenti, ma allo stesso tempo i geologi suggeriscono realismo perché le recenti indagini indicano che solo una piccola percentuale dei gas idrati risulta sfruttabile. Molti depositi sono sparsi in modo da non essere economicamente sfruttabili ed anche quelli che si trovano concentrati in luoghi favorevoli richiederanno decenni prima di dare un contributo apprezzabile. Ora però queste risorse cominciano ad essere una realtà. Tuttavia, mentre i gas naturali si raccolgono semplicemente trivellando le rocce dentro cui sono intrappolate, i depositi di idrati devono essere scaldati per fare rilasciare il gas. Un consorzio internazionale di 6 paesi guidati dal Giappone ha trivellato un deposito ricco di gas idrato nel delta del Mackenzie nel nord-ovest del Canada, scoperto durante una trivellazione profonda di gas naturale. Usando acqua calda in circolo è uscito fuori il gas e le simulazioni basate sui primi test sono molto promettenti, ma i test sono stati di breve durata e non si sa quanti depositi così ricchi si potranno trovare. La ricerca di giacimenti di idrati economicamente sfruttabili si è orientata alle zone artiche, Canada ed Alaska, ma l’idea di portare delle pipeline solo per i gas idrati è frenata dagli alti costi di estrazione di questi gas rispetto a quelli naturali. I ricercatori giapponesi sperano di produrre gas dai giacimenti idrati perché il Giappone importa il 99% del petrolio e del gas che consuma e si trova nel terzo anno di un programma di ricerca da 50 milioni di US$ all’anno per 16 anni per la ricerca di metano da idrati. Si sono trivellati 30 pozzi in mare nel sud-est del Giappone. La produzione commerciale di gas da idrati potrà cominciare in 10-15 anni, ma un contributo significativo si potrà avere dopo almeno 30 anni. Un esempio viene dall’estrazione del metano intrappolato nei giacimenti di carbone, cominciato negli USA 30 anni fa, che solo ora ha raggiunto solo l’8% del totale della produzione nazionale di gas.

Science, 16 Apr 2004, Vol. 304, pg. 400 - Andrew J. Weaver and Claude Hillaire-Marcel - Un’idea diffusa dai media è che il riscaldamento globale indotto dall’uomo possa causare un altro periodo glaciale. L’idea proviene da articoli che riportano come nella recente storia geologica della Terra siano stati frequenti improvvisi cambiamenti climatici e ci sono prove, anche se controverse, che questi cambiamenti bruschi sono stati la norma nell’ultimo periodo interglaciale. Di conseguenza gli articoli postulavano sequenze di eventi come i seguenti: se il riscaldamento globale produce un ciclo idrologico, aumentando la quantità di acqua dolce che si scarica nel nord Atlantico, può essere bloccata la componente di circolazione globale del nord Atlantico, la AMO (Atlantic Meridional Overturning); ne risulta il raffreddamento dell’Europa con l’aumento dei ghiacciai ed il formarsi di un nuovo periodo glaciale, ma la formazione di ghiacciai richiede un cambiamento stagionale dell’irraggiamento solare, inverni più caldi ed estati più fredde associati a cambiamenti del tilt dell’asse terrestre ed alla precessione dell’orbita, cambiamenti amplificati dalla riflessione delle radiazioni solari per le maggiori distese di neve e ghiaccio, per l’espansione della tundra e con un aumento di gas serra come anidride carbonica e metano. Con l’aumento attuale del contenuto di anidride carbonica non può formarsi una permanenza di neve in agosto necessaria per l’accrescimento di ghiacciai nell’emisfero nord. Una riduzione dell’AMO, dovuta al riscaldamento globale per l’aumento del contributo di acqua dolce dei fiumi sul nord Atlantico, è stata discussa in relazione a quanto avvenuto 8200 anni fa quando i laghi glaciali hanno riversato attraverso lo stretto di Hudson grandi quantità di acqua nel nord Atlantico, ma una prova sicura di una riduzione dell’AMO in questa occasione non si è avuta ed in ogni caso l’attuale aumento di acqua dolce nell’Artico è di circa due ordini di grandezza inferiore. Se l’AMO diventasse inattivo ciò provocherebbe certamente a breve periodo un raffreddamento dell’Europa specialmente durante l’inverno, ma permarrebbe il riscaldamento dovuto ai gas serra. Secondo la nostra attuale comprensione del sistema climatico il riscaldamento globale non può avere come conseguenza il generale collasso dell’AMO e l’inizio di un nuovo periodo glaciale.

