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MR WRITINGS

INTERVISTE A CANDIDO

Candido è un personaggio che tutti noi dovremmo considerare con attenzione, in quanto ha una visione della vita e dei suoi misteri assolutamente chiara e semplice; egli è la persona più indicata per rispondere ai grandi quesiti "Chi siamo?" "Da dove veniamo?" "Dove stiamo andando?". Candido si presta a ciò con la massima disponibilità e senza dare mostra di superiorità verso noi comuni esseri umani alla ricerca del perchè delle cose. Est Modus in Rebus, dicevano gli antichi: e lui questo modo sembra averlo sempre saputo.

Le seguenti interviste sono un piccolo saggio della sua chiarissima intelligenza e lungimiranza.

MR drawing


   Candido e Dio
   Candido e la Tecnologia
   Candido fuma
   Candido e l'Arte

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CANDIDO E DIO

Candido, ma lei crede in Dio?

Quale Dio?

Quale Dio? In Dio, lei crede in Dio?

Non mi faccia ripetere. Quale Dio? Voglio dire, a quale Dio si riferisce? Spero che lei si renda conto che esiste un numero pressochè infinito di Entità che vengono chiamate "Dio". Devo farle degli esempi?

La prego.

Allah, Buddha, Dio, Jeovah...

Mi scuso per la poca precisione con cui ho formulato la domanda. Cercherò di essere più... appunto, più preciso; o se vuole, più selettivo. Lei possiede un qualche ideale spirituale a cui fa riferimento?

Caro amico, apprezzo la sua disponibilità. Forse sono stato troppo brusco; ma sa, l'argomento è delicato. Sono secoli che si questiona su questo argomento; e mi sembra che sia ora di fare un pò di chiarezza. Ma non vorrei essere troppo prolisso.

Il tempo è dalla nostra parte.

Proprio quello che volevo sentire! Visto che abbiamo tutto il tempo che ci serve, cercherò di essere breve. Non credo in Dio. O meglio: in questo momento non credo in Dio. Meglio ancora, in questo momento non ho la necessità di credere in alcun Dio.

Lei è stato conciso in modo ammirevole. Forse anche troppo conciso.

La ringrazio per la delicatezza della sua osservazione. Mi spiegherò meglio. Credere o non credere non dipende dall'esistenza di qualcosa o qualcuno in cui credere; dipende dalla necessità, o se vuole dalla volontà di credere. Nel Medioevo, in quella zona geografica oggi chiamata Europa, c'era volontà, ma soprattutto necessità di credere; nel caso specifico di credere al Dio cristiano, alla infallibile mediazione della Chiesa, comunque all'infallibilità di qualcuno, chierico, santo, stregone o Papa che fosse, in un mondo di per sè fallace. Non esistevano certezze, solo opinioni. Non un sistema metrico, non un'unità monetaria, nè la Prova Scientifica. Chiunque teorizzasse un sistema astronomico appena plausibile era un dotto, chi interpretasse i segni della natura un sapiente, chi avesse una ragionevole spiegazione di un'eclisse un... non voglio dirlo. Va bene, lo dico: un messaggero divino.

Che caos!

Caos non è la parola giusta. In una società così ordinata, o meglio disordinata, si riusciva tuttavia a commerciare, a procreare, a progredire... in una parola, a vivere. Nulla di strano in questo. Ma si è chiesto cosa rendeva possibile tutto ciò?

Me lo sto chiedendo ora.

E io le dò la risposta. La credenza nel soprannaturale, nell'oltre-la-morte, nel Demonio Tentatore e nel suo antagonista: Dio.

Dio.

Appunto, Dio. Dio non era e, transitu temporis, non è che una necessità.

Semplice. Chiaro. Illuminante.

Non sia così enfatico. L'Illuminazione appartiene al Buddha. Ma di questo parleremo un'altra volta.



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CANDIDO E LA TECNOLOGIA

Candido, parliamo di tecnologia. Secondo lei, esistono limiti al suo sviluppo?

Questo è un argomento molto interessante. Direi filosofico.

Non pretendeva di esserlo.

Ma lo è, caro amico. É come chiedersi se l'età media degli esseri umani continuerà a crescere, come è stato finora, nei secoli a venire. Se l'Uomo, ad un determinato tempo X, sarà immortale.

Ma se tornassimo alla tecnologia?

Certamente. Non volevo eludere la sua domanda.

Ne sono certo.

