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DIVINA OMEOPATIA:

 LE FALSITÀ DI QUARK E LA DISINFORMAZIONE SU VATICANO E OMEOPATIA

Fernando Piterà: Medico Chirurgo - Docente in Omeopatia, Fitoterapia e Bioterapie presso il Corso di perfezionamento in medicine non convenzionali e tecniche complementari - Univ. degli studi di Milano

  
Samuel Hahnemann

 

Per cortese concessione della rivista Anthropos & Iatria, pubblichiamo questo interessante intervento del Dr. Piterà, che prende le mosse da un caso eclatante di disinformazione televisiva, che risale al luglio 2000 e disegna un aspetto interessante e poco esplorato della storia della scienza omeopatica. L'articolo è tratto dal n° 3 di Anthropos & Iatria (anno V), Gennaio-Marzo 2001. Per favorire il download del lungo articolo del Dr. Piterà è stata ridotta al minimo la grafica e la bibliografia è stata scorporata. Chi fosse interessato alla bibliografia del lavoro è pregato di cliccare qui oppure sul link posto alla fine dell'articolo.

 

“Se non mettiamo la libertà di cure mediche nella costituzione, verrà il tempo in cui la medicina si organizzerà, piano piano e senza farsene accorgere, in una dittatura. E il tentativo di limitare l’arte della medicina solo ad una classe di persone rappresenterà la Bastiglia della scienza medica”. (Benjamin Rush, firmatario della Dichiarazione d’Indipendenza USA).

 “La sentenza di Claude Bernard che nella scienza la fede sia un errore e lo scetticismo un progresso porta sovente alla dislogia di negare tutto quello che non si riesca a dimostrare” (Prof. Gaetano Boschi)

 

 

 

Numerosi colleghi, pazienti e lettori, profondamente indignati, mi hanno più volte chiesto di scrivere in merito a quanto successo nel recente passato a riguardo delle vergognose affermazioni di Piero Angela nella sua trasmissione dell’11 luglio 2000 (ore 20,45). Poiché diverse associazioni di medici omeopatici, di consumatori, ecc. avevano già adeguatamente risposto alle gravissime affermazioni del conduttore televisivo, e, visto che il nostro Direttore Prof. Paolo Aldo Rossi, aveva dedicato all’argomento un suo editoriale di Anthropos e Iatria (Anno 4, N° 3, p.6), considerato il fatto che non voglio rivestire a tutti i costi il ruolo di polemista, ho pensato che tutto ciò, unitamente alle numerose proteste già in atto, poteva aver in parte esaurito l’argomento. Più recentemente, però, un altro gravissimo episodio di sottocultura, degno solo di una “Repubblica delle banane” ha ulteriormente esasperato gli animi di tutti coloro che da decenni cercano un pacifico e leale confronto scientifico e metodologico. Gran parte della stampa nazionale, travisando completamente (e ritengo deliberatamente) un comunicato della Conferenza Episcopale Italiana, ha ulteriormente dimostrato la faziosità di una informazione giornalistica sempre più distorta e manipolata. A questo punto, quando ti ci tirano dentro per i capelli non si può proprio tacere! Da qualche tempo è in atto, nel nostro Paese, una scellerata regia, pilotata ad arte da professionisti dell’intolleranza, i quali, in questo sport di tiro al bersaglio, praticato ormai da una schiera sempre più numerosa di agonisti, si mira ad influenzare negativamente la popolazione affinché non ricorra alle cure omeopatiche. In questo clima fortemente ostile e denigratorio, chi ci rimette è il rilievo obiettivo dei fatti, determinandosi un voluto disorientamento, ad arginare il quale, invano si attende da oltre ottant’anni un adeguato intervento del Ministero della Sanità. Non passa giorno che su stampa, quotidiani, riviste, reti televisive, non compaia qualche comunicato ostile o venga pubblicato qualche articolo o libercolo studiato e redatto ad arte per denigrare e beffeggiare l’Omeopatia senza nemmeno sapere cosa essa sia. Per contro, telegiornali e reti televisive, nelle massime ore di ascolto, si fanno paladini di nuove “scoperte” farmacologiche, annunciando e decantando (con molto anticipo) che per questa o quella  malattia, è in arrivo una nuova pillola della giovinezza, una strabiliante compressa per dimagrire, una nuova molecola per essere sempre all’“altezza” della situazione, qualcosa che farà crescere i capelli a tutti i calvi. Ciò determina nella popolazione aspettative tali che abbiamo assistito a veri e propri esodi in altri paesi vicini per procurarsi tali strabilianti pillole che il più delle volte si sono rivelate dei “bidoni” per il consumatore, ma che hanno avuto almeno il merito di fare salire in borsa le quotazioni di quella o quell’altra casa farmaceutica. Se invece un tizio, abusando di efedrina a scopi dopanti si è intossicato per l’abuso scellerato di tale sostanza, la notizia che viene data negli stessi telegiornali è all’incirca questa: “non curatevi con le piante medicinali perché possono fare molto male, anzi possono far morire!”. Ovviamente non si dice che l’efedrina e i suoi derivati (fenilpropanolamina, fenilefrina e pseudoefedrina) sono sostanze simpaticomimetiche usate soprattutto in medicina convenzionale per la preparazione di numerose specialità medicinali di largo consumo e largamente disponibili senza prescrizione medica, nei decongestionanti nasali e nelle preparazioni per il raffreddore. Tempo fa, in una pagina di televideo era comparso un avviso raccapricciante che più o meno recitava così: “Per problemi di salute non rivolgetevi a cartomanti o a medici omeopati” (Sic!). La stupidità e il delirio di onnipotenza di qualche noto o ignoto personaggio, in questo Paese, sembra essere presa ancora in seria considerazione e per di più pagata con pubblico danaro. Gli attacchi all’Omeopatia non sono pertanto nuovi, ma nella scorsa estate abbiamo assistito, allibiti, al più infamante e diffamatorio spettacolo televisivo contro l’Omeopatia, senza neppure interpellare una controparte  per ribattere al cumulo di scempiaggini e falsità propinate agli increduli spettatori i quali, tra l’altro, pagano il canone per essere informati e non per essere raggirati. Tutto questo alla faccia della par condicio, delle pari opportunità e del garante dell’informazione! Le fasulle affermazioni contenute in quella trasmissione  che “invitavano” spettatori e consumatori a non utilizzare terapie omeopatiche, senza consentire un minimo di contraddittorio da parte di chi non la pensa come loro, più che aver offeso o denigrato coloro ai quali erano rivolte, hanno squalificato fortemente chi le ha fatte, come infatti è avvenuto. Un vero e proprio autogol! Ringraziamo quindi Piero Angela di tanta solerzia e attenzione verso l’Omeopatia, ma vorremmo invitarlo a documentarsi meglio (visto che almeno quello di documentarsi e fare documentari dovrebbe essere il suo mestiere) prima di parlare a sproposito. Ma la cosa più triste è che queste cose trovano ancora spazio, e si possono dire solo in Italia, e non certo perché siamo un paese democratico dove esiste ancora la libertà di parola, ma perché non si ha più nemmeno il pudore di contenere la menzogna entro i limiti della decenza. Inviterei pertanto il conduttore di Quark a fare lo stesso show televisivo che ha fatto qui da noi in Germania, in Inghilterra o in Francia, dove ad esempio vi sono 18.000 medici tra generici e specialisti che prescrivono Omeopatia, dove la stessa materia è insegnata in 10 Università di stato, dove l’Omeopatia è rimborsata dal sistema sanitario nazionale, dove la farmacopea omeopatica è una realtà dal 1965, così come in altri Paesi della Comunità Europea.

Riguardo il contenuto di quella trasmissione, i fatti si commentano da sé. Non voglio pertanto perdere altro tempo a rispondere nel dettaglio a chi non è né medico né laureato, ma si arroga il diritto di giudicare l’operato di decine di migliaia di medici che in Europa esercitano la più grande e nobile professione dell’Arte Medica. Qualcosa invece bisognerebbe dire a coloro che, essendo colleghi, si prestano, convinti di essere sempre dalla parte della “verità”, al turpe gioco della disinformazione, diventando nel contempo strumenti più o meno “consapevoli” della stessa scellerata regia, sponsorizzata ad arte da chi deve difendere antiche e consolidate posizioni dogmatiche, e non certo nel nome della salute pubblica. Vorrei chiedere a questi signori colleghi solo una cosa: “come mai se l’Omeopatia è acqua fresca, nel foglio delle indicazioni e controindicazioni di alcuni farmaci convenzionali, utilizzati per il trattamento dell’AIDS, c’è scritto a chiare lettere di non utilizzare, durante quel trattamento, anche i farmaci omeopatici?” - “Come farebbe l’acqua fresca ad interferire con la farmacocinetica di quel farmaco, se si tratta solo di acqua? Spero proprio che questi lungimiranti e illuminati colleghi non abbiano vietato ai loro pazienti di bere della semplice acqua!”. Anche qui le cose si commentano da sé e pertanto non voglio dilungarmi in logore e sterili diatribe che durano ormai da 200 anni, dove le parti contendenti, sempre nuove, ma altrettanto antiche, si avvicendano e si lasciano di volta in volta coinvolgere in polemiche che divertono l’uditorio senza conquistarne il consenso, senza sapere che le loro dispute sono già state scritte e riscritte, con le stesse frasi, le stesse parole, con le stesse logore motivazioni.  Perché questi solerti signori non fanno una trasmissione nelle ore di massimo ascolto per elencare i danni da farmaci, per contare quanti soggetti finiscono al pronto soccorso per ulcere gastriche perforate da uso di antinfiammatori? Quanti shock anafilattici o allergie a farmaci, quanta patologia iatrogena e danni da farmaci sono riportati in letteratura medica? Perché non occuparsi anche di una corretta informazione a vera tutela del cittadino consumatore il quale in questi casi, oltre che essere un consumatore, è anche un “paziente” e quindi un individuo e consumatore-sofferente.  Perché non parlare dei danni da mercurio presente in numerosi vaccini (già ritirati dal commercio in altri paesi) e che in Italia continuano ad essere caldeggiati e consigliati per vaccinazioni di massa? Sono stati persino ritirati dal commercio i termometri al mercurio, ma lo stesso metallo viene iniettato in circolo come eccipiente o conservante in nome della profilassi e della salute (Sic!). Perché non fare una trasmissione che riporti in dettaglio l’elenco di tutti quei farmaci che sono stati ritirati dal commercio negli ultimi anni perché dimostratisi nocivi alla salute, dopo essere stati per anni in commercio ed assunti dalla popolazione? Quali danni manifesti o latenti hanno provocato o provocheranno nell’organismo di chi li ha assunti? Perché non dire ai cittadini che di recente un noto farmaco di largo consumo, prescritto anche a bambini è stato ritirato dal commercio perché ha provocato la morte per infarto di diversi individui (tra cui anche neonati) pur essendo un farmaco “collaudato” secondo i canoni della “scienza ufficiale”? Oppure potremmo citare un cospicuo elenco di farmaci che già da anni sono stati ritirati dal commercio in altri Paesi, mentre da noi vanno ancora per la maggiore! I suggerimenti potrebbero essere veramente tanti e sono certo che così facendo Piero Angela avrebbe forse più audience di ascolto. Ma questi ovviamente sono argomenti che lui non si sogna nemmeno di toccare. Solo la trasmissione “Reporter” per taluni aspetti, ha avuto il coraggio di farlo! Non mi sembra quindi che la  posizione di Piero Angela sia proprio neutrale, visto che sembra così preoccupato per la salute pubblica! Ma oggi nessuno vuole più fare il suo mestiere. Quanti pazienti avrà mai curato Piero Angela? Quante ore ha trascorso nella sua vita ad ascoltare, a visitare e prescrivere cure a pazienti? Nemmeno mezza, voglio sperare! E allora che ne sa di come gestire un ammalato, del rapporto tra medico e paziente? Cosa ne sa dei limiti e dei campi di applicazione di metodologie terapeutiche diverse? L’Omeopatia non ha più bisogno di sfide o confronti; da più di due secoli essa si confronta incessantemente sul terreno umano e con la sofferenza del malato, in una rigorosa e scientifica logica di prevenzione, di cura e tutela della salute dell’essere umano, di salvaguardia e di rispetto della dignità umana. L’Omeopatia non ha bisogno di dimostrare che “chimicamente” esiste, perché è un procedimento di ordine fisico, anche se ancora qualche pitecantropo con l’hobby della collezione di certezze, con mezzi chimici antiquati o mediante chimici mediocri si ostina a voler trovare tracce di sostanze che nel farmaco omeopatico non ci sono più, per giustificare la presunta inefficacia o per screditare la tanto paventata efficacia dell’Omeopatia. Lo sanno ormai tutti tranne loro! L’intolleranza, il pregiudizio e le critiche di quei colleghi che hanno fatto gli stessi nostri studi, ma che nulla sanno di Omeopatia, che nulla hanno letto o provato al riguardo, che nulla hanno visto e che continuano a non voler vedere e pretendono di emettere opinioni scontate come il loro sapere, non può che farci riflettere ulteriormente sul loro grado di cecità e imparzialità. In perfetto accordo con il grande Pierre Schmidt: “Non possiamo che essere rattristati e sgomenti dalla cieca parzialità di individui ai quali gli studi ed il sapere non hanno fornito nessun vero senso critico e la pratica nessuna tolleranza”.  

