SENTENZA

 

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SENT. n°445/03

R.G. n°1200/2002/A

CRON. n°3322/03

REP. n° _____

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL GIUDICE DI PACE DI ANCONA

 

nella persona della dott.ssa Anna Salice, ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

Nella causa civile iscritta al n. 1200/A del Ruolo Generale dell’anno 2002 promossa

DA

AMAGLIANI MAURIZIO, residente in Falconara Marittima, rappresentato e difeso dall’avv. Stefano Cristiani ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Ancona, via Menicucci 1, giusta delega a margine dell’atto di citazione;

ATTORE

CONTRO

C.A.M. S.p.A., in persona del legale rappresentante Gianni Marescia, con sede in Falconara Marittima, rappresentata e difesa dall’avv. Gianrico Prencipe ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Falconara Marittima – piazza Mazzini n.5, giusta delega in calce all’atto di citazione passivo;

CONVENUTA

OGGETTO : pagamento somma

CONCLUSIONI

Per l’ATTORE: accertato che la C.A.M. SpA applica l’aliquota IVA al 20% alle fatture di gas metano per usi domestici nei periodii in cui è vietata l’accensione degli impianti di riscaldamento, condannare la C.A.M. SpA a rimborsare al sig. Amagliani le somme indebitamente percepite per effetto dell’indifferenziata applicazione dell’aliquota IVA al 20% nella misura di euro 1000,00 o nella diversa misura che sarà ritenuta in via equitativa e di giustizia, con interessi e rivalutazione monetaria dalla domanda al saldo.

Per la CONVENUTA: respinge la domanda attrice perché infondata in fatto e in diritto, con vittoria di spese, diritti ed onorari.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione, notificato per l’udienza del 18 novembre 2002, il soprascritto attore, nella sua veste di utente di utilizzatore di gas per usi domestici e riscaldamento per la civile abitazione di sua proprietà in Falconara, conviene in giudizio la C.A.M. SpA, quale fornitrice del predetto gas, per ottenere la condanna al rimborso delle somme, a suo dire indebitamente percepito per l’applicazione indifferenziata dell’IVA al 20% anche nei periodi in cui gli impianti di riscaldamento sono tenuti spenti per disposizione di legge od ordinanza sindacale. Tale imposizione di IVA all’utente finale non tiene conte che il DPR 633.972 – tabella A – parte terza, punto 127 bis prevede l’aliquota agevolata del 10% per le somministrazioni di gas usato come combustibile per la cottura dei cibi e la produzione di acqua calda.

Alla prima udienza del 20 novembre 2002, così inviata d’ufficio dal 18 novembre in conformità del calendario di udienza del presente giudice, si costituisca la C.A.M. SpA respingendo in toto le richiesta dell’Amagliani in quanto, in caso di fornitura mista di gas da utilizzare sia per riscaldamento che per cottura dei cibi e acqua calda, non è possibile distinguere i due utilizzi e quindi si applica l’imposta prevista per l’aliquota ordinaria del 20%. Né la normativa fiscale vigente consente una diversa operatività. Su richiesta dell’attore di esame della comparsa di costituzione e risposta e per eventuali repliche, la causa veniva rinviata al 13 dicembre 2002. Quivi le parti riportavano alle proprie posizioni e in assenza di istanze istruttorie, il Giudice fissava l’udienza del 12 febbraio 2003 per la discussione e la precisazione delle conclusioni e autorizzava le parti al deposito di memorie conclusionali. Quindi in causa veniva trattenuta a decisione. Successivamente, con ordinanza emessa fuori udienza, il Giudice di Pace rimetteva in istruttoria la causa, per poi trattenerla definitivamente a sentenza all’udienza del 7 maggio 2003. 

MOTIVI DELLA DECISIONE

La norma che interessa questa causa, nella sua stringatezza, ha dato luogo ad interpretazioni che vanno in un senso o nell’altro.

E’ pacifico che tra C.A.M. SpA e Amagliani Maurizio intercorre un contratto di somministrazione di gas, la cui quantità viene erogata a “richiesta” del somministrato.

Nell’addebitare il costo della fornitura, la somministrante deve anche addebitare gli oneri fiscali, tra cui c’è l’aliquota IVA.

Il D.P.R. n.633/1972, all’art.16, prevede che l’aliquota IVA ordinaria vigente è quella del 20%. Nell’allegato A) del citato D.P.R. vi è, inoltre, un elenco tassativo di operazioni che possono usufruire di una aliquota IVA ridotta. In particolare – nella parte III : “beni e servizi soggetti all’aliquota del 10%” – il punto 127 bis prevede che tale agevolazione sia applicata alla “somministrazione di gas metano usato come combustibile per usi domestici di cottura cibi e per produzione di acqua calda di cui alla tariffa T1, prevista dal provvedimento del Comitato Interministeriale dei Prezzi (CIP) n.37 del 16 giugno 1986.