Dunque, dicevamo della tecnologia. Vede, bisogna distinguere fra sviluppo tecnologico assoluto e relativo. E mi spiegherò prima che lei mi interrompa, mio gentile e insistente amico. Tutti noi, oramai, non ci meravigliamo più dei progressi compiuti in questo campo. Già vediamo i nostri televisori come oggetti ingombranti, pesanti, finanche dannosi, con tutte quelle radiazioni emesse dai tubi catodici... I tubi catodici! Ma non avevamo dismesso la produzione di valvole, o come le chiamavamo? Eppure eccole lì, ad ammorbarci l'aria e ad annerire i nostri muri! E i cristalli liquidi? e gli schermi al plasma? Ci sono, esistono, vengono prodotti... ma costano troppo! Tuttavia, è solo questione di (poco) tempo. Tutti noi sappiamo che il televisore da appendere al muro come un quadro, e pesante come un quadro, e meno costoso di un buon quadro, è lì dietro l'angolo. Nulla più ci stupisce. Le esplorazioni di Marte, i trapianti multipli, le bioclonazioni... Questo è lo sviluppo tecnologico assoluto.

E quello relativo? relativo a cosa?

La sua impazienza mi dice che l'argomento la appassiona. Ero appunto ad un passo da questo.

Mi scusi.

Non parliamone nemmeno. Poco fa, guardi la combinazione, facevo dei conti con una calcolatrice scientifica, nemmeno a dirlo, giapponese, che possiedo da un tempo per me immemorabile, diciamo quindici anni. Ora si rende conto dello sviluppo tecnologico registrato negli ultimi quindici anni?

Vagamente.

É stato enorme! Eppure la mia piccola calcolatrice è ancora lì con me, e lo sarà per molti anni ancora! Mi dilungo un attimo sulla descrizione dell'oggetto. Ha un display a dieci cifre a cristalli liquidi, cellula solare, non ha quindi batteria, è ultrapiatta, veloce (più di quanto mi possa servire), poco costosa anche per l'epoca, e praticamente indistruttibile, a meno che io non la metta nella tasca posteriore dei pantaloni e mi ci sieda sopra, eventualità peraltro prevista dal manuale di istruzioni in cinque lingue, e dalla quale infatti mi mette in guardia. I miglioramenti che potranno essere apportati a questo per me prezioso oggetto sono sicuramente trascurabili rispetto agli anni che dovranno passare prima che io senta la necessità di comprarne uno nuovo. Questo è un esempio di sviluppo tecnologico relativo.

La sua chiarezza è disarmante.

Lei tocca un tasto dolente. La tecnologia applicata alle armi, relativa o assoluta che sia, sarà sempre, in ogni caso, troppo avanzata.



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CANDIDO FUMA

Candido, le dà fastidio se fumo? A proposito, lei fuma?

Una domanda alla volta, per cortesia.

Mi scusi.

Non é così grave. Le risposte sono, nell'ordine, no e sì.

Bene, allora posso accendermi una sigaretta. Ne vuole una?

Mmm... no, grazie. Ma le farò compagnia con uno dei miei sigari.

Sa, Candido, ora che abbiamo sollevato il problema, pensavo che lei fosse un salutista.

Dio, o chi per lui, me ne scampi! Il salutismo è la malattia del secolo. Che, per fortuna, sta finendo.

C'è un non so che di paradossale, in questa sua affermazione.

Sì, concordo con lei, mio giovane amico. Un salutista dovrebbe essere immune, o quantomeno al riparo dalle malattie più comuni. Ma non è così. Egli soffre di raffreddori, mali di capo, gastriti ed eczemi come, se non più di noi. Nel caso particolare, mi scusi se la accomuno a me, anche più di noi tabagisti.

Essere accomunato a lei è un onore. Ma non può negare che il fumo, come recitano le avvertenze, nuoce gravemente alla salute.

Ma certo! Nessuno può negarlo, è scientificamente provato! Le stesse case produttrici di tabacco lo hanno ammesso, e stanziano somme astronomiche per risarcire le persone da loro danneggiate! Nihilo minus, continuano a vendere, in perfetta legalità, i loro velenosi prodotti! Ah! Mi scusi per questa mia veemenza...

La prego. Continui pure.

Il fatto è, mio caro amico, che noi a volte ci dimentichiamo di essere mortali. Mi spiego meglio. Non è il tabacco che porrà fine, il più tardi possibile, alla nostra esistenza. Così come non lo sono i gas di scarico delle macchine, qualunque esse siano; le onde elettromagnetiche dei telefoni cellulari; i fitofarmaci e gli psicofarmaci, e i farmaci in genere; le ortopanoramiche, dalle quali il mio radiologo si è sempre ben tenuto alla larga; né i vari conservanti, dolcificanti, adraganti e tutti gli altri anti che lei possa immaginare. Ciò che veramente sarà per noi letale è la vita stessa. Che questa duri un giorno, un mese, o moltissimi anni non dipende da noi; o meglio, non possiamo fare in modo che dipenda da noi. Troppe sono le cause del nostro deperimento organico; chi afferma che una sigaretta accorcia la vita di cinque minuti è un pazzo senza speranza. Più precisamente, è quello che verrà investito da un pirata della strada alla guida di un'automobile rubata senza speranza di recuperare cento lire dall'assicurazione per i suoi eredi. Almeno, è quello che gli auguro.