 

LE CONTINUE PERSECUZIONI

Ma veniamo a fatti più recenti. Perché non si dica che noi omeopati soffriamo di vittimismo o manie di persecuzione, lo scorso autunno, è stato completamente travisato dalla stampa Nazionale, un comunicato della CEI per diffondere ulteriori dubbi e perplessità. E, come se non bastasse, la legge sul riconoscimento dei medicinali omeopatici cominciata  nel 1989 e sancita dalla Direttiva 92/73 della Comunità Europea, che qualifica i prodotti medicinali come medicinali e invita gli Stati membri ad uniformare la loro normativa entro il 31/12/1993 è ancora in alto mare, rimandata al 2003! I tentativi sinora effettuati dal nostro governo di legiferare in merito si sono rivelati maldestri, limitanti e vessatori per l’Omeopatia, per i medici che la esercitano e per i cittadini che la utilizzano. Non mi si venga a dire che dietro tutto questo non ci sia una apposita regia; se più indizi possono costituire una prova, penso che solo questi possano bastare. Vorrei dire ai cittadini e colleghi che mi leggono di non pensare che si sia toccato il fondo, forse, e dico forse non a caso, quello stadio venne già raggiunto nel lontano 1829, quando, S.A.R. il Principe Ereditario Francesco I approvò le disposizioni redatte durante il consiglio di Stato del 23 gennaio per condurre esperimenti di Omeopatia presso dell’Ospedale Militare della SS Trinità di Napoli. Dopo innumerevoli opposizioni e cavilli da parte dei soliti soloni, finalmente vennero stabilite da ambe le parti le norme e i protocolli della sperimentazione e ovviamente furono affidati alle cure omeopatiche solo i casi più disperati, quelli con prognosi infausta. Dopo poco tempo dall’inizio della sperimentazione, gli avversari e detrattori dell’Omeopatia, con tutti i mezzi a loro disposizione, sparsero nella città partenopea la voce che tutti gli ammalati sottoposti alle cure omeopatiche erano già morti (per chi non ha ancora perso la memoria, il caso sembra proprio analogo a quello del Prof. Di Bella!). La malvagità arrivò a tal punto che lo stesso Principe Francesco I, si recò, accompagnato da due generali dell’esercito, presso l’ospedale Omeopatico dove trovò invece gli ammalati, che erano già stati giudicati incurabili dalla commissione esaminatrice allopatica, in buon stato di salute. S.A.R. se ne rallegrò e chiese al Comandante dell’Ospedale (Cav. Colonnello Mendelez) ed al Dott. De-Horatiis la lista dei morti; ma rispondendo questi che nessun malato era deceduto, compiaciuto e sorridendo il Principe disse con una battuta di spirito: Dunque gli ammalati ch’io qui veggio son tutti morti resuscitati?” Non pensiate però che sia finita così: a questo primo deplorevole episodio ne seguì un altro ben più grave e scellerato che vale la pena ricordare, in quanto, per screditare l’Omeopatia si arrivò persino ad avvelenare la frutta dei ricoverati con l’arsenico. Il primo a farne le spese fu un degente dell’ospedale, tale Domenico Fioccola del 1° Reggimento dei Granatieri, il quale, malgrado due membri del Collegio Medico allopatico, i Dottori Ronchi ed Albanese, avessero pronosticato ed espressamente predetto la sua morte, grazie alle cure omeopatiche si trovava già in via di miglioramento. Ad un certo punto il Fioccola peggiorò improvvisamente manifestando chiari sintomi da avvelenamento. Poiché le circostanze erano sospette, venne disposto un immediato controllo e si constatò che il Dott. Albanese aveva somministrato all’ammalato dei fichi secchi dicendogli di non riferirlo agli altri medici del reparto. Quei fichi risultarono essere stati “corretti” con arsenico! Scoppiò un pandemonio e il Dott, De Horatiis, per mettere fine alle controversie, aprì un’inchiesta incaricando il Tenente Colonello Giuseppe Mendelez, Comandante dell’Ospedale, di redigere un verbale del rapporto. Il verbale, in data 5 giugno 1829, fu pubblicato nel terzo fascicolo delle Effemeridi del 30 settembre 1829, pag 81. Ed ecco uno stralcio dei punti più salienti del rapporto del Col. Mendelez, riportato dal Dott. Alberto Lodispoto in Storia dell’Omeopatia in Italia a pag. 54.: “Il Dottor Domenico Albanese…dispensò fichi secchi a vari ammalati…dando a lui i primi quattro…che nel mangiarli si intese gelare i denti…che alle ore 24 intese un gran bruciore in gola…rumore dentro il corpo…dolore allo stomaco…che tra le due e le tre di notte ebbe i benefici del vomito.  Per fortuna le conseguenze non furono gravi dato che il paziente vomitò. In seguito all’increscioso episodio il Dott. Albanese venne ufficialmente denunciato, ma per intervento del Dottori Romani e  Horatiis e dello stesso Ronchi, la questione non giunse mai in tribunale. Scrisse all’epoca il Dott. Giovanni Palmieri: “Un medico spoglio di sentimento morale, e di umanità, s’introdusse nella Clinica medesima, ed ebbe il coraggio di dispensare dei fichi secchi, ove posto aveva l’arsenico onde perissero gli ammalati, e dar quindi la colpa alla Omiopatia, e di conseguenza ai Professori De Horatiis e Romani..” Anche il Dott. Pietro M. Gatti ebbe a scrivere sull’episodio: …Finalmente al 40° giorno, il Dottor Laraja incaricato di sorvegliare la clinica, se ne scosta per un momento. Un agente posto da qualche tempo in agguato si introduce destramente nella sala, va di letto in letto. Si trattiene col maggior numero di malati, felicitando gli uni e compiacendo gli altri della severità del regime, ed offre loro della frutta che seco portava. Un’ora più tardi il Dottor Laraja vi trovava sessanta ammalati avvelenati. L’arsenico era stato introdotto negli offerti fichi. Crederai forse, o benevolo lettore, che un delitto di tal fatta negli annali della storia sia stato punito, giacché tutta Napoli ne conosceva l’autore, e il Maresciallo Carafa nel suo rapporto indicava con le iniziali del suo nome questo illustre rappresentante dell’Allopatia Partenopea. Ma successe appunto il contrario. Tanti intrighi vennero adoperati, che il silenzio coprì quest’enorme attentato e la clinica in seguito fu chiusa. Tale ricompensa ebbero gli omeopatici. Le vie dell’intolleranza sono proprio infinite, come i metodi di chi la applica. Se si è già arrivati a tanto vogliamo proprio stupirci delle scempiaggini dette nella trasmissione di Piero Angela?

Se in Italia l’Omeopatia ebbe vita difficile, anche in altri Paesi la cosa non fu da meno. Molti furono gli attacchi diretti contro l’Omeopatia dai “luminari” della medicina ufficiale, ma in Inghilterra nessuno fu tanto velenoso quanto quello del Prof. James Simpton, celebre ginecologo dell’epoca vittoriana e del suo più vicino collaboratore il Dott. Skinner. L’odio ed il livore di quest’ultimo non si limitò a feroci violenze verbali, ma, come egli stesso scrisse: “Fui uno dei medici di Liverpool che combatterono attivamente l’Omeopatia e la perseguitarono allo scopo di annientarla. La esacravo a tal punto ed ero così deciso a distruggerla che per riuscirvi, non soltanto agii di persona, ma riuscii a far emanare contro di essa la legge più parziale e meno liberale che mai fosse stata decretata da una categoria professionale.” Ma il destino volle che il Dott. Skinner a sua volta si ammalasse gravemente ed ebbe il vantaggio di essere curato e consigliato dai più celebri uomini di medicina del suo paese; ma né la scienza, né il valore di quei luminari impedirono al suo male di progredire sino a ridurlo a un relitto umano. Infine, come spesso accade, non gli rimase che una sola possibilità: affidarsi anche alle cure di un collega omeopata. Ed ecco quello che Il Dott. Skinner scrisse nella sua autobiografia: “La mia conversione all’Omeopatia è un atto di onesta e profonda riconoscenza verso questo metodo che mi ha guarito dopo che l’allopatia aveva fallito… Per circa tre anni la malattia mi aveva messo fuori combattimento, al punto di non poter neanche più occuparmi della mia professione… Lo ripeto, tutti i rimedi allopatici rimanevano senza effetto, anzi aggravavano le mie sofferenze. È interessante constatare che fui guarito, si, guarito, da qualche dose del medicamento omeopatico diluito al milionesimo, dai disturbi digestivi di cui avevo sofferto tutta la vita, dall’insonnia, da una deficitaria assimilazione, dalla debolezza generale e letteralmente restituito a un’esistenza nuovamente utile, ad una salute piena di vigore fisico e morale. Non dimenticherò mai il meraviglioso cambiamento che la prima dose operò già all’inizio delle prime settimane e soprattutto la liberazione dalla pesantezza e dal penoso torpore della mia mente”. Ritornato in piena forma, il Dott. Skinner volle sperimentare l’Omeopatia e si mise a studiare per applicare il nuovo metodo terapeutico: “Potei allora, in ginecologia e in ostetricia, mie specializzazioni, curare tutti i casi unicamente con questo metodo, che avevo così profondamente aborrito. Prima di scrivere queste righe il Dott. Skinner si era ovviamente concesso tutto il tempo per verificare l’evoluzione temporale dei suoi casi. “Ho praticato la medicina allopatica per ventisette anni e quest’anno, il 1903, termino precisamente il mio ventisettesimo anno di pratica omeopatica secondo il metodo di Hahnemann”. Ma c’è di più: durante l’epidemia di colera che falcidiò le popolazioni europee nella prima metà dell’800, l’Omeopatia ottenne risultati terapeutici così eclatanti a confronto delle terapie convenzionali che i dati relativi ai risultati delle cure vennero sempre boicottati e resi pubblici con estrema difficoltà. Per fare un esempio, la percentuali di morti per colera nell’Ospedale Omeopatico di Londra era di oltre il 30 per cento inferiore a quella degli ospedali convenzionali. La pubblicazione dei dati relativi all’epidemia venne ostacolata in tutti i modi possibili e fu resa possibile solo dopo un intervento diretto del Parlamento Inglese. In un rapporto ufficiale, l’ispettore medico (che non era omeopata) così scriveva: “Se il Signore vorrà che il colera mi venga a far visita, spero di finire tra le mani di un omeopata.”

 

LA DISINFORMAZIONE SU VATICANO E OMEOPATIA

Ma ciò che mi interessa maggiormente in queste pagine è spiegare ai lettori quanta ulteriore disinformazione vi sia stata nelle ultime comunicazioni che stampa e mass media, in un unanime coro di belante ignoranza, hanno dato in pasto alla popolazione, degna solo del più truculento oscurantismo medioevale. Le avevano ormai provate tutte, mancava solo la fede per far leva almeno sui credenti cattolici! Prima, e per circa due secoli si è detto che l’Omeopatia è solo acqua fresca; poi, più recentemente si è asserito il contrario, affermando che l’Omeopatia può fare male e provocare anche shoc anafilattici; poi ancora dicendo che dietro l’Omeopatia si nascondono chissà quali interessi economici (basti pensare che il solo fatturato di una sola molecola chimica come ad esempio la ranitidina, equivale a tutto il fatturato mondiale per tutti i farmaci omeopatici!). Qualche intelligentone ha addirittura asserito che potrebbero essere i granuli di lattosio o gli eccipienti di alcune compresse omeopatiche a provocare tali fenomeni. Se così fosse, dovremmo ritirare subito dal commercio non solo tutti i farmaci convenzionali presenti sul nostro pianeta, ma anche caramelle, biscotti, lecca-lecca, gelati, dolciumi, conserve ecc.. Infine, dulcis in fundo, hanno tirato in ballo anche la fede! L’interpretazione fuorviante data, con gran rilievo dalla Stampa Nazionale ha completamente distorto il documento della Conferenza Episcopale Italiana Le Istituzioni Sanitarie Cattoliche in Italia, facendo credere a tutti i cittadini, ma soprattutto all’utenza cristiana e cattolica che l’Omeopatia non piace ai vescovi, anzi sembra in aria di “scomunica”! Così giornalisti a caccia di scoop, disinformati e disinformanti, oppure (mi viene sempre da pensare) pilotati secondo la regia di cui sopra, hanno stravolto un comunicato della CEI per attaccare indovinate che cosa: “L’Omeopatia” ovviamente! A questo punto sono certo che se il nostro pianeta fosse invaso dagli extraterrestri, qualcuno riuscirebbe a far credere a qualcun altro che è colpa dell’Omeopatia! Ebbene quelli che dovrebbero essere i professionisti della corretta e obiettiva informazione si sono subito scagliati sulla notizia stravolgendo il senso del comunicato CEI  e senza - errore ancor più grave - documentarsi storicamente! Proprio una bella figura! A grandi titoli su molti quotidiani si è scritto:  “I Vescovi contro la medicina omeopatica” – “Documento CEI mette in guardia dai rischi di pratiche occultistiche” – “Anche Omeopatia e Agopuntura sotto accusa” – “I Vescovi ‘scomunicano’ l’Omeopatia” – “Attenzione alla medicina non convenzionale”- “Un documento della CEI invita alla prudenza nei confronti della medicina alternativa legata a filosofie orientali” ed altri proclami e corbellerie simili, in un immane calderone dove sono state messe a cuocere tutte le medicine dispregiativamente dette “alternative”. Per oltre due mesi un simile bollettino di guerra, apparso su molti quotidiani, non si era visto nemmeno per la guerra del Golfo! Mi chiedo se ci siamo, mi tocco per capire se ci sono! L’Omeopatia un filosofia orientale? – L’Omeopatia una pratica occultistica? - Vescovi che “scomunicano” l’Omeopatia? Incredibile! Guardo il calendario: ebbene sì, siamo proprio nell’Anno Domini 2001, primo anno del terzo millennio! Per un istante ho vissuto in un déjà vu che mi ha proiettato a qualche secolo fa, dove chi asseriva che la terra fosse tonda o girasse o che non fosse al centro dell’universo rischiava di essere abbrustolito. E’ vero che siamo in minoranza, ma essere in minoranza, essere fuori dal coro, non significa necessariamente essere in errore. Non a caso il termine “egregio” è un appellativo di distinzione che deriva dal latino “ex gregis”, che significa appunto “fuori dal gregge”. Consoliamoci almeno così!

Ma veniamo al problema: nel comunicato della Conferenza Episcopale Italiana, oggetto della polemica, la preoccupazione dei Vescovi, che forse andava ben oltre il problema se queste metodiche terapeutiche fossero più o meno efficaci, catalogandole come “prassi mediche non fondate su riscontri di anatomia, fisiologia, patologia e terapia” per affrontare l’argomento del coinvolgimento che tali metodiche avrebbero con filosofie orientali “non compatibili con la fede cattolica e qualche volta persino accompagnate da pratiche occultistiche”. Il documento segue consigliando alle strutture sanitarie cattoliche “rigorosa” prudenza prima di inserire queste terapie nelle relative strutture, con un velato rimprovero alla medicina convenzionale come se la causa di questo proliferare di terapie non convenzionali fosse dovuto alle “non adeguate applicazioni della medicina allopatica”. Continua il documento CEI: “E’ ormai infatti evidente che la variabilità individuale alla risposta ai farmaci è elevata”. Un esplicito invito alla medicina allopatica a riconsiderare l’individuo e la variabilità di risposta individuale che - guarda caso - è proprio il tema cardine su cui si fonda tutta la metodologia dell’Omeopatia: il rispetto dell’individuo e l’attenta analisi della risposta umana e della variabilità individuale! Così, un monito alla medicina ufficiale a riconsiderare l’individuo nella sua piena umanità, viene completamente capovolto per attaccare l’Omeopatia. Veramente incredibile! Mi viene in mente quella barzelletta nella quale si racconta che un noto esponente del partito di destra, durante un visita allo zoo, si accorge che un bambino, sfuggito alle attenzioni della madre è riuscito ad entrare nella gabbia di un leone; prontamente e  incurante del pericolo, balza anche lui nella gabbia, e dopo un’estenuante e pericolosa lotta riesce a strappare il bambino dalle fauci del leone; il giorno dopo ecco il commento della stampa di regime: “Sporco fascista malmena extracomunitario e gli toglie il cibo di bocca!”.  