Science, 17 Sep 2004, Vol. 305, pg. 1693 - Richard A. Kerr - Questa settimana la missione di carotaggio sull’Artico è tornata a Tromso in Norvegia con i campioni di sedimenti del primo sondaggio effettuato sul fondo dell’Oceano Artico coperto di ghiaccio. I campioni contengono la prova dello scongelamento dell’Oceano Artico vicino al Polo Nord 55 milioni di anni fa e del lungo e lento progredire della coltre di ghiaccio artico nei tempi recenti. In qualche punto delle centinaia di metri di fango dei campioni si deve trovare memoria delle ultime estati dell’Artico libero da ghiacci milioni di anni fa, condizioni che potrebbero ritornare nel mondo sotto effetto serra del 2100. Il successo della spedizione di carotaggio da 12,5 milioni di US$ detta Arctic Coring Expedition (ACEX) è venuto dopo decenni di semplici prelievi di pochi metri dei fondi oceanici nell’Artico. Fin dagli anni ’60 i sondaggi scientifici in altri oceani avevano riportato 160 km di carotaggi di rocce e sedimenti, ma nell’Artico, in presenza di ghiaccio, i campioni potevano essere presi nei primi pochi metri del fondo. Ora con il nuovo Integrated Ocean Drilling Program i 13 membri dell’European Consortium for Ocean Research Drilling hanno messo in campo una flottiglia di 3 navi: una nave sonda rinforzata per il ghiaccio che stazionava 1300 m sopra il punto di trivellazione e due rompighiaccio di cui uno a propulsione nucleare. Nel punto di trivellazione, a soli 220 km dal Polo Nord, il ghiaccio che copre la superficie è spesso 4 m con poche aperture. Si è visto che anche nelle peggiori condizioni del ghiaccio si è stati in grado di rimanere sopra lo stesso foro fino a 8 giorni di seguito. In tre settimane di trivellazioni ACEX ha estratto 410 m di sedimenti nel sito profondo di Lomonosov Ridge ed ha perforato in altri 5 posti meno profondi. I 19 scienziati di 19 nazioni a bordo hanno raccolto un totale di 339 m di sedimenti vecchi fino a 80 milioni di anni. Il più importante prelievo è stata una coppia di prelievi lunga 100 mila anni di sedimenti di 55 milioni di anni fa che contiene microfossili di animali e piante tipici delle acque subtropicali a 20 °C e non delle acque sotto lo zero di oggi. I fossili caratterizzano il cosiddetto Paleocene-Eocene Thermal Maximum (PETM) indicato da tutti i sedimenti marini del tempo. Ora i paleoceanografi possono cercare di scoprire il ruolo dell’Oceano Artico nel PETM. Sembra che il riscaldamento sia stato provocato da un massiccio rilascio di metano, un gas serra immagazzinato nei fondi oceanici come idrato ghiacciato. Non è chiaro che cosa abbia provocato il rilascio del metano, gli scienziati dell’ACEX hanno trovato una salinità eccezionalmente bassa delle acque artiche negli ultimi 60 milioni di anni dovuti in parte al grande afflusso delle acque dei fiumi e queste acque a bassa densità potrebbero aver alterato la circolazione globale dell’Atlantico. Una volta che il riscaldamento globale dell’Eocene cominciò a finire, il mondo iniziò a raffreddarsi negli ultimi pochi milioni di anni ed i primi segni del ghiaccio artico sono i granelli di sabbia rilasciati nell’oceano dai ghiacci di terra apparsi nei sedimenti di 40 milioni di anni fa, prima di quanto ci si aspettasse, ma il picco dei depositi di sabbia è di 7 milioni di anni fa e sta ad indicare ormai la presenza di ghiaccio durante l’intero anno. Ricordando ora gli spazi di mare libero da ghiacci della scorsa estate si può pensare ad un possibile riscaldamento globale per la fine del secolo.

