Nato a Roma nel 1886 [secondo altre fonti: 1884] , figlio di un fabbro, Ettore Petrolini fu un comico attore-autore, dotato di straordinario estro scenico. Già nel 1903 intraprese la carriera di chansonnier e macchiettista nei caffè-concerto, passando dalle sale di second'ordine ai teatri più eleganti. Morì nel 1936 a Roma: narra la leggenda che, in punto di morte, vedendo entrare in camera sua un sacerdote con l'olio santo [come si usava per i moribondi, nel rito cattolico], esclamò: "Mo' sì che so' fritto...!".
Creò spassose e beffarde macchiette romanesche: Gastone, Giggi er Bullo, Er sor Capanna, Fortunello ecc., con cui prese in giro e si fece prendere in giro da tutti gli strati sociali: dal popolo più straccione e rumoroso ai personaggi più famosi del tempo, politici borghesi e scrittori (un suo grande ammiratore fu Aldous Huxley). Fu autore di monologhi, e di commedie e bozzetti pieni di comicità spesso acida e infastidita e polemica. Contribuì a svecchiare il gusto del pubblico italiano, riprendendo e divulgando forme espressive delle avanguardie teatrali, popolarizzandole in maniera estremamente efficace. Petrolini fu una maschera, ma anche la cosa più vicina al cabaret che l'Italia sia riuscita a produrre in quegli anni, formidabile osservatore e sarcastico interprete degli aspetti più assurdi e ipocriti di quella società che si voleva ordinata e moderna. Come nelle poesie di Trilussa, attraverso i suoi personaggi parla la macchietta romanesca, politicamente qualunquista e disfattista di tutto (anche del regime fascista) e dunque non pericolosa da questo punto di vista per i regimi del tempo; ma con una maggiore propensione per la demistificazione, attraverso l'uso del registro 'basso' e del becero, e del non-sense di cui Petrolini fu tra i maestri. La sua è una comicità che non nasce a tavolino, ma dal diretto contatto e esperienza del palcoscenico.
Tra i suoi testi, alcuni dei quali pubblicati solo dopo la sua morte, ricordiamo: Chicchignola (1931), Romani de Roma (1945), Nerone (1945). E' stato autore di canzoni che ebbero un enorme successo, diffuse in maniera orale e poi dai mass- media del dopoguerra. Provò anche il cinema negli ultimi anni quando era ormai un divo, anche se allora senza molto successo. Le pellicole che ci restano sono testimonianze di estrema vivacità del suo modo di fare spettacolo comico (soprattutto "Nerone").
Ha lasciato anche libri autobiografici: Modestia a parte... (1932), Un po' per celia un po' per non morire... (1936). Sono documenti piacevoli che vanno letti in senso sociologico: mostrano il carattere personale dell'uomo, con i suoi limiti di divo narciso che però sconta ancora le sue origini 'basse e plebee' tra rivendicazioni orgogliose e distacchi ironici.