MESSAGGERO |
Riconversione Api, scatta lo
studio
Amagliani: «Raffineria
incompatibile, cerchiamo alternative per salvaguardare i
lavoratori». Il sindaco Carletti: «Serve una campagna
straordinaria di controllo dello stato dell’inquinamento»
di M.Petr. e M.Cat.
L’intesa c’è, lo studio per
la riconversione dell'Api può partire. E lo farà «in tempi
brevissimi» ribadisce l'assessore regionale all’ambiente
Amagliani, che ha convocato l'incontro con Patrizia
Casagrande, assessore all'ambiente della Provincia, gli
assessori Api e Scortichini del Comune di Falconara ed i
rispettivi tecnici, per concordare «obiettivi generali,
impostazione e modalità dello studio». Studio che partirà
dai “paletti” indicati da Regione, Provincia e Comune.
Innanzitutto viene confermata «l'incompatibilità degli
attuali assetti della raffineria con il territorio
circostante, con le strategie di sviluppo e di
organizzazione del territorio previste dagli strumenti della
programmazione regionale, provinciale e comunale». Studio
che dovrà mettere «al centro dello scenario da costruire il
mantenimento della coesione sociale, dell'occupazione e del
lavoro qualificato nell'area». E per questo «si cercheranno
indirizzi di riconversione produttiva ed economica che
valorizzino una delle aree strategiche per l'intera regione
dopo i necessari interventi di bonifica e risanamento
ambientale. Non verranno trascurati scenari sostenibili di
valorizzazione energetica coerenti con le opzioni
strategiche assunte dalla Regione nel piano energetico
ambientale». Lo studio sarà affidato a «un gruppo di esperti
di forte profilo professionale e di alto livello di
esperienza in materia di strategie dello sviluppo locale e
di riconversione economico-industriale di aziende e di aree
centrali nei contesti regionali». Il percorso intrapreso «se
supportato da una forte unità politica e di intenti -
aggiunge Carletti, sindaco di Falconara - non potrà che
portare a risultati positivi per tutto il territorio e i
soggetti che vi operano. E’ fondamentale consegnare agli
studiosi gli input politici e tecnici in grado di sostenere
ed indirizzare il lavoro di ricerca. Primo fra tutti la
necessità di prefigurare una credibile riconversione
dell’impianto in attività alternative che tengano conto
delle esigenze sociali, economici, ambientali e
territoriale, coerentemente con gli atti di programmazione e
pianificazione nonché le scelte di sviluppo urbanistico
locale e gli accordi istituzionali intrapresi. Il secondo
obiettivo è di arrivare a una campagna straordinaria di
controllo dello stato di inquinamento del suolo, aria e
acqua nonché del sistema manutentivo dell’impianto per
assoggettare l’azienda a nuovi limiti più rispettosi
dell’ambiente e della sicurezza della popolazione e dei
lavoratori». Ieri intanto i Verdi, nell’ambito della
manifestazione “Un giorno senza Api”, sono tornati a
chiedere la revoca della concessione alla raffineria. La
protesta si è articolata con presidi davanti a Tribunale,
Regione e davanti alla raffineria.
Rogo mortale, serpentina
assolta
Primo verdetto dalla
simulazione
di GIAMPAOLO MILZI
“Assolta” la serpentina di
riscaldamento bitume, restano indagati altri due fattori:
l’acqua o un’altra sostanza, infiammabile, filtrata nel
serbatoio poi esploso in raffineria l’8 settembre.
