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L'OROLOGIO DI DIO

Massimo Marra

 

Louis Cattiaux - Il Messaggio Ritrovato, ovvero l'orologio della notte e del giorno di Dio.

trad. di Nicola Anzalone, pgg, 391, ed. Mediterranee - 2002 - € 21,50  - ISBN 88-272-2451-8

 

 

Leggere pagine che testimoniano di un’esperienza spirituale autentica è oggi una delle esperienze più aliene e più rare che possano presentarsi alla sonnecchiosa coscienza intellettuale della modernità. La cosa diviene, in particolare, stupefacente, quando lo scritto e l’autore – sconosciuti ai più - sembrano apparentemente sfuggire e contraddire i codici espressivi consolidati, tradizionali, le forme note e rassicuranti che rendono riconoscibile e classificabile secondo le bene ordinate griglie interpretative – ma forse sarebbe meglio definirle gabbie -  l’ennesima ovvietà mascherata da verità.

Chi dovesse avvicinarsi all’opera dell’alchimista Louis Cattiaux con nella testa l’intricata allusività delle opere di certo ermetismo alchemico contemporaneo, il compiaciuto utilizzo dell’”argot” tecnico ed iniziatico, bagaglio tipico di una vasta pletora di moderni alchimisti, oppure, seguace di una via manipolatoria, fosse alla ricerca di un testo costellato da istruzioni operative, indicazioni su tempi, temperature ed operazioni, probabilmente rimarrebbe deluso. Del pari, rimarrebbe deluso anche chi cercasse nelle pagine del Messaggio ritrovato, l’ennesima esposizione della dottrina alchemica, magari secondo un metodo ermeneutico che siamo stati di volta in volta abituati a considerare occultistico, psicoanalitico o altro. La delusione più cocente, probabilmente, sarebbe quella della variegata cerchia neo-pagana, ma più compiutamente sincretistico-magica, che appare sempre pronta a sbandierare l’ermetismo per legittimare le più fantasiose e vane teorie sull’uomo e l’universo.

Dell’accoglienza riservata dal milieu degli ermetisti all’opera di Cattiaux, al suo primo apparire, ci parla Charles d’Hooghvorst – probabilmente, insieme al fratello Emmanuel scomparso alcuni anni or sono, il principale ermeneuta dell’opera di Cattiaux – che leggiamo negli atti del Colloque Canseliet tenutosi a Parigi nel dicembre ’99.

All’uscita della prima edizione del testo, narra d’Hooghvorst , “...anche coloro che vi credevano ancora e che praticavano l’alchimia, non hanno riconosciuto L. Cattiaux come uno di loro. Questo libro è molto bello, dicevano, sfogliando il Messaggio, ma esso non ha nulla a che vedere con la nostra alchimia; esso non contiene alcuna ricetta pratica, come quelle insegnate dai nostri maestri. E’ un  libro mistico come tanti altri... In breve, il Messaggio Ritrovato, in un linguaggio inusuale, un linguaggio, voglio dire, che non è quello che parlano abitualmente i maestri di alchimia - linguaggio che Cattiaux conosceva perfettamente per aver studiato le opere degli antichi maestri – parla nondimeno in ogni pagina della loro famosa Materia, luce di Natura, Fuoco segreto dell’opera capace di dissolvere l’oro volgare senza violenza, di farlo germogliare, fruttificare e moltiplicare...”.

Difficilmente collocabile nel bazar dello spiritualismo contemporaneo, dunque, l’opera dell’ermetista Louis Cattiaux. Il linguaggio dei suoi aforismi si rivela ad ogni pagina di vesti di volta in volta mistiche, filosofiche, alchemiche, senza cedere alle lusinghe di una omogeneità che ne faciliti l’incasellamento, l’omologazione.

Nel recensire, nel 1948, dalle pagine di Etudes Traditionelles, l’opera alla sua apparizione, René Guénon ne consigliava una lettura in qualche modo simile a quella che si sperimenta talvolta, ed in diverse tradizioni, per i libri sacri: l’apertura, magari con un tagliacarte, di una pagina a caso.

Un ottimo metodo per cogliere messaggi, analogie illuminanti e talvolta catartiche, indicazioni mistiche ed esistenziali. Agostino, nei travagli della conversione al cristianesimo, spinto da una voce interiore, sperimenta questo approccio con la Bibbia. Ci manca la disinvoltura guenoniana nel consigliare un simile approccio al lettore italiano del Messaggio Ritrovato, purtuttavia ci preme segnalare questa fortunata edizione italiana di uno dei libri ermetici contemporanei più belli ed interessanti che ci sia stato dato di leggere.

Non conoscevamo in precedenza l’opera di Cattiaux.

