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GIOVANNI
CARBONELLI,
Sulle fonti
storiche della chimica e dell'alchimia in Italia
(con uno scritto
di Massimo Marra), La Finestra editrice, Lavis (TN), 2003, pp. 220 - € 75,00
www.la-finestra.com
Medico e professore universitario di Ostetricia e Ginecologia, Giovanni Carbonelli (1859-1933) incominciò a dedicarsi all'attività saggistica di storico della medicina e della scienza à partire dai primi anni del secolo e vi si appassionò a tal punto da abbandonare, nel 1918, la professione medica per dedicarsi anima e corpo alla ricerca storica. La sua ampia produzione mostra una forte curiosità non solo per la medicina, ma altresì per le scienze che in qualche modo ad essa possono ricollegarsi e quindi farmacologia, botanica, chimica, persino l'iconografia medica e la storia della vita quotidiana. Un'apertura di orizzonti culturali che trova la sua massima espressione proprio nell' opera, ora riproposta dalla casa editrice La Finestra, Sulle fonti storiche della chimica e dell' alchimia in Italia, ancora oggi validissimo strumento di consultazione per quanti vogliano avvicinarsi alla conoscenza storica dell'alchimia. L'opera si presenta, dunque, come una ricostruzione rigorosa (compatibilmente con la possibilità per il Carbonelli di attingere ai repertori e ai cataloghi al suo tempo disponibili nelle biblioteche italiane) della storia dell'alchimia italiana inquadrata, in contrapposizione alle tendenze occultiste e misteriosofiche di fine Ottocento, in un contesto scientifico, secondo la visione positivista che contestualizza l'alchimia come fase precientifica della chimica. Tuttavia, il Carbonelli, come sottolinea Massimo Marra nel prezioso scritto introduttivo, privilegia (ed è questo il suo più grande merito) da bravo storico "l' esposizione della dottrina e dell'ideologia alchemica nella sua completezza, senza privilegiare particolarmente le fasi e le testimonianze sperimentali che più paiono anticipare la nascita della scienza sperimentale". E non solo: il Carbonelli, tralasciando l' approccio filologico ai testi e limitando all'indispensabile l'analisi critica degli impianti dottrinari, riesce a far emergere, nel passaggio dinamico da un manoscritto all' altro e da un secolo all' altro, la struttura unitaria della dottrina alchimica. Così facendo si sgancia dal paradigma evoluzionistico positivista, realizzando una sorta di neutralità interpretativa che fa della sua opera un unicum nella storiografia alchemica e un esempio di approccio non ideologico ancora oggi riproponibile.
Infine, altri due aspetti dell' opera meritano di essere evidenziati. In primo luogo la ricchezza del materiale iconografico, per il quale il Carbonelli mostra non solo grande attenzione, ma anche una grande sensibilità estetica. Infatti, il lettore può trovare all'interno dei vari capitoli un vasto repertorio iconografico tratto dai principali manoscritti e codici consultati, estremamente utile per comprendere sia il simbolismo che lo strumentario alchemici. In secondo luogo i due capitoli finali, XXIV e XXV, dedicati rispettivamente ai repertori terminologici e agli autori ai quali si possono attribuire libri o ricette chimico-alchemiche. Materiali, in entrambi i casi, utilissimi agli studiosi che volessero approfondire ed allargare le ricerche e le analisi in questo campo.
Un accenno a parte merita il pregevole saggio di Massimo Marra in cui si ricostruisce la status degli studi sull' alchimia a fine Ottocento con riferimento a diverse figure di studiosi e ai loro diversi approcci interpretativi. Una vera guida illuminante che aiuta a meglio comprendere l'importanza del Carbonelli e la sua ancora viva attualità.
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