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Jean Reyor: TRA REVELATUM ED INIZIAZIONE.
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Jean Reyor - A compimento dell'opera di René Guénon, vol. 3 - Studi sull'esoterismo cristiano pgg. 265, € 25 - ed. Pizeta, Milano 2002 |
È uscito in edizione italiana, edito della Pizeta – una casa editrice che sta profondendo sforzi interessanti nella traduzione ed edizione di opere di esoterismo e storia delle religioni - il terzo volume della trilogia di Jean Reyor che reca il titolo, già intrigante di per sé, di “A compimento dell’opera di René Guénon”, un testo la cui edizione francese era uscita per i tipi della Arché tra il 1988 ed il 1990.
Ci pare inutile ribadire quanto l’opera di René Guénon rivesta un ruolo importantissimo nella filosofia novecentesca, per quel che il metafisico francese ha sistematizzato ed intuito nelle sue opere. Il sistema di approccio al sacro elaborato dal Guénon ha prodotto una vasta platea di studiosi del sacro e dell’esoterismo che utilizzano il linguaggio guénoniano, creando, di contro, anche un poco edificante stuolo di “fedeli” che, più che utilizzare correttamente il Guénon studioso, appaiono impegnati in una sorta di deificazione dell’opera del loro maestro, dando abbondanti manifestazioni di dogmatismo e, cosa assai peggiore, di ignoranza ed approssimazione.
Tali degenerazioni hanno propiziato la nascita di un milieu, che possiamo considerare trasversale a varie tradizioni, da quella massonica a quella sufi, fino ad arrivare a settori che si richiamano alla tradizione cristiana, che utilizza il tradizionalismo guénoniano quale griglia ermeneutica privilegiata nell’approccio al sacro, non senza generare, talvolta, equivoci e difficoltà metafisiche e teologiche e postulando una universalità delle teorie guénoniane che è, nella migliore delle ipotesi, tutta da verificare (1).
Referenti di questo tipo di posizione sono un’intera generazione di successori, eredi e glossatori dell’opera guénoniana, che, nell’arco degli ultimi decenni, hanno avviato una riflessione ulteriore ed un approfondimento del corpus guénoniano nella sua applicazione ai diversi domini iniziatico-religiosi.
Tra gli epigoni più interessanti del Guénon vi è senz’altro Jean Reyor (pseudonimo di Marcelle Clavelle, 1905-1988), a lungo collaboratore di fiducia di Guénon nella direzione di Le Voile d’Isis e di Etudes Traditionelles. La raccolta di cui ci occupiamo comprende una serie di articoli apparsi tra il 1950 ed il 1970 su Etudes Traditionelles e su Le Symbolisme, ed è articolata in tre volumi complessivi, di cui il primo è dedicato all’analisi ed all’approfondimento di tematiche emergenti dalla lettura degli Aperçus sur l’Initiation di Guénon, il secondo ai rapporti tra iniziazione massonica e chiesa cattolica, ed il terzo, forse il più interessante, ad una serie di puntualizzazioni sull’esoterismo cristiano che prendono le mosse dagli scritti guénoniani sull’argomento
Il lavoro presenta ampi spazi di riflessione dedicati ad approfondimenti che vanno da considerazioni sulla lingua delle scritture sacre del cristianesimo, ai prestiti islamici ed ebraico-cabalisti alla tradizione cristiana, fino all’esoterismo templare, rosicruciano ed alla mistica di Meister Eckart. Una parte degli scritti raccolti è costituita da recensioni che l’autore ha redatto nel corso della sua collaborazione alle riviste citate in precedenza.
Si tratta di un ampio ventaglio di argomenti e riflessioni che accompagnano il lettore nei terreni, spesso scivolosi, di ipotesi ermeneutiche spinte talvolta ai limiti della verosimiglianza storica e filosofica, terreni tuttavia non scevri di intuizioni stimolanti e notizie utili.
Ci preme poco entrare nel merito delle singole tesi sostenute dal Reyor: ciò richiederebbe un tempo e uno spazio superiori a quelli offerti da semplice recensione, seppur lunga ed approfondita. Ci interessa invece identificare quanto, nell’impalcatura stessa dell’analisi guénoniana, cui fa riferimento il Reyor, genera a nostro avviso una profonda incomprensione di taluni aspetti della tradizione cristiana.