Science, 12 Nov 2004, Vol. 306, pg. 1143 - Jess F. Adkins and Claudia Pasquero - Le profondità dell’oceano contengono quasi tutta la massa, l’inerzia termica ed il carbone dell’intero sistema oceano-atmosfera. La frequenza con cui si verifica il riclico delle acque ha un profondo effetto sul clima. La misura della distribuzione del radiocarbonio 14 nelle profondità dell’oceano indica che questo ciclo ha una durata di circa 1000 anni. Il radiocarbonio è un accurato tracciatore del ciclo perché viene creato nell’alta atmosfera dai raggi cosmici ed entra nell’oceano attraverso l’assorbimento dell’anidride carbonica. Quando le acque superficiali scendono nelle profondità marine il radiocarbonio decade con il suo tempo di dimezzamento di 5730 anni. Oggi si trova più radiocarbonio nell’Oceano Atlantico che nel Pacifico che quindi è meno ventilato del primo, ma nel passato, circa 20000 anni fa, al tempo del Massimo Glaciale con il Canada ricoperto di ghiacci, i sedimenti dei fondi oceanici formati dai forammiferi permettono un confronto con altri depositi che si sono formati nello stesso tempo come quelli del fondo del Pacifico. Si è documentata la storia del radiocarbonio dell’atmosfera negli ultimi 50000 anni. Se diminuisce l’assorbimento degli oceani aumenta il contenuto di radiocarbonio nell’aria, ma anche la sua produzione non è costante. Dalle ricostruzioni sembra che durante l’ultimo Massimo Glaciale l’oceano fosse più stratificato e la circolazione più lenta di quella attuale.

Science, 8 Jul 2005, Vol. 309, pg. 258 - Gabriele C. Hegerl and Nathaniel L. Bindoff - Con l’aumento della concentrazione dei gas serra l’atmosfera intrappola più radiazione infrarossa vicino alla superficie terrestre. La maggior parte del calore viene però assorbito dagli oceani che si vanno riscaldando. Le osservazioni hanno mostrato che l’84% del calore che la Terra ha ricevuto dagli anni ’50 si trova negli oceani. Questo porta all’espansione termica dell’oceano che contribuisce per almeno il 25% dell’aumento del livello del mare. L’aumento del riscaldamento produce inoltre una maggiore stratificazione causando l’indebolimento della circolazione globale in molte proiezioni dei modelli climatici. Gli oceani sono inoltre gli elementi chiave per il ciclo del carbonio e si stima che immagazzinino circa la metà del carbonio totale rilasciato dall’attività umana fin dai tempi preindustriali. Per questo gli oceani sono il luogo più importante dove guardare per i cambiamenti prodotti dall’effetto serra. Molti dei cambiamenti osservati sulla superficie terrestre e nell’atmosfera nel XX secolo possono essere riprodotti dai modelli climatici che tengono conto dei gas serra, aerosoli, inquinamento, cambiamenti della radiazione solare e riflessione dagli aerosoli vulcanici. Gli studi hanno mostrato con un alto livello di confidenza che la maggior parte dell’aumento di temperatura osservato sulla superficie terrestre e nell’atmosfera negli ultimi 50 anni è stato causato dall’aumento dei gas serra. Dal 1960 si è aggiunta l’osservazione dei primi 700 m di profondità dei bacini oceanici e le variazioni della sua temperatura non dipendono dalla radiazione solare e dall’effetto dei vulcani, ma dall’effetto antropogenico della composizione dell’atmosfera. Man mano che gli oceani si porteranno in equilibrio con l’atmosfera il riscaldamento diventerà sempre più evidente. I dati sull’oceano coprono ancora un intervallo di soli 50 anni e la copertura spaziale non è omogenea, particolarmente per le regioni meno accessibili dell’Artico e dell’oceano meridionale. Un lavoro ulteriore è necessario per determinare come la temperatura e la salinità cambiano in profondità negli oceani, verificare le variazioni i temperatura nel corso di una decade o più e la possibilità di cambiamenti più drastici come il possibile collasso della circolazione influenzata dalla salinità.

