L'economia
dell'ambiente
Serve una nuova rivoluzione copernicana,
sostiene Lester Brown. Dobbiamo smettere di considerare l'ambiente come
un sottoinsieme dell'economia, e ragionare all'opposto: l'economia è un
sottoinsieme dell'ambiente. «Lo stress nella relazione tra l'economia e
la Terra è evidente: le foreste diminuiscono, i deserti si espandono, la
varietà delle specie scompare, i ghiacci si sciolgono, il clima muta», e
la lista dei segni di allarme potrebbe continuare all'infinito. E'
necessario ripensare l'economia in termini compatibili con i sistemi
naturali. E di questo Brown ragiona nel suo ultimo libro, Eco-economy.
Una nuova economia per la Terra (pubblicato in Italia da Editori
Riuniti, aprile 2002), che ieri ha presentato a Roma insieme al
direttore del Wwf Italia, Gianfranco Bologna. Per il fondatore del
WorldWatch Institute di Washington il movimento ambientalista deve darsi
una «visione», nel senso che questo termine ha nella lingua inglese:
guardare a lungo termine, «definire cosa pensiamo che sia un'economia
ambientale». Proprio quanto Brown continua a fare da quando un paio
d'anni fa ha lasciato la presidenza del WorldWatch per fondare il Earth
Policy Institute, che pubblica regolarmente piccoli saggi (Alerts)
sullo sviluppo sostenibile. La base del ragionamento ha la forza delle
cose lampanti: «L'economia dell'usa-e-getta basata sui combustibili
fossili a buon mercato non può funzionare». Serve un altro modello. E il
punto, sostiene Lester Brown, è che una nuova economia «eco-compatibile»
esiste già. Prendiamo l'energia:
da tempo il fondatore del Earth Policy Institute ripete che l'epoca
delle fonti rinnovabili è già cominciata. L'energia eolica è cresciuta
del 23% nell'anno scorso, oggi i 23mila MW di capacità installata
bastano al fabbisogno di 22 milioni di persone. «L'energia eolica cresce
per quattro motivi: è una fonte abbondante, inesauribile, economica e
pulita». Il costo di un chilowattora prodotto dal vento è crollato da 38
centesimi di dollaro quindici anni fa a 4 cents nel 2001, e continua a
scendere tanto più migliorano le tecnologie. A Washington ormai si è
formata una lobby di agricoltori favorevole all'energia eolica, accanto
alla lobby ambientale: i farmers guadagnano di più a usare i
terreni per produrre energia a vento che a coltivarli o pascolarci il
bestiame. L'eolico insomma è ormai competitivo con le fonti
tradizionali. «Con l'energia eolica a buon mercato avremo l'opzione di
produrre idrogeno dall'acqua»: con l'idrogeno la rivoluzione energetica
sarà completa, perché è la più pulita che si possa immaginare - ed è
immagazzinabile. «Il progresso nelle due tecnologie di punta, le turbine
a vento e le celle a idrogeno, sarà la base di una rivoluzione
economica», prevede Brown: e cita le aziende petrolifere e
automobilistiche che investono nelle celle a combustibile, Honda e
Chrysler che metteranno sul mercato l'anno prossimo le prime auto a
idrogeno... Brown, da pragmatico quale è, afferma la sua fiducia nel
«lato competitivo» dell'industria, che investe per trovarsi in vantaggio
sulle nuove tecnologie. Certo, l'abbandono del petrolio e dei vecchi
combustibili fossili non sarà cosa di pochi anni. «Ci vorranno forse
decenni. A meno che la competizione acceleri l'innovazione tecnologica.
E se il cambiamento del clima incalza, i governi saranno spinti a
mettere incentivi per passare all'energia
pulita».
Incentivi?
Già, «per costruire un'economia ecologica è necessario ristrutturare i
sistemi fiscali», afferma Brown, in modo che tutti i costi - anche
quelli ecologici - siano incorporati nei calcoli economici. Non è il
primo, Brown, a parlare di incentivi e tassazione ecologici, e di «esternalità»
da riportare nel calcolo dei costi. Lui la mette in questi termini:
«bisogna che il mercato dica la verità ecologica». Il suo libro vuole
dimostrare, con dati e conti, come tutto questo sia non solo necessario
ma già praticabile, possibile.
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