Vi abbiamo trovato una profondità che, vissuta in modo simpatetico dal lettore, può realmente trasmettergli il senso profondo di una dottrina e di una esperienza spirituale palesemente posseduta e padroneggiata, in una dimensione che trascende quella puramente intellettuale. Gli aforismi di Cattiaux, distinti in due colonne parallele che scorrono – probabilmente secondo una precisa intenzione dell’autore – fondendosi ed alternandosi, lasciando libero l’occhio di saltare da una colonna all’altra, da un aforisma all’altro, esprimono contenuti di profonda valenza spirituale, quali la letteratura contemporanea raramente ci dona.

Cattiaux è alchimista per ignem, e ce lo comunica in parole in cui profondità di sguardo, lirismo e padronanza del simbolismo ermetico ed alchemico, si fondono ad un cristianesimo vibrante, ad una coscienza mistica che, probabilmente, ci fornisce almeno una cifra per collocare Cattiaux ed i suoi bellissimi aforismi. Ciò che spesso sfugge dell’alchimia ai moderni epigoni degli antichi maestri dell’Arte Reale, è l’imprescindibile essenza cosmogonica e cosmologica dell’alchimia. La natura di téchne, di arte volta a riprodurre le leggi dell’universale nel particolare, di magia volta alla mimesi del momento creativo. Al pari dell’officiante del rito, che appare sovente riprodurre con simboli ed azioni la cosmogonia sacra, l’asceta ermetico è rivolto alla creazione – o forse alla liberazione – di una forma nuova di coscienza corporea, di un re-bambino che ne rinnovi le radici stesse dell’essere.

Questo è, almeno, quanto la tradizione incantata ci racconta nelle delicate metafore poetiche, nelle complesse istruzioni operative, nelle oscure raffigurazioni simboliche.

Ma la téchne deve, fatalmente, come per ogni arte tradizionale, ricollegarsi ad una metafisica, ad una scaturigine che ne costituisca, nel contempo, la meta finale, la realizzazione compiuta. Come per una mano, che funziona solo quando è attaccata ad un arto, o come un rubinetto, la cui funzione ha senso solo in relazione alla rete idrica, un’arte sacra, per sua stessa natura, deve dipendere da una metafisica. E’ per questo che sono esistiti alchimisti pagani, esistono alchimisti cristiani, ebrei, musulmani, induisti. L’arte sacra si trasforma ed adatta il proprio contenuto universale alle tradizioni metafisiche di riferimento, attraverso il linguaggio simbolico della natura e delle sue leggi.  In tal modo, il linguaggio della téchne avoca a sé il ruolo che gli compete, nel quadro di una visione metafisica compiuta che ne dirige e determina operazioni e risultati.

Cattiaux, dunque, l’alchimista Cattiaux, è compiutamente cristiano.

Il Messaggio Ritrovato ricorda irresistibilmente certe pagine infuocate e lapidarie di alcuni padri del deserto, oppure, più compiutamente, gli aforismi luminosi del Pellegrino Cherubico di Silesio. E’ questo il riferimento probabilmente più calzante per la scrittura di Cattiaux. Come in Silesio, il simbolismo alchemico è metafora privilegiata per la descrizione di un percorso spirituale di cui, patentemente, il simbolo ed il rito cristiano costituiscono base e scaturigine, e di cui la realizzazione cristica, come per l’alchimia di Arnaldo da Villanova, di Rupescissa  e dei più sublimi padri dell’Arte, esprime la forma più perfetta.

Le due colonne su cui sono raccolti gli aforismi, a destra ed a sinistra della pagina, sono, secondo quanto ci suggerisce Charles d’Hooghvorst, analogicamente correlate a due diversi piani di espressione: la colonna di destra, esprime i sensi cosmogonici, mistici ed iniziatici; quella di sinistra, quelli terrestri, morali e filosofici. Ciò, ancora una volta, appare in sintonia con i due aspetti della rivelazione, quello exoterico e quello esoterico, nella cui complementarità perfetta ed inscindibile si realizza la compiutezza tradizionale del cristianesimo. E proprio a testimonianza di questa complementarità inscindibile, di questa identità inestricabile, Cattiaux spesso viola la regola base della composizione. Le due colonne spesso fondono i messaggi, si scambiano di ruolo, contaminano i propri rispettivi domini per riaffermare una volta di più la completezza e la ricchezza incontenibile e poetica del messaggio sovrasensibile.

Un testo di grande spessore, in definitiva, che restituisce alla modernità il senso ultimo e metafisico di una dottrina antica, a prescindere dalla mera sopravvivenza di un linguaggio simbolico tradizionale, troppo spesso svilito dalla vanità del gioco identitario inscenato da sedicenti iniziati e presunti adepti, dai cui testi, però, raramente ci capita di sentire uscire quel “profumo di verità” che Lanza del Vasto, nella bellissima prefazione al Messaggio, percepisce esalare dalle pagine di Cattiaux. E che, aggiungiamo noi, qualunque lettore che sappia e voglia abbandonarsi al gioco poetico e metafisico degli aforismi di Cattiaux, non potrà fare a meno di percepire.

 

 

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