«Una nube di
vapori la causa dello scoppio»
L’ipotesi del capo dei vigili
del fuoco Moscati. «In un petrolchimico non si devono
formare gas esplosivi»
di GIAMPAOLO MILZI
ANCONA Una nuvoletta di
vapori diventa una palla di fuoco, che schizza altissima da
terra allungandosi in colonna fiammeggiante. A determinare
l'esplosione, a mo’ di accendino, una scarica
elettrostatica. Ecco la prima, ipotetica ricostruzione
dell'inferno scatenatosi alle 7.15 dell'altro ieri all'Api
di Falconara. Quando il plurideflagrante rogo al "parco
carico bitumi" ha ingoiato la vita del camionista Sebastiano
Parisse, bruciato il 40% del corpo del collega Nicola Cilli
e ferito Marcello Pelaez e Mauro Cameruccio, gli altri due
conducenti delle autocisterne del Consorzio autotrasporti
Falconara impegnate a caricare catrame da un serbatoio della
raffineria. Serbatoio saltato in aria per diversi metri,
tanto da finire addosso a un altro, danneggiandolo. Le
concause sono prospettate dal comandante provinciale dei
vigili del fuoco Enrico Moscati: «Sono i primi paletti delle
indagini di polizia giudiziaria». Un evento sì anomalo
(l'area di movimentazione del bitume è considerata tra le
meno rischiose), ma probabilmente evitabile. E quindi
colposo? «Da un lato è sicuro che mai e poi mai in una
raffineria deve formarsi una miscela di vapori infiammabili
(un’instabilissima bomba volante, ndr.); dall'altro le
autobotti dovrebbero essere collegate correttamente alla
rete di contatto con il serbatoio da cui caricano e con i
serpentini (pompe di travaso, ndr.), in modo che tutta la
zona d’operazione sia caratterizzata da un livello elettrico
uniforme. Altrimenti un diverso accumulo di energia in punti
di contatto diversi può determinare una scarica
elettrostatica con potenzialità d'innesco», spiega Moscati,
esperto ingegnere chimico. Già, ma perché si è formata
l'invisibile ma infiammabilissima nube di gas che esplodendo
ha "imploso" il serbatoio? «Forse proprio perché la cisterna
di bitume e i serpentini di carico non erano rigorosamente,
e doverosamente, a tenuta stagna». Un’ipotesi centrale,
questa sui fattori scatenanti della tragedia, che spedisce
nella fantascienza il primo spunto fornito dall'azienda Api:
l'errore di manovra di un camionista il cui mezzo urta una
struttura di carico. Ma che necessita di “prove del nove”. E
non ne esclude del tutto altre: l'errore umano di un autista
Caf (oltre alla vittima e ai 3 feriti ce n'erano di sicuro
altri 3) a mezzo fermo o di uno dei due dipendenti Api
addetti ai controlli. Remota la possibilità di una
fuoriuscita di vapori da un’altra condotta esterna dello
stabilimento: molto più logico che la nube possa essersi
formata dentro il serbatoio di bitume incidentato. Quanto
all'innesco, non può essere bocciata l'idea di una scintilla
scaturita dal motore di un camion, ma prevale nettamente
quella di una subdola carica elettrostatica dovuta a una
scorretta operazione di “messa a terra elettrica di
un'autobotte”. Per Moscati: «Nel caso di operazioni di
travaso di liquidi viscosi come il bitume, che allo stato
fluido necessario per la movimentazione arriva anche a 220°
e si comporta come benzina, non solo si formano vapori
altamente infiammabili, ma di frequente anche cariche
elettrostatiche». |