Davvero l'Agip vuole entrare nel "Progetto
Ciad Camerun"? La notizia è circolata il mese scorso, e ha spinto
un'ottantina di associazioni e organizzazioni non governative italiane
(coordinate dalla "Campagna per la riforma della Banca Mondiale") a
chiedere spiegazioni. Temono che l'azienda petrolifera nazionale vada a
mettersi in un nuovo "caso Nigeria" - dove il petrolio ha portato
distruzione ambientale e violenza contro le popolazioni locali. Il
"Progetto Ciad-Camerun" è tra le più controverse imprese petrolifere
messe in cantiere con il sostegno della Banca mondiale. Prevede la
perforazione di 300 pozzi di petrolio nella regione meridionale del
Ciad, paese poverissimo dell'Africa saheliana, mai davvero uscito da
decenni di guerre civili post-coloniali. Un oleodotto lungo circa 1.100
chilometri trasferirà il greggio, attraverso tutto il Camerun, fino alla
costa. Il progetto è condotto dal consorzio Exxon-Elf Aquitaine-Shell;
il costo si attesta ora sui 3,5 miliardi di dollari. La Banca mondiale
lo finanzia in nome della "lotta alla povertà". Di recente però Shell e
Elf Aquitaine si sono parzialmente defilate e Exxon cerca di convincere
nuovi partners che le cose sono ormai in avanzato stato di definizione,
che non ci sono particolari problemi tecnici e neppure politico-sociali.
Ma ciò è falso, ed è per questo che le
associazioni italiane hanno indirizzato una lettera al presidente
dell'Eni, Gian Maria Gros-Pietro (e ai ministri degli esteri e del
tesoro, oltre che al direttore esecutivo italiano presso la Banca
Mondiale Franco Passacantando). Fanno presente che nel 1998 e nel '99 si
sono tenute in Ciad due riunioni di "concertazione nazionale"; l'ultima
ha chiesto la moratoria di due anni del finanziamento del progetto
petrolifero, per garantire nel frattempo che i proventi siano
reinvestiti in programmi di lotta alla povertà e sviluppo sociale nella
regione, e che gli impatti ambientali e sociali siano davvero mitigati.
Al momento, in barba alla "lotta alla povertà", non c'è alcuna garanzia
che la ricchezza petrolifera andrà a beneficio delle popolazioni. Non
esiste un piano efficace di risposta alle fuoriuscite di petrolio che
accompagnano sempre l'attività estrattiva. L'inquinamento delle falde
acquifere - dove l'acqua per irrigazione è già scarsa - rischia di
compromettere le attività economiche tradizionali, l'agricoltura e la
pesca nel lago Ciad, senza vera contropartita per chi perderà le sue
fonti di sussistenza. La Exxon ha cominciato gli espropri di terre,
spesso in natura o per compensi risibili, creando già conflitti interni.
L'anno scorso un parlamentare locale è stato arrestato per aver
criticato il progetto. Insomma, le premesse ci sono tutte perché il
Ciad-Camerun diventi un nuovo caso Nigeria. L'Italia, con l'Agip, sarà
tra i responsabili? |