MESSAGGERO |
ANCE: «Produrre bitume»
Opere pubbliche e lavori
stradali «a rischio» a causa dello stop alla produzione di
bitume da parte della Raffineria Api. L'allarme è dell'Ance
Marche, l'associazione dei costruttori di Confindustria.
L'Api di Falconara produce infatti il 20% del bitume
nazionale, e il fermo della produzione seguito al grave
incidente dell'8 settembre scorso sta creando enormi
difficoltà a tutte le imprese. Il prezzo nel frattempo è
aumentato del 30%. Il primo effetto del blocco, spiega
l'Ance, è stata l'immediata interruzione della filiera
produttiva di base. Quanto ai costi, l'Ance prevede un
ulteriore aumento connesso agli oneri di trasporto (il
bitume dovrà infatti essere trasportato dalla Puglia e dalla
Liguria). E questo, proprio mentre si prospetta «un
fortissimo aumento della domanda di bitume a livello
interregionale».
Cam, Pietrucci s’insedia
alla guida
Aldemaro Pietrucci da oggi
ufficialmente alla guida del Cam. Nominato a fine luglio, ha
atteso un paio di mesi prima di assumere formalmente le
funzioni di presidente. Per incompatibilità con il nuovo
incarico, l'altro ieri si è dimesso dal consiglio comunale.
Al suo posto, nelle file dei Ds, dovrebbe subentrare Egeo
Presciutti. |
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RESTO DEL CARLINO |
«Un porto commerciale per
sconfiggere i Tir»
L'idea e approdata sul tavolo dell'onorevole Duca. La
struttura dovrebbe essere realizzata alla ex Montedison e
renderebbe inutile l'uscita ad ovest
di Alessandra Pascucci
FALCONARA — La soluzione a
tutti i «mali» del porto dorico? Ce l'ha in tasca il
falconarese Nino Chiesi, che insieme all'ingegner Rolando
Orlandi l'ha messa nero su bianco in un progetto. Il disegno
è circolato per mesi in tutta la provincia finchè, martedì
scorso, non e arrivato fino a Roma, per approdare sulla
scrivania dell'onorevole Eugenio Duca, capogruppo in
commissione Trasporti alla Camera. Le caratteristiche del
progetto? Innanzitutto, la realizzazione di un porto
commerciale alla ex Montedison su cui trasferire il traffico
merci di Ancona, assorbendo di conseguenza quello dei tir,
in modo da decongestionare le strade cittadine. «I mezzi
pesanti in uscita dal nuovo porto - precisa Chiesi - non
graverebbero sulla statale: il nostro progetto ipotizza I'apertura
di un casello autostradale a Marina di Montemarciano, a 500
metri dal nuovo scalo marittimo». Verrebbe cosi accantonata
I'idea di un'uscita ad ovest che colleghi il porto di Ancona
alla A14, «ipotesi di grave impatto ambientale - la
definisce Nino Chiesi - perchè presuppone la costruzione di
gallerie ai lati di zone franose. La nuova darsena, oltre a
richiedere tempi di realizzazione più brevi rispetto
all'uscita ad Ovest, permetterebbe anche la bonifica
dell'area Montedison, stimata ad alto rischio». A monte
dell'ex industria chimica, troverebbe posto un polo a
servizio del traffico commerciale. Il progetto di
Chiesi-Orlandi si inserisce in un contesto di grandi opere
infrastrutturali: dall'arretramento della linea ferroviaria
Bologna-Bari, che permetterebbe di bypassare l'Api, alla
realizzazione della metropolitana di superficie, fino alla
fusione delle stazioni di Falconara e Chiaravalle e di
quelle di Ancona ed Osimo. II trasferimento del traffico
commerciale a Falconara permetterebbe al porto di Ancona di
puntare sul flusso turistico d'elite ed integrarsi meglio
alla città. Un piano ben studiato, che pero fa a pugni con
il Prg falconarese. Che fine farebbe, ad esempio, il porto
turistico di Villanova, il cui progetto preliminare e già
stato pubblicato all'albo pretorio? «Verrebbe trasferito a
nord, annesso a quello com-merciale», ribatte il
progettista. Ed il polo turistico alla ex Montedison, con i
nuovi quartieri nella zona a monte? «Verrebbero sacrificati
a beneficio di un equilibrate sviluppo dell'intera regione -
conclude Chiesi -. Occorre ragionare su larga scala,
superando speculazioni e campanilismi. L'occasione va colta
al più presto, prima che venga posta un'ipoteca pesantissima
sul futuro di tutte le Marche».