Tale provvedimento C.I.P. ha introdotto aliquote differenziate a seconda dell’uso che di tale gas metano ne viene fatto dall’utente. E precisamente, “per usi domestici di cottura dei cibi e per produzione di acqua calda” è prevista la tariffa T1 con IVA al 10%, mentre “per consumi di riscaldamento individuale” è in vigore la tariffa T2 con IVA al 20%.

Il problema sorge quando c’è un uso promiscuo nell’utilizzo del gas. In questo caso, cioè quando non sia possibile distinguere la parte combustibile impiegata per cottura cibi e acqua calda da quella utilizzata per riscaldamento, l’imposta si rende applicabile con l’aliquota ordinaria del 20%.

Normalmente gli utenti fanno un unico contratto di somministrazione per i due tipi di utilizzazione e la posizione della C.A.M. Spa ricalca quella sostenuta dal fisco, ribadita recentemente con la risoluzione n.97/E del 29 aprile 2003. Quest’ultimo sostiene che il gas metano per uso domestico fruisce dell’aliquota IVA ridotta soltanto se viene utilizzato esclusivamente per cucinare e produrre acqua calda. Quando, invece, il gas metano erogato viene impiegato per far funzionare anche il riscaldamento, non ci sono i presupposti per l’applicazione della norma agevolativa e l’imposta raddoppia, che poi non è altro che quella ordinaria del 20%. E tale criterio viene applicato ogni qualvolta c’è un uso promiscuo del combustibile, perché non è possibile determinare in modo certo ed oggettivo la quota di gas metano che viene destinata ad altri obiettivi, e ciò data la mancanza di impianti separati e conseguentemente di distinti contatori.

In poche parole , la C.A.M. SpA, è ossequiosa alle circolari e direttive ministeriali che ritengono che una distinzione dei due tipi di utilizzazione sia possibile solo quando ci sono distinti contatori. E Maurizio Amagliani non dispone di due contatori, pertanto l’IVA è una sola, quella del 20%.

Questo è un criterio, ma non l’unico.

Se è vero che la normativa non ha dato alle aziende come la C.A.M. SpA specificazioni operative, la convenuta ha comunque elementi sufficienti per operare la distinzione dell’uso del gas metano, con conseguente applicazione della relativa differenziata IVA, così come richiede parte attrice.

Tali elementi che hanno i requisiti di pluralità, univocità e concordanza, sono in grado di costituire un valido e logico criterio alternativo. Essi sono il DPR 26 agosto 1993, n.412, e la lettura del contatore.

1) in base al DPR n.412 del 26 agosto 1993, che ha stabilito il periodo di funzionamento degli impianti di riscaldamento, il territorio italiano è stato suddiviso in sei tipi di zone a seconda del clima. Ogni zona indica in quale periodo e per quante ore è possibile accendere il riscaldamento negli edifici. I sindaci dei Comuni possono ampliare, a fronte di comprovate esigenze (ad esempio particolari situazioni climatiche), i periodi annuali di esercizio e la durata giornaliera di accensione dei riscaldamenti.

La tabella A, allegata al predetto DPR, elenca le sei zone climatiche e tutti i Comuni d’Itali. Per ogni Comune è indicato la zona di pertinenza, e, per quel che concerne la presente causa, il Comune di Falconara Marittima è stato inserito nella zona climatica “D”, che prevede che il periodo di accensione vada dal 1° novembre al 15 aprile per un orario massimo consentito di 12 ore giornaliere.

Falconara Marittima, come precisa la predetta tabella A, è situata ad una altezza di 5 metri sul livello del mare, e quindi si trova in una zona dove difficilmente si possono verificare situazioni di emergenza tali da indurre il Sindaco del Comune ad ampliare il periodo di accensione del riscaldamento.

Questa osservazione viene messa in rilievo per rimarcare la circostanza che nel periodo dal 16 aprile al 31 ottobre il gas metano è (o quanto meno dovrebbe essere) utilizzato esclusivamente per uso cottura e produzione acqua calda.

2) la lettura del contatore di Maurizio Amagliani da indicazioni che confermano che egli è rispettoso delle disposizioni di legge di cui al DPR n.412/1993. Questo giudice, esaminando le ricevute dei pagamenti effettuati dall’Amagliani nel periodo dal gennaio 1993 al 2002, ha notato che sino a tutto il 2000 la lettura del contatore veniva effettuata con cadenza bimestrale in coincidenza con l’emissione delle fatture di riferimento. A partire dal 2001, invece, la lettura dei contatori è soltanto semestrale, a fine dicembre e a fine giugno.

