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L'ARTISTA E IL FILOSOFO-MAGO NEL RINASCIMENTO

Maurizio Elettrico (Istituto Italiano di Studi Filosofici)

 

Botticelli, La Primavera

 

 

Nel Rinascimento si creò un complesso filo di comunicazione tra arte e pensiero magico-astrologico. L’artista è di fatto in questa epoca in grado di vivere e di interpretare la cultura del tempo anche nei confronti di questo particolare aspetto. Infatti egli può assimilare i principi dell’astrologia e quasi servirsene per il suo riscatto intellettuale (importante è per questa indagine l’analisi di testi o come nel caso di Leonardo di tracce testuali lasciate, che sembrano muoversi in questa direzione). La cultura del tempo da un grande rilievo all’astrologia, pur se tra polemiche e ostilità, che è strumento di conoscenza, ma anche di trasformazione del destino umano. É un scienza vivacemente coinvolta nella disputa tra neoplatonismo e aristotelismo, rispettivamente tra un idea della libertà umana e una concezione rigida della necessità cosmica.

Se ancora Francesco Cossa, il pittore ferrarese, lamentava la sua condizione di inferiorità nei confronti di Pellegrino Prisciani, l’astrologo che supervisionò il ciclo pittorico di Schifanoia a Ferrara, poiché lo aveva trattato come ’’l’ultimo dei garzoni di Ferrara’’, e se Francesco Zorzi, il celebre umanista pitagorico, può imporre il suo programma all’architetto Yacopo Sansovino per la basilica di San Pietro della Vigna a Mantova, certamente questa impreparazione verso interessi ermetici non riguarda personaggi come il Parmiggianino, o il Pontormo. Anche Benvenuto Cellini non ne fu estraneo, come si evince dal racconto nella Vita, dove egli chiede ed ottiene da un negromante di evocare alcuni spiriti nel Colosseo.

Quindi sempre più cresce un interesse originario degli artisti verso l’esoterismo, interesse, che è in effetti anche dovuto alla riconsiderazione dell’arte come una forma di filosofia. L’arte pare quindi intellettualizzarsi attraverso gli aspetti magici della filosofia. É un processo transitivo, ma non marginale: le scienze esoteriche si inquadrano in una posizione alle volte centrale nel dibattito filosofico del tempo. L’arte italiana si sviluppa grandiosamente nel suo sforzo di diventare filosofia delle immagini, che equivale a dire il Pensiero che precede tutti i pensieri, la filosofia degli dei. Dei e astri sono ormai combinati insieme in identità compatte; l’astrologia e il neopaganesimo si riscoprono come facce di una unica medaglia. L’arte, avvicinandosi agli aspetti astrologici della filosofia del tempo, ingloba anche la sensibilità nuova di un neopaganesimo risorto. Attraverso l’arte l’uomo partecipa del pensiero degli dei astri, che sono anche artefici del nostro destino, e tramite loro dell’unità di Dio, origine di ogni destino e fine di ogni fine.

Lo scrittore e pittore Giovan Paolo Lomazzo nell’Idea del Tempio rivela l’importanza svolta dalla astrologia nella formazione dell’artista, indicandola insieme alle altre materie fondamentali di studio come l’anatomia: ‘’Ma sopra tutto, per essercitazione generale e particulare, fa bisogno che egli (l’artista) sia buon Matematico, che altro non vuol dire, che dottrinabile, over disciplinabile, affine che con l’astrologia possa pervenire alla cognitione de i cieli de i segni, e delle facce ascendenti, e significationi loro’’. Altrove Lomazzo sembrerebbe riecheggiare la similitudine proposta dall’astrologo Abraham Giudeo tra artisti e astrologi, in base ad una simmetrica posizione di Mercurio. Per Lomazzo l’artista diventa il punto di contatto privilegiato tra microcosmo e macrocosmo, tra natura e stelle e ancora tra queste e i personaggi della cultura universale. Alle volte ciò sembrerebbe muoversi quasi a rilevare un curioso binomio artista-mago. Prima di lui, Lomazzo scrive sul finire del XVI secolo, ci appaiono molti esempi. Si pensi infatti al Giudizio di Michelangelo come ruota del cielo e del destino, al Diluvio di Leonardo ispirato probabilmente ad un pronostico astrologico, ancora alle suggestioni astrologiche di un Vasari, che pure userà un impostazione evidentemente oroscopale nella presentazione di ciascun dei personaggio delle Vite.

L’astrologia e l’idea di un artista mago e astrologo, consigliata da Lomazzo aiuta quindi alla definitiva trasformazione dell’arte da tecnè ad epistemè, cioè da tecnica a scienza, tanto più che l’aspetto di mutazione del destino si avvale attraverso l’uso della talismanica, applicazione magico-operativa dell’astrologia, di vere e proprie opere d’arte. Il rinnovamento dell’arte sembrerebbe seguire in parte quell’idea, per cui il sapiente è colui che conosce e sa per questo dominare le stelle.