Come medico, come omeopata, vorrei brevemente esporre in pochi punti alcune importanti considerazioni su quanto appena scritto, per poi lasciare il lettore ai dati della storia che ho riportato più avanti. Sono certo che la CEI saprà capire le motivazioni che mi hanno spinto a scrivere questo articolo, in quanto storicamente l’Omeopatia in Italia fu appoggiata e diffusa proprio dallo Stato Pontificio.  Seguirà una brevissima storia dell’Omeopatia in Italia per inquadrarne i passati rapporti col Vaticano, poiché la scorretta informazione giornalistica sembra aver dimenticato che proprio alcuni Papi sono stati, nel secolo scorso e nel più recente passato, sostenitori del metodo omeopatico e/o pazienti curati con l’Omeopatia!  Chiedo inoltre scusa ai lettori se riporterò delle ripetizioni; esse sono necessarie per non smembrare la documentazione storica virgolettata a cui farò riferimento e che riporterò testualmente.

 Appartiene a Samuel Hahnemann (1755-1843) il merito di avere introdotto, circa due secoli fa (1810), il discorso della comprensione della totalità di una individualità malata e di averla innalzata al rango di metodologia scientifica e di prassi terapeutica. È stata infatti l’opera originale di Samuel Hahnemann a formulare l’espressione teorica e pratica di ciò che si intende per Omeopatia. Si può riassumerla in breve, definendola come l’esigenza teorica e metodologica mediante l’applicazione della legge d’analogia e del principio di similitudine, per mezzo dell’attenuazione dinamizzata in microdosi della sostanza farmacologica da somministrare al malato, dopo averne stabilito sperimentalmente la patogenesi sull’uomo sano. Ciò che differenzia l’Omeopatia dalla Medicina convenzionale è l’uso di rimedi diluiti e dinamizzati, cioè di sostanze (minerali, animali e vegetali) che esercitano la loro azione terapeutica curando i sintomi che essi stessi provocano quando sono somministrati a dosi più elevate in soggetti sani. Nella sua fondamentale opera Organon dell’Arte di guarire si può leggere quanto segue: Paragrafo 22: < Le proprietà terapeutiche dei medicamenti consistono esclusivamente nella capacità di provocare dei sintomi patologici nell’uomo sano e di farli scomparire in quello malato.> Paragrafo 24: < Non resta dunque altro modo terapeutico veramente efficace per il trattamento della malattia se non quello basato sul principio dei simili. Tale terapia mira a scegliere tra tutti i medicamenti (la cui azione farmacodinamica sull’uomo sano sia stata definitivamente stabilita), proprio quello che possiede la facoltà di produrre la malattia artificiale più somigliante alla malattia naturale che deve essere curata. Questo medicamento è diretto contro l’insieme dei sintomi di un determinato paziente, ne viene presa in considerazione la causa, se essa è conosciuta, e le circostanze concomitanti dell’affezione da cui il paziente è stato colpito.>

Tutto questo insieme di definizioni si riassume nella celebre frase: Simila Similibus Curentur. L’Omeopatia si definisce dunque come l’arte terapeutica che si prefigge di curare e guarire l’uomo ammalato, di stimolare le capacità reattive del paziente mediante la somministrazione di un rimedio analogo in microdose potenziata (diluita e dinamizzata), le cui proprietà terapeutiche sono state precedentemente determinate tramite una ricerca sperimentale farmacodinamica a dose subtossica e che abbia provocato dei fenomeni morbosi in un soggetto umano in stato di normo-fisiologicità. L’attenzione del medico omeopata è pertanto rivolta a tutta la persona da curare e non solo alla malattia o all’organo malato che è l’epifenomeno di un disturbo più sistemico, in quanto, per l’individuazione del rimedio più idoneo (“simillimum”) è necessaria una approfondita valutazione delle modalità di reazione, sia fisiche che mentali dell’individuo. In Omeopatia la conoscenza del rimedio da somministrare non può esimersi dalla conoscenza del soggetto al quale il rimedio verrà somministrato; entrambi sono infatti legati da uno stretto rapporto di necessità biologica, sindromica, analogica e sperimentale. In altri termini, in Omeopatia, la “Farmacognosia” diventa necessariamente, inevitabilmente e simultaneamente “Antropognosia” perchè in Omeopatia la conoscenza del farmaco è necessariamente legata alla conoscenza dell’individuo, di quell’uomo a cui quel determinato farmaco andrà somministrato. Il protocollo sperimentale di questa ricerca permette infatti di costituire la fisionomia del medicamento che in modo classico viene chiamata patogenesi.

Pertanto, per rispondere al cumulo di inesattezze (per usare un dolce eufemismo) riportate da diversi quotidiani vorrei ricordare a chi legge che:

1) L’Omeopatia è una scienza occidentale che trae origine dal pensiero medico hannemanniano di fine ‘700 ma che affonda le proprie radici nel pensiero ippocratico. Essa non ha nulla a che fare con metodologie e filosofie orientali o con procedimenti occulti. Samuel Hahnemann, il padre dell’Omeopatia, era inoltre profondamente religioso, cristiano e tomista. In ogni suo scritto traspare la profonda religiosità e amore per il divino: “I tesori più preziosi sono una coscienza irreprensibile ed una buona salute; l’amore di Dio e lo studio di se stessi danno l’una; l’Omeopatia dà l’altra”.

2) Pur essendo fortemente critica verso il positivismo materialista e la medicina di tipo esclusivamente meccanicista, l’Omeopatia condivide con la medicina convenzionale, tutte le nozioni di medicina accademica, comprese le più moderne ricerche mediche, la clinica, la semiologia, la tecnologia e la diagnostica strumentale. Non esiste pertanto la paventata possibilità di allontanare i pazienti da terapie di “accertata efficacia”, come non esiste la possibilità di coinvolgimento verso filosofie difficilmente compatibili con la fede cattolica come la stampa Nazionale avrebbe voluto far credere ai cittadini. 

3) I cardini della medicina omeopatica sono i seguenti: a) ogni sostanza o farmaco per essere conosciuta nella sua completezza deve essere prima di tutto sperimentata sull’uomo sano volontario; b) il farmaco omeopatico, così conosciuto nella sua patogenesia, deve poi essere somministrato secondo la legge di analogia e il principio di similitudine; c) il farmaco deve essere inoltre somministrato in microdosi; d) queste microdosi di farmaco sono preparate seguendo un preciso metodo di preparazione che consiste in diluizioni e succussioni progressive; 

4) L’Omeopatia si basa sull’osservazione attenta e minuziosa delle leggi dell’analogia e del principio di similitudine che poi è applicato rigorosamente alla conoscenza del farmaco e dell’individuo malato a cui il farmaco dovrà essere somministrato;

5) L’Omeopatia è il primo metodo sperimentale nella storia del pensiero scientifico occidentale che rompe completamente con tutti gli schemi obsoleti, mentali e metodologici sino ad allora conosciuti in medicina;

6) L’Omeopatia è la prima metodologia terapeutica che nella storia del pensiero scientifico occidentale si avvale della sperimentazione farmacologica su uomini sani (volontari) per comprendere realmente gli effetti più sottili e conoscere la patogenesia delle sostanze, applicando sino all’esasperazione il metodo galileiano: osservare attentamente ciascun fenomeno naturale, risalire dalla osservazione di più fenomeni alla ricerca della legge generale che li governa, riprodurre il fenomeno seguendo la legge che lo ha prodotto . Tutto ciò quando ancora la medicina convenzionale era il massimo sistema del disordine.

7) Il metodo omeopatico opera dunque una triplice verifica sperimentale: a) una determinata sostanza, somministrata a soggetti sani volontari, sia in microdosi che in alte diluizioni (anche oltre la diluizione del numero di Avogadro), produce determinati sintomi negli sperimentatori (patogenesia) i quali ovviamente non sanno cosa stanno assumendo e non si conoscono tra di loro; b) gli stessi sintomi sono manifestati da più sperimentatori che assumono quel dato farmaco e non da quelli che assumono placebo; c) se si somministra ad un soggetto ammalato la stessa sostanza in microdose che in individui sani ha prodotto i sintomi analoghi a quelli della malattia da curare nel malato, questo guarisce.

8) L’Omeopatia è praticata da medici laureati ed abilitati alla professione (spesso plurispecialisti) e iscritti all’ordine professionale, i quali, al pari degli altri colleghi, conoscono ovviamente tutte le nozioni di medicina tradizionale alle quali hanno aggiunto, arricchendolo e completandolo, il patrimonio di nozioni accademiche, con le conoscenze e lo studio dell’Omeopatia che per molti versi è più lungo e complesso dell’iter di studi accademico; essi pertanto possono discernere quale metodo terapeutico utilizzare a seconda del soggetto e della patologia che esso presenta. Pertanto il loro metodo di giudizio e di paragone è certamente più attendibile delle scontate e aprioristiche valutazioni degli altri colleghi che conoscono solo uno dei metodi terapeutici;

9) L’Omeopatia è un metodo clinico-terapeutico che si è avvalso del metodo sperimentale in modo rigoroso e per la prima volta la prima nella storia del pensiero scientifico occidentale, sperimentando farmaci sull’uomo sano (volontari) oltre un secolo e mezzo fa, e somministrandoli in microdosi per evitare effetti tossici e collaterali, nel massimo rispetto della persona umana, quando la “scientifica” medicina convenzionale usava salassi, setoni, purganti, vomitativi, arsenico e mercurio per curare tutte le malattie;

10) La patogenesia dei farmaci omeopatici, sperimentati sull’uomo è un evento clinicamente riproducibile e in doppio cieco, come è già stato più volte verificato in numerosi lavori  condotti anche in cliniche universitarie e da medici non omeopati.

11) Numerosi test di laboratorio attestato inequivocabilmente che i farmaci omeopatici interagiscono con tutti i sistemi viventi uni o pluricellulari, sia di origine umana, animale e vegetale. Gli esperimenti di laboratorio effettuati in proposito sono ormai numerosi e facilmente riproducibili; ma i detrattori dell’Omeopatia continuano a non leggerli. Quando poi si degnano di leggerli, anche se sono pubblicati su Lancet dicono che andrebbero rifatti o che non contano nulla! (Sic!). Questo ovviamente non avviene per tutti quei farmaci che con l’etichetta di “scienza” sono “rigorosamente” sperimentati, messi in commercio e poi, dopo qualche anno, devono essere ritirati dal commercio perché nocivi alla salute pubblica.

12)  L’Omeopatia è una scienza sperimentale galileiana, la prima nella storia del pensiero scientifico occidentale che considera l’uomo nella sua individualità e completezza.

13) l’Omeopatia è l’unica scienza medica che tiene conto, ai fini della prescrizione, di nozioni di terreno, diatesi, costituzione, temperamento, della cronobiologia dei sintomi e dei farmaci, delle idiosincrasie del soggetto, della sensibilità individuale e delle modalità sintomatologiche del soggetto che deve guarire, e non del solo singolo organo da curare; essa è pertanto in assoluto la più olistica e avanzata delle scienze mediche.

14) La moderna metodologia terapeutica omeopatica pone l’uomo al centro del rapporto tra medico, possibilità di diagnosi e proposte terapeutiche. L’ascolto del paziente, delle sue problematiche fisiche e mentali, la diagnosi e l’individualizzazione della terapia sono i momenti chiave della tecnica terapeutica omeopatica.

15) l’Omeopatia appartiene alla grande tradizione ippocratica in quanto essa rispetta nella maniera più ecologica e coerente il “Primum non nocere” ippocratico, e così come per Ippocrate, il padre della medicina occidentale, essa si avvale dei rimedi secondo la legge del Simile, come lo stesso Ippocrate per primo ci insegna: “Similia similibus curentur”.

Detto questo passerei al tema teologico, riportando alcuni esempi dell’applicazione della legge di Analogia.

 

IL PRINCIPIO  DI SIMILITUDINE: UN PONTE TRA IL DIVINO E L’UMANO

 Visto e considerato che l’oggetto della diatriba, in questo specifico caso è l’argomento teologico, lasciamo ora da parte le considerazioni filosofiche e scientifiche che provano la validità della legge di Analogia (già ampiamente dimostrate e riportate in parte in un precedente articolo con un seppur incompleto elenco di 264 riferimenti bibliografici) e addentriamoci nella tematica religiosa. Visto che hanno voluto proprio scomodare anche la sfera celeste, tacciando l’Omeopatia in odore di eresia, diciamo subito che il primo esempio di applicazione sull’uomo della legge di Similitudine proviene nientemeno che dall’Onnipotente stesso. E Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra” [Genesi, Cap. I, versetto 26] Similia similibus creatur ! Dio nel creare l’uomo non lo fece uguale o identico a Sé Stesso, ma Simile! In ogni essere umano vi è dunque qualcosa di divino, qualcosa che proviene da Dio; ma il Creatore ci lascia il libero arbitrio di cogliere in noi stessi questo aspetto divino o di negarlo, ovvero di scegliere tra il bene (simile a Lui) ed il male (contrario a Lui). Perché non mi si venga a dire che ho tratto citazioni da libri occultistici, esoterici, ignoti o della new age, il secondo ammaestramento sull'applicazione della Legge dei simili è scritto sempre nella Bibbia. Infatti nell'Esodo (Capitolo XV, versetti 22-25) si trova scritto: “Mosè fece levare l’accampamento di Israele dal Mare Rosso ed essi avanzarono verso il deserto di Sur. Camminarono tre giorni nel deserto e non trovarono acqua. Arrivarono a Mara ma non potevano bere le acque di Mara, perchè erano amare. Per questo a quel luogo fu posto il nome di Mara. Allora il popolo mormorò contro Mosè dicendogli: ‘Che berremo noi?’ E Mosè invocò il Signore, ed il Si­gnore gli indicò un legno che egli gettò nell’acqua e l’acqua divenne dolce. ”. Ora a proposito di questo episodio nei libri esegetici della Bibbia Mechiltà e Tanchumà si legge questo commento: “Mosè avrebbe potuto correggere l'amaro delle acque con sostanze dolci ma Dio volle additargli un mezzo migliore, gli indicò cioè un legno amaro, insegnandogli che il vero modo naturale di guarigione è quello di guarire l'amaro mediante l'amaro. Ed a conforto di questa spiegazione tanto il Rab. Ebreo Scelomò che il Padre della Chiesa Tostato d'Avila pensano che se questo legno, chiamato volgarmente Adelfa, che per sé è amaro e mortifero fu adoperato da Mosè per volere di Dio è perchè Dio volle che maggiore ne emergesse il miracolo. Resta però il fatto che l'amaro fu tolto con l'amaro e che l’essenza velenosa e mortifera del legno rendesse l’acqua potabile secondo la legge del < similia similibus > e, come dicevamo, per la seconda volta! Ma la cosa più sorprendente è che il Sacro Testo così continua: “In quel luogo il Signore impose al popolo una legge e un diritto; in quel luogo lo mise alla prova. Disse: “Se tu ascolterai la voce del Signore tuo Dio e farai ciò che è retto ai suoi occhi, se tu presterai orecchio ai suoi ordini e osserverai tutte le sue leggi, io non t’infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitte agli Egiziani, perché io sono il Signore, colui che ti guarisce!” Dunque, dopo aver rivelato la legge di analogia ed il principio di similitudine, Dio prosegue parlando – e non a caso - di malattia e guarigione!

