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Il Segno del Cigno

Giovanni Monastra

 Giuseppe Gorlani Il segno del Cigno , ed. Il Cerchio, Rimini 1999, pag. 133 £. 25.000

 

 

Giuseppe Gorlani ha raccolto in questo libro, su cui aleggia la potenza della "luce", simbolizzata dal cigno, quattordici saggi da lui pubblicati in precedenza su varie riviste, alcune di non facile reperimento per molti lettori. Due poesie, "Il segno del cigno" e "Il mare", poste in apertura e chiusura, oltre a inserirsi molto bene nel contesto generale del lavoro, ci ricordano che l'Autore è dotato di una delicata vena poetica, nutrita da una limpida visione metafisica, di cui ha dato prova in precedenti opere (presso "Il Cerchio - Iniziative Editoriali" ha pubblicato tre sillogi poetiche: Radici e Sorgenti - 1989, La Porta del Sole - 1990 e Nel Giardino del Cuore - 1994). Gorlani oggi vive, svolgendo il ruolo di "custode", in una piccola comunità ashramica, autodefinitasi "i Cavalieri del Sole", per indicare la centralità dell'astro luminoso simboleggiante il Logos-Shiva che dà vita e illumina spiritualmente. Nei vari capitoli vengono trattate diverse tematiche di interesse notevole per il lettore sensibile alla dimensione del sacro e al problema del rapporto fra quello che si suole definire "il mondo della Tradizione" e la modernità, nei suoi vari aspetti. Questi ultimi non possono essere tutti accomunati qualitativamente tra loro ed etichettati in modo negativo, solo in base a una superficiale considerazione di tipo cronologico, secondo la quale tutto ciò che è apparso nella nostra epoca è ipso facto antitradizionale. Possiamo portare l'esempio della musica moderna, verso la quale certi autori tradizionalisti hanno espresso una condanna di tipo generalizzante e senza appello. Invece Gorlani, anche in questo campo, dimostra di essere libero da ogni scolasticismo e da qualsiasi condizionamento verso il "maestro" di turno: offre così alcune interessanti indicazioni, operando le opportune selezioni e discriminazioni qualitative tra filoni e gruppi musicali in base alle valenze profonde di ciascuno. L'Autore spazia dal vegetarianesimo a Tolkien, dal buddhismo alla iniziazione, dal significato del dono alla controversa figura di Gandhi, per limitarci solo ad alcuni argomenti. Anche se i saggi sono stati scritti in occasioni diverse e per riviste che si rivolgono talora a un tipo particolare di pubblico, risulta sempre presente un filo conduttore che accompagna il lettore e che non lascia mai emergere, per lo meno in modo pesante, i difetti di tutte le antologie che raccolgono scritti vari di un Autore, con le inevitabili ripetizioni e disomogeneità. Tale filo conduttore è costituito dal particolare approccio "tradizionale" di Gorlani, che non scade mai nella genericità, nell'astrattezza e nella verbosità, ma è sempre radicato nella geometrica coerenza e nella vertiginosa potenza "intellettuale" propria alla concezione metafisica indù dell'Advaita-vedānta, cioè il punto di vista, o darśana, non-duale volto alla conoscenza dell'Assoluto visto nel suo aspetto più alto, quello apofatico, senza qualificazioni o determinazioni (Brahman nirguna). Infatti non va mai dimenticato che ogni determinazione è una limitazione, e quest'ultima risulta contraddittoria con l'essenza più profonda del Principio trascendente, il quale, appunto perché "senza limiti", si pone oltre l'Essere e simbolicamente viene rappresentato come lo zero metafisico. L' Advaita-vedānta costituisce certamente il vertice, o per lo meno uno dei vertici (insieme alle dottrine taoiste e sufi) della speculazione metafisica sotto tutte le latitudini e in tutti i tempi, almeno per quello che l'uomo contemporaneo conosce circa le dottrine sapienziali esistite. Traducendo le profonde conoscenze di questo darśana in applicazioni concrete in vari ambiti, Gorlani offre convincenti esempi della fecondità esplicativa e intrepretativa di un sapere universale e senza tempo. Circa la sua eccellente conoscenza della metafisica indù va ricordato che dai venti ai trent'anni egli ha soggiornato a lungo in Oriente (soprattutto in India), venendo a contatto diretto con ambienti qualificati e reppresentativi di quella tradizione sapienziale. Così l'Autore può, ad esempio, affrontare con precisione chirurgica e cognizione di causa la delicata e complessa questione del vero messaggio del Buddha, che considerava l'anima individuale priva di una base sostanziale, ma era ben lontano dal negare la realtà del Sé-Ātman, senza la cui presenza tutto il processo di ascesi - nota Gorlani - risulterebbe privo di senso e inintellegibile, dato che non si capirebbe "chi" agisca sul piano spirituale e "chi" si avvii verso la liberazione dalle illusioni della prigione samsarica. Il messaggio del Buddha successivamente verrà stravolto e alterato, realmente "tradito", da alcune scuole, corrotte dal virus nichilista e antiessenzialista, che possono essere in parte identificate con la corrente Theravāda. Tali speculazioni pseudobuddhistiche sintomaticamente si sono rivelate ben accette anche negli ambienti più all'avanguardia del mondo moderno, cioè più lontani da ogni vera spiritualità (vedi gli USA dove la religiosità è stata ridotta quasi sempre a sentimentalità melensa): tali ambienti non a caso vedono in esse un utile supporto nel continuo processo di distruzione di ogni Realtà stabile e salda nella sfera interiore dell'uomo, distruzione operata dalla modernità con una progressiva opera corrosiva che tra i suoi effetti ha portato alla radicale periferizzazione dell'essere, a cui fa riscontro, quale mistificante polo opposto, la farsesca ipertrofia di un io di cartapesta, coacervo di nevrosi e psicosi. A parte lo spessore "intellettuale" delle pagine di Il segno del cigno, mai appannate da cadute di livello dottrinario, di un'altra cosa deve essere debitore il lettore a Gorlani: infatti, condotti in questo itinerario attraverso luoghi e tempi, personaggi e cose, via via si viene pervasi da una sensazione di serenità non comune, trasmessa dall'Autore e assai rara nell'iroso panorama della cultura odierna (purtroppo talora anche in ambito cosiddetto "tradizionale"), fatta di grida e rancori repressi, tono sovraeccitati e aggressività gratuita. Anche questo è un merito da evidenziare.

 

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