Novelli: «Puntare
sull'energia eolica»
ANCONA — Partendo dal fatto
che la nostra regione, in percentuale, è quella con il
maggior deficit energetico e che l'Appennino marchigiano e
indicato tra i migliori siti d'Italla (con Puglia, Sardegna,
e l'Abruzzo) per la generazione di energia elettrica eolica,
il consigliere Sergio Novelli (Destra popolare) ha inviato
un'interrogazione alla giunta regionale. Novelli chiede di
sapere cosa intende fare la Giunta per coprire almeno il 10%
del fabbisogno energetico marchigiano con energia eolica o
con altre fonti pulite e rinnovabili. Novelli inoltre chiede
di sapere se la Regione sarà presente a Eolica Expo 2004 a
Roma per avere notizie sul miglior stato dell'arte per la
realizzazione di aerogeneratori e per l'accesso ai fondi
comunitari. |
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CORRIERE ADRIATICO |
Una barriera tra Api e
ferrovia
Tramonta l’ipotesi del
“by-pass”, i binari saranno isolati dagli impianti della
raffineria
di MARINA MINELLI
E’ sempre più lontana
l’ipotesi del “by-pass” per risolvere il problema del
passaggio dei treni all’interno della raffineria, mentre si
sta facendo strada l’idea di una “barriera passiva” tra la
linea ferroviaria Adriatica e gli impianti dell’Api. Anche
di questo si è parlato ieri pomeriggio durante la riunione
per l’aggiornamento del piano di emergenza esterno convocata
dalla Prefettura. Per il “by-pass” a quanto pare non ci
sarebbero fondi a disposizione, mentre le barriere avrebbero
un costo sicuramente ridotto anche se il progetto è solo
alla fase embrionale e tutto ingegneristicamente da
studiare. L’incontro, cui hanno preso parte Regione,
Provincia e Comune, il 118, i Vigili del Fuoco e due
rappresentanti dell’azienda petrolchimica oltre al vice
prefetto vicario Orrei, è servito per fare il punto dopo
quanto verificatosi in concomitanza con l’incidente dell’8
settembre scorso visto che, fra l’altro, martedì in
consiglio comunale lo stesso sindaco Carletti aveva ammesso
delle carenze di ordine pratico e logistico del piano di
emergenza, tali da rendere difficile la comunicazione ai
cittadini. Carletti in quella occasione aveva riparlato
della necessità di una vera e propria linea “rossa” tra
Comune e raffineria per informazioni telefoniche immediate e
soprattutto dirette. Durante la riunione è stata anche
sottolineata la necessità di realizzare alcuni “varchi
ferroviari”, cioè dei passaggi recintati e dotati di
cancello che consentano di intervenire sui binari in caso di
necessità con mezzi e per l’evacuazione di persone.
Fermo all’Api, è emergenza
bitume
I costruttori lanciano
l’allarme: “Prezzi aumentati del 30%”
ANCONA - Opere pubbliche e
lavori stradali “a rischio” a causa dello stop alla
produzione di bitume da parte della Raffineria Api.
L’allarme è dell’Ance Marche, l’ associazione dei
costruttori di Confindustria che parlano di vera e propria
“emergenza per tutte le imprese” che fanno uso di tale
prodotto. L’Api di Falconara produce infatti il 20% del
bitume nazionale, e il fermo della produzione seguito al
grave incidente dell’8 settembre scorso, con un morto e tre
feriti, nell’impianto di stoccaggio della raffineria sta
creando enormi difficoltà. Il prezzo del prodotto, inoltre,
ha visto un incremento del 30%, un aumento di costo che
l’associazione dei costruttori giudica senza mezzi termini “rilevantissimo”.
Il primo effetto del blocco, spiega l’Ance in una nota, è
stata l' immediata interruzione della filiera produttiva di
base, che impiega il bitume nella realizzazione di lavori,
pubblici e privati, essenziali per l’industria delle
costruzioni. Soprattutto lavori stradali e guaine
impermeabilizzanti per l’edilizia, ma con il fermo, in
prospettiva, anche del trattamento dei conglomerati
bituminosi e delle attività estrattive. Quanto ai costi,
l’Ance prevede un’ulteriore aumento connesso agli oneri di
trasporto (il bitume dovrà infatti essere trasportato dalla
Puglia e dalla Liguria). E questo, lamentano i costruttori,
proprio mentre si prospetta “un fortissimo aumento della
domanda di bitume a livello interregionale, che
richiederebbe una maggiore produzione”. E’ essenziale
dunque, dice l’Ance, che l’Api riprenda a produrre bitume.
“La situazione di ’fermo’ produttivo - spiegano i
costruttori dell’Ance - costituisce una vera e propria
turbativa di mercato: basti pensare che il bitume prodotto
dall’Api rappresenta oltre il 20% dell’intera produzione
nazionale che, da sola, è in grado di determinare una
sostanziale rareffazione del prodotto sul mercato non solo
regionale, con ricadute insostenibili”. Un danno di cui a
farne le spese sono le imprese e l’economia ma le
conseguenze, avverte l’Ance, potrebbero ripercuotersi anche
sull’occupazione. |
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