TRASMISSIONI INTERNAZIONALI IN LINGUA ITALIANA
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Sulla storia dell'emittente "La Voce della Russia"
Nel 2007 la redazione italiana festeggia i 70 anni di età
Sulla storia dell'emittente radiofonica “LA VOCE DELLA RUSSIA"


      L’emittente dei programmi radiofonici in lingue estere è stata istituita nell’URSS nel 1929. Curata dal Komintern, Internazionale Comunista, trasmetteva inizialmente in tre lingue: tedesco, inglese e francese.
Secondo le testimonianze lasciateci dai veterani di Radio Mosca, come allora si chiamava, i primi programmi in lingua italiana risalgono al 1933.
All’inizio erano irregolari, avevano una durata di 10 — 15 minuti e comprendevano in linea di massima le informazioni della TASS, l’Agenzia ufficiale sovietica.


     Si è dovuto attendere l’autunno del 1937 perchè iniziasse a funzionare regolarmente una Redazione italiana che allora veniva chiamata “Sezione italiana”. In qualità di redattore capo è stato nominato il comunista italiano Del Magro, ex capostazione di Livorno, costretto al abbandonare l’Italia per sfuggire al carcere fascista. Insieme a lui sono venuti a lavorare alla Sezione italiana di Radio Mosca gli altri comunisti emigrati – Pavesi di Milano e Manservigi di Torino.
     Sull’argomento ha scritto nel 1969, su Rinascita, Luigi Amadesi, dirigente comunista, nel dopoguerra segretario di Palmiro Togliatti, approdato a Radio Mosca nel 1938 per rimanervi a lavorare fino a guerra conclusa (“Italiani a Radio Mosca” Rinascita 5 settembre 1969 n. 35, pp. 15,16). Così nella Sezione italiana dell’epoca troviamo gli altri italiani e anche le loro moglie che lavoravano alternandosi per certi periodi: Giuseppe Amoretti di Sanremo, già redattore dell’Ordine nuovo, del Lavoratore e dell’Unità, arrestato in Italia nella primavera del 1928; Giovanni Farina di Stradella e Clarenzo Menotti di Suzzara, entrambi eletti dopo la guerra Senatori della Repubblica; Ettore Fiammenghi di Milano, Bindo Regazzi di Ferrara, Sergio Di Giovanni, abruzzese, Olga Pastore, Anna Bessone, moglie di Amoretti, Rita Montagnana, consorte di Togliatti, Feiìcita Ferrero di Torino, Nora Negarville, Mattteo Secchia, Mira Galiussi. Nell’estate del 1940 a loro si sono aggiunti Ruggero Grieco e la sua moglie russa Lilja, Hanno prestato una collaborazione saltuaria Anselmo e Andrea Marabini e Giovanni Germanetto, l'autore delle Memorie di un barbiere. Con lo pseudonimo di Mario Correnti anche Palmiro Togliatti ha lavorato a Radio Mosca con un commento del giorno tre volte la settimana dal luglio del 1941 al maggio del 1943, cioè fino al suo ritorno in Italia.
     Radio Mosca, scriveva Luigi Amadesi, “trasmetteva i documenti dell’Internazionale comunista e del Partito comunista sovietico e svolgeva un’intensa propaganda socialista. Per quanto riguarda l’Italia noi trasmettevamo, in più, quasi tutti i materiali e le informazioni che pubblicava la stampa clandestina del PCI e La Voce degli italiani, finchè potè uscire a Parigi, e scrivevamo articoli di polemica politica e ideologica contro il fascismo”.