La base delle analisi presentate appare essere un particolare concetto di essoterismo, che funge da sottofondo costante degli scritti dello studioso francese. Per il Guénon, l’esoterismo si configura, come un qualcosa di parallelo ed indipendente dall’exoterismo (2), ovvero, nel caso del cristianesimo, dall’insieme di dottrine e liturgia che costituisce la base stessa della rivelazione e del rito cristiano. Questa tradizione che si dipana, nel segreto della trasmissione iniziatica, dai primi cristiani fino alla modernità, rappresenta l’essenza stessa della realizzazione tradizionale. Al dominio che Guénon definisce come religioso o exoterico non spetta che una possibilità realizzativa in larga parte legata al dominio della morale e di una devozione passiva, o al più di un confuso misticismo. Non si tratta di punti di vista del tutto originali, essendo concetti di questo tipo la base fondante delle teorizzazioni magico-occultistiche a cavallo tra XIX e XX secolo (3). La distinzione – che mostra, del resto, una sensibile indifferenza per gran parte della produzione dottrinaria ed ascetica dei Padri della Chiesa – diviene per il Guénon una vera e propria contrapposizione quando si prenda in considerazione il misticismo, che, per l’esoterista francese, rappresenta l’antitesi assoluta di ogni percorso iniziatico (4).
La natura degli insegnamenti esoterici è tale da costituire, talvolta, un qualcosa, di totalmente altro ed incomprensibile per il dominio exoterico e religioso. L’esoterismo risulta un “più”, uno stadio di conoscenze principiali superiori rispetto al “meno” dell’exoterismo. (5) A quest’ultimo è demandato il compito della pura e semplice “salvezza” dell’individuo, che potrà sperare di raggiungere altri piani di esistenza, invece, solo accedendo ai riti ed agli insegnamenti propri del dominio iniziatico.
Si tratta di una reificazione di due aspetti ermeneutici che il cristianesimo, naturalmente, non conosce affatto. Non vi è alcuna evidenza storica dell’esoterismo che Guénon crede di rintracciare in autori come Dante o in ambienti come quelli della cavalleria medievale (6). Piuttosto, si rileva la presenza di due piani di approccio conviventi e tradizionalmente complementari all’unico revelatum del messaggio cristico. Ogni altro punto di vista presupporrebbe uno sdoppiamento del revelatum di cui non si ha traccia dottrinaria e che minerebbe le basi stesse ed i presupposti della dottrina cristiana. Di là di questa reificazione, tanto più ingiustificata quanto meno fondata storicamente, e del tutto scollegata dalla storia teologica e dottrinaria del cristianesimo, rimangono altri punti oscuri di un tale “esoterismo cristiano”. È abbastanza strana, infatti – soprattutto per la confessione religiosa più diffusa sul globo – che un tale esoterismo sia totalmente ignoto quanto ai suoi rappresentanti ed ai suoi cardini dottrinari. Difatti non si hanno esempi storici di un esoterismo totalmente nascosto, (7) essendo la funzione di una scuola esoterica – nell’interpretazione guénoniana - quella di guidare gli uomini che sono qualificati al superamento dell’exoterismo religioso. Funzione, ovviamente, impossibile da compiere nell’ambito di una segretezza assoluta che impedirebbe di fatto ai presunti qualificati, di raggiungere i centri autorizzati ad impartire l’insegnamento. Del resto, per tagliare corto, basterebbe sottolineare che in nessuna altra tradizione esistono centri iniziatici, per quanto elitari, del tutto nascosti e tali da non lasciare alcuna traccia storica.
