RASSEGNA STAMPA 10.09.2004

 

MESSAGGERO
«Una nube di vapori la causa dello scoppio»

L’ipotesi del capo dei vigili del fuoco Moscati. «In un petrolchimico non si devono formare gas esplosivi»

di GIAMPAOLO MILZI

ANCONA Una nuvoletta di vapori diventa una palla di fuoco, che schizza altissima da terra allungandosi in colonna fiammeggiante. A determinare l'esplosione, a mo’ di accendino, una scarica elettrostatica. Ecco la prima, ipotetica ricostruzione dell'inferno scatenatosi alle 7.15 dell'altro ieri all'Api di Falconara. Quando il plurideflagrante rogo al "parco carico bitumi" ha ingoiato la vita del camionista Sebastiano Parisse, bruciato il 40% del corpo del collega Nicola Cilli e ferito Marcello Pelaez e Mauro Cameruccio, gli altri due conducenti delle autocisterne del Consorzio autotrasporti Falconara impegnate a caricare catrame da un serbatoio della raffineria. Serbatoio saltato in aria per diversi metri, tanto da finire addosso a un altro, danneggiandolo. Le concause sono prospettate dal comandante provinciale dei vigili del fuoco Enrico Moscati: «Sono i primi paletti delle indagini di polizia giudiziaria». Un evento sì anomalo (l'area di movimentazione del bitume è considerata tra le meno rischiose), ma probabilmente evitabile. E quindi colposo? «Da un lato è sicuro che mai e poi mai in una raffineria deve formarsi una miscela di vapori infiammabili (un’instabilissima bomba volante, ndr.); dall'altro le autobotti dovrebbero essere collegate correttamente alla rete di contatto con il serbatoio da cui caricano e con i serpentini (pompe di travaso, ndr.), in modo che tutta la zona d’operazione sia caratterizzata da un livello elettrico uniforme. Altrimenti un diverso accumulo di energia in punti di contatto diversi può determinare una scarica elettrostatica con potenzialità d'innesco», spiega Moscati, esperto ingegnere chimico. Già, ma perché si è formata l'invisibile ma infiammabilissima nube di gas che esplodendo ha "imploso" il serbatoio? «Forse proprio perché la cisterna di bitume e i serpentini di carico non erano rigorosamente, e doverosamente, a tenuta stagna». Un’ipotesi centrale, questa sui fattori scatenanti della tragedia, che spedisce nella fantascienza il primo spunto fornito dall'azienda Api: l'errore di manovra di un camionista il cui mezzo urta una struttura di carico. Ma che necessita di “prove del nove”. E non ne esclude del tutto altre: l'errore umano di un autista Caf (oltre alla vittima e ai 3 feriti ce n'erano di sicuro altri 3) a mezzo fermo o di uno dei due dipendenti Api addetti ai controlli. Remota la possibilità di una fuoriuscita di vapori da un’altra condotta esterna dello stabilimento: molto più logico che la nube possa essersi formata dentro il serbatoio di bitume incidentato. Quanto all'innesco, non può essere bocciata l'idea di una scintilla scaturita dal motore di un camion, ma prevale nettamente quella di una subdola carica elettrostatica dovuta a una scorretta operazione di “messa a terra elettrica di un'autobotte”. Per Moscati: «Nel caso di operazioni di travaso di liquidi viscosi come il bitume, che allo stato fluido necessario per la movimentazione arriva anche a 220° e si comporta come benzina, non solo si formano vapori altamente infiammabili, ma di frequente anche cariche elettrostatiche».

 
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