RASSEGNA STAMPA 09.09.2004

 

CORRIERE ADRIATICO
Il giallo del serbatoio esploso

Un residuo di vapori potrebbe aver innescato l’incendio. La procura sequestra il Parco bitumi

di LORENZO SCONOCCHINI

ANCONA - Incendio, lesioni e omicidio colposo. Sono queste al momento le ipotesi di reato indicate nel fascicolo aperto dalla procura della Repubblica sul rogo all’Api. La magistratura dorica s’è mossa di scatto spostando di buon mattino all’intero della raffineria un pool di investigatori guidato dal procuratore capo Vincenzo Luzi. Con lui c’erano i pm Irene Bilotta, sostituto di turno ieri in procura, e Cristina Tedeschini, utilissima per l’esperienza acquisita indagando sull’incendio dell’agosto ’99 costato la vita a due tecnici. Prima mossa: il sequestro dell’area interessata dall’incidente e dei computer del centro di controllo, una sala comandi attiva in un bunker dove passano tutte le informazioni sui flussi di materiali e i livelli dei serbatoi di stoccaggio.

Indagando sul rogo del 25 agosto ’99, il pm Tedeschini ebbe il sospetto di essere stata depistata nelle fasi iniziali dell’inchiesta, quando gli accertamenti si concentrarono per alcuni giorni su un impianto distante settanta metri da quello in cui s’era verificata la fuoriuscita di benzina, con il risultato che il serbatoio 52 (quello da cui proveniva il carburante) non fu compreso nell’area sequestrata sin dall’inizio. Così ieri i dirigenti dell’Api hanno temuto misure drastiche da parte dei pm, come il sequestro dell’intera raffineria. “Abbiamo messo a disposizione della magistratura - s’affrettava a spiegare nel pomeriggio l’amministratore delegato Franco Brunetti - tutti i documenti richiestici, cartacei e soprattutto elettronici, dato che tutte le operazioni sono sotto la supervisione dei computer del centro di controllo. Noi mettiamo a disposizione tutto il sito produttivo, ma è auspicabile che i giudici si limitino al sequestro della sola area interessata dall’incidente”. Il timore di un blocco totale del petrolchimico svaniva in serata, quando il pm Irene Bilotta rilasciava una breve dichiarazione: “Posso dire solo che non abbiamo proceduto al sequestro dell’intero sito”. In effetti i sigilli apposti ieri dai carabinieri riguardano soltanto il cosiddetto Parco bitume, un’area di circa 400 mq che racchiude dieci serbatoi, nove per il bitume e uno destinato al gasolio, e i relativi impianti. Luzi, Bilotta e Tedschini si sono dedicati a lungo agli interrogatori di testimoni o persone informate sui fatti, dipendenti della raffineria e camionisti, proseguiti fino a sera avanzata all’interno della raffineria

Ma cos’è accaduto ieri poco dopo le sette? Un’ipotesi circolata subito negli ambienti delle squadre di soccorso, smentita poi dall’Api, accennava a un possibile effetto-domino innescato dall’esplosione di un serbatoio di bitume vuoto, forse dovuta al vapore residuo. Il serbatoio, collassando, avrebbe danneggiato il deposito accanto facendo fuoriuscire bitume semi-liquido a temperatura altissima, che avrebbe preso fuoco. Nell’area di carico c’erano tre autobotti pronte per il rifornimento, e quattro operai intenti al carico su uno degli automezzi. Una ricostruzione che differisce da quella fornita in conferenza stampa dall’Api, secondo cui sarebbe stata una delle autobotti a entrare in contatto con il sistema di carico del bitume, innescando il collasso del contenitore vuoto e il danneggiamento di quello pieno. Anche se così fosse, resterebbero gli interrogativi sui sistemi di prevenzione e sicurezza, se davvero basta una manovra sbagliata per scatenare il putiferio in una raffineria.

Dell’inchiesta s’interessa anche la politica. Ieri Fausto Franceschetti, capogruppo Ds in consiglio regionale, ha chiesto che la magistratura faccia “al più presto chiarezza sul gravissimo evento”.

 
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