RASSEGNA STAMPA 09.09.2004

 

MESSAGGERO
Le accuse: omicidio lesioni e incendio Sequestrata area di 400 metri quadri

di GIAMPAOLO MILZI

ANCONA - Cause fantasma, responsabilità eventuali, certe le ipotesi di reato colpose: omicidio, lesioni, incendio. Il nuovo, nerissimo fascicolo giudiziario sulla tragedia connessa al disastro di ieri in raffineria è aperto ancora contro ignoti. Ma ieri l'allarme è scattato di buon mattino anche alla Procura della Repubblica, nel "Palazzaccio" anconetano di corso Mazzini: tanto che alle 9,30 il procuratore capo Vincenzo Luzi era già da un po' a Falconara, nel piazzale che si apre subito dopo l'ingresso degli uffici della raffineria; il sostituto Cristina Tedeschini procedeva da un pezzo spedita tra i fumi dell'incidente, nell'area del parco di carico bitumi; la collega Irene Bilotta, titolare formale della neonata, difficile inchiesta sulle cause del rogo e dell'esplosione mortale, si intratteneva con ufficiali di carabinieri, polizia, vigili del fuoco, prefetto e altre autorità. Per l'azienda Api una sola buona notizia: il pm Bilotta ha, per ora, deciso di porre sotto sequestro solo l'area interessata dall'innaturale calamità: 400 metri quadri circa interessati dalla operazioni di carico-scarico del catrame, movimentato allo stato fluido a una temperatura tra i 150 e i 180 gradi dalle autocisterne del Caf, che quotidianamente, a decine, fanno la spola con 9 serbatoi (ma c'è anche un gasogeno). Operazioni di routine, dunque, collaudate, sulla carta sicure. Ma sul perché, mentre l'autocisterna del Caf manovrata dal povero Sebastiano Parisse, si è alzata la colonna di fiamme, un serbatoio è collassato, un altro ha rischiato di fare la stessa fine, ancora bocche cucite e nemmeno uno straccio di ipotesi plausibile. L'azienda ha già messo a disposizione tutti i documenti e i dati richiesti dal "pool" di magistrati inquirenti. I pm Luzi, Tedeschini e Bilotta, la scientifica della polizia e gli esperti dei carabinieri sono rimasti in azienda fino a tarda serata.

 
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