RASSEGNA STAMPA 13.11.2004

 

MESSAGGERO
L’Api: «Rogo per un furto di benzina»

La difesa: «Ci fu un vuoto di carburante, il riflusso fece saltare la tubatura». La tragedia del 25 agosto . Parlano in Tribunale Saronne e Bellucci, il 28 gennaio la sentenza

FALCONARA C’è un solo modo per spiegare il rogo che il 25 agosto 1999 provocò, all’Api, la morte degli operai Mario Gandolfi ed Ettore Giulian, secondo la direzione dello stabilimento petrolchimico. Un furto di benzina che avrebbe provocato un vuoto di carburante lungo la conduttura, scoppiata in corrispondenza della ormai famigerata valvola 279. Quando il sistema idraulico fu riattivato dall’azienda per trasportare il combustibile ai serbatoi, il contraccolpo del riflusso del liquido sarebbe stato così violento da far collassare il meccanismo. Ecco spiegata la fuoriuscita di benzina nebulizzata, incendiatasi poi forse per colpa di una banalissima scintilla. I due operai, poveretti, assolutamente estranei alla presunta sottrazione del carburante, si sarebbero accorti dell’anomalia del sistema e avrebbero tentato di riportare la situazione alla normalità, rimanendo invece coinvolti nell’esplosione. La teoria difensiva dell’Api è stata esposta ieri davanti al Tribunale di Ancona dall’allora direttore dello stabilimento Giovanni Saronne e dal vice (oggi numero uno della raffineria) Franco Bellucci, imputati insieme ad altri cinque dipendenti del petrolchimico. Un processo ormai alle ultime battute: il prossimo 14 gennaio il Pm Cristina Tedeschini presenterà le sue richieste, il 24 e il 27 gennaio udienze riservate alle arringhe delle difese, il 28 gennaio la sentenza. Durante gli interrogatori di ieri i dirigenti sotto processo hanno voluto sottolineare il grande impegno sul fronte della sicurezza. Nel ’99 la Raffineria spendeva 30 miliardi di vecchie lire, cioè il 30% dei costi di gestione, per la manutenzione degli impianti. «Questo per garantire i lavoratori - ha detto Franco Bellucci - ma anche perchè ogni incidente provoca un danno di produzione devastante per l’impianto, che va in ogni modo prevenuto». Bellucci ha ribadito inoltre che all’interno della raffineria venivano utilizzate strumentazioni all’ avanguardia, e che non esisteva alcuna prassi tale per cui le valvole, poi interessate dall' incendio, venivano tenute in posizione irregolare. Rispondendo a domanda sulle probabili cause dell' incidente, l’attuale direttore del petrolchimico ha rilevato che in quel momento c' era «un assetto anomalo delle tubazioni». Secondo Bellucci «lo choc che ha prodotto il collasso della pompa» si è determinato quando la benzina è affluita in un tratto della tubazione che avrebbe dovuto essere pieno di carburante e invece era «vuoto». Perché era vuoto? «L’unica spiegazione - ha detto Bellucci - è l' asportazione fraudolenta di carburante». Il tribunale ha ascoltato anche le dichiarazioni dell' imputato Bonvissuto, il quale ha letto una memoria di due pagine. Premettendo di aver sempre operato «con la massima scrupolosità», l’operaio ha detto che «la valvola 279 era chiusa» quando lui passò a controllarla prima che scoppiasse il rogo. G.Sg.

 
CORRIERE ADRIATICO
Sentenza a gennaio per il rogo all’Api

L’ex direttore Giovanni Saronne “La sicurezza di un impianto è fonte di produttività” Torna l’ipotesi del furto di benzina come possibile causa del guasto Intanto gli imputati respingono le accuse

di LORENZO SCONOCCHINI

Ultima tappa, prima della sfida finale tra avvocati e pm che a fine gennaio, il 28, porterà al primo verdetto sulle responsabilità del tragico rogo all’Api dell’agosto ’99, costato la vita al capoturno Ettore Giulian e al capofabbrica Mario Gandolfi. Prima di cominciare con requisitorie e arringhe (aprirà la discussione il pm Tedeschini il 14 gennaio) ieri è stato sentito l’ultimo teste, l’attuale vicedirettore Cleri, e poi c’è stato l’esame degli imputati di omicidio colposo e incendio colposo. A giudizio ci sono sei dirigenti, tecnici e operai dell’Api: l’ex direttore della raffineria Giovanni Saronne, quello attuale Franco Bellucci, il capo servizio manutenzione Sergio Brunelli, il responsabile manutenzione off-site Claudio Conti, gli operai Gaetano Bonvissuto e Pierfrancesco Carletti. Saronne, rispondendo all’avvocato Giacomo Vettori, ha cercato di smontare le accuse del pm, secondo cui come numero uno della raffineria falconarese non avrebbe fatto tutto il possibile - tra formazione del personale, investimenti in sicurezza e manutenzione - per scongiurare i rischi di incidente. Con più attenzione a questi fattori, per la procura, non ci sarebbe stata la fuoriuscita di benzina verde, causata prima da un anomalo afflusso di carburante verso una condotta di riserva, per una valvola rimasta aperta, e poi dalla rottura di una pompa. “La formazione - ha ribattuto Saronne - era accuratissima sin dalla selezione, con una ditta specializzata che ci aiutava a valutare l’attitudine a svolgere un lavoro comunque a rischio. E le strumentazioni dell’impianto erano già all’avanguardia, l’Api ha introdotto per prima l’informatizzazione dei controlli, a cui è sempre affiancato un riscontro visivo. D’altra parte la sicurezza di un impianto è fonte di produttività, significa prevenire grossi guai per le persone e anche per l’azienda”. E la manutenzione? “Su un budget di cento miliardi - ha spiegato un altro imputato, l’ingegner Franco Bellucci -, trenta erano destinati proprio alla manutenzione”. Quanto alle possibili cause dell’incidente secondo Bellucci “lo choc che ha prodotto il collasso della pompa” si è determinato quando la benzina è affluita in un tratto della tubazione che avrebbe dovuto essere pieno di carburante e invece era “vuoto”. Perché vuoto? “L' unica spiegazione - ha detto Bellucci - è l’asportazione fraudolenta di carburante”. Un furto, dunque, come s’era già detto più volte durante il processo. Senza sospettare però delle due vittime, come ha voluto precisare Saronne: “Loro accorsero per fronteggiare l’emergenza”.

 
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