Dal controllo dei consumi effettuato bimestralmente negli anni 1993-2000 e di cui entrambe le parti di causa hanno depositato prospetto riepilogativo, si nota che il consumo del gas metano nei mesi che vanno da maggio ad ottobre è costantemente sotto i 100 metri cubi a bimestre mentre nei restanti mesi, che sono quelli più freddi, il consumo si impenna, sempre a bimestre, con valori superiori ai 200 metri cubi che arrivano anche a superare 400 se la stagione è particolarmente rigida. Quindi tra i mesi estivi e quelli invernali c’è una grossa differenza di consumi, tali da far fondatamente presumere che nei mesi estivi il gas metano somministrato non sia stato utilizzato per il riscaldamento.

Trattasi di un fatto tecnico incontestabile, che dal 2001 non è più così esattamente misurabile dato che la CAM SpA ha deciso di rilevare i consumi solo semestralmente. Ma ciò non è un ostacolo per il futuro perché sarebbe sufficiente effettuare il rilevamento dei consumi alla fine dei mesi di aprile e di ottobre, anziché alla fine dei mesi di dicembre e di giugno, coincidendo tali periodi sia con la stagionalità del consumo sia con i tempi di accensione previsti dal DPR 412/1993. Questo giudicante ritiene che, in una situazione di presunzione e di probabilità, nel contemperamento delle esigenze delle parti, sia fattibile ridurre il rilevamento dei consumi al solo periodo 1 maggio - 31 ottobre.

La combinazione di questi due elementi (DPR 412/1993 e lettura contatore) permette, quindi, di avere un criterio che consente di differenziare l’applicazione dell’IVA in base all’effettivo utilizzo.

La presunzione che si può ricavare dalle circostanze tutte qui esposte per arrivare alle conclusioni chieste dall’attore, è ammessa dallo stesso codice civile che consente al giudice, attraverso un ragionamento logico che parte da più fatti noti, risalire al fatto ignoto secondo lo schema della prova indiretta, supportato anche dalla ragionevolezza che è assurdo ritenere che durante il periodo estivo (soprattutto in una cittadina marittima come Falconara Marittima) si usino gli impianti per riscaldarsi, nonché dalla verifica dell’andamento storico delle bollette addebitate all’Amagliani.

Come più volte espresso dalla Suprema Corte, non occorre che i fatti su cui si fonda la presunzione siano tali da far apparire l’esistenza del fatto ignoto come l’unica conseguenza possibile dei fatti accertati in giudizio, essendo sufficiente che il fatto ignoto sia desunto alla stregua di un canone di probabilità, con riferimento ad una connessione di eventi possibile e verosimile secondo un criterio di normalità.

Se l’utente contesta l’importo della bolletta del gas (la quale è un atto unilaterale di natura meramente contabile) il gestore è tenuto a dimostrare la corretta applicazione delle imposte che gravano il consumo. E nell’individuare la tariffa a cui ha diritto l’utente, l’azienda erogatrice non può ripetere l’IVA in base al tipo di contratto di somministrazione stipulato, ma deve accertare l’uso che l’utente fa del gas erogato. Infatti non bisogna perdere di vista le norme fiscali qui sopra richiamate, le quali fanno riferimento all’”uso” e al “consumo” del gas metano, giammai al tipo di fornitura richiesto con la sottoscrizione del contratto di somministrazione.

E tale prova non può trovare giustificazione nel fatto che l’ente impositore ha “interpretato” a proprio favore la norma (mancanza di distinti contatori), quando la stessa norma si presta ad essere interpretata senza alcuna forzatura e secondo logica, anche in senso contrario.

Il gas metano viene fatturato in applicazione delle normative tariffarie e fiscali vigenti, con addebito dei tributi che la legge pone a carico del cliente. E’ solo la legge a porre tale addebito e non una circolare o una risoluzione del Ministero delle Finanze.

Le circolari emesse dai vari uffici tributari non hanno valore di legge, ma solo di suggerimenti per i propri uffici periferici o per rispondere a quesiti ad hoc.

Ovviamente ognuno cerca di portare l’acqua al proprio mulino, ma il consumatore Maurizio Amagliani ha dalla sua parte la concreta prova che durante il periodo estivo, quando è vietato accendere l’impianto di riscaldamento, l’andamento storico delle bollette bimestrali degli anni precedenti confermano che egli ha utilizzato il gas metano fornitogli dalla C.A.M. SpA solo per uso domestico di cottura cibi e per produrre acqua calda. Di conseguenza l’attore ha diritto di vedersi riconosciuta l’applicazione dell’IVA del 10% durante il periodo che va da maggio ad ottobre per gli ultimi 10 anni.

