RASSEGNA STAMPA 09.09.2004

 

IL MANIFESTO
Incendio all'Api, un morto

Un camionista carbonizzato nella raffineria di Falconara, feriti altri tre. Per l'azienda le fiamme provocate da un incidente tra due camion. Ma c'è anche chi parla dell'esplosione di due serbatoi. Il sindaco chiede la chiusura dell'impianto

di  SERGIO SINIGAGLIA

FALCONARA (Ancona) Sono le 7,20. Una grande nube nera si alza dalla Raffineria Api. Diventa sempre più grande e copre i tetti della case di Falconara. Poi si allunga verso la costa adriatica in direzione di Ancona. Tutti dal capoluogo la possono vedere avvicinarsi. Non ci vuole molto a capire che cosa possa essere accaduto. Il «mostro» si è fatto nuovamente sentire e ancora una volta in modo drammatico. Sebastiano Parisse, 49 anni, abitante a Potenza Picena, autotrasportatore di una ditta esterna, sposato con due figli, è morto carbonizzato. E' andata meglio a tre suoi colleghi: Nicola Cilli 36 anni ha avuto il corpo ustionato al 40%. Ricoverato a Padova, al centro ustionati non corre pericolo di vita. Meno grave Marcelo Pelaiz 32 anni, argentino residente in provincia di Ancona, che ha riportato ustioni alle mani e ai piedi. Lievemente ferito l'anconetano Mauro Cameruccio, classe 1954. Sul posto sono arrivati vigili del fuoco provenienti dal vicino aeroporto. Hanno impiegato quasi due ore per domare l'incendio. Sulle ragioni del nuovo, grave, incidente, ci sono per ora due versioni. La prima, dell'azienda, parla di un autobotte che per errore è entrato in collisione con uno dei sistemi di carico di bitume, provocando un inizio di incendio che si è poi esteso ad uno dei quattro sistemi di bitume. Sembrerebbe una versione che, come in passato, voglia addebitare ad errore umano le cause della tragedia. Ben diversa l'altra ipotesi formulata da addetti ai lavori. Si racconta di un'esplosione - forse dovuta a vapore - di un serbatoio vuoto di bitume che avrebbe lesionato il serbatoio accanto, pieno, provocando così la fuoriuscita di bitume semiliquido, dalla temperatura altissima, che avrebbe preso fuoco.

L'incendio avrebbe coinvolto i quattro lavoratori intenti al carico su una delle autobotti. A causa dello scoppio pezzi di bitume sono piombati nelle strade anche a un chilometro e mezzo di distanza. La denuncia viene dai comitati di cittadini dei quartieri Villanova e Fiumesino, che sorgono vicini alla raffineria. Gli stessi comitati rilevano come il piano di allarme abbia funzionato solo a metà. Infatti si è provveduto al blocco della statale e della linea ferroviaria, ma nessuno si è preoccupato di azionare la sirena d'allarme, né ad avvisare la popolazione con gli autoparlanti come previsto in caso di incidente. Dopo alcune ore davanti allo stabilimento nella confusione generale, tra autorità, carabinieri e giornalisti, spiccavano i volti stravolti dei colleghi delle vittime. «Potevamo esserci noi al loro posto -dicono -. Non sappiamo se decideremo di riprendere il lavoro». Dichiarano di essere sorpresi dal fatto perché il bitume è considerato normalmente innocuo.

Di incendio «anomalo» parlano anche i rappresentanti sindacali giunti sul posto. Sicuramente questa nuova tragedia pone drammaticamente il problema della convivenza con un impianto tra i più ad alto rischio nel nostro paese. Nato nel dopoguerra, durante il boom economico, sviluppatosi anche grazie a piani regolatori compiacenti, l'impianto Api di Falconara ha sempre sollevato forti polemiche. Da una parte chi in nome dei «posti di lavoro» non ha voluto fare i conti con una struttura che sorge a fianco della trafficatissima statale, della linea ferroviaria adriatica, in prossimità di due popolosi quartieri appendice di una città di trentamila abitanti, ed è sorvolata continuamente dagli aeroplani che atterrano nel vicino «Raffaello Sanzio», scalo internazionale. Dall'altra i comitati dei cittadini, le associazioni ecologiste, i Verdi in prima fila con il consigliere regionale Marco Moruzzi a chiedere la dismissione della Raffineria con il trasferimento altrove, oppure la sua riconversione con energie alternative. Del resto cinque anni fa il dottor Clini allora dirigente al Ministero dell'ambiente disse chiaramente che l'impianto oggi non sarebbe mai potuto sorgere perché incompatibile con le nuove norme europee. Considerazione resa pubblica poco tempo dopo l'incidente del 25 agosto che era costato la vita a due operai. Quindi una vicenda che ha spaccato la sinistra. La stessa Legambiente marchigiana ha avuto posizioni soft nei confronti del «mostro» e a rinnovare per altri venti anni la concessione all'Api, proprio un anno fa, è stato l'Assessore regionale all'ambiente Marco Amagliani, del Prc. Motivazione ufficiale: costringere la proprietà a mettere mano a certe prescrizioni, altrimenti sarebbe intervenuto il governo senza provvedere a nessuna limitazione. Divise anche le istituzioni locali. Regione e Provincia dopo l'incidente dell'estate del 1999 assicurarono la popolazione che giammai il rinnovo in scadenza sarebbe stato concesso, per poi rimangiarsi la parola data dopo poco tempo. L'unico a tenere duro è stato il sindaco Carletti di Falconara che anche ieri ha ribadito la sua posizione: «Mai come in questo momento - ha detto - si rafforza la nostra avversione al provvedimento che ha rinnovato la concessione per la Raffineria Api, contro il quale facciamo drammatico appello per l'immediata revoca». Secondo Carletti il rinnovo della concessione è stato «un provvedimento inspiegabile, intempestivo , non approfondito».

 
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