RASSEGNA STAMPA 17.10.2004

 

MESSAGGERO
«Via i sigilli o all’Api sarà stato di crisi»

I vertici della raffineria: «Con l’attività paralizzata è una conseguenza inevitabile» La Uil: «La magistratura faccia presto». Cleri: «La sicurezza è a livelli d’avanguardia». I comitati tornano all’attacco

di LETIZIA LARICI

FALCONARA -La raffineria rischia la paralisi e i vertici Api annunciano ai sindacati l'intenzione di mettere in libertà una parte dei 450 dipendenti se la magistratura non darà il via libera al dissequestro degli impianti, disposto dopo gli incendi dell'8 settembre e di giovedì scorso. Tra le possibili conseguenze anche la cassaintegrazione, come riferito al Messaggero dal segretario Uilcem Uil Andrea Firdelmondo dopo l'incontro con la direzione. Il vicedirettore della raffineria Vincenzo Cleri non entra nel merito dei provvedimenti a cui l'azienda potrebbe ricorrere, ma parla di difficoltà di mantenere inalterato l'attuale staff lavorativo se i sigilli non verranno tolti. «Non voglio entrare in polemica con la magistratura, nella quale ripongo piena fiducia - spiega - ma è ovvio che se non riusciamo a rientrare nella disponibilità degli impianti si va verso il blocco della produzione. La giustizia deve fare il suo corso, noi chiediamo solo il dissequestro degli impianti per riprendere a lavorare. Altrimenti lo stato di crisi sarà inevitabile». Stesso appello da parte di Fiordelmondo che «nel rispetto delle indagini» esorta la magistratura «a esplorare ogni percorso possibile perché gli accertamenti si svolgano in tempi brevi, evitando ripercussioni sull'occupazione». L'impianto di distillazione Vacuum 1 andato a fuoco giovedì era sotto sequestro dalla tragedia dell'8 settembre, ma con diritto d'uso. Dopo l'ultimo incidente però la concessione è stata definitivamente revocata. Provvedimento che si aggiunge al sequestro (disposto sempre l'8 settembre) della linea di raffinazione Vis Breaking. Due impianti fondamentali per la produzione, che alimentano anche la turbina Igcc, l cui funzionamento sembra stia per venire compromesso. La centrale di coogenerazione elettrica che fornisce il 30% di energia alla regione è infatti, per ora, alimentata tramite stoccaggio, ma nel giro di dieci giorni le scorte potrebbero esaurirsi. E allora sarebbe blocco totale. «Tra impianti fermi per manutenzione e quelli sigillati l'attività della raffineria è praticamente paralizzata - prosegue il vicedirettore. Paralisi temporanea che potrebbe diventare definitiva se la magistratura decidesse di non procedere al dissequestro». «Da alcune indiscrezioni - dice Fiordelmondo - era parso che la perizia dell'area bitumi fosse in dirittura d'arrivo, ma l'incidente di giovedì ha rimesso tutto in discussione». Un principio di incendio sviluppatosi all'interno del Vacuum 1 circoscritto e spento in 25 minuti senza conseguenze sulle persone. «Circostanza - osserva Cleri - che dimostra l'avanguardia dei nostri livelli di sicurezza». Quanto ai tragici episodi degli ultimi anni puntualizza: «Siamo un'azienda a rischio d'incidente rilevante, in questo contesto operiamo con misure di prevenzione e dispositivi che consentono una riduzione del pericolo. Ma un suo annullamento è pressoché impossibile». Non la pensano così i comitati cittadini che, nel ricordare una dichiarazione di D'Acunto, prefetto di Ancona all'epoca del rogo del '99 («occorre ipotizzare procedure che riducano quasi a zero i margini di valutazione discrezionale da parte della raffineria»), parlano di «paura della cittadinanza di fronte a tutti questi incidenti. Il timore è quello di farsi fuorviare dalle parole fumose della dirigenza Api, delle autorità e degli amministratori».

LE INDAGINI

FALCONARA I pm Irene Bilotta e Cristina Tedeschini hanno nominato un consulente tecnico per accertare le cause dell' incendio scoppiato giovedì sera nell' impianto Vacuum I della raffineria Api, che distilla fondo di greggio per produrre gasolio, oltre a ricavare combustibile per alimentare la turbina della centrale di cogenerazione Igcc e la produzione bitumi. La procura ha aperto un fascicolo per incendio colposo. Per ora le ipotesi su cui i magistrati stanno lavorando sono un errore di manovra o un piccolo cedimento strutturale. L' incidente si è verificato alle 20.35, secondo quanto hanno riferito l' amministratore delegato del petrolchimico Franco Brunetti e il vice direttore Vincenzo Cleri, durante le operazioni di lavaggio dei filtri con gasolio. In pratica, secondo l' azienda sarebbe stato un cedimento dell' accoppiamento di flangia (cioè una giuntura che unisce l' impianto di selezione del greggio alle tubazioni sottostanti) a provocare l' uscita di gasolio nebulizzato ad alta temperatura che poi si sarebbe autoinnescato a contatto con l' aria.