Science, 19 Aug 2005, Vol. 309, pg. 1164 - Jeffrey Mervis - La National Science Foundation (NSF) ha deciso di noleggiare un rompighiaccio russo per sgomberare dai ghiacci questo inverno il percorso verso McMurdo, la principale stazione dell’Antartico. McMurdo si trova all’estremità di un golfo che deve essere liberato dai ghiacci durante l’estate australe. Per 30 anni il lavoro era stato fatto dai rompighiaccio della US Costal Guard, ma ora queste navi sono diventate insufficienti perché nel 2000 i ghiacci sono diventati persistenti e spessi ed il sistema è inefficiente e costoso. All’inizio dell’anno la NSF ha noleggiato il Krasin, un rompighiaccio russo, per aiutare la US Polar Star ed ora si vuole usare il Krasin nel prossimo inverno lasciando la Polar Star come riserva. Il Krasin è più economico ed efficiente ed i 5 milioni di US$ che si risparmiano potranno essere usati per rimettere in ordine la Polar Star. Il programma della NSF prevede una serie di opzioni per ridurre la sua dipendenza dai rompighiaccio ed allo stesso tempo migliorare le operazioni in Antartico. Le proposte comprendono la costruzione di una pista di atterraggio per trasportare i rifornimenti per via aerea dalla Nuova Zelanda e di migliorare la capacità di trasporto via terra fra i vari siti. Si indagherà anche sull’uso operatori commerciali per i trasporti per ridurre la dipendenza dai trasporti militari, ma anche così la NSF avrà bisogno in futuro di un nuovo rompighiaccio per il rifornimento di McMurdo.

Science, 1 Jun 2007, Vol. 316, pg. 1294 - Jack J. Middelburg ad Filip J. R. Meysman - Solo lo 0,4% del fitoplancton della superficie dell’oceano viene sepolto nei sedimenti oceanici. Questo processo conserva il carbone atmosferico che viene raccolto nel ciclo stagionale in un ciclo di durata geologica proprio dei sedimenti oceanici. Questo corrisponde ad una effettiva rimozione di anidride carbonica dall’atmosfera ed una corrispondente immissione di ossigeno. Senza questo processo l’ossigeno non si sarebbe accumulato nell’atmosfera. Il seppellimento del carbone organico nei sedimenti marini è controllato da processi biologici, chimici e fisici. La degradabilità della materia organica è espressa generalmente da una costante k del primo ordine e, man mano che viene trasferita dalla zona fotonica delle acque alle zone più profonde e quindi ai sedimenti, la degradazione rallenta. I fattori che governano la degradazione della materia organica nei sedimenti sono la natura chimica della materia organica stessa, i dati fisici dell’ambiente dei sedimenti e gli agenti biologici che causano la decomposizione dei composti organici. La materia organica è costituita da molecole di struttura diversa che hanno una diversa resistenza all’attacco degli enzimi microbici ed i composti più resistenti vengono preservati. Dal punto di vista fisico, l’ambiente controlla la velocità con cui si degrada la materia organica. Quando l’ossigeno è presente nei sedimenti esso è cruciale nella velocità di degradazione. Un secondo meccanismo è quello degli enzimi digestivi emessi dai microbi che si diffondono intorno a loro, ma la loro concentrazione diminuisce con la distanza e la sostanza organica è protetta dalla natura fisica dei sedimenti, il decadimento nel tempo è quindi sempre meno rapido e la sua legge diventa quella della potenza inversa.

