Le accuse:
omicidio lesioni e incendio Sequestrata area di 400 metri
quadri
di GIAMPAOLO MILZI
ANCONA - Cause fantasma,
responsabilità eventuali, certe le ipotesi di reato colpose:
omicidio, lesioni, incendio. Il nuovo, nerissimo fascicolo
giudiziario sulla tragedia connessa al disastro di ieri in
raffineria è aperto ancora contro ignoti. Ma ieri l'allarme
è scattato di buon mattino anche alla Procura della
Repubblica, nel "Palazzaccio" anconetano di corso Mazzini:
tanto che alle 9,30 il procuratore capo Vincenzo Luzi era
già da un po' a Falconara, nel piazzale che si apre subito
dopo l'ingresso degli uffici della raffineria; il sostituto
Cristina Tedeschini procedeva da un pezzo spedita tra i fumi
dell'incidente, nell'area del parco di carico bitumi; la
collega Irene Bilotta, titolare formale della neonata,
difficile inchiesta sulle cause del rogo e dell'esplosione
mortale, si intratteneva con ufficiali di carabinieri,
polizia, vigili del fuoco, prefetto e altre autorità. Per
l'azienda Api una sola buona notizia: il pm Bilotta ha, per
ora, deciso di porre sotto sequestro solo l'area interessata
dall'innaturale calamità: 400 metri quadri circa interessati
dalla operazioni di carico-scarico del catrame, movimentato
allo stato fluido a una temperatura tra i 150 e i 180 gradi
dalle autocisterne del Caf, che quotidianamente, a decine,
fanno la spola con 9 serbatoi (ma c'è anche un gasogeno).
Operazioni di routine, dunque, collaudate, sulla carta
sicure. Ma sul perché, mentre l'autocisterna del Caf
manovrata dal povero Sebastiano Parisse, si è alzata la
colonna di fiamme, un serbatoio è collassato, un altro ha
rischiato di fare la stessa fine, ancora bocche cucite e
nemmeno uno straccio di ipotesi plausibile. L'azienda ha già
messo a disposizione tutti i documenti e i dati richiesti
dal "pool" di magistrati inquirenti. I pm Luzi, Tedeschini e
Bilotta, la scientifica della polizia e gli esperti dei
carabinieri sono rimasti in azienda fino a tarda serata.
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