 

ANCHE I SANTI CURANO COI SIMILI

Anche i Santi, nei loro miracoli ricorrono spesso alla legge dei Simili; ne vorrei proporre uno tratto dalla vita dei Santi martiri Ciro e Giovanni, contenuta negli Acta Sanctorum, opera di 53 volumi in folio pubblicata dalla Chiesa Cattolica del Rinascimento, riguardante il miracolo avvenuto in Alessandria d’Egitto, nel nono anno della persecuzione di Diocleziano (Vol. II, par. 18, p. 1092, gennaio 1658). Si narra che Ciro, un alessandrino, fosse stato prima medico e poi monaco, e che Giovanni fosse un soldato arabo. Udendo che a Canopo una donna cristiana di nome Anastasia e le sue tre figlie stavano patendo grandi sofferenze perché perseguitate a causa della loro fede, i due andarono là per aiutarle e confortarle, ma furono anche loro arrestati e messi a morte pochi giorni dopo Anastasia e le sue figlie. Per eliminare il culto di Iside che ancora sopravviveva a Menouthis (presso Canopo), San Cirillo vi fece portare da Alessandria le reliquie dei SS. Ciro e Giovanni, in modo da creare un nuovo centro d’interesse che distogliesse la popolazione dal paganesimo. Così, la chiesa dei due santi divenne un santuario molto frequentato. Solo molto più tardi le reliquie dei due santi furono portate a Roma. Il miracolo ottenuto per legge di similitudine tratta appunto della guarigione di Teodoro per mezzo del veleno di un rettile velenoso. I due Santi avevano prescritto a Teodoro di mangiare una vipera, dato che egli soffriva di una mortale malattia intestinale prodotta da cibo avvelenato che un malvagio gli aveva propinato. Riportiamo testualmente dai Miracoli dei Santi Giovanni e Ciro il seguente passo:

Teodoro soffriva negli intestini una malattia prodotta dall’aver mangiato un cibo velenoso propinatogli da malvagia persona. Penando Teodoro orribilmente sembravagli che i suoi intestini ardessero, a motivo del bruciante veleno che aveva ingoiato e chiamava a consulto frequentemente i medici; che se pur qualche volta se ne dilungava, tornava poi a chiamarli, quantunque alla lunga dovette persuadersi ch'essi disperavano della sua guarigione. La onde venuto in chiaro che gli sforzi dei medici erano inutili contro la violenza del male, e che non' vi era speranza alcuna di recuperare la salute coi loro mezzi, ebbe ricorso ai Santi Martiri Giovanni e Ciro, i più valevoli intercessori, e prostrato presso il loro sacro edificio, aspettò il loro aiuto. Ed essi rivolgendosi a lui, senza indugio, essendo che la violenza della malattia era troppo grande per essere sopportata, gli apparvero nel sonno e gli comandarono di mangiare una vipera. Ma egli destatosi, si fece il segno della croce in fronte, e credendo che la visione fosse una visione diabolica risolse di non far caso di ciò che gli era stato comandato. Ciononostante, i Santi gli apparvero di nuovo, mentre dormiva, rispondendo alle sue preghiere ed alle sue lacrime, e gli ripeterono il loro comando ch 'esso aveva altra volta disobbedito, non facendo nulla di quanto gli era stato prescritto, poiché credeva che gli ordini dei martiri fossero astuzie del maligno demonio, che lo incitasse con ciò al pericolo ed alla distruzione. Però essendosi i Martiri presentati una terza volta in visione a Teodoro e non avendo questi obbedito tampoco al loro comando, mossi allora da incredibile clemenza e da commiserazione divina, gli si approssimarono anche per la quarta volta e fattiglisi sopra gli dissero: 
- Poiché fino ad ora per tante volte ti ricusasti di ascoltare la nostra parola, levati domattina sull'albeggiare e conduciti dinanzi al nostro pozzo, e qualunque cosa vi trovi da mangiare, mangiala senza indugio: non avere alcun dubbio, si acclude in essa con sicurezza la tua salute -

Quando si fu sull'apparire dell'alba, Teodoro si alzò e seguendo la datagli direzione si recò al pozzo ed ivi divorò ansiosamente un piccolo cetriolo ch'ei trovò fra le pietre del recinto. Ma mentre stava terminando di mangiare l'estremità e gustava il suo dolce sapore, si accorse di repente che era l'estremità di una vipera. La gittò via tosto in un attimo, raccapricciando con orrore, come se la morte gli fosse già sopra. Ma niun pericolo di morte gli soprastava
”.
I bollandisti, compilatori dell’opera, dopo aver raccontato tutti gli interessanti particolari della guarigione scrivevano testualmente: ...Che la morte essendo stata messa in  fuga, gli fu ridonata salute e vita; il che non avrebbe ottenuto se non' avesse mangiato quel cibo velenoso. Poiché per esso incontanente si trovò obbligato fosse per paura, fosse per una spiacevole sensazione a vomitare; e rigettò interamente tutto ciò che aveva mangiato della vipera unitamente al veleno primitivo causa del male. Giacché...  - così concludono - “... i Santi non curano i contrari con i contrari, come sogliono fare i medici mortali, ma i simili coll’uso dei simili. Essi non guariscono le malattie di quelli che li supplicano seguendo le leggi de' medici, bensì forniti di una legge celeste adoperano un metodo di cura mirabile ed evidentemente divino...”. Dunque la legge di analogia e il principio di similitudine sarebbero anche metodi mirabili e Divini! A questo punto possiamo proprio dire che talvolta anche il Buon Dio scende dal Cielo in difesa della legge dei Simili, ingiustamente negletta! Questa volta hanno proprio attaccato la più “cristiana” delle medicine! Un altro autogol!

Ebbene, dimenticavo una cosa davvero importante: volete sapere quali sono i sintomi  gastroenterologici che sono riportati nella Materia Medica Omeopatica di Allen per la patogenesia di Vipera? Suppongo di sì! Ovviamente Allen riporta tutti i sintomi della tossicologia infiammatoria e della crasi ematica a livello del punto di morsicatura, seguite dai sintomi dell’avvelenamento per danno discoagulativo ed epatico causata dal morso accidentale del serpente sia dei soggetti che sono deceduti (sintomi acuti), sia di quelli sopravvissuti al morso (sintomi cronici). Prenderemo pertanto in considerazione la sola sintomatologia di vipera che interessa l’apparato gastro-intestinale per spiegare la guarigione “omeopatica” di Teodoro sono: gonfiore addominale, - dolori furiosi e spasmi che possono portare allo svenimento, - sintomi di cachessia, - spasmi generalizzati con dolori furiosi all’addome e alla testa, - dolore fortissimo all’epigastrio con grande sofferenza alla minima pressione, - affaticabilità, - debolezza al punto da non essere capace di stare in piedi, - conati di vomito spasmodici e vomito biliare che apporta un transitorio sollievo, - terribile dolore epigastrico e alla regione ombelicale accompagnato da ansia e vomito, - il vomito è ematico e mucoso, - scariche diarroiche ed ematiche, - coliche con diarrea profusa, - scariche numerose e impellenti con brividi e sete, sebbene il paziente non possa tollerare molti liquidi, - evacuazioni intestinali molto maleodoranti, nere, scariche sanguinolente -  freddezza del corpo con sudori freddi, - estremo pallore del viso con occhi infossati - comparsa di ittero. Proprio un bel caso di analogia!  Solo che i Santi Giovanni e Ciro non potevano conoscere la Materia Medica di Allen in quanto fu scritta circa duemila anni dopo, altrimenti che miracolo sarebbe stato!

Ancora un altro interessante riferimento religioso: questa volta si tratta del dotto San Francesco di Sales. Questo grande vescovo del XVII secolo nacque nel Château de Sales a Thorens nel 1567, primogenito del Signor di Boisy, in una delle più antiche e nobili famiglie Savoiarde. Studiò all’Università di Parigi e poi in quella di Padova, dove con gran lode ricevette il dottorato. Tornato in patria, fu nominato avvocato del Senato di Chambéry. A 26 anni la sua vocazione divenne la vita ecclesiastica, nonostante l’opposizione da parte del padre. Egli venne ordinato prete nel 1593, dandosi subito all’apostolato cattolico nei paesi protestanti. La sua prima missione, dura e fisicamente pericolosa, fu presso il popolo del suo paese natale, il Chablais, che era passato al calvinismo; entro quattro anni della sua predicazione la maggior parte della popolazione era tornata alla chiesa cattolica romana.  Psicologo, umanista, predicatore instancabile, si mise a pubblicare anche fogli volanti che appiccicava ai muri delle case e che distribuiva tra la popolazione. Per questo motivo egli fu considerato il primo giornalista, e per questo motivo, in seguito divenne il santo protettore dei giornalisti e degli scrittori cattolici. Fu eletto Vescovo di Ginevra dove un ministro calvinista disse di lui: “Se onorassimo qualche uomo come santo, non conosco nessuno più degno di lui dai tempi degli Apostoli in poi”. Fondò l’Académie Florimontane ad Annecy, trent’anni prima che venisse fondata L’Académie Française. Si narra che mentre scriveva, un giorno la sua penna si ruppe; San Francesco di Sales se l’accostò al cuore, e la penna riprese a scrivere regolarmente. Questo episodio definisce in maniera perfetta lo stile del santo che morì a Lione il 28 dicembre del 1622. Ebbene, questo santo sembra saperla lunga anche in merito a metodi terapeutici e conosceva già sia la legge di analogia che il principio di similitudine, due secoli prima di Hahnemann! È interessante soffermarsi su quanto scrive: “Lo scorpione che ci ha punto è velenoso pungendoci, ma ridotto in olio è un grande medicamento contro la sua stessa puntura. Quale metodo è da tenere in considerazione per inordinare affetti e passioni al servigio dell'amor divino? I medici metodisti hanno di continuo questa massima in bocca: “I con­trari per gli contrari si guariscono”; gli spagirici celebrano opposta sentenza: “Per gli simili si guariscono i simili”. Nelle sue guarigioni spirituali il Signor Dio Nostro dell'uno e dell'altro metodo si vale”. Ironia della sorte, il santo protettore dei giornalisti, che impartisce lezioni di antesignana Omeopatia proprio ai giornalisti e vescovi! Un santo colto e dal grande buon senso, che taglia subito via ogni discussione e sterile diatriba sulla scelta e sull’applicazione di vari metodi terapeutici, asserendo che L’Onnipotente si avvale di entrambi i metodi a seconda delle necessità! Lo stesso modus operandi del padre della medicina Ippocrate che utilizzava a seconda dei casi, ora la legge dei contrari, ora quella dei simili.

 

BREVE STORIA DELL’OMEOPATIA
IN ITALIA E DEI RAPPORTI COL VATICANO

L’Omeopatia nacque circa 200 anni or sono in Sassonia dalle sperimentazioni e dalle geniali osservazioni della mente innovatrice di Samuel Friedrich Christian Hahnemann (1755-1843). Nonostante gli attacchi più feroci e l’esplicita condanna della classe medica imperante, il nuovo metodo terapeutico si diffuse ben presto in Europa seguendo il corso degli eventi bellici. Prima in Germania dove nacque, e poi in Austria, e subito dopo in Italia al seguito delle truppe austriache e successivamente in Francia, Inghilterra, in Asia e nelle Americhe.  La diffusione dell’Omeopatia in Italia avvenne al seguito delle truppe austriache chiamate, nel 1821, dal Re Ferdinando I a seguito delle sommosse avvenute nel Regno di Napoli. L'Omeopatia era allora già profondamente affermata e diffusa fra i medici militari dell’armata austriaca che all’epoca presidiavano il Nord Italia. Molti dei Medici militari al seguito dell’armata comandata dal Generale Barone Köller praticavano l’Omeopatia apertamente e ufficialmente, favoriti anche dal fatto che il Dottor Marenzeller, Medico in capo alle armate austriache, era un Omeopata e che Carlo Filippo, Principe di Schwarzenberg, Feld-Maresciallo austriaco, era stato un paziente di Hahnemann. Tra i Medici militari tedeschi, fu il Dott. Necker di Melnik quello che più contribuì alla diffusione dell’Omeopatia in Italia; egli aprì a Napoli un dispensario e attorno a lui si coagularono quei discepoli che poi saranno i principali artefici della storia dell’Omeopatia di Napoli, i Dottori: Cosmo de Horantiis, Francesco Romani e Giuseppe Mauro. Agli esordi (1822-1830) lo sviluppo dell’Omeopatia in Italia fu decisamente difficile, malgrado fosse apertamente favorita dai Borboni. Hahnemann aveva ideato un nuovo metodo terapeutico basato sulla sperimentazione e sull’esperienza clinica, non una teoria scientifica astratta e lontana dai bisogni dei pazienti. Nella storia del pensiero medico occidentale Hahnemann è il primo e unico Medico-pensatore che rompe completamente con tutti gli schemi scientifici, mentali e metodologici sino ad allora conosciuti in medicina. È il primo che nella storia della medicina sperimenta farmaci su uomini sani (volontari) per capirne gli effetti e la patogenesia delle sostanze. Egli aveva infatti tratto il suo metodo descritto nelle sue opere dall’osservazione clinica realizzata su migliaia di pazienti, durante la sua attività quotidiana, e dalla sperimentazione delle sostanze medicamentose sull’uomo sano applicando fino all’esasperazione il metodo Galileiano: osservare attentamente ciascun fenomeno naturale, risalire dall’osservazione di più fenomeni alla ricerca della legge naturale che li governa, riprodurre il fenomeno seguendo la legge che lo ha prodotto.