Science, 17 Aug 2007, Vol. 317, pg. 886 - Richard A. Kerr - Nel 1997 due geologi del mare hanno avanzato l’ipotesi che una cataratta della potenza di 200 cascate del Niagara abbia riempito il Mar Morto 8400 anni fa spingendo gli agricoltori neolitici verso l’Europa occidentale ed ispirando la storia del diluvio di Noè. Ora, 10 anni dopo, si sta producendo una quantità di ricerche molte delle quali sul diluvio di Noè. Le prove geologiche della catastrofe sono state male interpretate. Negli ultimi 50 anni i ricercatori hanno scritto più di 1000 pagine di rapporti e di dati raccolti intorno al Mar Nero. La maggior parte delle conclusioni è contro il diluvio. Le testimonianze archeologiche non mostrano segni di migrazioni di popoli intorno al Mar Nero 8400 anni fa, per un avanzare delle acque. I geologi marini ritengono che 10000 anni fa il Mar Nero fosse un modesto lago con un livello 100 m sotto l’attuale ed era separato dalle acque salate del Mediterraneo il cui livello era troppo basso perché le acque attraversassero il Bosforo. Quando lo scioglimento dei ghiacci ha rialzato il livello del Mediterraneo, il Mar Nero si è di nuovo riempito in tempi relativamente brevi intorno a 8400 anni fa. Lo scenario viene considerato un mito perché il Mar Nero non è stato mai troppo basso ed il suo livello si è rialzato gradualmente in millenni. I geologi stanno ora cercando misure dirette ed indicatori geologici sui flussi attraverso il Bosforo ed alcuni indicano che il Mar Nero si è riempito lentamente. Sul lato del Mar Nero, a nord del Bosforo, si sono trovate linee di spartiacque e lagune formatesi quando il livello si è rialzato gradualmente e, sul lato sud del Bosforo, si è trovato un delta prodotto dalle acque che defluirono 10000 anni fa quando si pensava che il Mar Nero fosse completamente all’asciutto. Altri hanno opinioni diverse ed interpretano in modo diverso questi dettagli. Il problema rimane quindi ancora aperto.

Science, 17 Aug 2007, Vol. 317, pg. 908 - John A. Church - All’inizio di quest’anno l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha prodotto prove inequivocabili che il cambiamento climatico è in corso. Una conseguenza evidente del cambiamento sarebbe il rapido collasso del flusso di acqua calda che si muove verso le alte latitudini, fatto che avrebbe serie conseguenze sul clima del Nord America e dell’Europa. Un programma di osservazioni è stato messo in moto per chiarire questo problema. L’acqua calda emerge dallo stretto della Florida e scorre verso nord, lungo la costa est dell’America, con il nome di Corrente del Golfo. Lasciate le coste del Nord America, si dirige verso nord-est, quindi una parte va oltre l’Islanda ed un’altra gira in superficie verso le regioni subtropicali. Nel suo movimento verso nord la corrente perde calore cedendolo all’atmosfera e diventa più densa. Quest’acqua densa e fredda scende a 2-5 km di profondità e ritorna verso sud. Questo ritorno è noto come il North Atlantic meridional overturning circulation. Due processi possono impedire all’acqua di scendere in profondità alle alte latitudini: un riscaldamento superficiale ed una riduzione di salinità provocata dall’acqua dolce dello scioglimento dei ghiacci dallo stretto di Groenlandia. Osservazioni indicano che c’è in realtà un addolcimento delle acque del Nord Atlantico. I modelli del cambiamento climatico indicano che, quadruplicando la concentrazione di CO2 in 140 anni, la meridional overturning circulation (MOC), definita come il trasporto netto verso nord nello strato sopra i 1000 m di profondità, si ridurrebbe fra il 10 ed il 50% Una serie di misure di temperature e salinità sono state eseguite fino in profondità alla latitudine di 25°N, fra il 1957 ed il 2004, e da questi dati si è dedotto che la MOC si è ridotta del 30% ed il trasporto di calore verso nord è diminuito del 20%. Una proiezione per la fine del 21° secolo da un 50% di riduzione. Una nuova iniziativa condotta dal National Environmental Research Council UK, con il supporto di altre Agenzie USA, è stata iniziata nel 2004 monitorando la MOC alla latitudine di 26°N. L’array di misura dispiegato registra le variazioni di pressioni, temperatura e salinità (e quindi la densità) nella colonna d’acqua agli estremi ovest ed est del Medio Atlantico e da ambedue il lati della dorsale atlantica. Queste misure vengono combinate per stimare le differenze di pressione fra la parte ovest e la parte est dell’intera sezione e quindi il flusso totale. In una media di 15 giorni il flusso totale deve essere circa zero e l’errore riflette le approssimazioni del metodo. Vi sono grandi variazioni durante l’anno e la risoluzione è sufficiente a rivelare improvvise transizioni della MOC. Non si sa quanto questa varia da anno ad anno e questa determinerà quanto a lungo si dovrà proseguire la misura per determinarne il trend. Dai modelli si prevede che saranno necessari diversi decenni di misure.