Ferrara, Palazzo Schifanoia, Salone dei Mesi (Giugno)

 

 

 Ma quale è il pensiero da cui parte questa visione?

Il mondo del filosofo mago del Rinascimento sembra curiosamente anticipare una idea psicologica e non fisica della ricerca: i fatti non interessano per quello che sono, ma per quello che significano. É interessante come questo principio va evolvendosi da Pico a Giordano Bruno; per entrambi è importante la pregnanza simbolica dell’oggetto reale e quindi il suo sostrato psicologico e spirituale, che ne costituisce la vera essenza, e la rete analogica che l’oggetto simbolico crea con gli altri oggetti simbolici.

Si cercheranno così i rapporti e le relazioni tra gli eventi più lontani, al fine di rivelarne una loro natura interna legata ad un specifico fine.

 Tutto diventa simbolo, come per la rappresentazione mentale del sogno, che rimanda ininterrottamente ad altri significati, ad altri enti significanti producendo un pansimbolismo ricco di implicazioni conoscitive. Si crea così uno stretto legame tra immaginazione e immagine, ma anche tra immagine e realtà, con l’idea che immagine e immaginazione possono cambiare la realtà del mondo o svelarne i misteri. Almeno fino a Pico, la corrispondenze tra le cose significanti si regge sulla connessione biunivoca tra mondo sovralunare e mondo terrestre, come egli afferma nella prefazione dell’Heptaplus, ma in Bruno questo percorso si spinge fino alle conseguenze estreme. Ogni cosa può divenire di fatto immagine di un altra cosa, perché tutto è connesso all’unità originaria, poiché, come dirà nel De umbris idearum,, tutto è in tutto: ‘’Unde in omnibus et per omnia quaelibet posse figurari manifestum est’’. Ogni immagine quindi rimanda ad una qualsiasi realtà, e ogni realtà può essere immagine di qualsiasi cosa esistente, ogni immagine può inoltre influenzare e trasformare o farsi strumento di conoscenza per qualsiasi cosa esistente. E qui si inserisce l’attività dell’artista, da cui il Nolano sembrerebbe prendere spunto nella sua applicazione cabalistica ed astrologica: nell’uso che l’arte fa dell’immagine simbolica e della sua capacità evocatoria. La grande opera d’arte diventa per questo momento dell’infinito, per questa valenza associativa e combinatoria dei suoi simboli-immagini, ma è anche forma in grado di modificare la realtà, agendo innanzitutto sulla nostra mente alla maniera ancora di un talismano astrologico.

In questo universo cognitivo non c’è lacerazione tra mentale e reale: la sintesi è data proprio dall’arte figurativa, che nella sua espressione più elevata diviene forma di pensiero in grado di unificare l’immaginazione umana con quella divina, diventando essa stessa forma di ricerca della conoscenza. L’arte appare così presenza terrestre di un pensiero divino, che si attua attraverso le immagini, con un superamento della dualità tra il pensante e il pensato, come leggiamo nelle Enneadi di Plotino, testo fondamentale per la cerchia ficiniana. Ciò può spiegare la qualità, che attribuisce proprio il Ficino alle immagini nel captare in maniera prioritaria gli influssi cosmici. Un dipinto o una statua possono essere potenti veicoli di forze celesti. Le figure dell’arte assorbono e rimandano le energie astrali. Possono essere adoperate quindi come momenti di meditazione, in curiosa somiglianza con i mandala orientali. Il suo allievo Francesco Diaccetto si spinge oltre, descrive infatti, nella direzione degli antichi culti astrologici siriani, i riti per ottenere favori dagli dei planetari, allestendo dei veri altari con davanti un dipinto, che rappresenti la divinità astrale. Il tutto è concepito non nel senso di semplice rappresentazione cultuale, ma piuttosto per il suo valore talismanico di imbrigliare le energie dell’astro stesso. Arte e neopaganesimo astrologico trovano qui una commistione perfetta nell’utopia di un religione naturale, che non è solo di matrice filosofica. Ricostruiscono infatti una tecnologia immateriale, già messa a punto dagli antichi, una possibilità conoscitiva e trasformativa affidata totalmente alla evocazione di immagini. Etimologicamente l’idea appartiene al mondo della visione; l’idea-immagine non ha solo il potere di rivelare la verità, di cui le cose reali sono simboli e quindi immagini, ma anche di agire su questi simboli attraverso altri simboli. É l’utopia dell’uomo che vuole trasformare il mondo non solo con il mezzo umano della mano, esaltata comunque dal Bruno sulla traccia di Anassagora, ma anche, come gli dei, con la sola forza della mente.