     La Direzione di Radio Mosca puntava a trovare, per le Sezioni che trasmettevano all’estero? dei giornalisti russi che conoscessero le rispettive lingue. Però fino allo scoppio della guerra, nella Sezione italiana non vi sono stati specialisti di questo rango. Come ricordava Amadesi, ognuno faceva il redattore, redigendo i notiziari e le rassegne stampa, il traduttore dei testi russi e poi si sedeva davanti al microfono. Il lavoro era faticoso e per renderlo più agevole nel 1940 è stata costituita la Redazione russa con il compito di preparare in modo centralizzato i notiziari, interni ed internazionali, articoli sulla politica dell’URSS, programmi musicali e letterari.
     Alla fine degli anni trenta del novecento in Unione Sovietica esistevano già apparecchi di registrazione.
Si trattava però di impianti ingombranti dal risultato insoddisfacente specialmente per trasmettere sulle onde corte e medie, zeppe di interferenze atmosferiche o provocate dalle altre trasmettenti.
Per ovviare a questi inconvenienti i programmi musicali, con la partecipazione di note orchestre e celebri cantanti, venivano trasmessi in diretta.
     In quelli anni nell’Unione Sovietica era molto popolare un cantante lirico del Tetro Bolshoj, il basso Mark Reisen. Lui conosceva anche molto bene l’italiano e prendeva parte ai programmi di Radio Mosca non solo come cantante ma come autore di trasmissioni sulla vita culturale del Paese.
     Quando, nel 1937, stavano per incominciate le trasmissioni regolari di Radio Mosca in lingua italiana i rapporti ufficiali interstatali tra l’URSS e l’Italia fascista erano buoni e il governo di Mussolini ha fatto sapere che non avrebbe ostacolato la ricezione dei programmi radio sovietici in Italia e gli ascoltatori avrebbero anche potuto corrispondere con Radio Mosca. Luiigi Amadesi così ricordava quel periodo: “All’invito che avevamo rivolto ai nostri ascoltatori di scriverci sulle condizioni di audizione, sui problemi che desideravano che fossero trattati, con grande sorpresa ricevemmo, oltre che dagli italiani emigrati, centinaia di lettere direttamente dall’Italia. Naturalmente vi erano lettere di fascisti che ci coprivano dei peggiori insulti, ma si trattava di una piccola minoranza. In generale i nostri interlocutori, anche dicendosi fascisti, ci chiedevano le più diverse notizie e delucidazioni sulla vita sovietica o mettevano in dubbio la validità del marxismo-leninismo che di solito conoscevano assai male”.
     Negli archivi di Radio Mosca si sono conservate alcuna di quelle lettere.
Ecco alcuni brani estratti da missive risalenti al dicembre del 1937. Molte non venivano dall’Italia ma da Paesi vicini come la Francia e la Jugoslavia.
     “Sono già alcuni giorni che ascolto con vivo interesse le vostre trasmissioni in italiano. Ho avuto la possibilità di sentire un programma sulla campagna elettorale e sulle elezioni del 12 dicembre. Sono studente, amico dell’Unione Sovietica. Fiume, 15 dicembre 1937”. Un altro ascoltatore ci scriveva da Zagabria il 2 dicembre dello stesso anno: “Sono lieto di ricevere Mosca in una lingua che conosco. Abito nei pressi di Trieste e qui le vostre trasmissioni suscitano un senso di allarme. La situazione dei fascisti peggiora sempre più- Scrivo questa lettera con molta fretta da Zagabria”- Lettera non firmata.
     Un emigrato italiano scriveva il 17 dicembre del 1937 dalla Francia: “Ogni sera ascolto con molto piacere le trasmissioni in italiano. Sono rimasto particolarmente commosso nel sentire a fine programma le note dell’Internazionale. Non vi ascolto da solo, ma insieme alla mia famiglia: mia moglie e sei figli. Vorrei ricevere il testo delle vostre trasmissioni per poterle diffondere fra i compagni comunisti e socialisti”.
     Radio Mosca rispondeva a tutti i suoi ascoltatori cercando di assecondarne le richieste. Ma la tolleranza del governo italiano non durava a lungo. E’ stato vietato ogni contatto postale e poi per aver ascoltato Radio Mosca si poteva finire in galera. Però con gli ascoltatori italiani erano già avviati dei contatti e dopo la guerra quei contatti sono stati ripresi diventando una tradizione valida a tutt’oggi.
