RASSEGNA STAMPA 09.10.2004

 

MESSAGGERO
Riconversione Api, scatta lo studio

Amagliani: «Raffineria incompatibile, cerchiamo alternative per salvaguardare i lavoratori». Il sindaco Carletti: «Serve una campagna straordinaria di controllo dello stato dell’inquinamento»

di M.Petr. e M.Cat.

L’intesa c’è, lo studio per la riconversione dell'Api può partire. E lo farà «in tempi brevissimi» ribadisce l'assessore regionale all’ambiente Amagliani, che ha convocato l'incontro con Patrizia Casagrande, assessore all'ambiente della Provincia, gli assessori Api e Scortichini del Comune di Falconara ed i rispettivi tecnici, per concordare «obiettivi generali, impostazione e modalità dello studio». Studio che partirà dai “paletti” indicati da Regione, Provincia e Comune. Innanzitutto viene confermata «l'incompatibilità degli attuali assetti della raffineria con il territorio circostante, con le strategie di sviluppo e di organizzazione del territorio previste dagli strumenti della programmazione regionale, provinciale e comunale». Studio che dovrà mettere «al centro dello scenario da costruire il mantenimento della coesione sociale, dell'occupazione e del lavoro qualificato nell'area». E per questo «si cercheranno indirizzi di riconversione produttiva ed economica che valorizzino una delle aree strategiche per l'intera regione dopo i necessari interventi di bonifica e risanamento ambientale. Non verranno trascurati scenari sostenibili di valorizzazione energetica coerenti con le opzioni strategiche assunte dalla Regione nel piano energetico ambientale». Lo studio sarà affidato a «un gruppo di esperti di forte profilo professionale e di alto livello di esperienza in materia di strategie dello sviluppo locale e di riconversione economico-industriale di aziende e di aree centrali nei contesti regionali». Il percorso intrapreso «se supportato da una forte unità politica e di intenti - aggiunge Carletti, sindaco di Falconara - non potrà che portare a risultati positivi per tutto il territorio e i soggetti che vi operano. E’ fondamentale consegnare agli studiosi gli input politici e tecnici in grado di sostenere ed indirizzare il lavoro di ricerca. Primo fra tutti la necessità di prefigurare una credibile riconversione dell’impianto in attività alternative che tengano conto delle esigenze sociali, economici, ambientali e territoriale, coerentemente con gli atti di programmazione e pianificazione nonché le scelte di sviluppo urbanistico locale e gli accordi istituzionali intrapresi. Il secondo obiettivo è di arrivare a una campagna straordinaria di controllo dello stato di inquinamento del suolo, aria e acqua nonché del sistema manutentivo dell’impianto per assoggettare l’azienda a nuovi limiti più rispettosi dell’ambiente e della sicurezza della popolazione e dei lavoratori». Ieri intanto i Verdi, nell’ambito della manifestazione “Un giorno senza Api”, sono tornati a chiedere la revoca della concessione alla raffineria. La protesta si è articolata con presidi davanti a Tribunale, Regione e davanti alla raffineria.

Rogo mortale, serpentina assolta

Primo verdetto dalla simulazione

di GIAMPAOLO MILZI

“Assolta” la serpentina di riscaldamento bitume, restano indagati altri due fattori: l’acqua o un’altra sostanza, infiammabile, filtrata nel serbatoio poi esploso in raffineria l’8 settembre. Attenzione però: non è l’inchiesta della Magistratura, ma di quella interna dell’Api, il cui esito, come scritto in una nota diffusa ieri dalla sua dirigenza, va approfondito tramite una nuova “serie di verifiche sul campo”. Se non altro, questa prima mezza e comprensibilmente approssimativa verità di fonte aziendale è in linea con l’esito di un’altra attesa verifica: la prova svolta ieri mattina nel parco bitumi incidentato sotto lo sguardo del consulente della procura Amedeo Lancia, dei pm Tedeschini e Bilotta, dei vigili del fuoco e di alcuni tecnici dello stabilimento, ha promosso la tenuta del sistema di riscaldamento “hot oil” che passa nella base interna del tank 145 oggetto dell’esplosione (coinvolti altri due tank) e del limitrofo mega-rogo. La serpentina è stata tenuta in pressione per un’ora. Pare che abbia retto proprio bene, facendo allontanare quindi i sospetti su qualche imperfezione del sistema o su una sua cattiva manutenzione che possa aver originato la perdita di liquido di riscaldamento infiammabile all’interno della cisterna a sua volta e in prima battuta identificata come “molla” dello scoppio. Ipotesi, questa, contenuta fra le sei meno probabili delle otto esaminate dalla commissione d’indagini interna Api. «I dati registrati, le informazioni assunte e lo stato dei luoghi - si legge nella seconda e ultima relazione tecnica inviata dall’azienda al Dipartimento territorio e ambiente e alla Regione - ha condotto all’individuazione di due ipotetici scenari incidentali, a ciascuno dei quali sono state ricondotte quattro distinte ipotesi causali con differenti probabilità di accadimento. Cinque sono risultate altamente improbabili, una sesta improbabile. Le restanti due, relative all’introduzione di composti leggeri infiammabili o di acqua nel serbatoio Tk 145 dal circuito di scarico dei sovraccarichi, sono stati ritenuti possibili in relazione alla dinamica dell’evento». Lancia, docente di chimica ambientale all’università di Napoli, che ieri in raffineria ci si è trattenuto dalle 8 alle 15, dovrà ancora studiare molto per scremare la lunga lista degli indagati: 27 persone tra dirigenti, tecnici e operai dell’Api in relazione alle ipotesi di reati di incendio, omicidio e lesioni colpose.