Science, 15 May 2009, Vol. 324, pg. 888 - Erik R. Ivins - Le variazioni di volume della coltre di ghiaccio in Antartide non sono ben comprese. Sia nel corso dei millenni che su scala di tempo limitata, lo strato di ghiaccio, soprattutto a causa della neve che si accumula, bilancia approssimativamente le perdite di acqua per il distacco dei ghiacciai e lo scioglimento ai margini. Tuttavia ci sono periodi in cui parte dei ghiacci del West Antarctic Ice Sheet (WAIS) si va perdendo nell’oceano e questo porta ad un aumento del livello del mare. Si è calcolata la perdita di volume di ghiaccio per la ritirata del WAIS. Più del 90% del ghiaccio che scende dall’Antartide nell’oceano proviene dai ghiacciai terminali che si muovono con velocità da dieci a cento metri all’anno. I dati dei satelliti hanno mostrato importanti cambiamenti nell’Antartico dell’Ovest per l’aumento della velocità di scorrimento nell’ultima decade. I dati dei due satelliti GRACE (Gravity Recovery and Climate Experiment) dalla fine del 2002, hanno indicato l’aumento delle perdite nella Pine Island Bay e Amundsen Sea da parte dei ghiacciai che penetrano per centinaia di chilometri nel mare. C’è l’effetto di adduzione di acqua calda dell’oceano sotto la linea di costa del ghiacciaio della Pine Island, ma non è stato dimostrato che si sia innescata un’instabilità. I dati dei microfossili a 600 m di profondità nel Mare di Ross indicano crescita e decrescita della copertura di ghiaccio e suggeriscono che 3-5 milioni di anni fa si sia avuta una condizione di mare aperto al tempo in cui la temperatura terrestre era 3°C più alta di quella attuale. Un tale scenario di variabilità può essere successo e potrebbe ripetersi in futuro. Le scale di tempo in cui si possono manifestare queste variazioni sono incerte, ma le conseguenze di un aumento del livello del mare da 0,5 a 1,0 m avrebbero effetti geopolitici ed economici devastanti nelle zone costiere urbanizzate. La buona notizia è che il previsto aumento di 3,2 m del livello del mare è circa la metà di quello previsto nei passati 30 anni, ma alcune regioni del Nord America e del sud dell’Oceano Indiano subiranno inondazioni di 0,4 m rispetto al livello medio per i cambiamenti della gravità e del momento di inerzia della Terra rispetto ai valori attuali. Cambiando la distribuzione delle masse, cambierà la distribuzione delle forze centrifughe che agiscono nell’oceano. La situazione nel prossimo futuro può essere complicata dal fatto che la Groenlandia sembra che stia perdendo massa di ghiaccio come o più dell’Antartico. La Groenlandia richiede solo la metà di perdita di massa dell’Antartide per provocare un effetto equivalente sul momento inerzia a causa della sua posizione meno polare.