Per determinare l’importo da riconoscere all’attore, considerata l’antieconomicità di una perizia tecnica d’ufficio, che pure le parti hanno ammesso durante le udienze, questo Giudice di Pace ricorre al principio dell’equità.

Non è accoglibile l’osservazione della C.A.M. SpA che questo giudizio non possa essere deciso secondo equità ai sensi del novellato art. 113, comma secondo c.p.c. come modificato dal decreto legge 8 febbraio 2003 n. 18. Infatti la legge di conversione 7 aprile 2003 n. 63, nel confermare all’art. 1 il testo di detto decreto legge, ha introdotto l’art. 1-bis in base al quale “Le disposizioni di cui all’art. 1 si applicano ai giudizi instaurati con citazione notificata dal 10 febbraio 2003”. Poiché la presente causa è iniziata nel nel 2002, la modifica dell’art. 113 c.p.c. non si applica in questo giudizio.

In via equitativa, calcolando una media di “recupero IVA”, per ogni anno, dal 1993 al 2002, di circa 10,00 euro, questo giudicante riconosce la cifra forfetaria globale di euro 100,00.

Questo giudicante è a conoscenza che la Corte Costituzionale, con la sua sentenza n. 142 del 6 aprile 1993, ha dichiarato non fondata la illegittimità costituzionale della norma che non prevede che agli utenti di gas metano per riscaldamento, e perciò soggetti alla tariffa T2, debba essere applicata la tariffa T1 nei periodi dell’anno in cui il gas è utilizzato esclusivamente per la cottura dei cibi e la produzione dell’acqua calda. E la Corte ha inteso il regime tariffario e d’imposta essere legato non tanto alle modalità di concreta fruizione del servizio, quanto al tipo di utenza e di impianto, che è unico e permanente, non stagionale.

Si rileva che la questione di illegittimità è stata respinta, soprattutto, nella convinzione che “la variabilità di anno in anno delle condizioni climatiche non consente la predeterminazione, secondo criteri oggettivi di PROBABILITA’, dei periodi di consumo del gas anche per riscaldamento, rispetto a quelli in cui questo tipo di consumo non ha luogo”. Ebbene tutto ciò è stato superato sia dal DPR 412 del 26 agosto 1993, di data successiva a questa sentenza, sia dall’accertamento dei consumi che è stato fatto per l’Amagliani, ogni due mesi, almeno nel periodo che va dal 1993 al 2000. Nel momento in cui si hanno “criteri oggettivi di probabilità” non si vede perché non debba essere applicata la più favorevole tariffa T1 nei periodi dell’anno in cui il gas è utilizzato esclusivamente per la cottura dei cibi e la produzione di acqua calda.

Per quanto concerne la direttiva n. 77/388/CEE, oggetto di interpretazione tra le parti in causa, con specifico richiamo all’art. 11 citato dal Giudice di Pace di Bari nella sua sentenza n.4385 del 2 ottobre 2001, tale norma riguarda la base imponibile sulla quale deve essere calcolata l’imposta sul valore aggiunto. A parere di questo giudicante la domanda attorea ha contestato solo l’entità dell’IVA da applicare sui consumi, senza riferimento alcuno ad altre voci come l’addizionale regionale e l’imposta di consumo.

L’accoglimento della richiesta attrice per l’applicazione dell’aliquota IVA del 10% quando ci sono i presupposti della tariffa T1 non deve fermarsi a questa sentenza, ma, sulla base dei principi esposti in questa sede, la C.A.M. SpA deve attivarsi per adeguare la propria fatturazione all’effettivo uso del gas metano erogato, che questo giudice ritiene equo con l’applicazione dell’IVA al 20% da novembre ad aprile e dell’IVA al 10% da maggio a ottobre.

Le spese di causa seguono la soccombenza e sono determinate come da dispositivo.

In conclusione

P.Q.M.

Il Giudice di Pace di Ancona accoglie la domanda proposta da Amagliani Maurizio e condanna la convenuta C.A.M. SpA a rimborsare all’attore la somma di € 100,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo e a pagare le spese processuali che vengono liquidate in euro 296,59, di cui 7,74 per spese, euro 200,00 per onorari, euro 88,85 per diritti, oltre ad accessori di legge (rimborso 10% + CNAP + IVA).

Così deciso in Ancona, il 20 giugno 2003

Il Giudice di Pace
Dott.ssa Anna Salice

Il Cancelliere
Farinelli Giorgio

Depositato in Cancelleria ai sensi dell’art. 133 c.p.c. oggi 25 giugno 2003

 
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