Un elemento rintracciabile in tutti gli scrittori e i teorici vicini all’elaborazione guénoniana e che ne inficia in modo assai serio l’ermeneutica è la preoccupazione di stabilire la conformità della tradizione cristiana al modello tradizionale astratto elaborato dall’esoterista francese, che soffoca ogni possibilità di considerare le tradizioni in sé, ovvero, nel caso del cristianesimo, sulla base degli elementi scritturali e teologici. Ciò, nel contempo, impedisce di cogliere l’aspetto completamente nuovo della rivelazione contenuta nei vangeli, che, d’altronde, vi è chiaramente annunciata. (8) Lo squarciamento del velo del tempio che segue al sacrificio cristico (9), e che rappresenta proprio la rottura dell’intero universo tradizionale che rappresentava il termine di riferimento dell’ebraismo, perde così ogni sostanziale rilevanza, in virtù di una cecità che coinvolge, oltre alle scritture sacre stesse, anche i secoli – più precisamente i millenni – della produzione ermeneutico-teologica del cristianesimo. Il velo squarciato e la nuova alleanza annunciata dall’apertura del sancta sanctorum, così come l’incarnazione ed il mistero virginale ad essa connesso, costituiscono elementi di alterità che, nell’analisi guénoniana rivestono, con ogni evidenza, una importanza relativa. Sostanzialmente, in virtù della necessità di piegare tali peculiarità alla propria griglia ermeneutica precostituita, si ignorano i cardini stessi della rivelazione, intorno ai quali sarebbe ben difficile tessere trame di accostamenti ed interrelazioni, o identificare prestiti da altre tradizioni. Curiosamente, sembra che nelle analisi guénoniane il centro stesso delle dottrine cristiane, il punto focale della rivelazione evangelica, l’incarnazione, non provochi alcuna considerazione neanche dal punto di vista esoterico. I concetti di esoterismo, exoterismo, iniziazione – nella loro accezione guénoniana - divengono in tal modo elementi di riferimento astratti di un giudizio di valore che elude costantemente i riferimenti scritturali, teologici, ascetici, e che ignora del tutto la tradizione patristica. È un po’, si parva licet, come voler fare il falegname ignorando la sega, i chiodi e la pialla…
Senza spingerci oltre nella considerazione della verosimiglianza delle ipotesi esoteriche guénoniane in merito al cristianesimo, cosa che ci porterebbe troppo lontano dagli scopi e dagli spazi che ci siamo prefissati, e che, inevitabilmente, finirebbe per coinvolgere alcune delle concezioni fondanti dell’intero sistema guénoniano, ritorniamo ora al Reyor, che, abbiamo l’impressione, abbia inclinazione più marcata al cristianesimo che non il suo maestro. Il testo di Reyor è, sostanzialmente, una serie di utili glosse a quanto Guénon dice su diversi aspetti della tradizione cristiana in alcune sue opere – e, segnatamente, nella raccolta Aperçus sur l'ésotérisme chrétien, uscita postuma nel 1954. Particolare attenzione, se così possiamo dire, è dedicata alla radice ebraica del presunto esoterismo cristiano, che il Reyor affronta sia per quanto concerne la questione della lingua sacra, sia in rapporto alla cabala cristiana. Anche in questo caso ci troviamo di fronte all’ipotesi di fondo, di cui ci si accorge chiaramente nel corso della lettura, che il cristianesimo delle origini sia una sorta di evoluzione dell’esoterismo ebraico (10), rispetto al quale esso avrebbe rapidamente segnato il passo con una più o meno massiccia exoterizzazione, ovvero una esteriorizzazione cerimonialistica degli originali riti esoterici. Anche in questo caso, invece, la critica recente ha evidenziato la totale estraneità, reperibile al livello scritturale, tra l’ebraismo ed il cristianesimo, già all’epoca della redazione degli Atti degli Apostoli. (11)
Ci pare, tutto sommato, che il Reyor non sposi totalmente, nell’attenzione che dedica alla tradizione cristiana, le tesi del suo maestro, ricavandosi, in ciò, un territorio di riflessione autonomo che non porta necessariamente il lettore alle conclusioni guénoniane. Reyor non fa menzione esplicita di una degenerazione tradizionale del cristianesimo, né, a quanto ci è tramandato, a questo si limita la sua specificità ermeneutica. Il Reyor trae, in pratica, dal Guénon, la sola acritica certezza di una tradizione esoterica cristiana segreta e totalmente indipendente dall’exoterismo religioso, senza sposare manifestamente quell’idea dell’”abbassamento” exoterico della rituaria cristiana e dei sacramenti, che costituisce uno dei capisaldi guénoniani della critica al cristianesimo. (12)
In generale, comunque, in questi scritti sulla tradizione dell’esoterismo cristiano, scritti che, ripetiamo, rivelano una inclinazione più evidente all’argomento di quella manifestata dal Guénon (13), e che non sono privi di spunti interessanti ed annotazioni feconde, il Reyor non si affranca efficientemente dalla matrice filosofica guénoniana e dai suoi forti limiti ermeneutici. Il retroterra di riferimento, in sintesi, genera difetti di approccio e di inquadramento analitico che ci paiono rilevanti, e che, forse, contribuiscono ad evidenziare, al lettore sufficientemente attento, la sostanziale estraneità ed insufficienza dell’impianto storico, teoretico ed ermeneutico utilizzato nei confronti degli aspetti scritturali e teologici del cristianesimo. I testi di Reyor, tuttavia, costituiscono un ausilio importante per delineare il carattere ed i limiti di alcuni assunti guénoniani fino a tempi recenti assai poco studiati, e che nelle opere stesse del maestro francese appaiono esposti talvolta senza il sostegno di riscontri dottrinari, e senza alcuna considerazione dei dati che, pure, la tradizione cristiana ha trasmesso in modo inequivocabile.