     Dopo l’aggressione nazista contro l’Unione Sovietica del 22 giugno del 1941, alla quale si è subito aggregato Mussolini, per Radio Mosca è sorto il problema di che carattere dare alle trasmissioni in lingua italiana. Ce ne parla Luigi Amadesi nei suoi ricordi di Radio Mosca sulle colonne di Rinascita del 1969: “Si tenne una riunione ad alto livello per discutere la questione e diede precise direttive. Per noi esse si potevano riassumere nella formula: attaccare in tutti i modi il fascismo, non dire nulla che potesse urtare il sentimento e la dignità nazionale del popolo italiano, chiamare gli operai, contadini, tutti gli italiani alla lotta più decisa contro il regime fascista. Questa linea fu seguita in modo coerente fino al termine della guerra”.
     Il 27 giugno del 1941 dai microfoni di Radio Mosca si è rivolto per la prima volta agli italiani Mario Corrente – Palmiro Togliatti. Quando era a Mosca, li leggeva direttamente al microfono, in caso di assenza inviava i testi per telegrafo. Quel suo lavoro a Radio Mosca è andato avanti fino alla partenza per l’Italia nel 1943 e dopo la guerra si è trasformato in un volume intitolato “Discorsi agli italiani”.
     Il primo commento Togliatti lo ha voluto ovviamente dedicare alla scelta di campo dell’Italia fascista a fianco della Germania nazista. “Mussolini. – scriveva Togliatti, - ha compromesso l’onore del Paese portando l’esercito italiano di disfatta in disfatta. Egli compromette oggi il nostro interesse e il nostro onore dichiarandosi in guerra con la Russia”. (P. Togliatti “Discorsi agli italian” Edizioni in lingue estere. Mockva 1948. p. 16), Togliatti ritornava ogni tanto sulla partecipazione del fascismo italiano alla guerra contro l’Unione Sovietica. Nel contempo parlava nei suoi commenti agli ascoltatori dei maggiori avvenimenti militari e politici del momento con particolare riguardo per quelli che toccavano l’Italia.
     A Radio Mosca si sono messi a lavorare con impegno durante la guerra intellettuali di spicco, come Ilia Erenburg, uomini politici, esperti militari. Tutti i loro scritti venivano tradotti in italiano. Ovviamente al centro dei programmi di Radio Mosca c’erano i comunicati dell’Agenzia di stato chiamata “Bureau sovietico d’informazione” che illustrava la situazione sul fronte, i documenti ufficiali del partito e del governo sovietici, i bollettini sulla situazione interna ed estera, le notizie sulla vita nelle retrovie. “Ore e ore di trasmissioni, — ricordava Luigi Amadesi_ — con 80 – 100 pagine da tradurre in fretta. Non esisteva orario di lavoro. Eravamo sempre alla Radio”.
     Anche Ruggero Grieco ci ha lasciato dei ricordi sul lavoro a Radio Mosca. Gli ascoltatori italiani lo conoscevano con il pseudonimo Garlandi. A metà ottobre del 1941 quando le truppe tedesche erano arrivate agli avamposti di Mosca gran parte della Sezione italiana, come pure delle altre Sezioni di Radio Mosca, è stata trasferita alla città di Kuibiscev sul Volga, oggi Samara. A Mosca rimaneva Grieco, sua moglie e un redattore russo che conosceva l’italiano. Loro avevano l’incarico di garantire le trasmissioni fino al momento in qui sarebbe entrata in attività la Sezione staccata di Kuibiscev.