È il primo Medico che adotta il periodo di quarantena nelle epidemie di colera e separa i malati da quelli non ancora contagiati. È il primo che considera l’ammalato nella sua globalità di mente, corpo e ambiente; è il primo che pone attenzione sui sintomi eziologici (quando sono conosciuti), il primo che si adopera per condizioni più umane verso i malati di mente, rifiutando che questi fossero trattati in maniera disumana come all’epoca si faceva, ecc.; prima di lui nessun altro Medico aveva osato spingersi tanto avanti. Fu perseguitato e ferocemente osteggiato dalla classe medica imperante. Hahnemann offriva quindi ai suoi contemporanei un nuovo mondo terapeutico, con una diversa concezione della medicina, ma soprattutto con nuovi medicinali più sicuri ed efficaci. L’applicazione di questa nuova metodica terapeutica era però più complessa e presupponeva un lungo studio, un attento esame del paziente e una scrupolosa sintesi dei dati clinici. La sua opera ed il suo metodo furono pertanto oggetto di diatriba e di accese discussioni che durano tuttora. La medicina dei tempi di Hahnemann era invece piuttosto semplice e ancorata agli schemi galenici con presidi terapeutici talora astrusi o pericolosi (setoni, sanguisughe, salassi, purganti, ecc.). Esisteva quindi una spontanea reazione da parte dei Medici che si opponevano ad abbandonare le comode, ancorché inutili, pratiche terapeutiche, a favore di un sistema più complesso che li obbligava a nuovi studi e a un accurato esame di ogni malato. Un altro importante motivo di reazione contro l’Omeopatia era dovuto all’odio radicato contro l’invasore; tutto ciò che portava la marca asburgica era, in Italia, sistematicamente rifiutato e boicottato sia dalla classe intellettuale che dalla popolazione locale. La stessa sorte toccò dunque all’Omeopatia in quanto prerogativa dei medici delle odiate truppe di occupazione. Condividere le idee del nemico equivaleva a essere un traditore della patria e venire meno allo spirito patriottico. Così, proprio dove avrebbe avuto le maggiori possibilità di diffusione, l’Omeopatia si sviluppò in sordina e in ritardo rispetto alle altre regioni. Molti medici italiani ne avevano sicuramente sentito parlare dai loro colleghi austriaci, ma per loro era difficile apprendere e praticare la nuova terapia in quanto la popolazione locale, restia ad assimilare tutto ciò che portasse il marchio del nemico, poteva tacciare di filo-austriaco e traditore perfino un medico che la praticasse. Questo spiega il silenzio sulle guarigioni omeopatiche di allora e giustifica in parte le polemiche e i tentativi di allora messi in atto per ridicolizzare e distruggere l’Omeopatia. Anche uomini di elevata intelligenza si rifiutavano a priori di documentarsi seriamente sull’Omeopatia lasciandosi trasportare da una mancanza assoluta di critica e di obiettività scientifica. Bisogna tenere conto che molti italiani erano irredentisti e il giogo dello straniero era allora molto pesante: qualsiasi tentativo di ribellione veniva soffocato sul nascere mediante dura repressione. La storia del nostro Risorgimento è piena di esempi dove intellettuali, scrittori, artisti, musicisti e poeti con ogni mezzo a loro disposizione combatterono una “guerra fredda” contro l’oppressore. Il disprezzo che si esprimeva in tutte le polemiche riguardanti l’Omeopatia era dovuto soprattutto al fatto che la nuova scienza terapeutica era l’espressione delle odiate alte sfere dell’esercito. Per spezzare ogni preconcetto, era necessario un evento eccezionale che facesse scalpore e portasse l'Omeopatia alla ribalta, all'onore della cronaca. Ed è proprio ciò che accadde: la guarigione del Maresciallo Radezky. Il Maresciallo era affetto da un tumore all’occhio destro che i migliori medici specialisti di Milano e Pavia avevano rinunciato a curare. Il Prof. Jaeger, il più eminente oculista della Corte d’Austria, fu mandato dall’Imperatore presso l’illustre malato, ma senza risultato: la sua diagnosi e la sua prognosi, dettagliatamente descritte una sua relazione all’Imperatore d’Austria, furono infauste. Fu allora che Radetzky abbandonato al suo destino di malato incurabile si rivolse all’Omeopatia. Così avvenne che il Dott. Hartung lo guarì radicalmente in sei settimane con l’Omeopatia. Il Dottor Varlez, membro dell’Accademia Reale di Medicina di Bruxelles, che incredulo voleva la conferma del fatto, ricevette dallo stesso Radetzky la seguente lettera: “Signore, è con piacere e riconoscenza che io dichiaro che è a M. Hartung, medico omiopatico, che sono debitore della guarigione di una malattia gravissima dell'occhio. Trovandomi già abbandonato dagli altri medici è all'Omeopatia che io debbo la vista, oltre che la vita. I dettagli sul decorso della malattia e del relativo trattamento si trovano sulla Gazzetta Universale Omeopatica dell’Anno 1841.” Ricevete, ecc…Firmato: Radetzky. (Conférence sur l'Homoeopathie, par le Dr. Michel Granier, Paris, Ballière, 1855, pag. 91). Rimangono agli atti della storia le testimonianze, le diagnosi e le perizie scritte di due tra i più grandi luminari dell’Oculistica del tempo, i Professori F. Flarer e F. Jaeger e la testimonianza autografa dello stesso Radetzky. L’evento fu ovviamente “dimenticato” dagli storici dell’epoca in quanto i patrioti italiani cercarono di ignorare tutto ciò che riguardava l’oppressore. Infatti, nelle riviste italiane dell’epoca, tranne quelle omeopatiche, non si trova nessuna traccia di questo evento e tantomeno nessun commento a riguardo della strabiliante guarigione. In Germania e in tutta Europa, invece, il caso Radetzky ebbe ampia risonanza e molto fu scritto in onore e a maggior fama del Dott. Hartung.

      Dal 1830 al 1860, l’Omeopatia conosce in Italia il massimo periodo di diffusione e di splendore. Nel suo libro Storia dell’Omeopatia in Italia il Dott. Lodispoto riferisce che nel 1834 si contavano in Italia almeno cinquecento Medici Omeopatici che rappresentavano un numero cospicuo per quei tempi, soprattutto tenendo conto che la diffusione dell’Omeopatia era limitato alla sola Campagna, alla Sicilia, al Lazio e all’Umbria. Gli elementi principali del consenso che si creano attorno alla metodica Omeopatica in quel periodo erano costituiti dagli innumerevoli successi clinici e dall’innocuità di questa forma terapeutica, che spingeva i pazienti e i Medici a farsi promotori del suo sviluppo. Il firmamento dell’Omeopatia è costellato di innumerevoli episodi e casi clinici simili a quello del Maresciallo Radetzky che contribuirono allo sviluppo e alla diffusione dell’Omeopatia in Italia. Un lunghissimo elenco di medici, scienziati, statisti e grandi uomini di cultura potrebbe essere stilato sino a riempire intere pagine. Questi uomini, grandi o meno grandi, ma tutti accomunati dalla sofferenza e dalla malattia si convertirono all’Omeopatia non per un atto di fede (come spesso i detrattori dell’Omeopatia ancora adesso asseriscono), ma solo e a seguito della propria guarigione o a quella dei propri familiari, quando le cure della medicina convenzionale avevano fallito il loro compito. Geni della levatura di Madame Curie, scopritrice del Polonio, del Radium e della Curiterapia, unica donna insignita due volte del Premio Nobel: uno per la Fisica (1903) ed uno per la Chimica (1911) e del suo sposo e collaboratore Pierre (anch’egli Premio Nobel per la Fisica) furono convinti assertori e praticanti dell’Omeopatia. “Madame Curie è Medico Omeopatico, come lo era il suo sposo e collaboratore. Noi abbiamo avuto fortuna di intervistarla nei riguardi dell’Omeopatia durante la sua recente visita negli U.S.A. e ci ha dichiarato che proprio per merito delle cognizioni Omeopatiche ha potuto condurre al successo le sue ricerche sul Radium” (Dal periodico Jottings di Filadelfia, Fascicolo n. 27, Dicembre 1930). Scienziati, statisti e uomini illustri come Aegidi, Amador, Attomyr, Balari-Costa, Bargellini, Beethoven, Behring, Benamozeg, Bier, Bismarck, Boenninghausen, Boerhaave, Boschi, Bruschi, Cargé, Charrette, Chavanon, Chopin, Amalio Cimeno, Coll, Collet, Conan-Mériadec, Curie, Daniel, Carlo Darwin, De Guidi, Dufresne, Fantappiè, Faure, Fletcher, Gastier, Gioberti, Giolitti, Gray, Henderson, Hering, Hower, Hufeland, Huchard, Kinner, Kotschau, Jahr, Jourdan, Lakhovsky, Lombroso, Lordat, Mabit, Maranon, Maritain, Mazzini, Miller, Pétroz, Puccinotti, Radetzky, Antonio Rosmini, Roosevelt, Francesco Severi, Sieffert, Simon, Skinner, Tessier, Teste, Tommasini, Weimar, Weir, Wrecha, Zlatarowich, e molti altri ancora, furono anch’essi convinti assertori dell’Omeopatia o curati con tale metodica. Anche tra i Pontefici troviamo difensori e pazienti dell’Omeopatia, dopo aver ovviamente tentato le cure convenzionali prescritte dai migliori specialisti che all’epoca avevano a loro disposizione. Mi riferisco a Gregorio XVI, Leone XII, Leone XIII, Pio VIII, Pio IX e più recentemente a Pio XII e Paolo VI.

 

OMEOPATIA E RAPPORTI CON IL VATICANO

Sin dalla prima comparsa in Italia l’Omeopatia incontrò il favore dei movimenti cattolici e del Vaticano. La posizione del Vaticano nei confronti dell’Omeopatia era all’epoca ben nota non solo in Italia ma anche in Francia. Nel Giornale Omeopatico del 1875 edito a Nîmes, comparve un articolo dei Fratelli Peladan i quali scrivevano: <<La Chiesa Romana lascia piena libertà alla scienza, è scritto, finché questa rimane nel campo che le è proprio. Ciò è talmente vero che mai nessuna opinione medica fu oggetto della minima censura. D’altra parte i Papi non hanno mai mostrato quell’odiosa intolleranza che l’aggruppamento degli scienziati sapienti e ostinati nella loro routine hanno ostentato uno dopo l’altro contro i medicamenti eroici, contro le riforme farmaceutiche, contro le nuove scoperte, le proprietà dell’Antimonio e quelle della China, le preparazioni spagiriche, la teoria della circolazione del sangue e infine contro l’Omeopatia, la più importante delle novità mediche. Mentre molte Università e molti governi, essendo influenzati dai rappresentanti degli studi ufficiali, rifiutavano l’Omeopatia senza averne nemmeno studiato il nome e impedivano ai successori di Hahnemann di dispensare dei rimedi direttamente e liberamente – condizione indispensabile al successo in ogni località in cui non esiste una Farmacia Omeopatica specializzata, - la Corte di Roma procedeva con grande larghezza di vedute nei confronti del nuovo metodo di guarigione. Tutti quelli che considerano l’Omeopatia come una verità in medicina devono testimoniare a Pio IX tutta la gratitudine che la nostra scuola gli deve per i favori eccezionali che le ha concessi. Fu nel 1827 che l’Omeopatia fu introdotta a Roma dal Dottor Kinzel, un austriaco. Il metodo hahnemanniano ottenne in quella città un trionfo completo sugli avversari, cioè i partigiani della vecchia scuola allopatica. Il loro decano, il Dottor Luppi, era riuscito a convincere il Papa che era necessario proibire agli Omeopati la libera distribuzione dei rimedi a Wahle, nativo di Leipzig, omeopata, i cui numerosi e brillanti successi hanno dato alla nuova medicina un’immensa popolarità, fece invano valere i suoi privilegi di straniero e l’influenza di uno dei suoi protettori, il Barone Liedderkerke, Ambasciatore olandese. Ma, nel 1841, sebbene non possedeva nessun titolo accademico regolare, questo Medico ottenne l’autorizzazione di praticare l’Omeopatia negli Stati Pontifici da Sua Santità essendo questi, dopo essersi fatto fare un resoconto del modo in cui gli Hahnemanniani preparano le loro medicine, essendo stato sollecitato da qualche nobile famiglia romana. Da allora Wahle vide crescere notevolmente la cerchia della sua clientela, e il convento dei Gesuiti l’adottò come Medico, concedendogli onorari doppi rispetto a quelli assegnati ai suoi predecessori allopati. Egli, in seguito alle sue energiche proteste contro il divieto di distribuire rimedi e grazie alla protezione di prelati eminenti, riuscì a rendere nulle le severe ordinanze pubblicate in proposito dalla municipalità di Roma e Bologna. Infine, nel 1842, Sua Santità, meglio istruito sul modo di preparazione dei rimedi Omeopatici, revocò in favore dei Medici Omeopatici il divieto di distribuire medicine ai malati. Per di più, nel 1852, una bolla di Pio IX sanciva il diritto agli ecclesiastici di distribuire delle medicine Omeopatiche in caso di urgenza o in assenza degli uomini dell’Arte. Tale permesso era esteso alle regioni senza medici. Il Dottor Charge di Marsiglia, in seguito agli importanti servizi resi in ospizio religioso durante l’epidemia di colera nel 1849, ha ricevuto dal Santo Padre un’onorificenza del tutto particolare: la Croce di Cavaliere di San Gregorio Magno. Inoltre, il nostro governo, che non ha potuto disconoscere la devozione di questo Medico intrepido, gli ha assegnato la Croce della Legione d’Onore e lo ha innalzato, in seguito, al grado di Commendatore dello stesso ordine. Credo che il Dottor Charge sia il primo Omeopata, per lo meno in Francia, che abbia ricevuto una decorazione pontificia. >> (Pierre SCHMIDT: Quaderni di Omeopatia. Quaderno n. 4,  pp. 7–8. EDIUM Editrice Dimensione Umana, Milano, 1980).

