Esplosione
all’Api, muore sepolto dal bitume
Camionista sotto il catrame a
200 gradi. Un altro è gravissimo, due feriti lievi. Lo
scoppio ha provocato una voragine in un serbatoio, giallo
sulle cause. Cinque anni fa un’altra tragedia: due vittime
di PIERFRANCESCO CURZI e
CLAUDIA GRANDI
FALCONARA - Esplosione
all'Api, un camionista sepolto vivo sotto uno strato di
bitume e tre feriti, di cui uno gravissimo. A cinque anni e
dieci giorni dal rogo che uccise gli operai Mario Gandolfi,
54 anni, ed Ettore Giulian, 38, l'incubo torna a colpire
Falconara. E' dunque di un morto e tre feriti il triste
bilancio dell'incendio scoppiato ieri mattina poco dopo le
7,15 nel settore dei serbatoi di bitume. Sebastiano Parisse,
49 anni, originario di Bisegna (L’Aquila) ma residente a
Porto Potenza Picena, è stato sommerso da una colata di
catrame nero che gli ha praticamente sciolto il corpo.
Soltanto alle 14,30 il medico del 118 è stato in grado di
effettuare un parziale accertamento di morte basandosi
esclusivamente su alcuni frammenti del cadavere, rimosso poi
definitivamente soltanto dopo le 17. Il ferito più grave,
Nicola Cilli, 36 anni, di Pescara, ha riportato ustioni
gravissime per il 40% del corpo, in particolare sul viso
ricoperto da uno strato di bitume. L'uomo è ricoverato in
prognosi riservata al centro grandi ustionati di Padova.
Meno gravi le condizioni degli altri due feriti, Marcelo
Pelaiz, 32 anni di origini argentine ma residente a Rosora,
e Mauro Cameruccio, 50 anni di Montemarciano. In un primo
momento si è pensato che il rogo fosse stato provocato da un
attentato terroristico. Immediati l’intervento dei militari
e i soccorsi, in particolare da parte dei vigili del fuoco,
intervenuti con ogni mezzo a disposizione nell'intera
provincia, e del 118. Versioni discordanti dietro le cause e
la dinamica dell'incidente. Secondo la direzione della
Raffineria si sarebbe trattato di un errore di manovra del
camionista che avrebbe urtato il serbatoio, ma gli
investigatori sospettano che alla base dell'inferno ci possa
essere stata l'esplosione di un serbatoio vuoto finito
addosso ad serbatoio di bitume. Dallo squarcio prodotto
sarebbero fuoriuscite tonnellate di bitume rovente che non
hanno dato scampo alla vittima. Sul posto sono intervenuti
il procuratore capo Vincenzo Luzi e i pm Irene Bilotta e
Cristina Tedeschini, che già aveva seguito i fatti del 1999.
L'intera area e i manufatti nel perimetro interessato dalla
tragedia sono stati sottoposti a sequestro da parte dei
carabinieri. Un boato, poi una fiammata e quindi una colonna
altissima di fumo denso e nero come la pece. Falconara si è
svegliata così ieri mattina. Ma che qualcosa di grave fosse
successo alla raffineria se ne sono accorti ad Ancona,
quanto a Senigallia, Jesi e via discorrendo. Chi ha
involontariamente assistito ai fatti parla di un'esplosione
improvvisa. Il particolare troverebbe conferma da parte dei
primi soccorritori giunti sul posto e soprattutto da parte
dei testimoni oculari, operai e camionisti che si trovavano
all'interno dell'area Api. Secondo fonti informate un
serbatoio vuoto, del diametro di circa 7-8 metri sarebbe
esploso, forse saturo di gas o vapore. Il serbatoio si
sarebbe letteralmente sradicato dal suolo lasciando a terra
soltanto alcune serpentine. Ricadendo sarebbe finito addosso
a una delle cisterne di bitume a sua volta franata su un
altro serbatoio. L'urto tra i primi due contenitori avrebbe
prodotto uno squarcio enorme da cui è colato fuori il
catrame ad una temperatura superiore ai 180°. Mauro
Cameruccio si è salvato grazie a un serbatoio che ha fatto
da scudo tra lui e l'esplosione; Marcelo Pelaiz ha trovato
la salvezza grazie a una fuga precipitosa. I due
autotrasportatori feriti, il primo della ditta Gata, il
secondo della Caf, ripercorrono dal Pronto soccorso di
Torrette i tragici momenti dell'incidente. «Stavo caricando
la mia autobotte con il bitume - racconta Cameruccio, per
lui ustioni alle caviglie guaribili in dieci giorni - quando
ho sentito un boato: in quel momento ero sopra al camion, ho
alzato la testa e ho visto le fiamme. Per terra si è sparso
il bitume che può raggiungere la temperatura di 180°. Le
ustioni me le sono provocate quando ho tolto le scarpe e la
tuta protettiva. Più gravi le conseguenze per Peliaz,
argentino da tre anni in Italia (abita ad Angeli di Rosora)
e solo da gennaio impiegato alla Caf: per lui ustioni di 1°
e 2° grado a mani e piedi e un ricovero in Clinica
dermatologica di Torrette. «Avevo appena terminato di
caricare l'autobotte - spiega - e mentre facevo retromarcia
ho sentito uno scoppio, non molto forte: credevo di aver
urtato qualcosa e così sono sceso per vedere cosa fosse
successo. Solo allora ho visto che tutti fuggivano e così mi
sono messo a correre anch'io. Dopo una decina di minuti una
seconda esplosione, più forte della prima». |