Attenzione però: non è l’inchiesta della Magistratura, ma di
quella interna dell’Api, il cui esito, come scritto in una
nota diffusa ieri dalla sua dirigenza, va approfondito
tramite una nuova “serie di verifiche sul campo”. Se non
altro, questa prima mezza e comprensibilmente approssimativa
verità di fonte aziendale è in linea con l’esito di un’altra
attesa verifica: la prova svolta ieri mattina nel parco
bitumi incidentato sotto lo sguardo del consulente della
procura Amedeo Lancia, dei pm Tedeschini e Bilotta, dei
vigili del fuoco e di alcuni tecnici dello stabilimento, ha
promosso la tenuta del sistema di riscaldamento “hot oil”
che passa nella base interna del tank 145 oggetto
dell’esplosione (coinvolti altri due tank) e del limitrofo
mega-rogo. La serpentina è stata tenuta in pressione per
un’ora. Pare che abbia retto proprio bene, facendo
allontanare quindi i sospetti su qualche imperfezione del
sistema o su una sua cattiva manutenzione che possa aver
originato la perdita di liquido di riscaldamento
infiammabile all’interno della cisterna a sua volta e in
prima battuta identificata come “molla” dello scoppio.
Ipotesi, questa, contenuta fra le sei meno probabili delle
otto esaminate dalla commissione d’indagini interna Api. «I
dati registrati, le informazioni assunte e lo stato dei
luoghi - si legge nella seconda e ultima relazione tecnica
inviata dall’azienda al Dipartimento territorio e ambiente e
alla Regione - ha condotto all’individuazione di due
ipotetici scenari incidentali, a ciascuno dei quali sono
state ricondotte quattro distinte ipotesi causali con
differenti probabilità di accadimento. Cinque sono risultate
altamente improbabili, una sesta improbabile. Le restanti
due, relative all’introduzione di composti leggeri
infiammabili o di acqua nel serbatoio Tk 145 dal circuito di
scarico dei sovraccarichi, sono stati ritenuti possibili in
relazione alla dinamica dell’evento». Lancia, docente di
chimica ambientale all’università di Napoli, che ieri in
raffineria ci si è trattenuto dalle 8 alle 15, dovrà ancora
studiare molto per scremare la lunga lista degli indagati:
27 persone tra dirigenti, tecnici e operai dell’Api in
relazione alle ipotesi di reati di incendio, omicidio e
lesioni colpose.
Dall’Umbria «Ditte in
crisi senza bitume»
Appello al ministro
L’incidente all’Api, che un
mese fa costò la vita all’autotrasportatore Sebastiano
Parisse (nella foto), sta producendo effetti a catena su
altre regioni. L'assessore regionale alle attività
produttive dell’Umbria, Ada Girolamini, ha infatti segnalato
al ministro Antonio Marzano, le difficoltà di alcune aziende
umbre il cui ciclo produttivo è incentrato sull'impiego di
bitume, nel reperire questa materia dopo l’incidente. «La
Raffineria di Falconara - si legge nella nota inviata
dall'assessore - è stata posta sotto sequestro l'8
settembre. Da allora l'Api non è stata più in grado di
evadere la richiesta di prodotto che, per le aziende del
settore, ammonta a 30mila tonnellate annue». La Girolamini
nella segnalazione al ministro Marzano ha anche evidenziato
che il mercato italiano del bitume è caratterizzato da una
domanda che supera decisamente l' offerta: «Ciò - ha
precisato - ha reso vano ogni tentativo di reperire
fornitori alternativi. Di conseguenza, l'esaurimento delle
scorte nei depositi, ha costretto le aziende ad interrompere
l'attività e a non poter rispettare gli impegni
contrattuali. Inoltre, si temono riflessi negativi in Umbria
per i 150 lavoratori del settore. Per scongiurare questo
pericolo, è stata richiesta l'attivazione di un tavolo di
confronto». |
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CORRIERE ADRIATICO |
Due cause possibili per
l’esplosione all’Api
I risultati dell’indagine
dell’azienda
Emergono due scenari
possibili per il rogo dell’8 settembre dalla relazione
tecnica della commissione interna d’indagine inviata ieri
dall’Api dall’azienda al Dipartimento Territorio e Ambiente
della Regione Marche. “I dati registrati, le informazioni
assunte e lo stato dei luoghi, nella misura in cui l’esame è
stato consentito dal provvedimento di sequestro cui è
sottoposta l’area, ha condotto - si legge in una nota di Api
Raffineria - all’individuazione di due ipotetici scenari
incidentali, a ciascuno dei quali sono state ricondotte
quattro distinte ipotesi causali con differenti probabilità
di accadimento”. Cinque sono risultate altamente
improbabili, una sesta è stata classificata come
improbabile. Sono giudicate “possibili in relazione alla