Note
(1) Si è più volte sottolineato ad esempio come alcune posizioni in merito all’unità trascendente delle religioni, nella forma in cui tale concetto emerge dagli scritti di Guénon, abbiano suscitato forti perplessità da più parti. Si pensi ad esempio alle obiezioni espresse da un Henry Corbin, o agli studi recenti di un Borella (si veda in particolare Esoterismo guénoniano e mistero cristiano, Arkeios, 2001).
(2) Guénon è tuttavia attento a definire la necessità dell’exoterismo tradizionale (a questo tema è dedicato un capitolo di Initiation et réalisation spirituelle, una raccolta postuma di articoli, tr. it. Iniziazione e realizzazione spirituale,ed. Studi Tradizionali, Torino 1967)
(3) È ancora tutto da compiere il fecondo lavoro di identificazione di tutti i prestiti e le eredità che, nell’opera matura di Guénon, riecheggiano la sua formazione occultistica.
(4) Si vedano, ad esempio, in proposito, le opinioni espresse nel primo capitolo degli Aperçus sur l’Initiation (trad. it. Considerazioni sulla via iniziatica, f.lli Melita, Milano 1987, pgg. 25-31). In relazione al rapporto tra iniziazione e cristianesimo, anzi, Guénon non manca di osservare che, se è vero che lo Spirito Santo interviene tanto nei rituali esoterici che in quelli exoterici, è anche vero che tale intervento è destinato a sortire effetti del tutto diversi, solo nel caso dei rituali propriamente iniziatici afferenti al dominio della vera realizzazione spirituale (cfr., ad es., quanto affermato nel secondo capitolo di Aperçus sur l'ésotérisme chrétien – trad. it. Considerazioni sull’esoterismo cristiano, ed. il Settimo Sigillo, 1987). Il contenuto originariamente esoterico delle rituarie cristiane è oggi, in sostanza, secondo il Guénon, esaurito, essendo sopravvissuto il solo aspetto exoterico. Gli stessi sacramenti non costituiscono che una esteriorizzazione exoterica di originari riti esoterici. Guénon non precisa però in cosa consista una tale esteriorizzazione, e con quali tappe il sacramento perde la presunta qualificazione esoterica. Assai problematico, in rapporto alla natura stessa dell’intervento dello Spirito Santo, così come esso è trasmesso e presentato nella dottrina cristiana
(5) Cfr. Iniziazione e realizzazione... cit., cap. 8. Realmente, risulta assai confuso ed impossibile da comprendere la collocazione che il Guénon attribuisce alla patristica, dal lato dottrinario. Come si qualificheranno gli scritti di S. Giovanni della Croce, o quelli di un Silesio o di un Gregorio di Nissa? Di contro rimane assai dubbio il valore reale che i sacramenti, dal punto di vista di Guénon, avrebbero dovuto avere nella loro purezza originaria in rapporto ad alcune sue teorie inerenti la differenza tra iniziazione virtuale ed iniziazione effettiva (cfr. il capitolo XXX delle Considerazioni... cit.).