 

 I PONTEFICI E L’OMEOPATIA

 PAPA GREGORIO XVI DIFENSORE DELL’OMEOPATIA

Papa Gregorio XVI (Bartolomeo Alberto Cappellari) nacque a Belluno il 18 settembre 1765, fu eletto Papa il 2 febbraio 1831 e morì il 1 giugno 1846. A 18 anni entrò nel monastero camaldolese di S. Michele a Murano (Venezia) e dopo aver ricevuto l’ordinazione nel 1787, divenne professore di scienze e filosofia nel 1790. Nel 1826 fu nominato cardinale e venne eletto Papa nel 1830, dopo un difficile conclave durato cinquanta giorni. Monaco austero e colto, era ritenuto di cuore buono ma di carattere ostinato e di vedute ristrette per la sua ostilità alle tendenze moderne della sua epoca. Definito da alcuni storici un Papa di idee assolutiste e non facilmente arrendevole alla “follia politica dell’epoca”. Proibì le ferrovie nei suoi domini, chiamandole “Chemins d’enfer”, fu contrario al nazionalismo italiano e si trovò a far fronte alle sollevazioni nello stato pontificio e persino nella stessa Roma. Dovette pertanto affrontare un crescente malcontento e una ribellione sempre sul punto di esplodere in tutto il pontificato. Anche nel campo delle idee fu altrettanto intransigente e nella sua enciclica Mirari vos (15 agosto 1832) condannò il liberalismo, convinto che producesse l’indifferentismo. Il pontificato di Gregorio XVI vide la riorganizzazione della gerarchia ecclesiastica, la riforma degli ordini esistenti e la fondazione di alcuni ordini nuovi e prodigò notevoli sforzi dedicandosi alle comunità dei paesi extra europei. La rinascita delle missioni del XIX Secolo inizia con il suo pontificato: riorganizzò le opere missionarie dando loro una salda struttura giuridica; fondò circa settanta diocesi e vicariati apostolici e nominò duecento vescovi missionari. Condannò vivamente la schiavitù e la tratta degli schiavi come sistemi oppressivi indegni dei cristiani. Nutrì un autentico interesse per le arti e per la scienza; incoraggiò le ricerche archeologiche nel Foro e nelle catacombe di Roma; fondò il museo etrusco e quello egizio in Vaticano, oltre a quello cristiano nel Laterano. Ebbene, questo Papa, pur essendo ostile, per certi versi, nei confronti delle nuove e moderne tendenze del suo tempo, non lo fu altrettanto con il nuovo metodo terapeutico. Se i Pontefici Leone XII e Pio VIII si erano manifestati sempre favorevoli all’Omeopatia, fu proprio Papa Gregorio XVI (1831-1846) che si distinse più degli altri a difesa del metodo omeopatico, come si può rilevare dal seguente documento: <<Il metodo omeopatico ha ottenuto a Roma un trionfo completo sugli avversari partigiani dell’antica scuola. Il decano di questi, Dott. Lupi, era riuscito a persuadere il Papa Gregorio XVI che bisognava interdire agli Omeopatici la libera distribuzione dei rimedi. Il Dott. Wahle, brillante medico omeopatico, i cui numerosi e brillanti successi terapeutici hanno guadagnato all’Omeopatia la popolarità attuale, mise al servizio della causa i suoi privilegi di straniero, e l’influenza di uno dei suoi protettori: l’ambasciatore olandese, il barone di Liederkerke. Il Papa però, meglio informato del metodo di preparazione dei rimedi Omeopatici, e sollecitato da qualche nobile famiglia romana, rese a Wahle il diritto di distribuzione. Da allora il nostro compatriota ha visto estendersi considerevolmente il cerchio della sua clientela, e il Convento dei Gesuiti al Gesù l’ha nominato Medico dell’Istituto, accordandogli onorari doppi di quelli già dati al suo predecessore allopatico.>>. [Estratto del Deutschen Allgemeine Zeitung, n. 827, del 22 Novembre 1844.].

È dunque Papa Gregorio XVI che autorizza, nel 1841, il Dottor Wahle all’esercizio dell’Omeopatia, sebbene egli non possedesse il regolare titolo accademico conferitogli dalle Università Pontificie. Con quel riconoscimento ufficiale di Wahle l’Omeopatia si afferma sempre più, ma il decano dei medici allopatici, il Dottor Lupi, riesce a persuadere Gregorio XVI ad interdire agli Omeopatici la libera distribuzione dei loro medicinali. Dietro questa sordida manovra era evidente non soltanto l’ostilità della scuola allopatica ma anche il palese interesse dei farmacisti. Il Dottor Wahle, nativo di Lipsia, cerca allora di difendere come meglio può l’omeopatia e gli interessi dei colleghi, facendo valere i suoi privilegi di straniero e l’influenza di uno dei suoi protettori, l’Ambasciatore olandese Barone di Liederkerke, nonché quella di numerose famiglie della nobiltà romana che erano tra i suoi pazienti. Il S.S. Papa Gregorio XVI allora si informa più dettagliatamente sul metodo di preparazione dei rimedi Omeopatici ed infine rende giustizia al Dott. Wahle concedendo a lui ed ai suoi colleghi il diritto di distribuire gratuitamente i rimedi Omeopatici ai loro pazienti, rendendo così nulle le vessatorie ordinanze delle Municipalità di Bologna e di Roma che invece lo proibivano. Wahle, inoltre, viene nominato Medico del Convento dei Gesuiti ed ottiene un salario doppio a quello già accordato al suo predecessore. In seguito, Papa Gregorio XVI concede la Gran Croce di Cavaliere al Dottor Centamori, intimo amico di Hahnemann, che dedicò tutta la sua vita alla diffusione dell’Omeopatia nello Stato Pontificio. E fa ancora un gesto che certo dovette allarmare notevolmente gli allopatici: con una Bolla accorda agli ecclesiastici l’autorizzazione di somministrare rimedi Omeopatici in casi urgenti in assenza del Medico, e in tutte le località che sono sprovviste di Medici Omeopatici.

 

PIO IX  E LA CATTEDRA DI

 FILOSOFIA DELLA NATURA

Gregorio XVI non fu l’unico Papa a manifestare interesse per l’Omeopatia. Il suo successore, Pio IX, che ereditava dal predecessore il peso di una gravosa eredità sia nella chiesa in generale che nello stato pontificio, sarà un fautore e un sostenitore dell’Omeopatia.  Quarto figlio di un conte, Giovanni Maria Mastai Ferretti era nato a Senigallia (Ancona), il 13 maggio 1792 e aveva studiato a Roma e Viterbo. Fu ordinato prete nel 1819 ed ebbe diversi e importanti incarichi; dal 1827 al 1832 fu arcivescovo di Spoleto e dal 1832 al 1840 vescovo di Imola. Nel 1840 era stato nominato cardinale e il 16 giugno 1846, il conclave, durato due giorni, lo elesse Papa.

Pastore infaticabile, Pio IX era considerato, a differenza del suo predecessore, un liberale e un progressista moderato perché sosteneva la necessità di cambiamenti amministrativi nello stato pontificio e simpatizzava con le aspirazioni nazionalistiche italiane.

Infatti, il 16 luglio concesse subito un’amnistia ai condannati politici e mise in atto riforme negli stati pontifici. Nel 1847 istituì consigli di stato e di città, dimostrando di appoggiare il nazionalismo italiano che gli procurò un’esplosione di popolarità. Ma quando, il 29 aprile 1848, rifiutò di aderire alla guerra che mirava all’espulsione degli Austriaci dall’Italia, la sua popolarità subì un contraccolpo e la sua neutralità sembrò un tradimento. Il 15 novembre 1848, il suo primo ministro, il conte Rossi, venne assassinato e lo stesso Pio IX, il 24 novembre fu costretto a fuggire, rifugiandosi a Gaeta. Solo dopo che le truppe francesi ebbero ristabilito il governo pontificio, il Papa, il 12 aprile 1850, poté rientrare a Roma con il loro aiuto. Il conte Cammillo di Cavour, primo ministro del Piemonte dal 1852, sfruttò abilmente la situazione a favore dell’unificazione dell’Italia e così, dopo la sconfitta di Castelfidardo, tutti i domini del Papa, eccetto Roma e il Lazio, furono annessi al regno d’Italia.

Per un decennio Pio IX fu protetto da una guarnigione francese che venne però ritirata quando scoppiò la guerra franco-prussiana. La stessa Roma, il 20 settembre 1870 fu occupata dalle forze italiane e incorporata, con un plebiscito, allo stato italiano. Il governo assicurò al papa l’inviolabilità della sua persona, ma Pio IX rifiutò di accettare qualsiasi compromesso e da allora in poi non uscì più dal Vaticano, considerandosi un prigioniero e vietando ai cattolici (decreto del 29 febbraio 1868) di prendere parte alla vita politica del regno italiano. Pio IX (1846-1878), nonostante il suo difficile pontificato nomina, nel Marzo del 1848 - per interessamento del Cardinale Orioli, del Gioberti, del Ventura e del Rosmini,- il Prof. Ettore Mengozzi, Medico Omeopatico, alla Cattedra di Filosofia della Natura nell’Università di Roma. Nel 1869 lo stesso Papa affida al Prof. Francesco Ladelci la Cattedra di Botanica nell’Università Pontificia di Macerata.

Il 10 Marzo 1848 venne presentata al Papa Mastai dal Cardinale Orioli, a nome dei Professori dell’Università di Roma, mentre già il sommo Gioberti, il Chiarissimo Ventura, l’Illustre Rosmini al medesimo verbalmente avevano fatta la identica commendatizia, la petizione per la nomina del Prof. Ettore Mengozzi, Medico Omeopatico, alla cattedra di Filosofia della Natura nell’Università di Roma. Per la testimonianza dello stesso Cardinale Orioli il Papa mentre trascorreva con l’occhio la Petizione esclamò: “Oh! Il Prof. Mengozzi è già creato Maestro della Romana Università. Non vede, Eminenza, che sono sette i Maestri che lo desiderano?” – E soggiunse: “Dica al nostro Ministro di Pubblica Istruzione Cardinale Vizzardelli che lo munisca della nostra nomina!”.

 La Petizione e la Nomina in originale sono  tra gli atti del Notaro Camerale di Roma, Giacomo Gaggiotti; la prima registrata l’anno 1848, Atti Pubblici; la seconda registrata l’anno prima della Repubblica Romana 1849, Atti Privati. – Felice Argenti, Segretario e Cancelliere delle R.C. Apostolica. [Una deliberazione del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione sul Libero Insegnamento della Medicina Omeopatica. Memoria del Prof. MENGOZZI, Roma, 1879, Tipografia Altero e C.].

Papa Pio IX insignì di decorazioni e riconoscimenti Medici Omeopatici italiani e stranieri e qui ricordiamo: la Croce di San Gregorio Magno, conferita, nel 1849, al Dottor Charge di Marsiglia per i servizi resi durante l’epidemia di colera in un ospizio religioso; l’Ordine di San Silvestro conferito, nel 1855, al Conte De Guidi in riconoscimento dei suoi meriti di Medico Omeopatico; un breve Apostolico Speciale inviato nel 1847 al Dottor Perrussel, Medico Omeopatico a Parigi; nel 1862 il Dottor Ozanam di Parigi viene insignito dell’Ordine di San Gregorio e, sempre nello stesso anno, un altro Medico Omeopatico di Parigi, il Dottor Tessier, viene nominato Commendatore dell’Ordine di San Gregorio Magno.

 

PAPA LEONE XIII GUARITO DALL’OMEOPATIA

Anche Leone XIII (1878-1903), successore di Papa Mastai, fu nettamente a favore dell’Omeopatia e si fece curare dal Dottor Francesco Talianini, che esercitava ad Ascoli.

Celebre fu infatti la guarigione di Sua Santità Papa Leone XIII, il quale, ammalatosi di lenta affezione tracheale, con grave pericolo di vita, allorché nell’Accademia  Ecclesiastica in Roma addestravasi nella prova per la futura grandezza, ebbe meravigliosamente ristorata e rinnovata la salute. (Pompili, Rivista Omeopatica, Anno XXXVIII, n. 3, ottobre 1892, p. 99). <<Si che fu indubbiamente merito dell’Omeopatia e del Dott. Talianini se il sapientissimo Pontefice gode di una bene auspicata e provvidenziale longevità.>>. – (Dalla Rivista “La Strenna Spoletina”, del 1892: Una pagina dell’Omeopatia nell’Umbria, del Dott. Gioacchino Pompilj).

Il Dottor Francesco Talianini nacque a Trevi in Umbria il 21 Maggio 1776 e morì il 13 Ottobre 1857. Si laureò nell’Università della Sapienza di  Roma e divenne Assistente nell’Ospedale di San Gallicano. Fu Medico condotto a Trevi, San Severino, Tolentino, Cingoli, Gubbio, Foligno e Ascoli dove fu nominato Membro della Commissione di Sanità. È concordemente ritenuto come uno dei primi Medici Omeopatici italiani. Conobbe l’Omeopatia studiando la Materia Medica Pura sulla traduzione di Romani e la traduzione dell’Organon del Dottor Bernardo Quaranta. Nel 1826 si recò a Napoli dove incontrò il Necker, Romani, De Horatiis e Mauro. Il Dott. Talianini fu il primo ad introdurre l’Omeopatia nello Stato Pontificio, dopo aver constatato a Napoli i successi terapeutici del Romani che pare gli sia stato maestro. In Ascoli rimase celebre la guarigione della Marchesa Vittoria Mosca di Pesaro che riacquistò la vista, grazie alle cure omeopatiche, dopo essere stata tenuta al buio per ben cinque anni dai medici allopatici per una grave affezione agli occhi. La Marchesa visse ancora molti anni dopo tale guarigione. Per i suoi servigi e l’alta professionalità dimostrata, il Dott. Talianini ebbe in dono dal Vaticano una medaglia d’oro, e continuamente vi era chiamato per consulti. Nel 1830 andò in Inghilterra con il Dottor Romani, al seguito del Principe Doria Pamphili, su invito di Lord Shrewsbury. Anche in Inghilterra egli ebbe molto successo e fu nominato Membro di varie Accademie.

 

S.S. PIO XII CURATO DALL’ARCHIATRA OMEOPATA

Anche, Sua Santità Papa Pio XII (  ) fu un convinto difensore dell’Omeopatia. Si legge infatti nell’Europeo del 16 Luglio 1947: “Il primo curante è Galeazzi–Lisi. Segue il metodo Omeopatico e lo applica al Papa Pio XII ”. È doveroso ricordare che questo stimabile clinico specialista, divenuto in seguito Archiatra Pontificio, fece molto per la causa Omeopatica ai tempi del C.O.R. (Centro Omeopatico Romano). La sua opera venne molto apprezzata da tutti gli Omeopati italiani. Con tanti riconoscimenti ufficiali, la vita dell’Omeopatia nello Stato Pontificio non fu così difficile come in altre regioni d’Italia.

Dopo un primo tentativo di ostacolare la libera distribuzione dei rimedi Omeopatici, fortunatamente superato grazie all’intervento di Papa Gregorio XVI nel 1842, per alcuni anni lo Stato Pontificio non si occupò più giuridicamente dell’Omeopatia. I Medici Omeopati poterono distribuire gratuitamente i loro medicinali e non subirono più denuncie e polemiche. Con l’andar degli anni il numero dei Medici Omeopatici crebbe però al punto che lo Stato ritenne necessaria l’apertura di farmacie omeopatiche.  Basandosi sul fatto che la precedente legge permetteva ai Medici Omeopatici di distribuire gratuitamente i rimedi omeopatici là dove non vi era una farmacia omeopatica, un Decreto Ministeriale Notificato il 15 Novembre 1856, (n° 53196, sull’ordinamento delle Farmacie nello Stato Pontificio) ordinava l’apertura di Farmacie Omeopatiche esclusive sia a Roma che in Provincia. Così là dove vi era una Farmacia Omeopatica, i Medici non potevano più distribuire gratuitamente i loro medicinali, senza incorrere nei rigori della legge.

