Proroga Api,
la Regione allerta i legali
Atto formale. Vannucci:
«Calma». I sindacati: «L’impianto non si chiude»
di CLAUDIA PASQUINI
ANCONA -La giunta regionale
vorrebbe rimangiarsela. La concessione alla raffineria Api
firmata nel luglio 2003 e valida fino al 2020, dopo la
tragedia di mercoledì è diventata un documento che scotta,
scotta terribilmente. Rc, Verdi e Pdci lo chiedono
ufficialmente. Frenano, per ora, i Ds, che raccolgono le
istanze di lavoratori e sindacati. La Giunta - Tutti al
lavoro. Il presidente della giunta Vito D’Ambrosio ieri ha
dato mandato al suo vice Gian Mario Spacca di radunare
l’ufficio legale al gran completo. Obiettivo: scovare un
cavillo che dia la possibilità alla Regione di tornare sui
suoi passi senza incorrere in un contenzioso. Revocare la
concessione? Limitarla al 2008 in concomitanza con quella
governativa? Oppure riscriverla elevando gli standard di
sicurezza richiesti? Tutte le strade sono al vaglio degli
avvocati. Nel frattempo l’assessore alla sanità Augusto
Melappioni è stato incaricato di sollecitare le autorità
sanitarie ad una ispezione straordinaria complessiva
dell’intero stabilimento. La coalizione - Si è riunito il
direttivo regionale della Quercia. «Abbiamo concordato sul
fatto che bisogna puntare tutto sulla sicurezza – dice il
segretario regionale Massimo Vannucci – Mettere in relazione
la validità della concessione e l’incidente invece è puro
sciacallaggio. La giunta ha allertato i legali? Ritengo che
in queste situazioni, seppur tragiche, si debbano mantenere
i nervi saldi e la mente fredda». Tradotto: la concessione
non si tocca. Almeno per ora. Il Pdci, attraverso il
segretario Cesare Procaccini, chiede «che tutti i soggetti
istituzionali statali e regionali avviino uno studio
tecnico-scientifico anche di una eventuale parziale
delocalizzazione delle parti più pericolose della raffineria
garantendo la sicurezza interna ed esterna e salvaguardando
i posti di lavoro». I sindacati - Ovviamente i sindacati
alzano subito gli scudi. Nell’assemblea di ieri pomeriggio i
dipendenti dell’Api hanno concordato il no deciso alla
revoca della concessione, il sì alla verifica accurata del
protocollo azienda-Regione Marche, magari con la
partecipazione del sindacato e il rapido accertamento delle
cause e delle responsabilità dell’esplosione. «La morte – si
legge nel documento finale – non può essere il prezzo da
pagare per il lavoro. Tutti gli strumenti di controllo e
partecipazione dei lavoratori vanno quindi incrementati per
far convivere la sicurezza e tutela ambientale. In questo
senso non è indifferente il ruolo che l’azienda deve
svolgere». «Non possiamo permetterci di perdere il sito
produttivo dell’Api – ha detto ancora Attilio Arseni della
segreteria nazionale Filcem-Cgil – parliamo di 2.500 posti
di lavoro, tra dipendenti e indotto». Per questo motivo
secondo Gilberto Zoppi segretario della Cgil di Ancona «è
sbagliato sull’onda dell’emotività chiedere la revoca della
concessione e chi lo fa, spesso strumentalizza». |