Dall’Umbria «Ditte in crisi senza bitume»

Appello al ministro

L’incidente all’Api, che un mese fa costò la vita all’autotrasportatore Sebastiano Parisse (nella foto), sta producendo effetti a catena su altre regioni. L'assessore regionale alle attività produttive dell’Umbria, Ada Girolamini, ha infatti segnalato al ministro Antonio Marzano, le difficoltà di alcune aziende umbre il cui ciclo produttivo è incentrato sull'impiego di bitume, nel reperire questa materia dopo l’incidente. «La Raffineria di Falconara - si legge nella nota inviata dall'assessore - è stata posta sotto sequestro l'8 settembre. Da allora l'Api non è stata più in grado di evadere la richiesta di prodotto che, per le aziende del settore, ammonta a 30mila tonnellate annue». La Girolamini nella segnalazione al ministro Marzano ha anche evidenziato che il mercato italiano del bitume è caratterizzato da una domanda che supera decisamente l' offerta: «Ciò - ha precisato - ha reso vano ogni tentativo di reperire fornitori alternativi. Di conseguenza, l'esaurimento delle scorte nei depositi, ha costretto le aziende ad interrompere l'attività e a non poter rispettare gli impegni contrattuali. Inoltre, si temono riflessi negativi in Umbria per i 150 lavoratori del settore. Per scongiurare questo pericolo, è stata richiesta l'attivazione di un tavolo di confronto».

 
CORRIERE ADRIATICO
Due cause possibili per l’esplosione all’Api

I risultati dell’indagine dell’azienda

Emergono due scenari possibili per il rogo dell’8 settembre dalla relazione tecnica della commissione interna d’indagine inviata ieri dall’Api dall’azienda al Dipartimento Territorio e Ambiente della Regione Marche. “I dati registrati, le informazioni assunte e lo stato dei luoghi, nella misura in cui l’esame è stato consentito dal provvedimento di sequestro cui è sottoposta l’area, ha condotto - si legge in una nota di Api Raffineria - all’individuazione di due ipotetici scenari incidentali, a ciascuno dei quali sono state ricondotte quattro distinte ipotesi causali con differenti probabilità di accadimento”. Cinque sono risultate altamente improbabili, una sesta è stata classificata come improbabile. Sono giudicate “possibili in relazione alla dinamica dell’evento” le ultime due, relative all’introduzione di composti leggeri infiammabili o di acqua nel serbatoio TK 145 dal circuito di scarico dei sovraccarichi. Per approfondire l’analisi delle diverse ipotesi, risulta però “indispensabile”, fa notare l’azienda, compiere una serie di verifiche di campo. E una primo riscontro c’è stato proprio ieri, con la terza visita in raffineria del perito Amedeo Lancia, incaricato dalla procura di accertare le cause del rogo che provocò la morte di un autista e il ferimento di tre suoi colleghi. Il lungo soprallugo, durato dalle otto del mattino alle tre di pomeriggio, avrebbe indicato la tenuta dell’impianto di riscaldamento “hot-oil” del bitume, messa invece in discussione dalle prime ipotesi secondo cui tutto sarebbe partito dallo sversamento dell’olio ad altissima temperatura che serve a tenere caldo il bitume. Ipotesi che, visti gli esiti della simulazione, sembra sempre essere meno considerata dagli inquirenti. La procura sembra ora orientata a ritenere che l’incidente sia stato provocato invece dall’infiltrazione di acqua nella cisterna o comunque in parti vicine dell’impianto il cui calore avrebbe potuto aumentare il volume del liquido in modo da ingenerare lo scoppio. Intanto fervono intorno all’Api le iniziative politiche. Ieri i Verdi hanno ricordato la ricorrenza del primo mese dal tragico incidente con una doppia manifestazione: prima davanti al palazzo di giustizia e poi ai cancelli della raffineria. Intanto si registrava un accordo raggiunto per lo studio di riconversione dell’Api di Falconara, dopo un incontro tra l’assessore regionale all’ambiente Marco Amagliani, l’assessore provinciale Patrizia Casagrande, gli assessori Api e Scortichini del Comune di Falconara e i rispettivi tecnici. Lo studio per lo schema di sviluppo strategico dell’area, alternativo agli attuali assetti economico-territoriali, “partirà in tempi brevissimi, è pienamente condiviso tra le tre istituzioni, rispetta e concretizza le indicazioni del consiglio regionale”. Si conferma quindi “l’ipotesi della incompatibilità degli attuali assetti della raffineria con il territorio circostante con le strategie di sviluppo e di organizzazione del territorio previste dagli strumenti della programmazione regionale, provinciale e comunale. L’esito dell’incontro ha soddisfatto il sindaco Carletti, che in una lettera al presidente della giunta regionale Vito D’Ambrosio e al presidente della Provincia di Ancona Enzo Giancarli, il sindaco di Falconara Giancarlo Carletti afferma di condividere “gli obiettivi da perseguire, il percorso metodologico tracciato, ma soprattutto la condivisione dei loro presupposti”. Come se non bastassero i problemi locali, l’Api deve occuparsi anche dell’Iraq, dopo la pubblicazione di presunte liste segrete di importatori di petrolio dall’Iraq. L’Api ha precisato ieri che è avvenuto tutto alla luce del sole chiarendo che l'Iraq è uno dei suoi fornitori di greggio fin dal 1975. “A seguito dell’invasione irachena del Kuwait nel 1990, a causa del conseguente embargo Onu, Api - si legge in un comunicato - ha ovviamente interrotto i propri ritiri, che sono ripresi soltanto nell’ambito di alcune fasi del programma oil for food, ideato e gestito dall’Onu stessa”.