dinamica dell’evento” le ultime due, relative
all’introduzione di composti leggeri infiammabili o di acqua
nel serbatoio TK 145 dal circuito di scarico dei
sovraccarichi. Per approfondire l’analisi delle diverse
ipotesi, risulta però “indispensabile”, fa notare l’azienda,
compiere una serie di verifiche di campo. E una primo
riscontro c’è stato proprio ieri, con la terza visita in
raffineria del perito Amedeo Lancia, incaricato dalla
procura di accertare le cause del rogo che provocò la morte
di un autista e il ferimento di tre suoi colleghi. Il lungo
soprallugo, durato dalle otto del mattino alle tre di
pomeriggio, avrebbe indicato la tenuta dell’impianto di
riscaldamento “hot-oil” del bitume, messa invece in
discussione dalle prime ipotesi secondo cui tutto sarebbe
partito dallo sversamento dell’olio ad altissima temperatura
che serve a tenere caldo il bitume. Ipotesi che, visti gli
esiti della simulazione, sembra sempre essere meno
considerata dagli inquirenti. La procura sembra ora
orientata a ritenere che l’incidente sia stato provocato
invece dall’infiltrazione di acqua nella cisterna o comunque
in parti vicine dell’impianto il cui calore avrebbe potuto
aumentare il volume del liquido in modo da ingenerare lo
scoppio. Intanto fervono intorno all’Api le iniziative
politiche. Ieri i Verdi hanno ricordato la ricorrenza del
primo mese dal tragico incidente con una doppia
manifestazione: prima davanti al palazzo di giustizia e poi
ai cancelli della raffineria. Intanto si registrava un
accordo raggiunto per lo studio di riconversione dell’Api di
Falconara, dopo un incontro tra l’assessore regionale
all’ambiente Marco Amagliani, l’assessore provinciale
Patrizia Casagrande, gli assessori Api e Scortichini del
Comune di Falconara e i rispettivi tecnici. Lo studio per lo
schema di sviluppo strategico dell’area, alternativo agli
attuali assetti economico-territoriali, “partirà in tempi
brevissimi, è pienamente condiviso tra le tre istituzioni,
rispetta e concretizza le indicazioni del consiglio
regionale”. Si conferma quindi “l’ipotesi della
incompatibilità degli attuali assetti della raffineria con
il territorio circostante con le strategie di sviluppo e di
organizzazione del territorio previste dagli strumenti della
programmazione regionale, provinciale e comunale. L’esito
dell’incontro ha soddisfatto il sindaco Carletti, che in una
lettera al presidente della giunta regionale Vito D’Ambrosio
e al presidente della Provincia di Ancona Enzo Giancarli, il
sindaco di Falconara Giancarlo Carletti afferma di
condividere “gli obiettivi da perseguire, il percorso
metodologico tracciato, ma soprattutto la condivisione dei
loro presupposti”. Come se non bastassero i problemi locali,
l’Api deve occuparsi anche dell’Iraq, dopo la pubblicazione
di presunte liste segrete di importatori di petrolio
dall’Iraq. L’Api ha precisato ieri che è avvenuto tutto alla
luce del sole chiarendo che l'Iraq è uno dei suoi fornitori
di greggio fin dal 1975. “A seguito dell’invasione irachena
del Kuwait nel 1990, a causa del conseguente embargo Onu,
Api - si legge in un comunicato - ha ovviamente interrotto i
propri ritiri, che sono ripresi soltanto nell’ambito di
alcune fasi del programma oil for food, ideato e gestito
dall’Onu stessa”. |
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IL RESTO DEL CARLINO |
Api, si studia la
riconversione
Provincia, Regione e Comune si affidano ad un pool di
esperti per arrivare alla soluzione entro la fine della
concessione. La bonifica dell'area dovrebbe realizzarsi
entro il 2020; previsto anche un sistema di vigilanza
costante
FALCONARA - Regione,
Provincia e Comune chiamano a raccolta un pool di esperti di
fama nazionale per ipotizzare in tempi brevi un piano di
riconversione dell'Api, realizzabile entro la scadenza
dell'attuale concessione. Sempre entro il 2020, si punta
alla completa bonifica dell'area, mentre nell'immediato è
previsto un sistema di vigilanza sullo stato d'inquinamento
del sito e sul sistema manutentivo dell'impianto che
risponda a prescrizioni più rigide. E' quanto emerso
dall'incontro convocato ieri dall'assessore regionale
all'ambiente Marco Amagliani cui hanno preso parte Patrizia
Casagrande, assessore all'ambiente della Provincia, gli
assessori Api e Scortichini del Comune di Falconara ed i
rispettivi tecnici. Già per la settimana prossima è previsto
un nuovo summit, dal quale scaturiranno i nomi di questi
«grandi saggi» proposti dalle tre istituzioni coinvolte.