(6) Tanto per la cronaca, sarebbe ora di ricordare che l’intero impianto dottrinario delle regole – come, in parte, quello organizzativo, per quanto ci è dato sapere - degli ordini cavallereschi, attinge a normalissime regole monastiche. Borella nota come sia curioso, del resto, che le prove – se tali possono definirsi le ardite ipotesi e deduzioni talvolta invocate - a favore di una regolare filiazione esoterica – in senso guénoniano – in seno al cristianesimo, non siano mai anteriori al XII secolo. Reyor considera interne alla filiazione cristiano-esoterica, anche il rosicrucianesimo, esperienza affatto moderna, sviluppatasi, peraltro, per larga parte della sua genesi e della sua produzione testuale, in ambito protestante e scismatico, in aperto ed aspro conflitto con i tradizionali rappresentanti dell’exoterismo cristiano (la chiesa romana). Il che, ci pare, mal collimi con l’idea della dialettica funzionale esoterismo-exoterismo, che si può desumere dalle dottrine guénoniane. E, d’altro canto, è proprio in quell’epoca ed in quegli ambienti che esistono prove documentali della formazione di società e confraternite esoteriche dai caratteri compatibili con quelli teorizzati da Guénon
(7) In merito alla presunta segretezza, di cui sarebbe ammantata la scuola esoterica cristiana, è opportuno ricordare un passo evangelico che, riteniamo, non debba dar adito a dubbi di interpretazione: ”...Non vi è nulla d nascosto che non debba essere rivelato, e di segreto che non si debba sapere. Quello che vi dico nelle tenebre, ditelo nella luce del sole; e quello che vi è stato detto all’orecchio predicatelo sui tetti “. (Matteo, X, 26-27, corrisponde a Luca XII. 3, ed a Luca VIII, 17). Una istruzione del Cristo, se possibile, ancor più chiara ed universalistica di quel bevetene tutti, che rappresenta uno dei passi più importanti del rituale eucaristico.
(8) “Avendo dunque, o fratelli, per mezzo del sangue di Gesù Cristo, la sicurezza di entrare nel santuario per questa via nuova e vivente che egli ha aperto per noi attraverso il velo, cioè attraverso la sua carne”. (Ebrei, X, 19-21)
(9) Matteo, XXVII, 51, Marco XV, 38, Luca XIII, 45
(10) Questa convinzione si fa abbastanza evidente quando, ad esempio, il Reyor, scavalcando ogni considerazione in merito alla lingua liturgica tradizionale, il latino, cerca le radici della lingua sacra del cristianesimo nell’ebraico.
(11) Borella (op. cit.) evidenzia a tal proposito il passo degli Atti (X, 44-46), che rompe la tradizione del “popolo eletto”. Lo Spirito Santo che scende sui presenti alle parole di Pietro, infatti effonde la sua grazia anche sui gentili non circoncisi, ed allo stupore dei circoncisi Pietro risponde: “...possiamo forse negare la l’acqua del battesimo a coloro che hanno ricevuto lo Spirito Santo al pari di noi?..”. Poco oltre a Pietro viene rimproverato di frequentare case dei gentili.- Ancora una volta appare opportuno ribadire che, la rottura netta ed esplicita nei confronti della tradizione ebraica – e l’infrazione sistematica dei suoi dettami rituali da parte del Cristo - che sarebbe fin troppo facile rintracciare in vari passi scritturali, implica la necessità di una considerazione profonda degli aspetti peculiari e nuovi della rivelazione evangelica.
(12) Su questo cfr. Borella, Op. cit. pag. 111-112
(13) Significativamente, come abbiamo detto, Reyor non affronta il problema della exoterizzazione del cristianesimo. Indubbiamente, l’autore è consapevole degli insormontabile problematicità di un simile assunto, che, con ogni evidenza, ignora le radici dottrinarie e teologiche dei sacramenti – e della grazia da essi conferita - così come la tradizione cristiana li intende. Tuttavia, a questo proposito, anche negli studi di Reyor, notiamo una cosa che già ci provocò stupore alla lettura dei passi Guénoniani dedicati al cristianesimo: la quasi totale assenza di riferimenti alla tradizione patristica, e l’abbondanza, invece, di riferimenti alla tradizione ebraica. Un curioso metodo ermeneutico che ottiene l’inedito risultato di considerare un cristianesimo avulso dalla sua stessa tradizione teologica e metafisica, ed accostato invece a tradizioni estranee, nel cui ambito si ricercano radici e corrispondenze sulla base di astrazioni ed accostamenti spesso problematici.
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