“Effetto
domino” evitato per un soffio
La raffineria ha rischiato di
esplodere
ANCONA Per puro caso lo
scoppio all’Api di mercoledì scorso non si è trasformato nel
giorno dell’apocalisse di Falconara. Con il passare dei
giorni - secondo i primi accertamenti della Procura che sta
proseguendo nei sequestri di materiali informatici sulla
movimentazione degli idrocarburi nell’impianto - si capisce
che l’incidente nella raffineria avrebbe potuto avere
conseguenze catastrofiche se solo il serbatoio di bitume
esploso fosse finito contro uno dei serbatoi di carburante.
Intanto si è appreso che la magistratura dorica affiderà ad
un pool di esperti la consulenza tecnica sulle cause dell'
incendio nel quale un autotrasportatore, Sebastiano Parisse,
49 anni, è morto, e tre suoi colleghi sono rimasti feriti,
uno, Nicola Cilli, ricoverato a Padova, in modo grave.
Secondo indiscrezioni, uno degli esperti sarebbe stato già
individuato, mentre per l’altro o gli altri componenti del
collegio la scelta non è ancora stata fatta. In ogni caso
non saranno gli stessi tecnici nominati nell' ambito del
processo in corso per l' incendio del 25 agosto '99 che
costò la vita agli operai Mario Gandolfi ed Ettore Giulian.
Gli inquirenti starebbero valutando se affidare soltanto una
consulenza di parte o più probabilmente una perizia, vista
la natura di atti irripetibili dei rilievi da compiere. In
quest' ultimo caso sarebbe inevitabile la notifica delle
prime informazioni di garanzia, come atti dovuti per
consentire agli interessati di nominare propri consulenti
tecnici e partecipare alle operazioni peritali. Secondo gli
addetti ai lavori comunque, una cosa è certa. L’incidente di
mercoledì scorso è stato tecnicamente più complesso di
quello di cinque anni fa. Se la cisterna di bitume che è
esplosa, sradicandosi letteralmente dal suolo, fosse finita
contro un serbatoio pieno di carburante invece che a fianco
di una con altro bitume (un liquido meno infiammabile
rispetto a gasolio e benzina) come è invece accaduto,
sarebbe stata una catastrofe. Con il temuto “effetto domino”
che a quel punto sarebbe stato molto più di una remota
possibilità. Sulle cause che hanno provocato la formazione
di una nube o comunque di residuo gassoso anomalo
all’interno della cisterna implosa, restano in piedi diverse
ipotesi, e si sta ancora vagliando la documentazione
raccolta, compresa quella relativa alla movimentazione dei
materiali in entrata e uscita dalla raffineria a bordo delle
autobotti. Le verifiche sono estese alla natura delle
sostanze e dei liquidi trasportati dagli automezzi prima di
caricare bitume, per accertare se eventuali residui presenti
nei cassoni delle autobotti possano essere filtrati nella
cisterna Api durante i prelievi di bitume. Eventualità che,
ad oggi, sembrerebbe però essere esclusa da una prima
ricostruzione. Gli scenari più plausibili continuano a far
perno sulla perdita di liquido di riscaldamento da una
serpentina interna alla cisterna, o sull’anomalo sversamento
di acqua o altri liquidi nel serbatoio filtrati dall'
esterno, dal sistema di pompaggio o dal terreno. Elementi
che potrebbero aver contribuito alla formazione
dell’accumulo di gas o vapore alla base della successiva
esplosione. |