     “Quando rincasai, nell’alba gelida e scura del 16 ottobre, numerosi convogli attraversavano le strade diretti alla stazione dell’Est. Il 16 ottobre fu una giornata tristissima e indimenticabile. Tutti i miei amici italiani e di altre nazionalità partivano. La gente faceva provviste nei magazzini, in silenzio. Alla Radio un silenzio un silenzio insolito, fastidiosissimo,,,..
     Le notizie dal fronte non erano tranquillizzanti. Una pioggerella gelata cadeva a tratti, alternandosi con un nevischio sottile, penetrante. Con la Direzione della Radio organizzammo i servizi della giornata e dei giorni successivi. Alla sera del 16, dopo aver ascoltato la radio trasmissione da Roma, la quale assicurava che Mosca stava per cadere da un momento all’altro, me ne andai nello studio a fare la trasmissione delle 19.30 (ora di Mosca). Ormai non avevo più soltanto la funzione di redattore, ma anche quelle di annunciatore e di dattilografo. Ero stanchissimo, ma non appena fui davanti al microfono mi sentii fresco e in forma: “Attenzione! Attenzione! Qui parla Mosca. E’ Mosca che parla…“. Ruggero Grieco “L’Eroica difesa di Mosca” Editori Riuniti Roma, 1947, pp. 67.
     Durante la battaglia di Stalingrado Radio Mosca ha fatto un programma speciale dedicato alle sue tappe. Luigi Amadesi ricordava: “Ci risulta che un certo numero di radiotelegrafisti dell’ARMIR captassero più o meno regolarmente queste trasmissioni e che in tal modo i nostri commenti e le nostre notizie avrebbero una certa diffusione fra le truppe italiane”.
     Ruggero Grieco ci ha lasciato nei suoi ricordi una testimonianza sullo stile giornalistico di Radio Mosca: “Il giornalismo sovietico, al quale dovevamo attenerci, salvo per la contropropaganda, è assai diverso da quello occidentale. Il giornalismo sovietico in generale e specialmente quello che si occupa della politica estera, è fondato sui fatti accertati. Il sensazionale era bandito dalla pubblicistica sovietica”. Come esempio Grieco ha menzionato il comunicato finale sulla disfatta dell’Armata di Von Paulus accerchiata a Stalingrado: “Un arduo rapporto, in stile di caserma senza fronzoli d’aggettivazioni e frasi sonore per annunciare che era stata vinta la più grande battaglia della storia.
Questo modo di informare, anche attraverso la Radio, era più demoralizzante per il nemico della cosiddetta “battaglia delle onde”. Durante la guerra anche la Radio di uno stato è uno strumento di guerra che agisce sl nemico. E Radio Mosca ha assolto naturalmente questa funzione”.(Ibid. pp.70.80).
     Dopo la disfatta dell’ARMIR, nell’inverno fra il 1942 e il 1943 Radio Mosca si è messa a trasmettere gli elenchi dei prigionieri chiedendo agli ascoltatori di informarne i parenti. Che queste informazioni potessero raggiungere le persone interessate abbiamo avuto la prova molto più tardi e precisamente nel 2000 quando uno dei componenti della Redazione italiana è stato in Italia. Parlando con gli amici italiani è venuto a sapere che c’è in un paese vicino una signora cui padre dopo la guerra tornava dalla Russia. Si trattava di Annamaria Zoccola e di suo padre Armando che abitavano a Saluzzo in provincia di Cuneo. Armando, nel 1944, non volendo arruolarsi nell’esercito della Repubblica di Salò è stato catturato dai repubblichini, consegnato alla Gestapo e mandato ad Auscwitz. La famiglia non sapeva niente di lui mentre egli è rimasto in vita ed è stato liberato dai soldati sovietici e portato nell’Unione Sovietica perchè era ancora in corso la guerra e raggiungere l’Italia era impossibile. Un giorno uno dei vicini ha bussato alla porta della casa dei Zoccola e dizze: “Radio Mosca ha trasmesso un annuncio: “Se la famiglia Zoccola ci ascolta, se ci ascolta qualcuno dei vicini, degli amici, dei parenti l’avverta che il loro congiunto Armando è vivo e presto tornerà in Italia. L’annuncio sarà ripetuto domani”. Il giorno dopo, ricordava Annamaria Zoccola, tutta la nostra famiglia ascoltava con grande emozione quella notizia. Annamaria ha mostrato la lettera spedita dall’Unione Sovietica tanti anni fa da suo padre, in cui diceva di sperare di abbracciare al più presto i suoi cari. E’ tornato a Saluzzo nel 1945 dopo la fine della guerra.