Sono previsti tempi brevi per la predisposizione del piano,
dato che gia in questo primo incontro «operativo» (che segue
il vertice politico del 21 settembre) e stato subito accordo
quanto ad obiettivi generali, impostazione e modalità dello
studio, che dovrà ipotizzare uno sviluppo alternativo. Punti
cardine rimangono «lavoro, innovazione, ambiente, energia,
redditività, piena compatibilità - si legge in una nota -.
Non verranno trascurati scenari sostenibili di
valorizzazione energetica». «Sulla questione Api - commenta
Amagliani - abbiamo avviato una fase nuova, all'insegna
della condivisione tra i vari livelli istituzionali. Credo
possibile un nuovo assetto in tempi-medio lunghi, con
progetti realizzabili entro la scadenza dell'attuale
concessione. Occorre poi una collaborazione a livello
parlamentare per il reperimento delle risorse». Com-menti
positivi da parte di Carletti, che ha inviato una missiva ai
presidenti di Regione e Provincia. Secondo Carletti, occorre
consegnare ai professionisti incaricati «gli input di
carattere politico e tecnico in grado di indi-rizzare la
ricerca. Primo tra tutti la necessita di prefigura-re una
credibile riconversione dell'impianto coerentemente con gli
indirizzi già dichiarati negli atti di programmazione e
pianificazione».
Solo pochi al sit-in di
protesta
Sit-in simbolico, ieri,
quello dei Verdi, che hanno presidiato tribunaòle, Regione e
Api di Falconara, oltre che invitato i consumatori a
boicottare per un giorno i prodotti Api. L'iniziativa non ha
avuto un grande successo di partecipazione, ma è tuttavia
servita a richiamare l'attenzione sul problema della
raffineria. L'iniziativa, secondo il presidente provinciale
Marchetti, «si scontra con I'attenzione altalenante dei
cittadini, che si dimenticano del rischio quando ci si
allontana dalla data dell'incidente». |
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IL MANIFESTO |
L'Api in Iraq
In merito alle notizie
apparse sulla stampa riguardanti le liste di importatori di
petrolio dall'Iraq, Api dichiara che l'Iraq è uno dei suoi
fornitori di greggio fin dal 1975. A seguito dell'invasione
irachena del Kuwait nel 1990, a causa del conseguente
embargo Onu, Api ha ovviamente interrotto i propri ritiri
che sono ripresi soltanto nell'ambito di alcune fasi del
programma oil for food, ideato e gestito dall'Onu stessa.
Tale programma prevedeva prezzi del greggio soggetti ad
autorizzazione Onu, con pagamento dell'intero controvalore
su una banca internazionale dalla stessa designata. L'Api
non è a conoscenza di alcuna «lista segreta», essendo
l'elenco completo dei compratori autorizzati nell'ambito del
programma oil for food disponibile presso l'organizzazione
delle Nazioni unite. |
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