 

LE CONDOTTE OMEOPATICHE NELLO STATO PONTIFICIO

Lo Stato Pontificio non si limitò ad appoggiare apertamente l’Omeopatia, ma istituì addirittura diverse Condotte Omeopatiche. Con questo atto, la legge di allora implicitamente riconosceva l’Omeopatia. La prima Condotta Omeopatica ad essere istituita fu a Bevagna, in Umbria, ma il Dott. Giuseppe Bonino  precisa che fu lui il primo  ad avere la prima Condotta Omeopatica perché accettò la Condotta Sanitaria in due Comuni, cioè Villar Perosa nel 1859 e nell’anno successivo a Pinasca… inoltre a Montedoro in Sicilia fin dal 1862 fu istituita una Condotta Omiopatica, occupata dal Dott. Pappalardo, cui più tardi si è associato il Dott. Stonaci. (Ricordo Cronografico dell’Omeopatia in Italia, l’Omiopatia in Italia, Agosto 1907). Il Dottor Agostino Mattoli si era prodigato per anni a favore della popolazione curando i concittadini sempre omeopaticamente finché, come riconoscimento ufficiale della sua opera, fu unanimamente deliberata, il 22 Aprile 1869, nello stesso giorno del suo decesso, l’istituzione di una Condotta Omeopatica. Il 20 Dicembre 1869 si aprì il concorso alla prima Condotta Medica Omeopatica (visto del 9 Luglio 1869, n. 821, della R. Sottoprefettura del Circondario). I concorrenti erano tre ed il vincitore, con unanime consenso, fu il Dottor Vincenzo Massimi di Teramo. Per tale avvenimento vi furono molte polemiche, specialmente ad opera del Dottor Agostino Bertani (Gazzetta Medica Italiana Lombarda, n. 3, pag. 23-24), in quanto si riteneva un sopruso da parte del Municipio di Bevagna l’imporre ai cittadini di curarsi Omeopaticamente. Tutto fu messo a tacere quando si rese pubblicamente noto che contemporaneamente esisteva già da tempo anche una Condotta Allopatica, affatto soppressa, e che i cittadini avevano quindi la più ampia libertà di scelta. Con il tempo la Condotta Omeopatica di Bevagna fu eliminata per il motivo, si dice, che fu impossibile trovare un successore poiché il trattamento economico era troppo esiguo e inadeguato. Il 31 Ottobre 1875 anche il Consiglio Municipale di Piperno delibera con voto unanime l’istituzione di una Condotta Medica Omeopatica, affidata al Dottor Pasi, che la tenne fino alla sua morte, avvenuta nel 1878. Ugualmente il Dottor Carlo Berretti tenne, per 27 anni, la Condotta Medica di Paliano, fino al 1875, anno della sua morte. Ma non sempre la situazione si risolveva in favore dell’Omeopatia e molte proposte di istituire Condotte Omeopatiche furono tenacemente boicottate. Il Placci racconta infatti a proposito di una Condotta nello Stato Pontificio dove già esistevano una Farmacia ed un Medico Omeopatico. Accettando condizioni economiche più favorevoli, questo medico si trasferì in una città vicina. Rimasta la Condotta scoperta, fu bandito un concorso nel quale si esigeva espressamente che il Medico fosse perfettamente istruito nella teoria e nella pratica Omeopatica. Ma il bando fu bocciato dal Consiglio Provinciale di Sanità e gli abitanti del luogo furono costretti a ritornare alle sanguisughe, ai vescicamenti, ai cauteri, ai setoni, ai purganti e agli emetici della scuola allopatica” (Giornale di Medicina Omiopatica, anno IV, 1847, Vol. XII, pag. 135).

 

 

ONORIFICENZE VATICANE

CONCESSE A MEDICI OMEOPATICI

• Nel 1841 Papa Gregorio XVI autorizza il Dottor Wahle all’esercizio dell’Omeopatia e conferisce ai Medici Omeopatici il diritto di distribuire gratuitamente i farmaci omeopatici ai pazienti rendendo così nulle le vessatorie ordinanze delle Municipalità di Bologna e di Roma che invece lo proibivano. Wahle, inoltre, viene nominato Medico del Convento dei Gesuiti ed ottiene un salario doppio a quello già accordato al suo predecessore.

• Papa Gregorio XVI concede la Gran Croce di Cavaliere al Dott. Centamori, intimo amico di Hahnemann, che dedicò tutta la sua vita alla diffusione dell’Omeopatia nello Stato Pontificio.

• Papa Gregorio XVI con una Bolla accorda agli ecclesiastici l’autorizzazione di somministrare rimedi Omeopatici in casi urgenti in assenza del Medico, e in tutte le località che sono sprovviste di Medici Omeopatici.

• Nel 1847 Sua Santità Pio IX nominò il Dott. Tessier, Medico Omeopata che introdusse l’omeopatia negli ospedali di Parigi, Commendatore dell’Ordine di S. Gregorio Magno.

• Nel 1847 Pio IX invia un breve Apostolico Speciale al Dottor Perrussel, Medico Omeopatico a Parigi;

• Nel Marzo del 1848, Pio IX  nomina il Prof. Ettore Mengozzi, Medico Omeopatico, alla Cattedra di Filosofia della Natura nell’Università di Roma.

• Nel 1849 Pio IX conferisce al Dott. Charge di Marsiglia, la Croce di Cavaliere di San Gregorio il Grande per gli importanti servizi resi in ospizio religioso durante l’epidemia di colera nel 1849.

• Nel 1855 Pio IX conferisce l’Ordine di San Silvestro al Conte de Guidi in riconoscimento dei suoi grandi meriti di Medico Omeopatico;

• Nel 1862 Sua Santità Pio IX conferì le insegne dell’Ordine di S. Gregorio Magno al Dott. Ozanam, medico omeopatico a Parigi, fratello del Beato Federico Ozanam.  

• Nel 1869 lo stesso Papa Pio IX affida al Dott. Ladelci la Cattedra di Botanica nell’Università Pontificia di Macerata.

• Per i suoi servigi e l’alta professionalità dimostrata nel curare e guarire Papa Leone XIII, il Dott. Talianini ebbe in dono dal Vaticano una medaglia d’oro, e continuamente vi era chiamato per consulti.

• Nel 1947 il primo medico curante di  Papa Pio XII è il Dottor Galeazzi–Lisi, medico omeopata. È doveroso ricordare che questo stimabile clinico specialista divenne infatti Archiatra Pontificio e applicava con successo il metodo omeopatico al Papa Pio XII.

• Croce di San Gregorio Magno, massima onorificenza vaticana al Prof. Antonio Negro, che nel passato recente è stato consulente dei medici personali di Pio XII e di Paolo VI

 

 

 

ALLEGATO del NOTIZIARIO SIOMI

 Previo accordo e consenso del Dott. Gianfranco Trapani, Vicepresidente della SIOMI (Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata), nonché Direttore della Notiziario “L’Informazione SIOMI”, pubblichiamo la risposta di Sua E.R. Cardinale Camillo Ruini ad una lettera inviata a S.E. da parte della SIOMI a firma del Presidente (Dott.ssa Simonetta Bernardini) e del Consiglio Direttivo Nazionale, in merito alle incomplete e fuorvianti notizie riportate dalla stampa: 

 Le Istituzioni Sanitarie Cattoliche
in Italia e l’Omeopatia:
Messaggio di Sua E.R. Card. Camillo Ruini, Vicario Generale di Sua Santità
e Presidente della Conferenza
Episcopale Italiana
al Presidente della SIOMI

 

Camillo Card. Ruini                              Presidente C.E.I.

 

Gentile Signora,

La ringrazio per la Sua comunicazione del 21 novembre, quanto mai documentata, e per aver compreso, al di là della informazione giornalistica distorta, il vero spirito del sussidio sulle Istituzioni Sanitarie Cattoliche come appare chiaro dal testo della presentazione da Lei citato. Le assicuro che la Chiesa, nella sua missione di prendersi cura delle persone malate e sofferenti, incoraggia ogni forma di medicina e tutti gli operatori sanitari che intendono servire sempre la vita, mettere al centro la persona con tutta la sua dignità, impegnarsi per rispondere nel modo più adeguato ai veri bisogni della salute.

Tra queste considera certamente la medicina omeopatica. Lo stesso sussidio sulle 150, pubblicato come strumento di lavoro dell’Ufficio, non intendeva dare una valutazione sulle cosidette Medicine Non Convenzionali, sviluppando una riflessione di ampio respiro e con finalità alte di rinnovamento in ambito sanitario. Il paragrafo, articolato e complesso, in cui si accenna alla medicina omeopatica, è semplicemente preoccupato di alcuni rischi e di alcune possibili manipolazioni, senza volersi riferire minimamente a una medicina seria e impegnata quale la medicina omeopatica.

L’occasione mi è gradita per esprimere a Lei, ai suoi collaboratori e alla Sua Associazione, un sincero grazie per l’impegno qualificato e umano profuso a servizio della cura delle persone.

 

Roma, 18 dicembre 2000.                  Camillo Card. Ruini

 

 

ALCUNI DEI MEDICI OMEOPATICI PRESSO PRINCIPI

E CORTI DALL’ 800 ALLA  PRIMA METÁ  DEL 900

 

Non solo i Papi abbracciarono l’Omeopatia, ma tutte le famiglie ex regnanti d’Europa  (e non solo d’Europa) ricorrevano alle cure omeopatiche, e avevano a Corte il Medico Omeopata, come si evince dal seguente elenco tratto da documenti storici.

Dott. ATMULLER: Medico e Chirurgo del Granduca di Hesse.

Dott. BACKAUSEN: Medico del Principe Federico di Prussia.

Dott. BARRETO: Medico e Chirurgo onorario della Camera di S.M.

l’Imperatore del Brasile.

Dott. De BENNINGER: Medico di S.A.R. Carlo III Duca di Parma.

Dott. BICKING: Medico del Principe Alberto di Prussia.

Dott. BLOEDAN: Medico del Principe Schevarburg-Sondarhausenn.

Dott. CENTAMORI: Medico di S.A.R. Carlo Ludovico Duca di Lucca.

Dott. DAVET: Medico nel 1854 di S.M. l’Imperatore dei Francesi.

Dott. EGIDI: Medico della Principessa Wilelmina di Prussia.

Dott. EVERARD: Medico della Corte dei Paesi Bassi.

Dott. FIELITZ: Medico della Famiglia Ducale di Brunswick.

Dott. FIORETTA: Medico di S.A.R. la Duchessa di Parma.

Dott. GOULLON: Medico del Granduca di Weimar.

Dott. GRANETTI: Medico Medico di Re Carlo Alberto e di Casa Savoia.

Dott. HAMPE: Medico del Principe di Liechtenstein.

Dott. HOFFMANN: Medico del Duca di Anhalt-Bernburg.

Dott. KRAMER: Medico del Granduca di Baden.

Dott. KURTZ: Medico del Granduca di Anhalt-Dessau.

Dott. LEHMAN: Medico del Granduca di Anhalt-Koeten.

Dott. MANDT: Medico dell’Imperatore Nicola di Russia.

Dott. De MARENZELLER: Medico dell’Arciduca Giovanni d’Austria.

Dott. NECKER: Medico straordinario di S.M. il Re di Prussia.

Dott. NUMEZ: Medico di S.M. la Regina di Spagna.

Dott. OBLOMIEWSKY: Medico dei figli di S.M. l’Imperatore di Russia.

Dott. PREISTCH: Medico e Chirurgo della Corte di Dessau.

Dott. QUIN: Medico straordinario di S.M. il Re del Belgio e Medico di S.A.R. la Duchessa di Cambridge.

Dott. REIS: Medico e Chirurgo alla camera di S.M. l’Imperatore del Brasile.

Dott. SCHMIDT: Medico di S.A.R. la Duchessa di Lucca.

Dott. SCHWARTZE: Medico del Principe Enrico di Sassonia.

Dott. SOLLIER: Medico della Granduchessa Costantina di Russia.

Dott. STAPF: Medico di S.A.R. il duca di Sassonia-Meinengen.

Dott. STENS: Medico del Principe Albeerto di Prussia.

Dott. De TAUBES: Medico particolare dell’Arciduca Giovanni.

Dott. TESSIER: Medico nel 1861 dell’Imperatore dei Francesi.

Dott. VERSEMEYER: Medico della Principessa Alessandrina di Prussia.

Dott. VINKUISEN: Medico della Corte dei Paesi-Bassi.

Dott. VORBRODT: Medico e Chirurgo di S.A.R. il Duca di Sassonia-Coburgo.

Dott. VURGLER: Medico del Duca di Anhalt-Bernburg.

Dott. WEBER: Medico di S.M. il Re di Hannover.

Dott. WEER: Medico del Principe di Galles, del Duca di York (Re d’Inghilterra) e della Famiglia Reale Inglese.

Dott. WOLF (di Dresda): Medico di S.M. il Re di Prussia e di S.M. il Re di Baviera.

Questi sono solo alcuni dei medici che hanno prestato la loro opera come omeopati presso le maggiori corti d’Europa. Ho riportato solo quelli che avevo sottomano, ma il numero è molto maggiore. Qualcuno ovviamente dirà che anche Rasputin era alla Corte di Russia, ma non mi si venga a dire che tutta l’Europa, e tutti i maggiori Stati del mondo abbiano affidato “ingenuamente” la salute dei loro sovrani e statisti a medici omeopati senza sapere cosa facessero. Ma dirò ancora di più: nella prima metà del '900, persino le compagnie di Assicurazioni americane, inglesi e francesi, in base ad accurati dati statistici, convenivano, per le persone che comprovavano di curarsi omeopaticamente, polizze assicurative con ribassi tra il 5 e il 10 per cento sul valore delle rate delle polizze vita.

