ARTICOLO

 

Terra Terra

MARINA FORTI

da "il manifesto" del 03 Dicembre 2002
 

Gli stati Usa cambiano clima

Quando ha annunciato che gli Stati uniti ignoreranno il Protocollo di Kyoto sul clima, Washington ha dato una semplicissima motivazione: applicare quel trattato e ridurre le emissioni di gas «di serra» sarebbe un danno per l'economia americana. Con quell'annuncio, nel marzo del 2001, l'amministrazione di George W. Bush ha inaugurato una politica ambientale degna di attila - dalle prospezioni petrolifere nelle riserve naturali (ad esempio in Alaska), fino all'ultima modifica alla Clean Air Act («Legge sull'aria pulita») che permetterà a vecchi impianti industriali e centrali elettriche americane di evitare controlli sulle emissioni e interventi tecnologici per ridurle (terraterra, 24 novembre). Sembra di capire però che i singoli stati Usa prendano la questione con molta più cautela. In particolare per ciò che riguarda il cambiamento del clima: dallo studio compiuto da un centro indipendente di ricerca risulta che almeno 9 stati hanno cominciato a prendere iniziative per promuovere energie rinnovabili e/o tagliare le emissioni di anidride carbonica, senza aspettare decisioni federali.. Lo studio è stato compiuto dal Pew Center on Global Climate Change, e i nove stati sono Georgia, Massachussetts, Minnesota, Nebraska, New Jersey, North Carolina, Oregon, Texas e Wisconsin: stati assai diversi per orientamento politico, oltre che per popolazione e uso dell'energia. Il Texas ad esempio, stato altamente petrolifero (oltre che patria dei Bush), ha cominciato a promuovere le energie rinnovabili e in particolare quella eolica. Ridurre le emissioni di gas di serra non è l'obiettivo esplicito, ma in un certo senso un effetto collaterale della legge energetica statale che include l'obiettivo di produrre il 2,2% dell'elettricità con fonti rinnovabili entro il 2009. E' poca cosa, ma il programma di promozione di eolico e altro ha avuto un tale successo che ora l'amministrazione texana pensa di aver posto una soglia troppo bassa - riferisce l'autore dello studio Barry Rabe, professore di politica ambientale all'Università del Michigan (le sue dichiarazioni sono riportate Environmental News Network). Soprattutto, altri 16 stati hanno approvato legislazioni sul modello di quella texana, con una soglia minima di energia rinnovabile.

Il Wisconsin è andato ben oltre, e con una politica più esplicitamente mirata a contenere le emissioni di gas di serra: già dal 1993 ha istituito un registro obbligatorio di tutti gli impianti che producono grandi quantità di anidride carbonica, in modo che lo stato abbia una misura precisa delle emissioni di CO2 prodotte dalle singole aziende. Questo servirà nel prossimo futuro a registrare eventuali tagli di queste emissioni, cosa a cui le aziende hanno interesse perché ci guadagneranno «crediti» di emissioni da rivendere sul quel grande mercato virtuale (ma assai redditizio) che sarà il commercio di emissioni, detto anche il mercato dell'aria calda.

Interessante anche il caso del New Jersey: qui nel 1998 l'allora commissario all'ambiente emanò una strategia decennale che stabilisce l'obiettivo di tagliare il totale delle emissioni di gas di serra dello stato del 3,5% rispetto al livello del 1990 enytro il 2005. Questa fu emanata come ordinanza con il pieno appoggio dell'allora governatrice (repubblicana) Christine Todd Whitman, che oggi è a capo dell'ente federale per l'ambiente (Epa) - ovvero è la ministra per l'ambiente di Bush, di cui sembra abbia subìto a denti stretti la decisione di tirarsi fuori da Kyoto.

Secondo l'autore del rapporto ci sono alcuni elementi comuni a queste politiche - più o meno decise ma tutte nel senso di controllare le emissioni di gas di serra. Quello principale è il vantaggio economico: che si tratti di risparmio energetico o di futuro commercio di emissioni, il legame tra politiche del clima e tornaconto finanziario è chiaro. L'altro è che c'è quasi sempre un consenso bi-partisan. Lo studio sottolinea anche i limiti di tutto questo: mancanza di fondi, frammentazione, «patchwork» di misure diverse stato per stato. In definitiva, le iniziative degli stati non sostituiscono una politica coerente nazionale per il clima.

 
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