RASSEGNA STAMPA 28.09.2004

 

RESTO DEL CARLINO
Una schiuma inquietante

Allarme a Marina per un liquame biancastro di origine ignota

MONTEMARCIANO — Alle disastrose conseguenze derivanti dall'eccezionale evento atmosferico dei giorni scorsi, e forse strettamente connesso ad esse, si è aggiunto ieri a Marina un nuovo, inquietante allarme. E' stata infatti segnalata la presenza, sulla spiaggia di Marina, di una rilevante quantità di schiuma biancastra di origine ignota. II Comune anche in questo caso è immediatamente intervenuto con i propri tecnici per controllare la situazione. Per una verifica di che cosa possa trattarsi, è stato immediatamente richiesto l'intervento dei tecnici dell'Arpam, l'organismo deputato a questo tipo di analisi. Si attendono dunque i risultati per capire l'origine del fenomeno.

 
CORRIERE ADRIATICO
Gas, olio o acqua: le possibili infiltrazioni nel serbatoio esploso

Scoppio all’Api, tre ipotesi per un disastro

di LORENZO SCONOCCHINI

Le analisi di laboratorio sul bitume prelevato dalle autobotti che s’erano già rifornite chiariranno se davvero il serbatoio Tk-145 è partito come un missile per un guasto nel circuito hot-oil che riscalda i silos di bitume fino a 180 gradi. O se in quel maxi-contenitore, dov’erano stivati 592 metri cubi di bitume rovente, s’è insinuato qualche gas o addirittura acqua. Sono queste le tre ipotesi a cui sta lavorando il professor Amedeo Lancia, perito della procura. Il docente di ingegneria chimica ambientale, nominato consulente dai pm Tedeschini e Bilotta, sta completando in questi giorni gli esami di laboratorio sui campioni di materiali repertati durante i due sopralluoghi fatti dopo il conferimento dell’incarico di metà settembre nell’inchiesta aperta contro 27 tra dirigenti, tecnici e operai dell’Api. I due accessi nell’area bitumi sotto sequestro, uno spicchio di raffineria esteso 12 mila metri cubi dove si ergono undici serbatoi, sono serviti a prelevare campioni di bitume dalle delle autobotti che prima dello scoppio avevano già caricato dal serbatoio Tk 145. Il perito lo ha esaminato per capire se era contaminato da sostanze estranee. Potrebbe esserci l’olio uscito dalla serpentina rotta, ma si cercano anche gocce di gas liquido, residui di una possibile infiltrazione che spiegherebbe quel botto micidiale avvenuto alle 7 e 20 dell’8 settembre scorso. I testimoni raccontano di aver sentito un sibilo, seguito da un’esplosione che ha innalzato il serbatoio Tk 145, largo 8 metri e alto 12, fino a venti metri da terra. Il silo divelto è atterrato a circa trenta metri di distanza, ammaccando il serbatoio 166, molto più grande, dopo aver aperto uno squarcio nel Tk-144, facendo uscire il bitume che ha sepolto Sebastiano Parisse, l’autotrasportatore vittima dell’incidente. Poco distante c’è l’area Gpl, con giganteschi serbatoi di carburante altamente infiammabile. La terza ipotesi è quella di un’infiltrazione di acqua, che a quelle temperature si sarebbe espansa facendo esplodere il serbatoio come una pentola a pressione. Ma in quel caso, fanno notare i tecnici più scettici su questa ricostruzione, sarebbe saltato il coperchio del serbatoio, dotato anche di un sistema di sfiato. Invece del serbatoio saltato come un razzo è rimasta a terra solo la base, una gigantesca “girella”, che è la serpentina hot-oil, dove passa l’olio condensato per riscaldare il bitume. L’incendio, come testimoniano le immagini in nostro possesso, ha lasciato sul campo i segni di una devastazione: un’autocisterna giace semi-squagliata, le strutture in acciaio che reggono il sistema di tubazioni sono piegate come burro, un muretto di contenimento s’è sbriciolato.

 
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