     Con la fine della guerra le trasmissioni per l’estero hanno subito un taglio notevole. Era venuta a mancare la necessità di una guerra dell’etere. Le trasmissioni in italiano sono state ridotte ad un’ora e mezza. Però scoppiata la guerra fredda si è capito che le trasmissioni in lingue estere avevano ancora una funzione di grande importanza. Così nel 1949 la Redazione italiana ha avuto a sua disposizione due ore al giorno di trasmissioni. Col tempo si è arrivati a tre ore e poi a tre ore e mezza.
     E’ stato proprio a partire dal 1949 che nei ranghi della Redazione italiana cominciavano ad entrare dei giovani freschi di lauree universitarie. Gli immigrati politici, in linea di massima, avevano fatto ritorno a casa ed erano rimasti a lavorare da traduttori alcuni i più anziani, reduci della guerra di Spagna, che a Mosca avevano messo su famiglia. Intanto dopo la guerra la lingua italiana è stata inclusa nei programmi di insegnamento di diverse istituzioni universitarie di Mosca: in quella Pedagogica delle lingue estere, nella facoltà di lettere ed in quella di storia dell’Università di stato, nel Conservatorio. Così nella Redazione italiana, nei primi anni cinquanta sono venuti a lavorare dei giovani russi che avevano imparato l’italiano. Si è cominciato a prestare una maggiore attenzione ai programmi musicali ed è venuta a curarli una giovane laureatasi al Conservatorio.
     I nuovi arrivati erano pieni di entusiasmo ma privi ancora della conoscenza diretta dell’Italia, del suo popolo, delle sue tradizioni. In quelle condizioni di rinnovamento del corpo redazionale ha avuto grande importanza la presenza di alcune persone che avevano lavorato ancora insieme agli immigrati politici italiani. Oltre a quelli anziani di cui sopra c’era anche la figlia di Francesco Misiano, noto esponente del movimento socialista italiano, Carolina. Avendo la cittadinanza sovietica e l’istruzione universitaria russa Carolina Misiano, durante la guerra, faceva parte della Redazione italiana da principiante e a cavallo fra gli anni 40 e 50 la curava in veste di redattore capo di tutti i Programmi per i paesi dell’Europa Occidentale. E’ stata garantita quindi la continuità delle tradizioni di abnegazione e di italianità anche nel lavoro delle nuove generazioni. Importante era anche la presenza in Redazione, per molti anni, degli annunciatori Littly Lopatina, figlia degli emigrati politici russi in Italia nei primi anni del 900, e di Enrico Farina, figlio del senatore Giovanni Farina, menzionato nei ricordi di Luigi Amadesi. Littly Lopatina era nata a Genova e, avendo il diploma liceale italiano e poi la laurea universitaria russa, non era soltanto bilingue ma anche una persona di altissima cultura sia italiana che russa. Tutti e due avevano anche ottime qualità vocali.
     In quegli anni cinquanta fra i partiti comunisti dei nostri due paesi esistevano dei forti legami di amicizia e di collaborazione. Il PCI volentieri mandava a Mosca, in aiuto alla Redazione italiana di Radio Mosca giornalisti e redattori stilisti che s’impegnavano a rendere più accettabili agli ascoltatori i suoi programmi come linguaggio e come stile. Sergio Soglia aveva lavorato nell’edizione bolognese dell’Unità prima di approdare a Radio Mosca dove si è fermato un anno e mezzo, dal novembre del 1955 alla primavera del 1957. Alcuni anni dopo il ritorno in Italia egli ha scritto un libro di ricordi su quel soggiorno soffermandosi in particolare suo lavoro a Radio Mosca.