 
IL RESTO DEL CARLINO
Api, si studia la riconversione

Provincia, Regione e Comune si affidano ad un pool di esperti per arrivare alla soluzione entro la fine della concessione. La bonifica dell'area dovrebbe realizzarsi entro il 2020; previsto anche un sistema di vigilanza costante

FALCONARA - Regione, Provincia e Comune chiamano a raccolta un pool di esperti di fama nazionale per ipotizzare in tempi brevi un piano di riconversione dell'Api, realizzabile entro la scadenza dell'attuale concessione. Sempre entro il 2020, si punta alla completa bonifica dell'area, mentre nell'immediato è previsto un sistema di vigilanza sullo stato d'inquinamento del sito e sul sistema manutentivo dell'impianto che risponda a prescrizioni più rigide. E' quanto emerso dall'incontro convocato ieri dall'assessore regionale all'ambiente Marco Amagliani cui hanno preso parte Patrizia Casagrande, assessore all'ambiente della Provincia, gli assessori Api e Scortichini del Comune di Falconara ed i rispettivi tecnici. Già per la settimana prossima è previsto un nuovo summit, dal quale scaturiranno i nomi di questi «grandi saggi» proposti dalle tre istituzioni coinvolte. Sono previsti tempi brevi per la predisposizione del piano, dato che gia in questo primo incontro «operativo» (che segue il vertice politico del 21 settembre) e stato subito accordo quanto ad obiettivi generali, impostazione e modalità dello studio, che dovrà ipotizzare uno sviluppo alternativo. Punti cardine rimangono «lavoro, innovazione, ambiente, energia, redditività, piena compatibilità - si legge in una nota -. Non verranno trascurati scenari sostenibili di valorizzazione energetica». «Sulla questione Api - commenta Amagliani - abbiamo avviato una fase nuova, all'insegna della condivisione tra i vari livelli istituzionali. Credo possibile un nuovo assetto in tempi-medio lunghi, con progetti realizzabili entro la scadenza dell'attuale concessione. Occorre poi una collaborazione a livello parlamentare per il reperimento delle risorse». Com-menti positivi da parte di Carletti, che ha inviato una missiva ai presidenti di Regione e Provincia. Secondo Carletti, occorre consegnare ai professionisti incaricati «gli input di carattere politico e tecnico in grado di indi-rizzare la ricerca. Primo tra tutti la necessita di prefigura-re una credibile riconversione dell'impianto coerentemente con gli indirizzi già dichiarati negli atti di programmazione e pianificazione».

Solo pochi al sit-in di protesta

Sit-in simbolico, ieri, quello dei Verdi, che hanno presidiato tribunaòle, Regione e Api di Falconara, oltre che invitato i consumatori a boicottare per un giorno i prodotti Api. L'iniziativa non ha avuto un grande successo di partecipazione, ma è tuttavia servita a richiamare l'attenzione sul problema della raffineria. L'iniziativa, secondo il presidente provinciale Marchetti, «si scontra con I'attenzione altalenante dei cittadini, che si dimenticano del rischio quando ci si allontana dalla data dell'incidente».

 
IL MANIFESTO
L'Api in Iraq

In merito alle notizie apparse sulla stampa riguardanti le liste di importatori di petrolio dall'Iraq, Api dichiara che l'Iraq è uno dei suoi fornitori di greggio fin dal 1975. A seguito dell'invasione irachena del Kuwait nel 1990, a causa del conseguente embargo Onu, Api ha ovviamente interrotto i propri ritiri che sono ripresi soltanto nell'ambito di alcune fasi del programma oil for food, ideato e gestito dall'Onu stessa. Tale programma prevedeva prezzi del greggio soggetti ad autorizzazione Onu, con pagamento dell'intero controvalore su una banca internazionale dalla stessa designata. L'Api non è a conoscenza di alcuna «lista segreta», essendo l'elenco completo dei compratori autorizzati nell'ambito del programma oil for food disponibile presso l'organizzazione delle Nazioni unite.

 
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