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Superare il conflitto tra crescita economica e sviluppo sostenibile, le radici della politica per lo sviluppo

"Non si tratta di un'altra rivoluzione tecnico-scientifica e produttivistica bensi' di una rivoluzione che riguarda direttamente noi stessi, quali protagonisti di ogni vicenda. In sostanza, e' la qualita' degli uomini che deve migliorare e cambiare, senza di che vi sono poche speranze di riprendere in mano la somma delle cose attuali e provvedere responsabilmente a quelle future". Queste parole furono scritte da Aurelio Peccei nel 1974 (Quale futuro?). Il cofondatore del Club di Roma esprimeva una posizione culturale vicina al neoumanesimo industriale di Adriano Olivetti (fu peraltro anche amministratore delegato dell'azienda di Ivrea negli anni Sessanta). Egli superava in questi termini, con una visione illuminata e di ampio respiro, le risultanze, pur originali per la fine degli anni Sessanta del 20o sec., delle proiezioni nefaste sulle prospettive del modello di sviluppo economico e industriale intrapreso dalla civilta' umana, elaborate dai gruppi di ricerca cui venivano commissionate dalla giovane ma gia' autorevole associazione non governativa: allora, oltre i vincoli, le approssimazioni metodologico/scientifiche del celebre rapporto "I limiti dello sviluppo", redatto da ricercatori del MIT (Donella H. Meadows, Dennis L. Meadows, Jorgen Randers e William W. Behrens III), e le conseguenti diffuse polemiche scaturite dalla sua pubblicazione nel 1972. Oggi, quelle stesse parole risuonano in una suggestione profetica di sconcertante attualita', scandita dagli eventi di carattere sociale, politico, economico e ambientale che sono intervenuti nei decenni successivi alla loro formulazione.

Dopo la spinta globalizzante originata dalla riconfigurazione geopolitica successiva agli sconvolgimenti del 1989, e amplificata dallo sviluppo travolgente delle tecnologie digitali di comunicazione, l'ordine complesso dei problemi che chiamano in causa la responsabilita' degli individui amplifica il concetto di 'uomo nuovo' di Peccei nella funzione di nucleo attivo e consapevole di cambiamento.

La conoscenza approfondita degli elementi di fondo che indirizzano gli equilibri e le tendenze economici e sociali appare pertanto un requisito indispensabile, ancora di piu' per quegli aspetti al confine tra scienza, tecnologia e discipline umanistiche e degli affari economici che in modo ubiquitario e spesso occulto determinano la qualita' del vivere (per es., scelte energetiche, cambiamenti climatici e implicazioni sulla tipologia di sviluppo culturale, economico, territoriale e ambientale). A maggior ragione se si ritiene di primo interesse, funzionalmente per la causa dello sviluppo sostenibile, l'obiettivo di favorire la costruzione dal basso di un mercato della qualita' ambientale, stimolando la crescita negli individui di meccanismi di valorizzazione dei beni connessi alla tutela e alla salvaguardia delle risorse naturali, per esercitare di conseguenza una strategia complementare a quanto faticosamente tentato con interventi dall'alto di indirizzo politico e normativo (mercato dei crediti del carbonio, certificazione della gestione ambientale, contabilita' ambientale ecc.).

Superare l'opposizione distruttiva tra crescita economica reale e sviluppo sostenibile e' una necessita'. Non c'è crescita senza valorizzazione di nuove risorse. Raggiunto il limite fisico di sfruttamento delle risorse tradizionali, sembra indispensabile definire un dominio di valori riconoscibile e condiviso in cui identificarne di nuove. Non c'e' crescita senza prospettiva di accumulo di capitale (che induce investimenti e sblocca l'inerzia dei patrimoni accumulati). Non c'e' prospettiva di accumulo di capitale senza percezione di rendimenti marginali crescenti (in senso economico) che presuppongono domini in espansione di risorse valorizzate. Posto il limite fisico alle risorse minerarie ed energetiche, agricole e territoriali, e ai prodotti e servizi che ne derivano (anche nelle forme finanziarie piu' o meno speculative), la migliore opzione di sfruttamento di tasso marginale crescente e' offerta dall'ambito della condivisione delle conoscenze, per sua natura senza limiti. In particolare se tali conoscenze sono volte a elevare gli standard della qualita' della vita.

Questa prescrizione socioeconomica si addice a maggior ragione all'Italia, un Paese che subisce la contraddizione di possedere ingenti patrimoni ambientali, paesaggistico-culturali, architettonici e archeologici, di cultura imprenditoriale e industriale, e paradossalmente declinare da due decenni scontando il peggiore rendimento economico tra i paesi OCSE. Per facilitarne l'affermazione virtuosa bisognerebbe pianificare e poi sostenere con opportuni investimenti un programma politico volto a:
liberare il concetto di sviluppo sostenibile da pregiudizi che ne limitano il potenziale in termini di crescita economica;
favorire la diffusione di argomenti e casi reali che contribuiscano ad ampliare il campo del desiderabile collettivo a tipologie di produzione, di consumo e di organizzazione d'uso del territorio e degli spazi antropizzati che siano identificate da valore supplementare;
accrescere lo spazio economico in cui si crea ricchezza attraverso l'addizione di una variabile rispetto ai fattori ordinari di produzione (svincolare la crescita dalla limitatezza delle risorse);
favorire il radicamento di relazioni di consumo per cui l'utilita' del consumatore sia soddisfatta dal contenuto in qualita', efficienza energetica, riduzione del potenziale d'impatto ambientale, contenuto di energia rinnovabile ecc. del prodotto; superare in questi termini la stagnazione dei consumi, pure in presenza di capacita' di spesa, a causa della saturazione dei modelli di fruizione dei beni e dei servizi.

Fabio Catino
8 dicembre 2013, [er(a)2mbiente.net]

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