La prego, concluda. Non mi sento troppo bene.

Ma no, mio giovane e gagliardo amico! Non deve dare troppo peso alle mie parole. Dovrebbe sapere che parlo per iperboli: lei camperà cent'anni, e in ottima salute. Come me, mi auguro.

É il mio stesso desiderio.

Grazie. Ah!

Cosa?...

No, niente. Il mio sigaro si è spento. Sa, la foga del discorso...

Prego, ecco l'accendino.

Non si disturbi. Come ha detto qualcuno, una persona autorevole in materia, "Un sigaro riacceso non ha più lo stesso sapore".



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CANDIDO E L'ARTE

Candido, come va?

Decisamente bene, mio premuroso amico; ma lei, piuttosto... mi sembra stranamente eccitato.

Mah... no... beh...

Mi perdoni, non era mia intenzione metterla in imbarazzo.

Assolutamente! Il suo acume ha sùbito svelato il mio particolare stato d'animo.

Dovuto a?... sempre che lei voglia onorarmi delle sue confidenze.

Io onorare lei? Ora sì che mi mette in imbarazzo!

E allora, mio timido amico, ehm, forse la locuzione è un pò maccheronica, ma... tempus est bufo exspuere.

Prego?

Sputi il rospo!

Oh! beh, le spiegherò. Da qualche tempo mi interesso di Arte, e ho acquisito delle discrete cognizioni in merito; grazie anche al suo prezioso...

La prego!

Va bene, va bene! Per farla breve, ho voluto tradurre in pratica le mie conoscenze, e ho cominciato a disegnare. Un suo parere sui miei modesti tentativi in questo campo mi darebbe motivo di continuare... o di lasciar perdere definitivamente.

Non si sottovaluti così! Un artista, o aspirante tale, deve innanzitutto credere in ciò che fa.

Un altro suggerimento prezioso! Dunque, ecco qua... (tira fuori come per magia un voluminoso raccoglitore)

Finalmente si è deciso. Bene, vediamo. (sfoglia lentamente i disegni, soffermandosi su qualcuno, tornando sui precedenti; poi con gravità richiude la cartella)

Allora? il suo giudizio?

Ah, non siamo in un tribunale! tantomeno io sono un giudice! Le dirò cosa penso delle sue opere, ma...

Ma?...

... dovrebbe fornirmi delle informazioni, diciamo così, complementari. Ad esempio, cosa intende farne?

É necessario che ne faccia qualcosa?

Fondamentale, direi. Gentile ed ingenuo amico, pensa forse che l'arte (non con la 'A' ma con la 'a', come è giusto che sia), risieda nell'opera stessa? Ma no, assolutamente. É il contesto in cui essa è inserita, e in cui operiamo, a renderle nobiltà; nel senso più democratico del caso, naturalmente. Un'opera d'arte non viene concepita per essere ammirata nei musei. Essa naturalmente nasce, si sviluppa e giunge a maturità. E può essere riconosciuta e ricordata per un tempo che varia dall'attimo all'eternità. Le racconterò un aneddoto. Un conoscente che si stimava Artista mi portò a vedere alcuni suoi lavori. Con circospezione, per non mettere in mostra la sua vanagloria, mi chiese cosa ne pensassi. Le opere erano molto buone ed io, con franchezza, gli dissi che le ritenevo perfette per arredare le sale d'aspetto della stazione ferroviaria di Wuppertal.

E lui? come la prese?

Malissimo! Il suo incarnato variò dal magenta al rosso pompeiano, sfumò per un attimo al blu di prussia per giungere ad un bel verde veronese. Si girò verso di me e mi disse cose che per decenza ho rimosso dalla mia memoria.

Ma lei... non intendeva certo offenderlo, vero?

Au contraire! Ma egli pensò proprio questo. Io cercavo solo di fargli capire che le sue notevoli creazioni, adeguatamente collocate, avrebbero reso la stazione di quella poco ridente cittadina teutonica decisamente più gradevole di come è tuttora. Ma fui penosamente (per lui) frainteso.

Quindi le sue non erano opere d'arte.

Esattamente; almeno finché esistevano solo per essere messe in mostra. Esse di propria natura non possedevano, come del resto nessun'altra creazione umana, nulla di artistico.

Luminosamente chiaro. Le sue dissertazioni, loro sì, sono delle vere opere d'arte.

La ringrazio della sua ammirazione, anche se non lo credo; ma se così fosse sarebbe proprio lei, con la sua presenza, a renderle tali. Se le declamassi da solo, sarebbero piuttosto vere opere di pazzia.



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