     Era, quello, il periodo dopo il XX Congresso del PCUS che aveva annunciato, fra l’altro, la politica di coesistenza pacifica fra i Paesi a diverso regime sociale e politico. Vi era stato un forte rilancio dei rapporti economici e culturali con altri Paesi l’Italia compresa. L’Unione Sovietica era diventata meta di pellegrinaggio di tante personalità del mondo culturale italiano. Basti citare almeno alcuni nomi: Carlo Levi, Dino Buzzati, Guido Piovene, Goffredo Parise, Mario del Monaco, Villi Ferrero.
Le loro interviste venivano sollecitate e trasmesse da Radio Mosca. Ecco cosa scrive Sergio Soglia di quei programmi della Redazione italiana:
     “Radio Mosca non era più quella degli anni dell’accerchiamento capitalistico e della guerra patriottica. Nonostante il clima aspro della guerra fredda i suoi programmi avevano un taglio informativo prevalentemente rivolto alla conoscenza della vita sovietica. Il richiamo alla coesistenza pacifica fra gli Stati, i popoli e le nazioni era il motivo politico dominante le esortazioni erano sincere e rispecchiavano, per quello che potevo vedere direttamente, lo stato d’animo della popolazione”. (S. Soglia “Ciro” “1956 clandestino a Mosca” Teti Editore, Milano 1987. pp. 37.38).
     Poco prima della partenza di Sergio Soglia per l’Italia arrivava da Roma un altro italiano, Sergio D’Angelo diventato poi famoso per aver fatto da intermediario nel passare il romanzo di Boris Pasternak “Dottor Zivago” alla casa editrice Feltrinelli. D’Angelo aveva buona conoscenza del russo e si è dedicato alle traduzioni dei testi letterari per le trasmissioni. Anche lui ha scritto poi un libro di ricordi che conferma, in linea di massima, le impressioni avute dall’altro Sergio, suo connazionale, e scrive: “Il direttore, il vice direttore e un paio di redattori eccellenti che occupano a turno una piccola stanzetta mi trattano con affabilità, non posso lamentarmi. E’ nello stanzone, però, che stringo rapidamente rapporti di solida amicizia, coltivandoli anche fuori dal luogo di lavoro, soprattutto nelle festiccioli che i miei giovani colleghi spesso organizzano dovunque ci sia posto sufficiente, Anche a casa mia”. (Dal manoscritto dell’autore).
     Ma torniamo, per concludere, ai ricordi di Sergio Soglia: “Il collettivo redazionale sovietico era numeroso e giornalisticamente dotato. L’età media del gruppo non raggiungeva i 30 anni. Quasi tutti, in tempi successivi, verranno in Italia come corrispondenti della Radio, della Televisione, di giornali o agenzie giornalistiche”.
     Alcuni di loro, dopo la missione in trasferta giornalistica in Italia, sono rientrati in Redazione, ricchi dell’esperienza professionale e umana, per consolidare quelle basi dello spirito di italianità nel lavoro quotidiano di Radio Mosca. L’Emittente ha cambiato poi il nome in “La Voce della Russia” cambiando anche lo stile dei programmi, diventati più informativi e meno propagandistici. Ma nella Redazione italiana, assai meno numerosa che ai tempi di Sergio Soglia e di Sergio D’Angelo, perchè trasmette solo un’ora al giorno, si cerca tutt’oggi di conservare le tradizioni di italianità che risalgono ai lontani anni prebellici.

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25.01.2007, Sulla storia dell'emittente radiofonica "LA VOCE DELLA RUSSIA"


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