 
CORRIERE ADRIATICO
Brunetti: “Troppe tensioni”

I comitati replicano: “Questione di manutenzione e affidabilità”

Il problema l’aveva sollevato l’amministratore delegato Brunetti già l’altro ieri, dodici ore dopo l’incendio, guidando i giornalisti in visita alla raffineria. Badando a non stuzzicare polemiche con la procura, il dirigente dell’Api aveva fatto notare che “il blocco degli impianti dovuto ai sequestro crea problemi”, tanto che l’azienda “ne sta ancora valutando le conseguenze”. Se è giusta e necessaria “l’attenzione a tutto ciò che avviene nella raffineria”, faceva notare l’amministratore delegato, è anche vero che dagli ultimi episodi sono scaturite invece “molte tensioni all’interno e all’esterno dello stabilimento, che non aiutano” l’attività dell’ azienda. “Saranno la tensione esterna e le strumentalizzazioni - gli replicano i comitati cittadini - o piuttosto una questione di manutenzione degli impianti e di affidabilità della dirigenza Api?”. I comitati tengono il conto delle emergenze nell’impianto petrolchimico. Tre incidenti da gennaio a oggi (uno con un morto e tre feriti), cinque sversamenti in mare di prodotti petroliferi tra il marzo 2003 e lo scorso maggio, un incidente con gravi ustioni nella nuova centrale a novembre 2001. Sarebbero la dimostrazione, secondo i comitati, che anche dopo la tragedia del 25 agosto 1999, quando due operai morirono in un rogo spaventoso, l’ azienda non saputo garantire “livelli più adeguati di sicurezza”. I comitati sollevano anche il problema della mancanza di “una linea telefonica dedicata per le emergenze che colleghi Raffineria e Comune di Falconara”, il quale anche giovedì scorso, a detta dei comitati ma con la smentita dell’azienda, sarebbe stato avvertito in ritardo. Venerdì in azienda Brunetti aveva smentito, mostrando i tabulati telefonici di giovedì sera. “L' allerta al Comune di Falconara? La telefonata all’ Ufficio ambiente è stata fatta alle 21,04 ma non c' è stata risposta, e quindi alle 21,09 abbiamo chiamato al cellulare il sindaco Giancarlo Carletti che forse è arrivato in raffineria prima di me...”.

I pm nominano un perito

Bloccati i due sistemi di produzione che con i loro residui alimentano l’Igcc Le scorte bastano solo per due settimane poi scatteranno le riduzioni di personale Due ipotesi sull’incendio: errore di manovra o cedimento

Se l’Api e i sindacati vogliono chiedono accertamenti urgenti per non bloccare troppo a lungo gli impianti, la procura non tergiversa bruciando le tappe dell’inchiesta. I pm Irene Bilotta e Cristina Tedeschini hanno nominato un consulente tecnico per accertare le cause dell’incendio di giovedì sera nell’impianto “Vacuum I” della raffineria Api, che distilla fondo di greggio per produrre gasolio, oltre a ricavare combustibile per alimentare la turbina della centrale di cogenerazione Igcc. La procura ha aperto un fascicolo per incendio colposo. Per ora le ipotesi su cui i magistrati stanno lavorando sono un errore di manovra o un piccolo cedimento strutturale. L’incidente si è verificato alle 20 e 35, secondo quanto hanno riferito giovedì l’amministratore delegato del petrolchimico Franco Brunetti e il vice direttore Vincenzo Cleri, durante le operazioni di lavaggio dei filtri con gasolio. In pratica, secondo l’azienda sarebbe stato un cedimento dell’accoppiamento di flangia (cioè una giuntura che unisce l’impianto di selezione del greggio alle tubazioni sottostanti) a provocare l’uscita di gasolio nebulizzato ad lta temperatura che poi si sarebbe autoinnescato a contatto con l’aria. La necessità di un accertamento tecnico ha imposto un nuovo sequestro dell’impianto “Vacuum I”, che era stato già compreso in un primo momento nell’area bitumi “sigillata” dalla procura dopo l’incidente dell’8 settembre. Poi però, su richiesta dell’azienda, era stato concesso dai pm l’uso dell’impianto proprio per non bloccare il rifornimento della centrale.

 
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