Inoltre la polimetodologia della conoscenza magica-astrologica così come la vediamo affermarsi nel Rinascimento, cioè l’utilizzo di più funzioni o metodi per la ricerca della sapere, ha delle evidenti similitudini con il processo di creazione artistica. Essa va dall’uso analitico della matematica (nella direzione pitagorica e astrologica di una interpretazione geometrico-matematica dei fenomeni fisici, che nell’arte si identificherà nei complessi studi prospettici), all’impiego di processi analogici (nell’uso dell’associazione simbolica, che accomuna fortemente l’astrologia a certi procedimenti dell’arte), all’importanza riconosciuta all’intuizione come espressione della mente creativa, fino ad individuare nella concomitanza degli eventi un rapporto non meno importante di quello causale. La scientificità della filologia è compromessa dall’associazione cabalistico-astrologica, che può creare combinazione infinite, quasi a cercare l’essenza della bellezza come in una distillazione e a trasformarla in una architettura pittorica, come furono i dispersi teatri mnemonici del cabalista Giulio Camillo. Ancora nella scienza astrologica la gerarchia delle leggi di interpretazioni del reale non può soffocare l’importanza comunicata all’eccezionale (ed è notevole come sempre più si cercherà nell’arte il miraculum). L’eccezione non conferma impotentemente una regola, ma costituisce di per se legge, regola e forma. Nasce addirittura una scienza, la taumastica, che l’astrologia studia nelle sue varie forme, dalle catastrofi eccezionali, alla nascita di bambini mostruosi a quella di profeti e di anticristi. Astrologia e arte in questo senso si porranno proprio come ricerca e spiegazione del meraviglioso, di ciò che nella sua qualità di tremendum sfugge ad ogni regola umana. L’anarchia metodologica della filosofia magica mostra quindi questa corrispondenza con l’arte del tempo, soprattutto per la trasformazione di quest’ultima in scienza, che utilizza per perseguire le sue verità i più disparati sistemi.

E ancora parrebbe che la trasformazione dell’artista da tecnico a scienziato, debba passare attraverso quella forma di sapienza che sa dominare le stelle .

Non solo ma anche l’astrologia riconosce in se stessa i significati dell’arte e della poesia; quasi ispirandosi al pensiero espresso da Avveroè nella Poetica, per cui il linguaggio della religione è simile a quello della poesia. L’astrologia in quanto espressione di una religiosità magica, di un paganesimo rinato, non si sottrae nel Rinascimento ad una trasfigurazione poetica. Già Agrippa, nella Declamatio de incertitudine et vanitate scientiarum atque artium riconoscerà, anche se in una chiave pessimistica, la poeticità presente nella divinazione. 

Così pure l’opera sullo zodiaco, Zodiacus Vitae, edito tra 1534-37, di Marcello Palingenio Stellato, opera la trasfigurazione dell’astrologia nella poesia .  Questa idea è però già anticipata dal poeta astrologo Lorenzo Buonincontri e da un componimento come l’Urania di Gioviano Pontano. In conclusione possiamo quindi dire che nel Rinascimento le scienze ermetiche, sostanziate dalla filosofia neoplatonica e pitagorica, aiutano a riscattare definitivamente la figura dell’artista, conferendogli tra l’altro uno status filosofico privilegiato (e va aggiunto che questo processo durerà attraverso i secoli tra alti e bassi, fino ad alcune delle figure chiave delle Avanguardie storiche). 

L’arte rappresenta una forma di perfezionamento della natura, che perpetua il processo di realizzazione attraverso il piano creativo di un contatto tra umanità e divinità, tra le stelle che regolano le leggi della natura, e l’uomo.

 

Ferrara, Palazzo Schifanoia, Salone dei Mesi (Agosto)

 

 

Si parte dall’idea vitruviana dell’arte capace di rendere più perfette le cose, che in natura si danno in un modo incompleto. Ma ancora si pensa a Platone, il quale comunque esaltava la funzione dell’arte, quando questa è in grado di esprimere simbolicamente e sinteticamente le conoscenze umane più elevante o quando, divenendo profetica, fonde mirabilmente l’umano e il divino, producendo soprattutto in questa ultima formula una stretta connessione con la divinazione e il soprannaturale.

La stessa concezione di armonia si impregna via via di valori astrologici ed ermetici. A riguardo è interessante l’interpretazione, che ne dà Giulio Camillo, ricorrendo alle statue viventi realizzate dagli antichi egizi descritte nell’Asclepius. Ciò era possibile infondendo nei corpi delle statue gli influssi stellari attraverso l’uso di proporzioni perfette; creare una statua secondo la legge della proporzione basata sull’armonia cosmica era un modo per ottenere un unità miracolosa tra microcosmo e macrocosmo, tra il mondo delle stelle e l’umano. Tema questo che parrebbe concretizzarsi nel gesto di Michelangelo di incitare il suo Mosè a muoversi.

Ma i sogni fallaci dell’astrologia e le molteplici suggestioni artistiche dovevano finire definitivamente compressi tra le rigidità della Controriforma e la ben più concreta metodologia galileiana, eventi strettamente collegati da una loro condivisa vocazione per l’esclusivismo dogmatico. L’uomo non rappresenta più i suoi simboli, ma tenta un interpretazione univoca del reale, scinde definitivamente il mondo psicologico da quello noumenico, la soggettività dalla oggettività creando così la fortuna e la crisi della civiltà moderna.

 

 

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