 

LA FASE DI DECLINO

In Italia invece, verso la metà del secolo cominciano a intravedersi i segnali, che porteranno ad una fase di declino dell’Omeopatia italiana che si prolungherà per alcuni decenni. In Italia l’Omeopatia, essendosi legata ai movimenti cattolici popolari, con l’aperto consenso delle gerarchie ecclesiastiche che favorivano tutto ciò che poteva contrapporsi al materialismo illuminista, è destinata a pagare un caro prezzo. Ben presto infatti il Prof. Ettore Giovanni Mengozzi, dovette abbandonare la Cattedra di Omeopatia presso l’Università romana, assegnatagli nel 1848 da Pio IX, per il precipitare degli eventi. Le successive vicende storiche e politiche che porteranno all’unità d’Italia, saranno realizzate contro il cattolicesimo, e l’Omeopatia italiana, essendosi troppo schierata con quest’ultimo, non poteva che essere emarginata nel nuovo clima sociale, politico e culturale che si andava configurando. Per dare al lettore una visione della difficile e critica situazione che si era allora creata, vorrei ricordare che la salma di Papa Pio IX rischiò di essere buttata nel Tevere da una folla di facinorosi anticlericali romani che aveva fermato la processione (13 luglio 1881) che accompagnava il suo feretro, dalla tomba provvisoria in S. Pietro a S. Lorenzo fuori le Mura. Anche per i medici che praticavano l’Omeopatia, si prospettarono tempi veramente duri ed essi non ebbero più pace: prima accusati di essere filo-austriaci, erano ora considerati papalini e clericali. Per questi motivi si scatenò contro di essi una vera e propria caccia alle streghe; vennero denunciati, osteggiati e perseguiti anche dagli stessi ordini professionali a cui appartenevano. Ad ogni caso di malpractice medico veniva dato ampio risalto e attribuito all’Omeopatia (proprio come succede ancora oggi), mentre si chiudeva volentieri un occhio (e spesso tutti e due) ai casi analoghi che capitavano a medici allopatici. A questo proposito vorrei ricordare che numerose furono le denunce fatte contro medici omeopati accusati per essersi rifiutati di salassare i loro pazienti, come se questi fossero guariti se avessero praticato il salasso, in un’epoca in cui si salassavano anche i neonati, gli anemici e i tubercolotici in preda ad emottisi ed emorragie (Sic!). In altri termini se il paziente moriva facendo le cure convenzionali era perché doveva morire! Se invece purtroppo era comunque condannato morire ma aveva fatto una cura omeopatica, la colpa era ovviamente del medico omeopata, anche quando il malato era seguito e curato anche da più colleghi allopati! Altra causa più generale del declino dell’Omeopatia furono gli indiscutibili successi scientifici e clinici ottenuti dalla neonata microbiologia sulla scia delle scoperte di Pasteur e di Koch. Finalmente veniva indicata una plausibile causa delle malattie e si potevano apportare i mezzi per combattere l’agente microbico che ne era responsabile. In tutti i paesi la graduale scomparsa dell’Omeopatia agli inizi del XX Secolo fu da tutti interpretata come la logica sostituzione di una pratica medica vecchia e superata con un’altra più moderna e “scientifica”. Per l’uomo comune e per la mentalità scientifico - meccanicistica si trattava di un concetto semplice da capire e da accettare: la causa delle malattie non era nell’uomo ma risiedeva fuori di esso e doveva essere rimossa per poterla sconfiggere. L’Omeopatia, con la sua visione della malattia legata ad alterazioni del “terreno individuale”, rappresentava qualcosa di troppo complesso per le grandi masse che, al contrario, intuivano agevolmente i semplici schemi della microbiologia e della chemioterapia; anche se lo stesso Louis Pasteur aveva infine umilmente riconosciuto che: “il microbo è nulla, il terreno è tutto”. Vaccini, antibiotici e cortisone, sembravano dover curare tutti i mali dell’umanità. In quel periodo l’Omeopatia conobbe una fase di declino e rimase appannaggio di poche famiglie che, da decenni la coltivavano per tradizione, quali i Cigliano, i Mattoli, i Cenerelli, i Gaiter e altri, mantenendone vivi l’insegnamento e la pratica fino al ventesimo secolo.

 

CONSIDERAZIONI PERSONALI

Negli ultimi trent’anni del ventesimo secolo si è nuovamente assistito ad un rifiorire di interesse da parte degli operatori sanitari e dell’utenza nei confronti dell’Omeopatia con meraviglia ed imbarazzo dell’establishment medico. Nell’attuale rinascita dell’Omeopatia si afferma nuovamente una realtà terapeutica e sociale che interessa circa 200 milioni di persone in tutto il mondo per la sua efficacia clinica e per l’attività biologica dimostrata nel corso di due secoli di storia e di pratica clinica. Alla base di questo fenomeno esistono ragioni piuttosto articolate che si possono riassumere nel costante e preoccupante diffondersi delle malattie iatrogene (che delimita e limita certamente e non poco l’uso di certi farmaci convenzionali), nella difficoltà della Medicina convenzionale di gestire i problemi di molti malati cronici, nella nascita di una ricerca di base e di una sperimentazione clinica Omeopatica realizzata secondo i canoni della ricerca scientifica e nel ritorno culturale di medicine olistiche a favore delle quali si schiera un numero sempre maggiore di persone che privilegiano le metodologie terapeutiche  personalizzate. Altri motivi alla base di questa crescente richiesta sono da ricercarsi nel fallimento di precedenti trattamenti terapeutici, nella crescente preoccupazione degli effetti indesiderati di altre cure, a fenomeni sempre più crescenti di intolleranza e allergie a numerosi farmaci e, solo in ultima istanza, a preferenze personali di tipo culturale o “fideistico”. Secondo Harris L. Coulter l’Omeopatia si afferma con successo ogni qualvolta la medicina convenzionale finisce in un vicolo cieco. In effetti così fu per la prima volta agli inizi del XIX Secolo, quando Hahnemann propose il suo nuovo sistema terapeutico. Nell’epoca della medicina “eroica”, quando i medici convenzionali ricorrevano a salassi e veleni come l’arsenico e il mercurio per ogni tipo di disturbo, i pazienti furono felici di curarsi con l’Omeopatia. Hahnemann in quel periodo seppe dare una duplice risposta terapeutica all’uso indiscriminato dei veleni o allo sterile nichilismo terapeutico. Con l’avvento della “teoria batterica” di fine secolo, la medicina convenzionale recuperò ampiamente le proprie posizioni e l’eliminazione di malattie come la difterite e il tetano fu attribuita ai progressi compiuti nel campo della vaccinazione preventiva e terapeutica. Nel contempo, i provvedimenti di sanità pubblica contribuirono a debellare il vaiolo, la febbre gialla e altre malattie infettive. Di fronte a queste soluzioni di portata storica nella sconfitta di malattie che da sempre affliggevano l’umanità e che in passato erano incurabili, l’Omeopatia sembrò antiquata e irrilevante. Se è vero che la medicina, la chirurgia e la tecnica diagnostica hanno compiuto enormi progressi negli ultimi decenni, se è vero che in questo ultimo secolo sono stati sconfitti gli antichi flagelli giungendo al dominio quasi totale della patologia esogena e acuta, è altrettanto vero che la patologia cronica e le malattie degenerative sono in progressivo e allarmante aumento. Una nuova consapevolezza si affaccia all’orizzonte delle menti più aperte: se medicine e farmaci sono indispensabili per curare le malattie, per guarire l’individuo ammalato e sofferente bisogna fare molto di più, è necessario riconsiderare l’ammalato come un tutto unico e non l’insieme di vari pezzi da curare separatamente. Il vertiginoso progresso tecnologico, se da una parte contribuisce a migliorare notevolmente le indagini diagnostiche, dall’altra rischia paradossalmente di distoglierci da questo fine; strumenti sempre più complessi ed efficienti mirano a rafforzare questo concetto dicotomizzante sull’uomo e sostituiscono il rapporto tra medico e paziente; si continuano a battere le piste della patologia organica e cellulare alla ricerca dell’esogeno disturbatore, si rischia di usare il microscopio dove ci vuole il telescopio e viceversa. Proprio in un momento in cui la Medicina convenzionale sembra aver raggiunto l’apoteosi della sua grandezza scientifica, assistiamo al rifiorire dell’Omeopatia. Come scrive A. C. Neumann: La Medicina moderna conosce le malattie, ma non le guarisce, e più essa riesce ad approfondire la natura delle malattie, più si allarga l’abisso tra la medesima e la terapeutica.” Lo stesso Pasteur, padre della microbiologia, in una lettera a Claud Bernard, con l’estrema correttezza e l’immensa umiltà che contraddistingue le grandi menti, scriveva: “Il terreno è tutto, il microbo è nulla. Il terreno  è  ben più importante del microbo.” Spesso, non considerare il terreno dove si combatte può significare perdere la battaglia ancor prima di averla cominciata. Assistiamo così ai notevoli progressi della chirurgia proprio perché la medicina non sa più trattare la patologia cronica; ed ecco allora che il trapiantare e cambiare “pezzi umani” malati diventa la soluzione più “logica”, la più verosimile. Anche la patologia e la fisiopatologia diventano i cardini e le nuove fondamenta di un sapere sempre più tecnicistico, il quale, nel delirio esaltante di scoperte sempre nuove, rischia di inseguire il mito dell’uomo artificiale. La conoscenza analitica e microscopica scende sempre più a fondo  nella struttura dei tessuti umani allontanandosi sempre più dal comprendere il significato globale dell’uomo stesso. La conoscenza super-specialistica di organi e apparati ha necessariamente diviso e frantumato per competenze il sapere medico. Si conosce quasi tutto del fegato, del cuore o del polmone, possiamo toglierli e trapiantarli in un altro individuo, senza tuttavia conoscere e comprendere le tappe di un vissuto patologico che non è solo anatomico e biochimico. Il mito della medicina alla Frankestain rischia di avverarsi: si trapiantano braccia, mani, piedi, fegati, cuori, pancreas, polmoni e lingue, facendo credere che questo sia progresso; ma poi qualcuno si ribella e vuole che gli si amputino nuovamente le braccia trapiantate perché non sono le sue! La terapia, conforme alla soppressione del sintomo è diventata sempre più pericolosa; il margine tra l’effetto terapeutico ed effetto collaterale (o indesiderato) è sempre più sottile, mirato secondo schematizzazioni e protocolli terapeutici prestabiliti, che nulla hanno a che fare con la reattività individuale umana. L’uso e l’abuso di sostanze sempre più attive e rivolte in qualche distretto biologico o in qualche direzione patologica strettamente specifica ma limitata, l’osservazione di effetti tossici che i farmaci lasciano dietro di sé, l’indiscriminata repressione delle reazioni difensive dell’organismo, il manifestarsi di patologia iatrogene, degenerative e immunodeficitarie sempre più allarmanti, hanno spalancato le porte a nuovi modi di ridiscutere assiomi, dogmi e paradigmi della scienza medica convenzionale, a riflettere necessariamente sull’opportunità di uscire dal condizionamento dell’acritico atteggiamento positivistico del sapere accademico, il quale è ancora pietrificato e cristallizzato nella concezione meccanicista e materialistica della medicina sperimentale di Virchow. La scienza medica sembra procedere a paradigmi che vengono di volta in volta ritenuti validi e poi abbandonati: prima era tutto dovuto alla lebbra, poi tutto alla sifilide, poi tutto divenne attribuibile e spiegabile con la tubercolosi, ora è tutto immunologico e auto-immunitario, tra qualche anno sarà tutto genico, genetico e così via. La recente scoperta e codificazione del codice genetico umano, aprirà certamente nuovi spiragli nella comprensione e cura di malattie ritenute ancora incurabili; si sentono ora i genetisti dire che finalmente potremo fare cure molto più personalizzate, con farmaci meno tossici e in dosi minori; in altre parole stanno dicendo adesso ciò che gli omeopati gridano da circa 200 anni! Ma oggi, allorché l’allarmante numero di malattie croniche e il crescente sviluppo di patologie iatrogene dovute all’abuso di farmaci sempre più dotati di tossicità ha reso il curarsi un’impresa ad alto rischio, le persone trovano conforto nel sapere che esiste una medicina complementare e non tossica, non pericolosa per la loro salute e per la loro vita e, per di più, di grande efficacia. Da circa un ventennio infatti, la crescita della domanda di medicinali omeopatici in Italia si attesta stabilmente su valori del 15% annuo, con una stima di oltre dodici milioni di persone che attualmente ricorrono a questo metodo di cura; 8.000 sono invece i medici generici e specialisti che prescrivono farmaci omeopatici nel nostro Paese. Anche le Università si stanno aprendo all’insegnamento di questa metodica istituendo corsi nelle sedi di: Milano, Napoli, Pavia, Roma Tor Vergata e  Urbino. Incontri di tecnica della preparazione dei medicinali omeopatici vengono svolti in numerose Facoltà di Farmacia come Bari, Cagliari, Firenze, Milano, Novara, Roma La Sapienza, Palermo, Pavia e Torino. Gli Ordini dei Medici di Brescia, Palermo e Roma hanno di recente emanato una delibera sulle medicine non convenzionali. Altri Ordini hanno invece istituito delle Commissioni sulle Medicine Non Convenzionali (MNC) ad Aosta, Bari, Cagliari, Firenze, Messina, Milano, Modena, Reggio Emilia, Torino, Verona e Vicenza. Le Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Toscana, hanno deliberato a favore dell’inserimento dell’omeopatia in ambito pubblico e per la promozione di studi osservazionali e ricerche cliniche. Diversi ambulatori di omeopatia sono stati attivati nel servizio pubblico e precisamente a Brescia (Asl 20), a Firenze (Asl 10, Distretto di Lastra e Signa e Distretto di Scandicci), sempre a Firenze presso l’Ospedale di Santa Maria Nuova, nel reparto di anestesiologia e rianimazione; a Lucca (Asl 2); Messina (Asl 5 Gioiosa Marea e Patti); a Napoli, presso l’Asl 1 Ospedale Ascalesi, presso l’Ospedale san Paolo e all’Università degli Studi Federico II, Facoltà di Medicina e Chirurgia; a Roma, presso l’Ospedale San Camillo e a Siena al Policlinico Le Scotte. Nonostante l’Omeopatia abbia subito per oltre 200 anni gli attacchi e le persecuzioni più feroci, i boicottaggi più incredibili, le pubblicazioni più infamanti e gli ostracismi di ogni tipo e natura, oggi essa è diffusa e praticata in quasi tutti i paesi del mondo ed è in costante e continua crescita. L’Omeopatia oggi è sicuramente la metodica terapeutica che raccoglie in sé più prove scientifiche di ogni altro metodo curativo e nel contempo più opposizioni da parte del mondo accademico di tutte le altre terapie non convenzionali. Il motivo principale di questa avversione è “probabilmente” dovuto ai ciclopici interessi economici delle multinazionali del farmaco che condizionano pesantemente la ricerca e il pensiero medico-scientifico convenzionale. Ma ancor più perché, per accettare il dato che sostanze estremamente diluite riescano a provocare modificazioni nei substrati biologici (fenomeno già ampiamente dimostrato e confermato in numerosi test di laboratorio), richiederebbe da parte degli oppositori un profondo cambiamento dei loro schemi mentali, tale da costringerli a rivedere gran parte dello loro dogmatiche conoscenze chimico-fisiche. Per questi motivi l’Omeopatia è ancora oggi in “quarantena”: accettata e praticata da decine di migliaia di Medici in diverse Nazioni, utilizzata da centinaia di milioni di persone, rifiutata da tanti altri; elevata agli onori universitari in alcuni Paesi, messa al bando in altri; tollerata in alcuni ambienti accademici; messa all’indice in altri ancora.

 

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